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L’acqua va al mare, ma dipende da come ci arriva…

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Confessiamo di non essere da anni utente dei servizi televisivi statunitensi della giornalista RAI Giovanna Botteri, che crediamo di aver lasciato sulla torretta di un carro armato americano il giorno in cui i militari Usa presero Bagdad. Tuttavia la frase pronunciata da lei (o forse da una sua collaboratrice) in un servizio sull’uragano Irma andato in onda questa sera sul TG1 e che ci è stata segnalata da un amico è troppo curiosa per essere passata sotto silenzio:

La paura viene dal mare, il cui livello continua ad alzarsi per le piogge.

Tale frase peraltro porta a ragionare su un problema colpevolmente trascurato e cioè quello per cui un eccesso di precipitazioni possa interferire con il livello degli oceani.

E qui si scopre che in almeno un caso ciò è stato verificato. Il caso è costituito dalle imponenti alluvioni registratesi nell’entroterra australiano fra 2010 e 2011 in occasione della Nina. Tali alluvioni avrebbero infatti interferito con la crescita del livello globale degli oceani, come indicato qui. Peraltro questo fa venire in mente che un bacino chiuso come il Mediterraneo potrebbe prestarsi più dell’oceano ad osservare fenomeni del genere.

Sembra tuttavia che nel caso di Irma un tale fatto non possa sussistere in quanto i cicloni tropicali prosperano su oceani tropicali caldi da cui pompano enormi quantità d’acqua in forma di vapore che vengono poi restituite all’oceano stesso in forma di pioggia rilasciata da migliaia di cumulonembi temporaleschi che compongono i cicloni. Fra questo a dire che l’oceano aumenta di livello in modo significativo c’è di mezzo il mare. In effetti, gli allagamenti delle aree costiere prodotte da Irma sono da un lato dovuti al moto ondoso e dall’altro alla pioggia prodotta dall’uragano che cade nell’entroterra e il cui deflusso avviane lentamente e può essere anche ostacolato dal moto ondoso stesso… ma non solo.

Il fenomeno si definisce Storm Surge. Pur nel contesto di eventi con hanno mai né una sola causa né un solo effetto, tutte cose che concorrono a rendere difficile inquadrarli, nel caso dei Cicloni Tropicali parlare di aumento del livello del mare perché piove è fuori da ogni contesto. Gli allagamenti verificatisi per il passaggio di Irma sono dovuti allo Storm Surge, effetto di innalzamento del livello del mare conseguente al passaggio del minimo. Ad esso concorrono i venti (e l’impossibilità per fiumi e torrenti di restituire lepiogge al mare), la conformazione delle coste, l’accumulo per spinta del moto ondoso e, da ultimo, l’effetto barometro inverso, ovviamente più significativo – sebbene perdente rispetto alle altre cause – nel caso di depressioni molto profonde.

C’è una letteratura abbastanza vasta al riguardo e ci sono studi modellistici che danno ottimi risultati. Tra questi quelli portati avanti dal JRC, che ha messo a punto un modello che gira anche per il nostro territorio. Per chi volesse documentarsi, anche sommariamente, sul sito dell’NHC di Miami, per ogni ciclone tropicale che si avvicina alle coste, ci sono delle mappe interattive molto interessanti sulla previsione di storm surge, sebbene si tratti ancora di strumenti sperimentali. E’ tra l’altro un fenomeno che abbiamo conosciuto anche in Italia più volte, l’ultima nel febbraio del 2015 a Ravenna e dintorni (ma ci sono notizie di eventi di minore significatività con discreta frequenza), con un picco di innalzamento di quasi un metro, che risultò nell’allagamento di alcuni tratti di costa per diverse centinaia di metri verso l’entroterra. In termini assoluti, tecnicamente, è comunque il mare che avanza più che un’impossibilità dell’acqua di defluire. Infatti ai danni dell’allagamento si aggiunge sempre anche il deposito di acqua salata.

Anche in questo caso, come ormai siamo abituati a vedere, sarebbe stata sufficiente una breve ricerca per evitare una magra figura.

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Published inAttualitàMedia Monitor

7 Comments

  1. Fabrizio Giudici

    Al TG appena trasmesso, la Botteri ha parlato brevemente dei danni fatti a Cuba, dove si cerca anche di “salvare gli esemplari del raro fenicottero rosa”.

    Ora, per quanto mi risulta: quello dei Caraibi è il fenicottero rosso (Phoenicopterus ruber), non rosa. E non è affatto a rischio: il suo stato di conservazione è LC (rischio minimo di estinzione), il grado di rischio più basso. Allo stato selvatico mi pare che sia difficile vederlo in Florida, ma non certamente nei caraibi.

