Salta al contenuto

Sorry

Lavori in corso, sul sito della Casa Bianca.

Chi volesse accedere all’area dedicata al Climate Change attraverso il seguente link troverà infatti una pagina di scuse in cui si spiega che purtroppo il contenuto non è più disponibile.

È un vero peccato, perché l’anteprima di Google recita, promettente: “The Obama administration is taking action to combat climate change. … The United States is leading global efforts to address the threat of climate change”.

Immagino l’imminente mobilitazione di un esercito di novelli amanuensi intenti a fare “print-screen” di perle di saggezza ambientale molto liberal da proteggere e custodire per trasmettere ai nostri eredi tutta la gravità e l’emergenza che atterriva il pianeta Terra all’alba del 2017, al cospetto di temperature più alte della media di 0.24 °C , record di produzione agricola, successi di portata storica nella lotta alla fame e global greening fuori controllo.

La pagina di scuse, tuttavia, rimanda a delle “Useful Pages”, tra le quali fa bella mostra di sé un link alla pagina nuova di zecca intitolata, in modo altrettanto suggestivo, “An America First Energy Plan”.

Di cosa si parla? Proviamo a riassumere:

  • L’energia è un pilastro della vita degli americani e dell’economia mondiale. La nuova Amministrazione promuove politiche che abbassino il costo dell’energia per il lavoratore americano, massimizzando l’uso delle risorse interne.
  • L’eccessiva regolamentazione dell’industria energetica è stata un ostacolo per troppo tempo. Si elimineranno politiche inutili e dannose come il Climate Action Plan e il Waters of the US rule, risparmiando fino a 30 miliardi di dollari in 7 anni.
  • Si sfrutteranno le risorse locali di idrocarburi per creare lavoro e si useranno le risorse svincolate per realizzare opere infrastrutturali. Un’energia a buon mercato favorirà anche la produzione agricola.
  • Lo sfruttamento delle fonti energetiche tradizionali, incluso il carbone, permetterà di realizzare una indipendenza energetica completa dall’OPEC e da paesi ostili agli interessi americani.
  • Segue un paragrafo sulla necessità di proteggere l’ambiente, l’aria e le acque.
  • E infine la conclusione: un futuro più luminoso dipende da politiche energetiche che stimolino l’economia, garantiscano la sicurezza e proteggano la ricchezza degli americani.

Bestemmie? Eresie? Libro dei sogni? Qualunquismo becero?

O forse generiche parole di buon senso, assolute ovvietà che in altri tempi scevri di fondamentalismi ambientalisti più o meno interessati sarebbero suonate talmente scontate da non meritare menzione?

Forse è utile ricordare che l’alternativa elettorale, dal punto di vista energetico, era spendere 200 miliardi per tappezzare gli Stati Uniti con mezzo miliardo di pannelli solari con l’inevitabile effetto di pagare una bolletta energetica più salata, in cambio di ulteriori riduzioni di emissioni di CO2. È ovviamente un dettaglio insignificante notare che, solo incidentalmente, questo programma avrebbe beneficiato società come SunEdison, First Solar o Solar City, la prima già fallita, le altre sulla buona strada per farlo (1, 2) sulla falsariga della crisi generalizzata dell’industria mondiale del solare, più che mai affamata di sovvenzioni per garantirsi una stentata sopravvivenza.

E altrettanto incidentalmente, le stesse Solar City e First Solar avevano finanziato il Partito Democratico. E chissà che nel discorso inaugurale The Donald non facesse riferimento anche a questo, quando parlava delle tante belle parole dei politici seguite da pochi fatti che negli anni hanno beneficiato i soliti noti dei soliti circoli ristretti di Washington, a danno di Average Joe e di Mr. Johnes.

Gli americani hanno scelto, e la storia dirà se la loro è stata una scelta saggia, spericolata o semplicemente disperata. E dirà anche se chi è stato scelto sarà stato all’altezza delle tante aspettative di cambiamento manifestate con forza nella cabina elettorale.

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...Facebooktwitterlinkedinmail
Published inAmbienteAttualità

10 Comments

  1. roberto

    Si riporta: “al cospetto di temperature più alte della media di 0.24 °C ”
    Temperature UAH che, se non vado errato, sono misure satellitari ed il confronto è tra il 1998 ed il 2016.
    E quelle al suolo ? HADCRUT, CRUTEM, GISS NOAA ..etc ??

