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Il clima, se lo conosci non ti uccide

Questo articolo è uscito in origine su La Nuova Bussola Quotidiana.

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In questi giorni di freddo intenso al nord e maltempo al sud, impazzano gli articoli di giornali e gli interventi di “esperti” che ricorrono al solito schema del Riscaldamento globale (Global warming). Ma vediamo come stanno davvero le cose.

Temperature e precipitazioni: L’anomalia dell’inverno 2016-2017

L’inverno 2016-2017 è stato fin qui segnato da una sensibile carenza di precipitazioni al Nord, cui sono corrisposte precipitazioni abbondanti al centro-sud, spesso in forma nevosa, il tutto accompagnato da temperature che a partire da gennaio si sono collocate su valori decisamente inferiori alla norma su tutta l’area italiana.

Tabella precipitazioni

Limitandoci a quanto accade in Lombardia, ho riportato in tabella i dieci bimestri dicembre-gennaio meno piovosi della serie storica di Milano (dal 1764 al 2000 ho utilizzato i dati di Milano Brera mentre dal 2001 ho fatto ricorso a dati misurati direttamente da me). Come si vede, il bimestre dicembre 2016 – gennaio 2017 è al momento il meno piovoso in assoluto, seguito a ruota da 1873-74, 1883-84, 1835-36 e 1980-81. Tuttavia questa classifica non è ancora definitiva in quanto le previsioni indicano la possibilità di modesti quantitativi di precipitazione per il 28 gennaio (1-2 millimetri di pioggia su Milano) e quantitativi più consistenti dal pomeriggio del 31 gennaio, allorché è atteso l’ingresso sulla nostra area di una robusta saccatura atlantica che dovrebbe apportare precipitazioni abbondanti soprattutto per l’1 febbraio.

A onor di cronaca ricordo poi che su Milano il 2016 ha presentato una piovosità lievemente superiore alla norma (1040 mm contro una media trentennale 1981-2010 di 976 mm), frutto della piovosità abbondante di febbraio, maggio, giugno, ottobre e novembre.

Parlando poi di quanto accade in Lombardia, per la quale si è già da più parti parlato di siccità, mi limito solo a segnalare che:

  1. Non si può parlare di siccità in termini agronomici poiché in inverno le colture sono in riposo vegetativo e dunque hanno necessità idriche modestissime
  2. La norma climatica prevede che il minimo precipitativo dell’anno a Nord del Po si registri proprio fra dicembre e gennaio, per cui l’auspicio è che il trimestre febbraio-aprile, che specie dopo la metà di febbraio è di norma segnato da precipitazioni abbondanti, consenta di riassorbire l’anomalia negativa manifestatasi in questi due mesi.

Cambiamento climatico ed eventi estremi

Dobbiamo a questo punto domandaci se le anomalie precipitative dell’inverno 2016-2017 siano in qualche modo causate dal fenomeno del Global Warming, e cioè dall’aumento delle temperature medie in superficie cui stiamo assistendo dalla fine della Piccola Era Glaciale e che per il periodo 1850-2015 è stimabile in +1,3°C a livello europeo e +0,85°C a livello globale (di cui +0.69°C nel XX secolo). Su questo argomento i media si lanciano spesso in elucubrazioni che tendono ad associare al Global Warming qualsiasi anomalia (ondate di caldo, ondate di freddo, fasi siccitose, fasi a piovosità eccessiva, ecc.). Si deve essere molto prudenti nello stabilire nessi causali di questo tipo, vuoi perché il Global Warming è un fenomeno globale mentre noi ragioniamo in genere di fenomeni molto più locali (o meglio “a mesoscala” in termini meteorologici, come lo sono una siccità padano-alpina o le nevicate sul centro Italia), vuoi perché i risultati delle ricerche scientifiche sono tutt’altro che concordi in tal senso, tant’è vero che i ricercatori negli ultimi anni hanno ad esempio messo in luce che (in parentesi metto i lavori scientifici da cui emergono queste evidenze):

  • La frequenza degli eventi alluvionali in Europa è stata sensibilmente più bassa durante le fasi calde (es: optimum romano, optimum medioevale) che durante quelle fredde (es: piccola era glaciale) (Wirth et al., 2013; Glaser et al., 2010).
  • Nel XX secolo a livello globale una larghissima parte delle stazioni meteorologiche (oltre il 90%) non manifesta tendenze all’incremento delle precipitazioni intense (Westra et al., 2013). Preciso che tali analisi sono state condotte su dati giornalieri in quanto i dati orari sono in gran parte di durata troppo breve e di qualità troppo scadente per poterci lavorare.
  • A livello globale il rischio di siccità non ha manifestato variazioni di rilievo negli ultimi 60 anni come ci dimostra ad esempio un lavoro uscito su Nature nel 2012 a firma di Justin Sheffield e altri e dall’emblematico titolo “Little change in global drought over the past 60 years”.

