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Papaveri, papere e bufale

In queste settimane il dibattito sulle bufale diffuse dai media è decollato, vuoi per l’idea espressa da alcuni leader mondiali di introdurre controlli sulle informazioni che fluiscono in internet, vuoi per l’idea di Beppe Grillo di introdurre una giuria popolare per verificare la veridicità delle informazioni diffuse da giornali e tv.

A mio avviso però, tale dibattito non va al cuore della questione che è legato alla progressiva riduzione del senso critico, dello spessore culturale e dell’attenzione ai diversi punti di vista da parte di chi diffonde informazione tramite i diversi media.

In sostanza, fermo restando il problema della disonestà da parte di chi diffonde notizie false sapendo di farlo e della necessità di sanzionarla in quanto foriera di danni anche gravi alla collettività nel suo complesso, credo che il cuore del problema stia nel fatto che chi produce oggi informazione spende sempre meno del proprio tempo per verificare l’informazione stessa, il che ne riduce la qualità, ed è inoltre sempre più preoccupato di compiacere il committente dell’informazione.

In tal senso ho l’impressione che si stia rivelandosi sempre più deleterio l’aver ridotto a freelance gran parte dei cronisti, il che spinge ad avere come priorità:

  • Sprecare meno tempo possibile nel confezionare gli articoli: più produci e più ti pagano
  • Confezionare informazioni che piacciono ai committenti (editori di giornali e loro referenti politici): se dispiaci al committente non ti pubblicano e non ti pagano.

Questi due problemi cozzano violentemente con la libertà di stampa e con il diritto ad un’informazione corretta e penso che su questo dovrebbero interrogarsi in primo luogo i giornalisti, prima ancora di strapparsi le vesti per le “intollerabili grillate”.

Come corollario a tale problema segnalo anche il fatto che esiste da parte dei grandi media la tendenza a coinvolgere un numero ristretto di “esperti” dei diversi settori, il che impedisce al pubblico di darsi un’idea plurale sui diversi temi. Al riguardo penso ad esempio al fatto che in un paese in cui abbiamo competenze elevatissime in tale campo, la storia dell’arte debba essere quasi sempre divulgata da Vittorio Sgarbi o da Philippe Daverio, per quanto bravi possano essere questi due signori.

Peraltro i problemi sopra esposti sono stati a più riprese suscitati in commenti miei o di altri amici apparsi su CM negli anni scorsi, senza mai avere la soddisfazione di trovare attenzione da parte di coloro cui la critica era rivolta, il che evidenzia un ulteriore problema, quello della torre d’avorio in cui vivono oggi coloro che fanno informazione per i grandi media.

A puro titolo d’esempio ricordo questi interventi:

Concludo riferendomi al titolo e invitando tutti al ragionamento su chi siano oggi i papaveri e chi le papere in relazione al tema proposto. Di carne al fuoco ce n’è davvero parecchia.

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Published inAttualità

8 Comments

  1. Alessandro2

    Veramente c’è – anzi c’era – anche il prof. Paolucci a divulgare (ottimamente) l’arte su TV e giornali.
    Direttore dei Musei Vaticani per molte fortunate stagioni, è stato recentemente silurato da sappiamo-chi e rimpiazzato con un personaggio di ben diversa caratura. Donna, ovviamente. Giovane e piacente, moderna, nello stile dei ministri degli ultimi Governi. E politicamente corretta: “A chi chiede se i Musei in futuro dedicheranno più attenzione all’arte povera, seguendo lo stile di Papa Francesco, Jatta risponde citando gli esempi dello Studio azzurro, installazione di videoarte inaugurata due mesi fa, e del Museo etnologico, che custodisce manufatti provenienti dai cinque continenti e riceve tuttora lasciti e donazioni”.
    Insomma, maschere di legno e cappelli di paglia vicino ai Michelangelo ed ai Raffaello.