    • Massimo Lupicino

      Esatto Roberto, e ti propongo delle alternative tra le quali selezionare la tua preferita:
      1) Ho fatto cherry picking
      2) In un futuro non troppo remoto si accettera’ finalmente che ostinarsi a utilizzare data set massaggiati, interpolati con modelli di simulazione inadeguati e soggetti a inquinamenti vari (isola di calore in primis) e’ poco intelligente se si dispone di dati satellitari non massaggiati, meno suscettibili di errore e non integrati da valori virtuali sfornati da modelli che non hanno mai funzionato
      3) Quando la razza umana si sara’ estinta con la prossima glaciazione, gli alieni che dovessero ritrovare i print-screen dei neo-amanuensi non perderanno tempo a studiare le manipolazioni di karl & friends, ma useranno i dati satellitari
      4) Dati satellitari e terrestri sono stati sovrapponibili fino a quando qualcuno al giss/nasa non ha ritenuto opportuno massaggiare ulteriormente quelli terrestri facendoli andare in cielo. Mi sembra quindi opportuno, di fronte a questa clamorosa discrepanza, utilizzare i dati non massaggiati e meno suscettibili di errori di misura, ovvero i satellitari
      5) In un’epoca in cui con i satelliti si fa tutto, dalla telecomunicazione allo spionaggio, dalla guerra all’osservazione astronomica, noi stiamo a perdere tempo con i massaggi retrospettivi di karl & friends a base di secchiate isolate o meno? Stiamo scherzando o cosa?
      6) L’insieme dei 5 punti sopra…

    • roberto

      Niente di tutto questo. Visto che ho trovato i dati UAH (trovati sul loro sito) dal 1979 mi pare ragionevole considerare tutto l’intervallo dal 79 al 2016 invece che quello dal 1998 al 2016.
      Tutto qua ! buon anno anche a lei

    • Massimo Lupicino

      Caro Roberto, se guardi bene nel link riportato nell’articolo, vedrai che gli 0,24 C fanno riferimento alla media degli ultimi 30 anni. Il 1998 e’ citato in quanto l’articolo fa riferimento al fatto che il 2016 ha battuto il 1998 di 0,02C come anno piu’ caldo nei 34 anni di rilevamenti satellitari.
      Interessante anche il commento di Christy secondo il quale questo record ha scarso valore statistico per via della differenza minima tra i due anni, e per via del fatto che sono considerati “outliers”, ovvero pesantemente (e analogamente) affetti dal Nino. Come e’ tutto piu’ semplice, chiaro e lineare, quando si parla di dati satellitari… niente massaggi, niente interpolazioni, niente secchiate… Un altro mondo, davvero…

  2. DarioC

    A Matteo 12 interessa sfamare gli affamati o la salute delle multinazionali? Forse sono collegati ed invece pensa che le multinazionali risolvano il problema della fame del mondo! Per le seconde non sò, ma Obama per la fame non ha fatto NULLA!

  3. Rinaldo Sorgenti

    # Matteo12

    La ringrazio per aver richiamato questo drammatico argomento che, troppo spesso, sfugge all’attenzione di noi tutti e soprattutto ai grandi MEDIA.

    Colgo quindi l’occasione (nella speranza che “repetita juvant”) per postare un commento che ho già proposto in varie occasioni e su vari blog (purtroppo, finora, inascoltato) sul tema.

    Non speculativamente, ma per ovvia riflessione, l’ho posto in relazione all’incredibile ed immenso sperpero di risorse che l’ideologica campagna sui “Cambiamenti Climatici” ha finora drenato e sottratto alle necessità concrete di affrontare e risolvere i veri problemi dell’umanità, come appunto quello che lei solleva.

    Ora, se anche solo una parte di tali ingenti risorse economiche fosse destinata ad affrontare tale immenso problema, certamente si otterrebbero dei risultati concreti, con un ritorno certo non solo per chi soffre la fame, ma anche indirettamente per tutti sul globo, noi compresi.