Antiche cronache

Per restituirci un poco di senso della realtà, consiglio la lettura di alcuni brani tratti da cronache più o meno antiche che evidenziano, spesso con tono accorato, i gravi problemi che i nostri antenati vissero in tempi non sospetti di Global Warming.

TIRANO 1619  «Il 30 ottobre: …Il raccolto dell’uva che si è fatto in questi giorni in generale fu scarso ma il peggio è che nei luoghi più caldi e nelle migliori situazioni non si è rinvenuto un grappolo maturo. La costiera di sopra S. Gervaso non presentò che uve, se non in uno stato, quale solitamente si osserva nel mese di Agosto, cioè senza avere ombra di tintura. Il vino dell’anno scorso si paga l. 214 alla soma…».
(D. Zoia, Vite e vino in Valtellina e Valchiavenna – La risorsa di una valle alpina, Sondrio, 2004).

CLUSONE 1815-1816 «Le due estati degli anni 1815-1816 furono cattivissime, fredde, burrascose […] così che nelle nostre valli […] fu un raccolto così scarso che non vi è memoria di simile. Le famiglie, quasi tutte, sono senza grani e senza soldi e di cento famiglie, ottanta vanno questuando, ma con poco utile perché in giornata sono pochissime le famiglie che possono fare limosine. Si introducono anco nei nostri paesi  in questi due anni, li pomi di terra, ossia patate, ma in poca quantità e la maggior parte furono derubate in tempo immaturo senza profitto” e poi “[nel 1815] la primavera fu tardiva per la gran neve e terminò di scoprirsi la campagna solo alla metà di aprile e li frumenti erano tutti, o quasi tutti morti. L’estate fu sempre fredda e piovosa e si raccolse quel poco frumento che era rimasto, solo in agosto. L’anno 1816 fu freddo e di grandiose piogge, con danni grandiosi su fiumi e torrenti».
(A.M. Pedrocchi, 2013. Ol feròs. Giovan Maria Pedrocchi, un borghese bergamasco tra ‘700 e ‘800, Centro culturale Baradello, Clusone, 191 pp.)

TOSCANA, 1765: Il freddo «fra le ore 2 e 4 della mattina del 14 aprile 1765 in momenti bruciò nelle pianure della Toscana gli Occhi delle viti, dei Peschi dei Fichi e dei Noci…», tanto che «da molti anni in qua abbiamo perso la bussola e non si riconoscono più le stagioni… abbiamo avuta la primavera nell’inverno, l’inverno nella primavera, la primavera nell’estate e l’estate è iniziata a mezzo settembre». Insomma «l’ordine antico delle stagioni pare che vada pervertendosi, e qui in Italia è voce comune, che i mezzi tempi non sono più».
Giovanni Targioni Tozzetti, 1767. Cronica meteorologica della Toscana per il tratto degli ultimi sei Secoli relativa principalmente all’Agricoltura (Alimurgia, pt. III).

MEAUX (Francia), 1788: «Nel 1788 non c’è stato inverno, la primavera non è stata favorevole alle colture, ha fatto freddo, la segale non è stata buona, il grano è stato abbastanza buono ma il caldo eccessivo ha disseccato i chicchi, cosicché il raccolto di grano era molto scarso….; il 13 luglio c’è stata un’ondata di grandine che, cominciata dall’altra parte di Parigi, ha attraversato tutta la Francia fino alla Picardia e ha fatto grossi danni; la grandine pesava 8 libbre e ha falciato grano e alberi al suo passaggio; si estendeva su una fascia larga due leghe e lunga 50…..; invece la vendemmia è stata buonissima e i vini eccellenti. L’uva è stata raccolta a fine settembre; il vino valeva 25 lire dopo la vendemmia e il grano 24 lire dopo il raccolto.
Dal diario di un viticoltore dei dintorni di Meaux (fonte: Emmanuel Le Roy Ladurie, 2011. Les Fluctuations du climat de l’an mil à aujourd’hui, avec Daniel Rousseau et Anouchka Vasak, Fayard, 332 pages).

