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Confessioni

Questa è la prima volta nella storia dell’umanità che ci stiamo imponendo il compito di cambiare, intenzionalmente e all’interno di un periodo di tempo definito, il modello economico di sviluppo che ha dominato negli ultimi 150 anni, dall’inizio della rivoluzione industriale”.

Questo è probabilmente il compito più difficile che ci siamo dati, ovvero di trasformare intenzionalmente il modello economico di sviluppo per la prima volta nella storia dell’umanità”.

La necessaria trasformazione dell’economia mondiale non sarà decisa in una sola conferenza o con un solo accordo (…) non succederà in una notte o in una singola COP15, 21 o 40, scegliete voi il numero”.

Queste parole sono state pronunciate nell’Ottobre del 2015 da Christiana Figueres, segretario(a) esecutivo(a) del Framework delle Nazioni Unite sul Climate Change. Intervista che si può ritrovare da diverse fonti su internet, tra le quali questa, e che è stata rilanciata recentemente con riferimento alle polemiche che imperversano sull’argomento.

E noi, poveretti, a barcamenarci per anni con il centro massaggio-dati del GISS, le secchiate di Karl e gli infallibili modelli climatologici che azzeccano previsioni solo a babbo morto, attraverso penosi ed estenuanti esercizi di history-match.

Non bastava dirlo subito? “Noi liberal salvamondo pensiamo si debba cambiare il modello economico, perché la rivoluzione industriale è stata il più grande errore dell’umanità”.

Bisognava per forza inventare la patacca del climate change? Una teoria che in decenni non è stata in grado di mettere in relazione uno straccio di grafico con l’andamento della CO2 e uno con le temperature mondiali satellitari? Quanti soldi sono stati spesi nel tentativo di trovare una pezza giustificativa ad un intento puramente ed unicamente politico?

E comunque resta il rimpianto per l’ennesima rivoluzione sbagliata fatta dal genere umano: quella industriale. Un rimpianto davvero doloroso, di quelli che non fanno dormire la notte. Pensate: a quest’ora potevamo vivere in un mondo con meno CO2 (forse), ma allietato dal pathos per l’arrivo della prossima pestilenza o carestia. Romantico, vero? Oggi ci sei, domani non ci sei… Useremmo il grasso di balena per illuminare le nostre case e raccoglieremmo l’acqua con i secchi. Forse farebbe anche più freddo (forse), il che sicuramente renderebbe le nostre vite migliori. E magari la popolazione di orsi sarebbe maggiore, e i ghiacci artici piú estesi. Li misureremmo camminandoci sopra, visto che i satelliti non ci sarebbero, e comunque non servono a nulla perché ancora oggi sbaviamo dietro ai grafici massaggiati dal GISS piuttosto che usare i dati di temperatura satellitari in libera atmosfera.

Si potrebbe andare avanti all’infinito. Solo dispiace che non ci sia stata un’ONU e una Figueres 150 anni fa, altrimenti tutti i problemi di global warming che oggi ci affliggono non sarebbero mai esistiti e, soprattutto, oggi non dovremmo cambiare il “modello di sviluppo”, ché ancora tireremmo le frecce e ci scalderemmo con i falò.

Quindi grazie ONU, grazie Figueres e grazie salvamondo. Siete arrivati tardi, ma potete ancora farcela a riportare indietro le lancette del tempo e a farci tornare all’età della pietra. Non resta che aspettare con ansia le prossime COP in attesa che il destino finalmente si compia.

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Published inAttualità

13 Comments

  1. Alex

    Il bello e’ che nella videoclip la signora in questione parla di “giustizia nel mondo”.

    Evidentemente condannare i paesi del terzo mondo, scusate, “in via di sviluppo”, ad una vita ancora piu’ grama di quella attuale e’ un atto di giustizia…

    Io ho sempre pensato che la chiave di uno sviluppo economico fosse energia abbondante e a buon mercato, ma evidentemente mi sbaglio. D’ altra parte, se retrocediamo noi al livello di sviluppo dei citati paesi, staremmo peggio tutti, ma avremmo la coscienza a posto. EVVIVA!