    Io, demagogicamente, suggerivo che i grandi Paesi avanzati (OCSE) concordassero un fantastico e lodevole progetto di mettere a disposizione una piccola porzione del loro PIL (così da ripartire lo sforzo sulla base di un parametro sufficientemente bilanciato) – per es. lo 0,5% o l’ 1% – che una grande Istituzione mondiale dovrebbe gestire e destinare a finanziare la realizzazione di infrastrutture energetiche concrete (quelle convenzionali, per iniziare) per portare l’energia e l’elettricità che ancora manca a circa 1,3 Miliardi di esseri umani.

    E’ noto che la disponibilità di abbondante elettricità (ed energia) è stata la base per avviare l’accesso allo sviluppo ed al benessere nei Paesi oggi avanzati e sviluppati. Questo, inevitabilmente, consentirebbe anche di accedere alla produzione di cibo e condizioni di vita migliori per tali nostri simili.

    Se poi si volesse considerare l’enorme sperpero di risorse per incentivare (nei Paesi ricchi), causato da questa assurda e demagogica politica delle Fonti Rinnovabili, soprattutto per quelle ancora tecnologicamente insufficienti, comprendiamo tutti che interrompere tale sperpero e destinare anche solo parte dei faraonici incentivi prelevati dalle Bollette dei consumatori, potrebbe dare un concreto contributo al tema succitato, molto più efficace di quanto hanno previsto con la CoP21 di Parigi.

    Si può fare?
    Parliamone, allora.

  4. Matteo12

    ‘successi di portata storica nella lotta alla fame ‘. si legga x bene questa pagina (http://it.wfp.org/la-fame/statistiche) e poi ci illustri anche come una politica ‘America first’ potrà dar da mangiare ai 795 milioni di persone che non hanno da mangiare. Già che c’è spieghi anche come reagirammo le grandi multinazionali americane di fronte ai minacciosi dazi promessi per la produzione di merce fuori dai loro confini. Sarà molto interessante….

    • Massimo Lupicino

      Matteo, di sicuro ci troviamo di fronte ad un cambio di scenario e di paradigma che si preannuncia interessante. Ci saranno tante resistenze al cambiamento, e non e’ affatto detto che questo si materializzi nel modo in cui viene prospettato. Le sfide sono certamente tante. Sulle multinazionali non so cosa dire, e’ un termine che racchiude troppe cose per poter significare qualcosa in particolare. Se la fame nel mondo e’ percentualmente in calo continuo e significativo, cosi’ come l’aspettativa di vita in tanti paesi e’ in aumento, e’ anche per merito delle multinazionali che operano nel settore agricolo e farmaceutico. O energetico.
      Al solito, chi vivra’ vedra’. Il cambiamento porta sempre con se’ opportunita’ e rischi. E le aspettative troppo grandi generano altrettanto grandi delusioni. Si pensi ad esempio alle aspettative legate all’amministrazione obama, e ai risultati reali che questa ha portato in 8 anni…

  5. Rinaldo Sorgenti

    Ottima riflessione da condividere totalmente.

    C’è la speranza che una simile riflessione possa arrivare alle orecchie del nostro Governo e Ministeri, perché è proprio quello che servirebbe anche al nostro piccolo Paese per uscire dalla ormai cronica recessione ed auspicabilmente riprendere il cammino della ripresa economica.
    Peraltro, le nostre condizioni in termini di:

    – dipendenza energetica;
    – sicurezza strategica;
    – costo dell’elettricità per gli usi produttivi industriali;

    non sono certo trascurabili e meriterebbe che fossero infine meglio esaminate e soprattutto comprese.

    Certamente i MEDIA ci daranno infine una mano.
    O forse non è un compito che compete loro?

    • Massimo Lupicino

      Caro Rinaldo, sulla politica nostrana voglio mantenere un ottimismo di fondo anche se mantengo l’impegno di non esprimermi in materia. Per quanto riguarda i media, invece, troppe volte hanno dimostrato di portare avanti agende non in linea con gli interessi nazionali, anzi. Per cui non mi faccio nessuna illusione.
      La cosa positiva e’ che il potere della carta stampata mainstream e’ sempre minore. Per dirla in modo raffinato: non se li fila piu’ nessuno. E questa e’ probabilmente la notizia migliore.

Rispondi a DarioC Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Categorie

Termini di utilizzo

Licenza Creative Commons
Climatemonitor di Guido Guidi è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale 4.0 Internazionale.
Permessi ulteriori rispetto alle finalità della presente licenza possono essere disponibili presso info@climatemonitor.it.
scrivi a info@climatemonitor.it
Translate »