TOSCANA, 1590: «Trovandosi la Toscana afflitta da grandissima Carestia, e non essendo potuti ottenere Grani dalla Sicilia, dal Levante, dalla Barberia, state le male Ricolte, che erano state ancora in quei Paesi soliti essere Granaio dell’Italia, il serenissimo Granduca Ferdinando I, con somma prudenza riflettè, che le medesime Cause Meteorologiche, dovevano aver cagionato una copiosissima Ricolta nei paesi più settentrionali di noi. Perciò si voltò alle più remote Provincie verso il Baltico, allora non molto praticate, e spedì per le poste a Danzica Riccardo Riccardi Gentiluomo fiorentino, ricchissimo e principalissimo Mercante, per incettar Grani e Biade, ed in questa maniera, da niun’altro prima immaginata, gli riuscì di metter l’abbondanza nella Toscana».
Giovanni Targioni Tozzetti, 1767. Cronica meteorologica della Toscana per il tratto degli ultimi sei Secoli relativa principalmente all’Agricoltura (Alimurgia, pt. III).

Quale morale

Da queste cronache emerge on evidenza il fatto che l’età dell’oro non è mai esistita e che le anomalie termiche e pluviometriche affliggono da sempre i nostri simili. Emerge inoltre che determinante per evitare gravi danni a cose e persone è da sempre la previdenza (idonee scorte di cibo ed energia, mezzi operativi in buono stato di manutenzione, ecc.) e la capacità di auto-attivazione delle comunità locali (che oggi potremmo chiamare principio di sussidiarietà o “aiutati che il ciel t’aiuta”).

C’è poi da considerare un aspetto di cultura generale su cui da anni mi capita di insistere ma con risultati all’apparenza scarsi, almeno a giudicare da quanto viene costantemente riproposto sui grandi media: a Est dell’Italia c’è la Siberia che nella stagione invernale è il “polo del freddo” del nostro emisfero, ospitando le masse d’aria più gelide in assoluto. In tali condizioni, che si ripetono tutti gli inverni, è sufficiente che un anticiclone si piazzi sul Centro-Nord Europa in idonea posizione per far si che l’Italia sia investita dall’aria siberiana con ondate di freddo i cui casi più estremi negli ultimi 100 anni sono stati nel febbraio 1929, nel febbraio 1956, nel gennaio 1985 e nel febbraio 2012 (in media un caso ogni 25 anni). Per questo, prima ancora di ragionare di cambiamento climatico aderendo a slogan ottusi del tipo “farà sempre più caldo”, occorrerebbe prima di tutto ragionare del nostro clima e di come esso si comporta, e questo ad iniziare dalle scuole.

E smettiamola per favore di dire che “il clima è impazzito”. È questo infatti un luogo comune falso e che purtroppo frulla nelle teste dei nostri concittadini da oltre 2000 anni, come ci dimostra il fatto che di esso ebbe a suo tempo a lamentarsi il grande agronomo romano Lucio Moderato Columella (Cadice, 4-70 d.C.) nell’introduzione al suo De re rustica: “Io odo spesso gli uomini principali di Roma lagnarsi, chi della sterilità dei campi, chi dell’intemperie dell’aria, nociva alle biade da lungo tempo in qua… Quanto a me, Publio Silvino, tengo tutte queste ragioni per lontanissime dalla verità”.

Il clima va conosciuto, perché se lo conosci non ti uccide.

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Published inAttualitàClimatologia

22 Comments

  1. Luigi Mariani

    Caro Donato,
    la tua testimonianza a livello locale è senza dubbio rilevante e te ne ringrazio.
    Voglio aggiungere che per capire come mai Coldiretti è quello che è e la sua protervia demagogica, occorre avere memoria storica su fatti accaduti e coscienza di quanto accade a livello nazionale.
    In tal senso invito:
    A) a riflettere sul crack Federconsorzi leggendo lo scritto di Antonio Pascale
    “La Federconsorzi, l’agricoltura italiana e le pretese di Coldiretti ” https://agrariansciences.blogspot.it/2014/10/la-federconsorzi-l-agricoltura-italiana.html
    Sullo stesso tema invito a fare la ricerca con le parole chiave “Saltini Coldiretti Federconsorzi” e a leggere gli articoli scritti sull’argomento dall’amico Antonio Saltini
    B) a fare una ricerca, questa volta con le parole chiave “espresso coldiretti stipendio direttore generale”. qui si giunge immediatamente ad un articolo denuncia dell’Espresso da cui si apprende che il direttore generale Coldiretti ha avuto uno stipendio di oltre 1 milione di euro l’anno negli ultimi 10 anni. Poichè non mi risulta che l’Espresso sia stato querelato debbo dedurre che a) la notizia è vera e b) che la difesa dei “poveri agricoltori” rende bene.
    C) a constatare lo spazio che a Coldiretti dedicano i notiziari televisivi (Rai, reti di Berlusconi, ecc.)
    D) a riflettere sul comportamento servile dei ministri delle politiche agricole (Martina in primis) nei confronti dell’organizzazione
    E) a fare una terza e ultima ricerca con le parole chiave “Grillo Coldiretti” per renderci conto di come il “potere del futuro” sia curiosamente solidale con la Coldiretti.
    Da tutto ciò si deduce che il crack Federconsorzi è al cuore del nodo gordiano e che Coldiretti è ahimè, nel nostro futuro, e quale futuro!
    Luigi