  2. Luca Rocca

    Tornare ai livelli preindustriali significa non avere le risorse per nutrire i quattro quinti della popolazione mondiale.
    Se ci sono persone che pensano in questo modo direi che ci meritiamo l’estinzione più dei dinosauri

    • Massimo Lupicino

      Luca e’ solo il caso di ricordare che i dinosauri hanno prosperato per circa 130 milioni di anni, mentre l’homo sapiens e’ datato circa 200,000 anni… Quindi la strada e’ ancora molto lunga prima di poterci paragonare ai rettili in questione. Sarebbe il caso di chiedersi piuttosto come mai sono stati cosi’ longevi, loro… Forse perche’ non affidavano le loro sorti a carrozzoni para-statali, centri-massaggi data-set di temperature e politici salvamondo. Qualcuno rispondera’ che hanno campato cosi’ a lungo perche’ non emettevano troppa CO2. Insomma, ognuno restera’ del suo parere, come sempre.

    • Luca Rocca

      Massima stima per i dinosauri

  3. Rinaldo Sorgenti

    Ancora una volta, queste sagge riflessioni mi riportano alla mente le incredibili ed assurde narrazioni che la quasi totalità dei MEDIA continuano invece a distribuire e che comportano la continua disinformazione delle masse. Ahinoi, anche e soprattutto dei giovani.

    Oggi ho partecipato a La Spezia ad una Conferenza molto interessante, organizzata dal Lions Club Colli Spezzini, dal titolo:
    “Dall’enciclica di Papa Francesco “Laudato Si” ai problemi posti dalla “crisi ecologica” del nostro Pianeta”.

    Devo dire che la qualità dei relatori è stata davvero notevole e molte delle cose dette hanno certo una loro valenza. Quello che a mio modesto parere è mancata è stata la “contestualizzazione” ed una visione davvero d’insieme.
    Quindi, molti concetti espressi ed utili a far riflettere (perchè c’è sempre e comunque la necessità di progredire e possibilmente migliorare) sono però risultati condizionati da un pregiudizio di fondo che vorrebbe narrare che il mondo (soprattutto ecologicamente) va alla malora, senza invece davvero valutare i notevoli miglioramenti e passi avanti che si sono fatti, anche solo limitandoci ad un esame delle condizioni in essere 100 anni fa!

    Certo, pensare di portare l’energia che occorre ai troppi nostri simili che ancora vivono in condizioni miserevoli, nei Paesi sottosviluppati del mondo, con le cosiddette “Fonti alternative” (inadeguate, costose ed intermittenti), risulta davvero frutto di un ideologismo drammatico e iper costoso che, se attuato, produrrà solo il mantenimento di costoro nelle misere condizioni che già li condiziona. Nel contempo, però, pochi “furbi” continueranno a fare affari d’oro!

    • Maurizio Rovati

      Quando ingaggi uno del mainstream la prima cosa che fa è darti del complottista.
      Sarò ingenuo, ma i complotti devono esser ben nascosti per funzionare, questa roba sta alla luce del sole da sempre!
      E’ propaganda, roba da spin doctors, si piazza sui media che si fondano su consenso, visibilità e autorevolezza per avere credito. Vince fin che la gente gli dà credito, se l’informazione si sposta sulla rete perché i media perdono consenso e c’è un’alternativa, allora si pensa di creare l’authority “anti bufale” (in Italia si legge Stipendificio Repressivo Statale), cioè si tenta di controllare anche il nuovo canale tramite limitazioni della libertà individuale e sanzioni. Lo scopo è nobile, un’altra battaglia contro il Male a spese dei contribuenti.

      Immagine allegata

  4. “Bisognava per forza inventare la patacca del climate change? ”
    Climate change catastrofico.
    Pare di sì.
    Merita approfondimento. Non propongono l’età della pietra, ma il ‘clean’ e ‘green’ e ‘smart’. Da esaminare la ‘salvezza’ avviata . Un mondo smart ha grosse implicazioni.