  2. Guido Botteri

    Da una parte è vero che ci sono persone che creano deliberatamente bufale, e persone (a volte anche avversari di queste) che si ritengono autorizzate a spacciare per verità il frutto della loro immaginazione, non corredato da studi specifici o competenza nel settore.
    E’ anche vero che competenza nel settore non è garanzia di per sé di verità, purtroppo.
    Insomma, l’argomento è delicato, una specie di idra dalle molte teste.
    Lasciare la verità in mano a poche persone, scelte a caso, senza competenze specifiche, come succerisce grillo, è assai pericoloso, per la verità stessa,
    ma non si può nemmeno lasciarla a chi se ne fa detentore assoluto, per poi magari produrre dati che varino nel tempo perché sottoposti a “correzioni” anche a distanza di decine di anni.
    Chi stabilirebbe la verità, se chi dovesse giudicarla fosse a sua volta un nemico della verità?

    Ci sarebbe da parlare a lungo su questi argomenti, e credo che siamo ben lontani da un quadro di discussioni serene, almeno a giudicare dalle accuse, e dalle minacce che vengono scambiate sul web.
    Io stesso sono stato spesso accusato di essere pagato per disinformare.
    Mi sono offerto di far controllare i miei conti e di fare a metà se uscisse fuori un bonifico (o qualche forma di pagamento) per la mia presunta opera di disinformazione.
    Ma chi lancia così abbondantemente, frequentemente e con estrema facilità accuse (direi: calunnie) del genere, poi, messo di fronte all’onere della verifica, si tira indietro, sempre.
    Accuse lanciate senza alcuna prova, per la semplice ragione che essendo falsa, prove non ne può avere.
    Eppure io sarei stato ben felice di dividere a metà un bonifico giuntomi dagli alieni, o dai produttori di petrolio o da chi vi pare, a patto che mi si metta in grado di incassarlo, questo bonifico. Su, si fa a metà.
    No, purtroppo no, a parlare sanno parlare, ma a tirar fuori bonifici, non son capaci, e così i miei soldi sfumano, e sfuma la metà che dovrei dare a loro.

    Ok, voglio dire che c’è un livello di discussione molto basso.
    Non sono (essi) d’accordo con quel che dici? Allora sei sicuramente un disinformatore, qualcuno ti paga per dire le tue menzogne. Che uno possa avere un’opinione diversa non è previsto da questi cervelli che funzionano con una sola possibile verità, quella loro.

    D’altra parte, come formano la loro opinione queste persone che, finché non gliene chiedi prova, sanno tutto di chi ti paga?
    Guardano magari il cielo, senza sapere nulla di chimica, fisica, senza conoscere i fenomeni atmosferici anche più comuni, e decidono di capire quello che vedono:
    è un complotto, dicono, magari dei rettiliani.
    Beh, di fronte a tanta ignoranza e presunzione (si resta ignoranti a causa della presunzione) capisco che ci sia chi invoca qualche sistema per colpire queste persone, che a forza di caricarsi di bufale, e credere a bugie o semplicemente alla propria ignoranza, potrebbero diventare anche pericolose.
    Per fortuna in genere sono persone così incapaci che non vanno oltre minacce e parole, anche se qualcuno usa dei laser per cercare di abbattere gli aerei.

    Ecco, forse qualcosa per bloccare i livelli più infimi di ignoranza e arroganza, lo vedrei utile anch’io.
    A patto che invece non si cerchi di bloccare la verità, che non sempre è in mano al mainstream.
    Secondo me.

    • luigi mariani

      Caro Guido,
      hai suscitato problemi senz’altro molto importanti e con cui mi trovo anch’io spesso a confrontarmi.
      Io penso che la verità limitata che è quella che è propria del mondo della scienza o della politica o dell’economia (discipline che non si occupano di verità assolute, per le quali ci sono le religioni) possa emergere da un confronto ad armi pari ed ispirato al fair play fra visioni diverse. Da tale confronto dovrebbero gradualmente venire eliminati i concetti errati e che non reggono il confronto con la realtà, con un meccanismo di tipo evoluzionistico. Purtroppo però vi sono almeno due problemi:
      – c’è chi opera con la logica del setaccio (trattengo il cattivo e lascio andare il buono)
      – c’è chi scredita l’avversario in modo preventivo (non importano le tue idee, importa che sei pagato da qualcuno).