  2. Luigi Mariani

    Caro Alessandro,
    mi scuso perché nella mia risposta precedente c’era un errore, nel senso che per la fretta avevo preso dalle serie Arpa la colonna dei massimi e non quella dei totali. I totali sono pertanto:
    – Milano Lambrate: 7,0 mm
    – Milano Brera: 7,8 mm
    – Milano Zavattari: 8,0 mm
    Ciò conferma appieno il dato del mio pluviometro di casa.
    Ci tengo infine a sottolineare che a livello idrologico i conti vanno fatti dal 1 ottobre 2016, mese da cui ha per convenzione inizio la ricarica autunnale delle falde. Da quella data il mio pluviometro ha registrato un totale di 382,0 mm che non sono per nulla eccezionali (ad esempio avevo registrato 361 mm nel 2015-2016, 245 mm nel 2011-2012 e 272 mm nel 2006-2007).
    Questo lo scrivo perché la tendenza al catastofismo (che nel nostro Paese è ahimè spesso guidato dai comunicati stampa della Coldiretti) è dilagante. Oggi ad esempio la Stampa di Torino titolava così:
    La grande sete assedia il Nord. È emergenza (http://www.lastampa.it/2017/04/09/italia/cronache/la-grande-sete-assedia-il-nord-emergenza-JaBY8vvVGRy9DT2prAAS0N/pagina.html). Mi domando cosa avranno titolato nell’aprile 2016, 2012 e 2007….

    • donato b

      “Mi domando cosa avranno titolato nell’aprile 2016, 2012 e 2007….”
      .
      Caro Luigi, credo che i titoli erano gli stessi di oggi. Le veline hanno la stessa fonte, ovvero la Coldiretti che un giorno si e l’altro pure, bussa sempre a denaro. Una volta per il gelo, un’altra per la neve, un’altra per la siccità, un’altra per la grandine, un’altra per l’ondata di calore, un’altra per la protezione della biodiversità minacciata dagli OGM, un’altra ……
      Basta. Mi sono stancato, ma l’elenco non è mica finito. Potrei continuare ancora per molto. 🙂
      .
      Il piagnisteo è continuo e posso testimoniare direttamente che lo è anche in periferia oltre che sugli organi di stampa. I patronati ed io abbiamo molti clienti in comune e, quindi, sono ben informato.
      E’ una politica consolidata quella di chiedere soldi per ogni cosa che succede e funziona quasi sempre. Una volta i voti movimentati erano di più, ma anche oggi non scherzano! 🙂
      Ciao, Donato.

    • Luigi Mariani

      Gentile signor Sigismondi,
      la ringrazio per aver segnalato l’articolo del Corriere, il quale si riferisce ad una pubblicazione scientifica (di cui qui sotto riporto l’abstract) che evidenzia che il ghiacciaio dell’Ortles scomparve totalmente durante il grande optimum post-glaciale (fra 6000 e 9000 anni orsono) e pertanto il ghiaccio che vediamo oggi e frutto di accumuli successivi.
      Non è l’unica evidenza in proposito. Ad esempio Hormes et al. (2001) evidenziarono che nelle Alpi centrali i ghiacciai furono più arretrati rispetto ad oggi per ben 8 volte dopo la fine dell’ultima era glaciale e cioè nei periodi 9910–9550 BP, 9010–7980 BP, 7250–6500 BP, 6170–5950 BP, 5290–3870 BP, 3640–3360 BP, 2740–2620 BP e 1530–1170 BP (BP=Before Present). Inoltre Goehring et al. (2011), applicando a rocce oggi esposte un metodo di datazione basato su 14C/10Be hanno ricavato che il ghiacciaio del Rodano dopo la fine dell’ultima glaciazione è stato meno esteso di oggi per 6500+/-2000 anni e più esteso per 4500+/-2000 anni.
      In ogni caso i ghiacciai montani, salvo poche eccezioni, sono oggi in arretramento come risulta dal catasto globale del World Glacier Monitoring Service (http://wgms.ch/latest-glacier-mass-balance-data/). Tale fenomeno è in atto dagli anno ’80 del XX secolo dopo una fase di avanzamento che aveva interessato la maggior parte dei ghiacciai a partire dagli anni ’50 ed è assai evidente per quanto riguarda i ghiacciai alpini.