    • Mario

      Non ho capito

    • AleD

      Vogliono la botte piena, e la moglie e l’amante ubriache…

  5. Luigi Mariani

    Per limitarsi alla sola Eurasia (e lasciando da parte Africa e Sud America, che di guai ne hanno vissuti o ne stanno vivendo ancor oggi tantissimi), stiamo ancora leccandoci le dolorosissime ferite prodotte da regimi che volevano creare l’uomo nuovo e l’hanno fatto sulla nostra pelle (nazi-fascismo, stalinismo, maoismo, Pol Pot,…).
    Quando la gente capirà che i sistemi socio-economici sono frutto d’una evoluzione che ha fatto tesoro dell’esperienza di migliaia di generazioni e che le palingenesi (come quella che intuisco dal discorso della Figueres) sono nella grandissima parte dei casi votate al fallimento e foriere di disastri?
    Io personalmente sono per un approccio riformistico ai problemi che tenga conto dell’evoluzione e dunque della storia. Per questo temo che l’AGW si riveli il cavallo di troia montato da coloro che pensano di distruggere quanto abbiamo costruito con il sacrificio di intere generazioni (ognuno guardi al passato della propria famiglia per trovare esempi eloquenti) e che garantisce oggi ad una larghissima parte della popolazione mondiale un livello di benessere mai raggiunto nella storia umana. Tanto per fare alcuni esempi:
    – la percentuale della popolazione mondiale in stato di insicurezza alimentare è calata sia in termini assoluti (da 1,2 miliardi del 1980 a 800 milioni di esseri umani odierni) sia in termini relativi (dal 35% della popolazione mondiale del 1971 al 10,5% nel 2015)
    – la speranza di vita a livello mondiale è passata dai 45 anni del 1945 ai 70 anni odierni
    – la mortalità neonatale (morti per 1000 nati) è passata dai 140 bimbi morti nel primo anno di vita del 1950 ai 40 odierni.
    – Cina, India e molti altri PVS sono usciti da una cronica insicurezza alimentare e, scusate, è davvero tanto importante se l’hanno fatto emettendo più CO2?
    Di esempi di questo genere ne abbiamo tantissimi. Non capisco allora perché le organizzazioni internazionali abbondino oggi di ben pasciuti funzionari che dall’alto dei loro comodissimi uffici e forti dei loro lauti stipendi minacciano il genere umano di fine del mondo pontificando su palingenesi di cui l’esperienza del passato ci indica il quasi sicuro fallimento con il carico di sofferenze che esso comporterà?
    Da funzionari di agenzie internazionali mi attendo proposte credibili e basate su calcoli stringenti in termini di costi e benefici, altrimenti, per quel che mi riguarda, è meglio far loro cambiare mestiere.

  6. Luca Maggiolini

    Chissà perchè quando leggo le dichiarazioni di questi figuri, che inneggianno al pauperismo – altrui, sia chiaro, sia mai che rinuncino alle agiatezze create dalla vergognosa industria – mi viene, come riflesso pavloviano, in mente il “Chiagne e fotte” napoletano.
    Ma tutta sta gente che schifa la modernità perchè resta nelle grandi metropoli a soffrire? Si trasferiscano, che so, in Jacuzia, nell’alta regione andina, alle Shetland, in Alaska, ci sono centinaia di ottime regioni dove il caldo non c’è e dove si possono sperimentare le idilliache condizioni di vita che tanto bramano.
    Mi pare chiaro che sarebbero vietati cellulari, satellitari, pc, medicine, strumenti meccanici moderni…. troppo comodo criticare la modernità ma poi goderne i frutti.

    • Fabrizio Giudici

      “Ma tutta sta gente che schifa la modernità”

      È noto che, per esempio, i delegati che partecipano alle varie conferenze sul clima vanno in alberghetti a due stelle e possibilmente viaggiano in risciò.

      La frase dei 150 anni è terribile: evoca, indirettamente, il concetto di un ONU che dura così a lungo. Sarà solo wishful thinking, ma penso che tirerà le cuoia molto più giovane.

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