      Su quest’ultimo tema mi lasciò un’impressione indelebile in importante giornalista Rai con cui mi mise in contatto via email un amico che ogni tanto scrive su questo sito, pregandomi di dialogare con lui sui temi di cambiamento climatico. Alla mail di contatto seguì mail del giornalista da cui emergeva il seguente profondissimo concetto che cito a memoria: “mi risulta che voi che esprimete dubbi circa l’AGW siate pagati dai petrolieri”, al che gli risposi in modo durissimo trattandosi di un’affermazione gratuita, mendace e lesiva della mia onorabilità. Questo è il mondo, caro Guido.

  3. Uberto Crescenti

    Ottimo articolo, come sempre, questo di Luigi Mariani. Le sue riflessioni sulla attendibilità della stampa , mi hanno fatto ricordare un bellissimo libro di Giampaolo Pansa di circa 20 anni fa dal titolo:” Carte False”. Con l’onestà intelletuale di Pansa che smpre lo ha contraddistinto, l’Autore documentava una vera e propria azione disinformatrice dei masss media che, quando andava bene, fornivano notizie a pelle di zebre, ossia a strisce bianche e nere, metà verità e metà no. A domostrare la sua opinione sulla stampa, riferiva di fatti concreti e realmente accaduti, ossia documentava le sue affermazioni.
    Uberto Crescenti

    • luigi mariani

      Caro Uberto,
      Grazie per avere ricordato Giampaolo Pansa. Di lui ho letto quasi tutto e debbo dire che le sue critiche al mondo dei grandi media (che lui critica con grandissima cognizione di causa avendolo navigato in lungo e in largo) mi sono sempre parse molto convincenti. In particolare vedo che Pansa tende sempre ad enfatizzare il cortocircuito fra grande media e potere che un aspetto molto preoccupante per tutti noi.
      Luigi

  4. donato b

    Caro Luigi, hai affrontato un tema estremamente spinoso sul quale è in corso un acceso dibattito un po’ a tutti i livelli.
    I media tradizionali non rappresentano più la principale fonte di informazione della società attuale. Rispetto alla metà degli anni ’90 del secolo scorso testate di rilievo nazionale come il Corriere della Sera o Repubblica hanno perso fino a mezzo milione di lettori. Le fonti di informazioni maggiormente usate oggi, soprattutto dai giovani, sono quelle presenti su internet.
    .
    Dato atto che la tendenza è questa e che non si notano inversioni della stessa, bisogna chiedersi se la cosa sia un bene o un male. In proposito ho avuto modo di individuare due scuole di pensiero principali tra cui si collocano posizioni più sfumate.
    .
    Secondo alcuni le informazioni presenti in internet sono estremamente pericolose in quanto rappresentano, nella stragrande maggioranza dei casi delle bufale. Su di esse non esiste alcuna forma di controllo per cui tutti, indistintamente, possono scrivere ciò che reputano più opportuno senza rischiare praticamente nulla. Per contrastare questo stato di cose si invoca un “Ministero della Verità” che possa sanzionare gli eccessi esercitando uno stretto controllo della rete. Diciamo che si invoca la censura del web.
    .
    Dall’altro lato troviamo chi reputa i media tradizionali “schiavi del potere” e diffusori di bufale create ad arte per compiacere questo o quel “potere forte”. L’unico antidoto a questo stato di fatto è rendere possibile un’informazione alternativa, quella della rete, priva di ogni filtro e censura in quanto tale sistema contiene al suo interno i necessari anticorpi: ogni fake news viene immediatamente individuata e sbugiardata dalla rete stessa senza alcun bisogno di censure o sovrintendenti esterni. E’ necessario, invece, sottoporre a non meglio individuati “tribunali popolari” l’operato dei media tradizionali.
    .
    Per quel che mi riguarda reputo del tutto sbagliate entrambe le posizioni e, personalmente, mi colloco in una posizione intermedia in quanto sono dell’avviso che non sono necessari né “Ministeri della Verità”, né “Tribunali del Popolo”: nel corso degli anni ho avuto la possibilità di conoscerli entrambi (attraverso lo studio della storia, ovviamente) e ciò che ho imparato mi spinge a considerarli come la peste.
    .
    Entrambi i sistemi informativi (quello tradizionale dei media “ufficiali” e quello alternativo della rete) hanno pregi e difetti, ma sono complementari in quanto si controllano a vicenda. Personalmente seguo entrambi i canali e, alla fine, mi trovo bene in quanto riesco ad integrare le manchevolezze degli uni e degli altri. Privilegiarne uno a discapito di altri potrebbe essere pericoloso. Giusto per fare un esempio, io leggo da decenni “Le Scienze” che reputo una rivista piuttosto attendibile. Quando mi viene qualche dubbio circa quanto trovo scritto, cerco di approfondire l’argomento facendo ricorso alle fonti cui si riferisce l’articolo della rivista e ciò posso farlo attraverso la rete.
    Per ora la cosa funziona e continuerò su questa strada fino a che la troverò conveniente.
    Ciao, Donato.