      Gabrielli, et al 2017. Age of the Mt. Ortles ice cores, the Tyrolean Iceman and glaciation of the highest summit of South Tyrol since the Northern Hemisphere Climatic Optimum, The Cryosphere, 10, 2779-2797, doi:10.5194/tc-10-2779-2016, 2016.
      Abstract. In 2011 four ice cores were extracted from the summit of Alto dell’Ortles (3859 m), the highest glacier of South Tyrol in the Italian Alps. This drilling site is located only 37 km southwest from where the Tyrolean Iceman,  ∼ 5.3 kyrs old, was discovered emerging from the ablating ice field of Tisenjoch (3210 m, near the Italian–Austrian border) in 1991. The excellent preservation of this mummy suggested that the Tyrolean Iceman was continuously embedded in prehistoric ice and that additional ancient ice was likely preserved elsewhere in South Tyrol. Dating of the ice cores from Alto dell’Ortles based on 210Pb, tritium, beta activity and 14C determinations, combined with an empirical model (COPRA), provides evidence for a chronologically ordered ice stratigraphy from the modern glacier surface down to the bottom ice layers with an age of  ∼ 7 kyrs, which confirms the hypothesis. Our results indicate that the drilling site has continuously been glaciated on frozen bedrock since  ∼ 7 kyrs BP. Absence of older ice on the highest glacier of South Tyrol is consistent with the removal of basal ice from bedrock during the Northern Hemisphere Climatic Optimum (6–9 kyrs BP), the warmest interval in the European Alps during the Holocene. Borehole inclinometric measurements of the current glacier flow combined with surface ground penetration radar (GPR) measurements indicate that, due to the sustained atmospheric warming since the 1980s, an acceleration of the glacier Alto dell’Ortles flow has just recently begun. Given the stratigraphic–chronological continuity of the Mt. Ortles cores over millennia, it can be argued that this behaviour has been unprecedented at this location since the Northern Hemisphere Climatic Optimum.

      Bibliografia citata
      Goehring B.M., Schaefer J.M., Schluechter C., Lifton N.A., Finkel R.C., Timothy Jull A.J., Akçar N., Alley R.B., 2011. The Rhone Glacier was smaller than today for most of the Holocene, Geology, July 2011; v. 39; no. 7, 679–682.
      Hormes A., Müller B.U., Schlüchter C., 2001. The Alps with little ice – evidence for eight Holocene phases of reduced glacier extent in the Central Swiss Alps, The Holocene 11,3, 255–265.

    • donato b

      Lo sgangherato articolo del Corriere può essere letto come un lancio di un articolo pubblicato su The Cryosphere.
      http://www.the-cryosphere.net/10/2779/2016/tc-10-2779-2016.html
      Come è ormai diventato usuale nei lanci da parte della stampa generalista di pubblicazioni scientifiche, si mescolano riferimenti specifici all’articolo, con luoghi comuni della narrazione relativa al “clima che cambia e cambia male per colpa dell’uomo” per cui non si capisce dove inizia la comunicazione scientifica e dove finisce quella propagandistica. Nell’articolo del Corriere citato, questa “confusione” è massima.
      .
      La ricerca di cui parla l’articolo ha provveduto a studiare alcune carote di ghiaccio prelevate dal ghiacciaio dell’Ortles. Lo studio ha consentito di appurare che il ghiaccio più antico presente nel ghiacciaio, ha un’età di circa 7000 anni. La datazione è così precisa grazie all’esame di un ago di pino che è stato trovato per puro caso in una delle carote: il classico ago nel pagliaio! 🙂
      NON esiste, quindi, traccia del ghiaccio che si è formato prima di 7000 anni fa. Ciò significa che tra 6000 e 9000 anni fa sulle Alpi NON vi erano ghiacciai.
      La ricerca dimostra che l’ottimo climatico Olocenico, datato appunto al periodo compreso tra 6000 e 9000 anni fa, è stato caratterizzato dall’assenza totale di ghiaccio sulle Alpi.
      Questo fatto è estremamente importante in quanto dimostra che tra 6000 e 9000 anni fa, le temperature erano senza ombra di dubbio più alte di quelle attuali e, purtroppo per alcuni, non a causa dell’opera dell’uomo.
      La cosa non avrebbe fatto piacere agli esponenti del pensiero scientifico dominante e, per farli contenti, gli autori hanno inserito il solito obolo finale: le indagini hanno altresì dimostrato che A PARTIRE da 6000 anni fa, la velocità con cui si muove il ghiacciaio dell’Ortles è “senza precedenti”. Alla fine questa è diventata la notizia, mentre quella vera, che cioè 7/8 mila anni fa le Alpi erano prive di ghiacciai, è stata del tutto “oscurata”. Disinformazione scientifica allo stato puro: chi si è preoccupato, infatti, di andare a leggersi la pubblicazione scientifica originale?
      Questa è la mia personale opinione al riguardo.
      Ciao, Donato.

    • gian marco sigismondi

      Grazie per entrambi le risposte puntuali.

      Cortesemente vorrei riportare l’attenzione su 2 punti dell’intervista concessa al Corriere dal prof. Carlo Barbante, (docente all’Università Ca’ Foscari di Venezia e direttore dell’Istituto per la dinamica dei processi ambientali Idpa-Crn)

      1) “Non c’è alcun dubbio sulle cause antropiche del riscaldamento che osserviamo: mai, neanche alla fine delle glaciazioni precedenti, c’è mai stato un ritiro glaciale di tale portata in così tempo.”

      2)”E non dobbiamo lasciarci fuorviare da quella che è stata chiamata Piccola era glaciale alla fine del medioevo: si è trattato di un fenomeno regionale che non ha coinvolto l’intero pianeta”

      Mi chiedo com’è possibile avere opinioni cosi nettamente divergenti sulle cause di un fenomeno come l’avanzamento di un ghiacciaio alpino questo si di carattere locale …..
      Mi piacerebbe anco leggervi sul carattere regionale (solo europeo ? ) della PEG?
      Grazie ancora per l’attenzione

    • Luigi Mariani

      Premetto che personalmente propendo per il carattere globale dell’optimum medioevale in quanto lo stesso trova riscontro in serie storiche dell’emisfero nord e di quello sud (e su questo mi appunto di scrivere quanto prima qualcosa).
      Ciò detto mi pare che il punto cruciale cui ci rimanda la ricerca sul ghiacciaio dell’Ortles da lei segnalata non sia tanto l’optimum medioevale quanto il grande optimum postglaciale, in occasione del quale è lecito ipotizzare che i ghiacciai alpini siano quasi totalmente scomparsi.
      A ciò aggiunga che al culmine dell’interglaciale precedente al nostro (circa 125mila anni fa) la Groenlandia fu totalmente priva della calotta glaciale, come ci dimostrano i sondaggi eseguiti dalla NASA i quali dicono che tutto il ghiaccio groenlandese si è depositato nell’ultima glaciazione oppure nell’Olocene.
      Questi fenomeni di portata enorme si sono verificati pochissimo tempo fa (in termini geologici) e in occasione di essi non c’era la “perfida” CO2 antropica, per cui l’agente causale più probabile è indiscutibilmente il sole.
      Ma se il sole agì allora perché è da escludere che possa agire in modo significativo anche in occasione dell’optimum attualmente in atto?
      Mi paiono domande con le quali occorrerebbe confrontarsi in modo laico e senza fermarsi all’optimum medioevale, come spesso fà IPCC. A tale riguardo ricordo che il clima del pianeta ha 4,5 miliardi di anni, e fermarsi agli ultimi 1000 mi pare un pò pochino per metterne in luce i meccanismi. Ad esempio il più assoluto mistero regna ancor oggi sulle cause di 24 eventi di riscaldamento abrupto (gli eventi di Dansgaard-Oeschger D-O) avvenuti durante la glaciazione di Wurm e che interessarono l’intero pianeta.
      Insomma, buchi conoscitivi giganti come quelli cui ho accennato in queste poche righe (cause della scomparsa della calotta glaciale groenlandese nell’interglaciale precedente al nostro, cause del grande optimum postglaciale, cause degli eventi D-O) mi paiono davvero un po’ troppo per una scienza del cambiamento climatico che si dichiara tanto orgogliosamente “settled”.