    • luigi mariani

      Caro Donato, trovo la tua analisi corretta e la condivido pienamente per quanto di pragmatico essa contiene. Io stesso per seguire le vicende del mondo leggo (spesso con fatica) il Corriere della Sera e approfondisco usando alcuni quotidiani online.
      Nel mio articolo evidenzio una serie di manchevolezze del mondo dei grandi media (stampa, TV) che andrebbero quantomeno affrontate e discusse, anche perché da un lato penso che le cose debbano migliorare apprendendo dagli errori del passato e dall’altro come te rifiuto l’idea di tribunali popolari e ministeri della verità (i tragici fallimenti cui hanno dato luogo nel XX secolo queste utopie dovrebbero insegnare qualcosa circa la necessità di evitare perfino di evocare simili fantasmi).
      Circa le manchevolezze dei media il mio timore è che, pur a fronte del calo dell’interesse collettivo per i grandi media che tu giustamente citi, sia in atto da molto tempo un cortocircuito fra grandi media e politica sia un importante fattore negativo per il nostro sistema (negativo in primis per la politica stessa che si crea così una propria realtà virtuale… da cui ogni tanto viene svegliata dai bagni di realtà che noi tutti conosciamo -> Brexit, Trump, No, ecc.).
      E circa la realtà virtuali invito tutti a riflettere sulle carenze informative circa la Libia, di cui non manco mai di meravigliarmi: sappiamo tutto in tempo reale su Siria e Iraq ma qualcuno (e a questo punto vorrei sapere chi) ha deciso che non dobbiamo sapere nulla dell’area del Mediterraneo per noi più strategica. Ti pare possibile?