    • Luigli Mariani

      Caro Donato,
      grazie per l’integrazione del commento sull’articolo del Corriere, che ho saltato a più pari per dedicarmi all’articolo scientifico. Ciò perchè non sempre ho cuore sufficiente per gridare che “il re è nudo”, capitandomi di vederlo nudo da troppo tempo senza che mi sia dato di cogliere la benchè minima possibilità che si rivesta.
      Ciao. Luigi

    • Alessandro

      Caro Luigi, ma poi com è finito il bimestre Dicembre 2016- Gennaio 2017 in mm a Milano?
      qui Toscana interna il bimestre dic /gen dal 1916 ad oggi:
      1974/1975: 11,6 mm
      1988/1989: 17,4 mm
      1991/1992 : 28,0 mm
      1989/1990 : 29,2 mm
      2016/2017: 32,0 mm

    • Luigi Mariani

      Caro Alessandro,
      non posso che confermare i dati riportati nella tabella del post, nel senso che il totale di pioggia registrato dal mio pluviometro è di 8,0 millimetri, il più basso di tutta la serie di Brera. A scopo di verifica ho scaricato per il periodo dicembre 2016 gennaio 2017 i dati delle tre stazoni milanesi di Arpa. I totali sono i seguenti:
      – Milano Lambrate: 4,4 mm
      – Milano Brera: 3,6 mm
      – Milano Zavattari: 3,8 mm
      In sintesi non posso che dire che il record è da considerare validato: è il totale di pioggia più basso dell’intera serie storica di Milano (1764-2017).

  3. alessandrobarbolini .critico meteo

    Grande articolo

  4. Luigi Mariani

    Ringrazio Gianni e il signor Maggiolini per i riferimenti davvero molto interessanti.
    Sviluppando quanto scritto ieri, sarebbe bello e utile che qualcuno su CM si offrisse di organizzare un “archivio storico delle citazioni memorialistiche relative a eventi atmosferici o a fenomeni ad essi collegati (buoni o cattivi raccolti, carestie, eventi alluvionali, ecc.)”.
    Al riguardo il formato excel potrebbe essere più che sufficiente, si dovrebbero riportare citazioni e relativi riferimenti bibliografici e la scala temporale potrebbe essere l’anno.
    In tale ambito si potrebbero raccogliere anche i riferimenti ai diari meteorologici che vari appassionati tengono (ad esempio io ne tengo uno per Milano che inizia nel 1991 e sono anche in possesso di due diari meteorologici tenuti dall’Ing. Piero Scioli nel 1944 e nel biennio 1946-47).
    Lancio l’idea a Guido Guidi che coordina il sito.

    • Luca Maggiolini

      Vabbè ma quel sito è talmente ridicolo nelle sue esternazioni ad effetto che ormai fa sorridere anche chi non sa nulla di meteo e clima.

    • gian marco sigismondi

      Letto l’articolo. Si è vero incommentabile.
      Avverto pericolo serio per la democrazia :
      la democrazia funziona nella misura in cui la popolazione fa lo sforzo di andare in profondità nelle questioni (e gli articoli , come questo di giornali e riviste dovrebbero essere un punto di partenza, non di arrivo).

      la democrazia non può funzionare quando una maggioranza di persone ha rinunciato ad eccellere, a superarsi, e si preoccupa soprattutto di vivacchiare senza troppi problemi.

      Se la classe dirigente non sprona all’eccellenza perché essa stessa vivacchia, allora c’è l’involuzione.

      L’Occidente sta decadendo perché poteri influenti temono l’evoluzione delle masse e bramano la loro involuzione ?

  5. Bellissimo Articolo.
    Ci sono anche dei motivi “spirituali” che intervengono nel mutamento del Clima. Il pensiero umano influisce.
    Ha sempre a che fare con la legge dell’elettro-magnetismo.
    I pensieri sono “energia”.
    Questo argomento è complesso, non è di facile comprensione. Mi limito solo du citarlo – comprendo possa non essere tenuto in considerazione, magari considerato ridicolo. Ad ogni modo, come ogni cosa, andrebbe prima confutata, sperimenta, per essere compresa ed accettata. Chiunque vorrà approfondirlo, sarà sua scelta. In futuro ci saranno maggiori informazioni in merito a ciò.

  6. Luca Maggiolini

    Gentile Mariani,
    il pezzo da me citato credo risalga a non meno di 15 anni fa. Ricordo di averlo “ricopiato” da una risposta fornita da Paolo Granzotto de “Il giornale”, nella sua rubrica quotidiana coi lettori, ad una lettera in cui si sosteneva essere i CFC e altre “varie umane attività” i colpevoli del clima impazzito.
    Non vorrei sbagliarmi ma citava il noto Franco Battaglia come fornitore delle informazioni.
    La risposta mi è sempre rimasta impressa perchè dimostra come la percezione del tempo meteorologico che abbiamo sia estremamente volubile.
    Rammento, come fosse oggi, mia nonna paterna (nata nel 1898) quando a fine anni 70 mi diceva: “ah, non ci sono più i temporali di una volta. Adesso iniziano alla mattina e durano tutta la giornata, quando ero giovane io duravano un’ora al massimo e poi passavano”.
    Ma la tropicalizzazione delle precipitazione non è roba di questi anni, secondo alcuni illuminati?

  7. Luca Maggiolini

    Trascrivo qui qualche riga del diario di Fra’ Pasquale Pasquali dell’Osservanza di Bologna, del 18mo secolo.
    1724: Dal 24 Luglio al 31 Ottobre non piovve
    1735. Dal dicembre 1734 a maggio 1735 fortissime e continue piogge rovinarono i raccolti
    1737: Alla processione del Corpus Domini – 22 Giugno – col mantello, che si portò per il gran freddo fino al 16 luglio.
    1738: Il 22 maggio iniziò a piovere e continuò per 30 giorni
    1740: Tra il 6 gennaio e l’8 maggio nevicò 33 volte e il mantello si portò fino al 29 luglio
    1741: Dal 27 marzo nevicò per due giorni consecutivi, neve fino al ginocchio
    1743: Non piovve da Natale al 7 marzo
    1745: Non piovve se non per squassi di poche ore dal 18 giugno al 12 ottobre
    1756: Sette mesi senza pioggia e inverno senza freddo
    1765: Anno di piogge e allagamenti
    1770: Dal 3 al 18 novembre piovve tutti i giorni

    Sarà stata colpa dei CFC già allora??? Delle Big oils? Dei mulini a vento?

    • Luigi Mariani

      Gentile Luca,
      la ringrazio per aver citato una fonte che non conoscevo e che mi pare decisamente interessante. Preciso che non è mia intenzione surrogare i dati quantitativi su temperature, precipitazioni, ecc. (da strumenti e da proxy data) con dati da fonti documentali. Tuttavia queste ultime mi paiono utilissime in chiave antropologica renderci edotti della percezione che i nostri progenitori avevano del tempo atmosferico. In particolare il diario di Fra’ Pasquale Pasquali ci cala nel bel mezzo della Piccola era glaciale, un periodo non ancora perturbato dalla “perfida azione dell’uomo” ed in cui dunque il clima, almeno secondo l’idea dei nostalgici, avrebbe dovuto essere benigno. Al contrario tali note indicano una variabilità rilevantissima e che pesa non poco sule popolazioni. Fra l’altro vi si cita il 1740, anno terribile (nel diagramma in rosso in alto a destra in questa pagina spicca come il più freddo dell’intere PEG).
      Può per cortesia indicarmi se il diario di Fra’ Pasquale Pasquali è stato pubblicato?
      Circa il paleoclima concludo auspicando che anche altri lettori segnalino fonti documentali a loro disponibili. Chissà che non ne possa nascere una raccolta utile ad accrescere le conoscenze di tutti noi.
      Cordiali saluti.
      Luigi Mariani

    • Gianni Bellocchi

      Ho trovato questo riferimento: https://www.amazon.it/Memorie-Convento-dellOsservanza-Bologna-1712/dp/B00LXZPOYS

      Segnalo altrimenti i seguenti riferimenti (per il Centro-Sud Italia, inclusa la Sicilia) riportati in Diodato e Bellocchi, 2011, Climate Research (http://www.int-res.com/abstracts/cr/v49/n3/p189-200):

      “Today, Wednesday 31st December the year 1760 is finishing, thank goodness. Food supplies have been very low because of the great drought that never seems to stop, decimating all fruits, with grapes also destined to perish, and very little must and wheat and oil (…). Drought has occurred because there has been no rain up to late December, the countryside is arid and bare of grass, and almost all the cattle are dead. Starvation threatens; much prayer is in order. God have mercy on us! Amen …” (Gregorio Susanna, Diary for 1760–1761)

      “This century XVIII had a memorable and shocking year, for the fatal consequences caused by the scarcity of food and very poor harvest (…). At the beginning of this year, August 1763, drought and hail fell upon the Kingdom of Naples, causing a very poor harvest, with starvation beginning in December (…)” (chronicles of Giuseppe Loffredo)

      “An overall rainy year troubles us with an obstinate and tearful drought; a year that was largely very warm punished us nevertheless with extraordinary cold and frost” (Giuseppe Maria Giovene, 1788)

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