    • donato b

      Caro Luigi, le tue perplessità circa il distacco tra la classe politica e la cosiddetta società civile, il cortocircuito tra media e politici, l’autoreferenzialità che caratterizza i circoli politico-culturali-economici delle società sviluppate occidentali, sono condivisibili e trovano riscontro nell’incapacità delle classi dirigenti della nostra società di leggere i segnali provenienti dalla maggioranza della popolazione italiana, europea, occidentale in generale.
      .
      Io credo che l’incapacità dei media di decifrare ciò che sta accadendo nella società, sia un fatto estremamente negativo che dipende, però, dalla mancanza di mezzi analitici da parte degli osservatori a ciò delegati. La linea editoriale dei vari media è responsabile di ciò? Io non ne sono del tutto convinto in quanto se un giornale dimostra in più di un’occasione di non essere capace di intercettare il comune sentire della società, perde lettori e, quindi, soldi. A nessun imprenditore piace perdere soldi, per cui sarebbe interesse dell’editore operare in modo tale da mantenere alto lo standard qualitativo del suo giornale. Sono dell’idea, quindi, che i difetti palesati dai media generalisti tradizionali, derivino dalle difficoltà che gli analisti (redattori, giornalisti, esperti, ecc.) incontrano nel decifrare il mondo che li circonda. Il motivo mi è sconosciuto e in molti si interrogano su queste problematiche. Per ora sospendo ogni giudizio in quanto non possiedo elementi per poter leggere ed interpretare il fenomeno. Ho delle idee, ma sono opinioni personali che preferisco tenere per me fino a che la situazioni diventi più chiara.
      .
      Un esempio di incapacità conclamata da parte degli analisti occidentali nell’interpretare la realtà (la maggior parte, non tutti) è costituito dalle vicende legate alle cosiddette “primavere arabe”.
      In questo caso ciò che accadeva nel mondo arabo è stato visto attraverso occhiali fortemente deformati dalla linea di pensiero dominante che aveva come riferimento le élites radical-chic occidentali.
      Nessuno è andato a vedere cosa stava realmente succedendo nei Paesi interessati dai movimenti popolari, quanto questi movimenti fossero radicati nella società civile, che cosa ci fosse realmente dietro quei movimenti che, alla fine, non si sono dimostrati veramente popolari.
      .
      Oggi come oggi, per esempio, tutto ciò che sappiamo dai media tradizionali su quello che accade in Siria, viene dai dispacci di due organizzazioni (SOHR e SNHR) basate a Londra che attingono le loro informazioni da attivisti, si attivisti, siriani e non solo, legati quasi tutti al mondo della cosiddetta insurgenza. Tutto ciò che succede sul terreno, nel corpo della popolazione siriana e, purtroppo, alle sue spalle, ci è completamente sconosciuto. Tanto per restare in tema basti pensare che tutti i media ci hanno raccontato che 250000 persone erano intrappolate ad Aleppo Est ostaggio delle “milizie di Assad”.
      Alla fine si è visto che le persone che hanno lasciato Aleppo Est sono state circa la metà (tra 120000 e 130000 persone). Di queste 100000 hanno trovato rifugio ad Aleppo Ovest (che è sempre stata nelle mani dell’esercito siriano) e solo 20000-30000 sono state trasportate nel governatorato di Idlib. Una realtà completamente diversa da quella che ci presentavano i media occidentali: 250000 persone che si erano ribellate al governo siriano e che venivano bersagliate dall’esercito siriano (anzi dalle milizie di Assad) per costringerle alla “deportazione” ad Idlib.
      La realtà era completamente diversa in quanto 8000 “ribelli”, molti non siriani, utilizzavano oltre 100000 civili come scudi umani. Alla fine coloro che sono andati via sono stati i guerriglieri e le loro famiglie e di essi buona parte non erano aleppini. Degli altri 100000 una parte è ritornata ad Aleppo Est ed un numero sempre maggiore ci ritornerà appena le condizioni di agibilità delle strade, delle infrastrutture e delle abitazioni lo consentiranno.
      .
      Come vedi, della Siria sappiamo solo una parte di ciò che accade: nulla si sa del fatto che circa cinque milioni di civili di Damasco e dintorni sono da due settimane senz’acqua perché i “ribelli” hanno inquinato le condotte con gasolio, suscitando la reazione dell’esercito siriano che ha cominciato a bombardarne le basi. Da quello che ho potuto vedere, solo Askanews ne ha fatto cenno e neanche in modo condivisibile.
      .
      E veniamo, infine, alla Libia. Ormai c’è poco da dire: ce lo hanno messo a quel posto.
      Il Paese è frammentato in modo, secondo me, irreversibile. Da una parte troviamo un “protettorato” egiziano con epicentro Tobruck con cui fanno affari principalmente i francesi, i tedeschi e gli inglesi. Dall’altra il governo riconosciuto dall’ONU (e dall’Italia) che governa a Tripoli e dintorni (una specie di giunta comunale) e che non controlla nulla: tutto il resto è nelle mani di miriadi di milizie tribali che non riconoscono nessun’autorità e fanno affari con chi capita. Un fallimento mostruoso della diplomazia occidentale (principalmente USA) e del multilateralismo delle Nazioni Unite.
      Raccontarci della Libia significherebbe narrarci di questo fallimento epocale e ciò contraddirebbe la linea di pensiero principale cui si ispirano la stragrande maggioranza degli analisti (gli stessi della Siria, tanto per intenderci).
      Ciao, Donato.

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