    Questo dalle mie scarse conoscenze di birdwatcher… Se c’è qualche biologo in lista, sarebbe interessante sapere se quello che dico è vero, il che vorrebbe dire che praticamente non ci si può fidare di niente di quello che racconta la signora.

    • Alessandro2

      Presente! Tutto confermato, stiamo pur tranquilli sul Phoenicopterus ruber (meno sui cubani, che poveretti ogni tanto qualche uragano se lo beccano). Il suo parente roseus non vive in America, e comunque se la passa parimenti bene (LC).

      Inoltre, dovesse anche in alcune zone perdere un po’ di habitat per cause naturali, potrebbe benissimo vivere e riprodursi in cattività:
      http://animaldiversity.org/accounts/Phoenicopterus_ruber/#conservation_status
      “Greater flamingos are also quite easily maintained in captivity, and as popular zoo animals there are large captive populations across the globe. Greater flamingos are thus likely to survive in the rare event that their natural habitat should face an unforeseen calamity.”

  2. donato b.

    “Confessiamo di non essere da anni utente dei servizi televisivi statunitensi della giornalista RAI Giovanna Botteri ….”
    .
    Io seguo, invece, con una certa assiduità i “sermoni” della dottoressa Botteri in quanto sono uno spettatore abbastanza fedele della trasmissione televisiva “Linea Notte” in onda dopo la mezzanotte su RAI3. Essa viene trasmessa in un orario che si confà alle mie abitudini e, in linea di massima, è abbastanza obiettiva.
    Uno degli appuntamenti fissi della trasmissione è il collegamento in diretta con New York durante il quale la dottoressa Botteri informa i telespettatori circa le vicende socio-politiche-economiche-meteo- climatiche, ecc., ecc. degli Stati Uniti.
    Caratteristica comune a tutti questi servizi è il tono con cui la Botteri dà le notizie: appassionato, partecipato, accorato, più intonato ad una “pasionaria’ che ad una giornalista.
    La dottoressa Botteri è il simbolo stesso del pensiero liberal e politicamente corretto delle elites intellettuali USA, per cui non bisogna stupirsi più di tanto di quanto dice nei suoi reportages. L’unica attenzione da prendere è filtrare ciò che dice, alla luce della sua dichiarata posizione ideologica. Puliti dal “rumore” ideologico, i suoi servizi possono essere considerati piuttosto interessanti in quanto riescono a fornire un quadro abbastanza chiaro di quanto accade oltre-oceano.
    Bisogna fare, cioè, lo stesso lavoro che gli statistici fanno per estrarre un segnale da dati piuttosto “rumorosi”! 🙂
    .
    Spesso capita, nella foga del discorso, che prenda degli svarioni colossali come quello riportato nel post e che io posso confermare in quanto ho ascoltato il servizio incriminato. Per quel che mi riguarda mi feci una bella risata, seguita da “una colorita imprecazione” con cui la mandai a quel paese. Mi capita spesso in quanto sono riuscito a trovare un “filtro passa-basso” 🙂 che mi consente di sfrondare i suoi servizi dalle iperboli e simili figure retoriche che li infarciscono, riconducendoli alla loro essenza, che poi è quello che mi interessa.
    .
    Il problema però esiste ed è grave in quanto, a mio avviso, riguarda tutta l’informazione generalista.
    Se io seguo un programma di informazione, lo faccio perché voglio essere informato in modo corretto ed imparziale. Io ho la presunzione di possedere l’armamentario culturale per discernere il loglio dal grano, ma è un fatto normale o riguarda una minoranza di ascoltatori-lettori-telespettatori?
    Non lo so. Io mi auguro di si, altrimenti i media più che informazione, fanno disinformazione in quanto trasmettono concetti del tutto errati che vengono acquisiti tal quale dai recettori che poi, tutti insieme, formano “l’opinione pubblica”. E l’opinione pubblica è quella che decide le elezioni, cioè sceglie i decisori politici che poi decideranno il nostro destino.
    Se un cittadino forma le sue idee assorbendo in modo acritico i servizi come quelli della signora Botteri che, ripeto, sono molto affascinanti proprio per il modo in cui sono costruiti e trasmessi, come si comporterà nel momento in cui deve decidere? Deciderà con la sua testa o con quella della Botteri di turno?
    .
    E a questo punto sorge spontanea una domanda. E’ importante la realtà dei fatti o il modo in cui i fatti vengono presentati? Se è importante la realtà dei fatti un atteggiamento più asettico del “medium” sarebbe auspicabile in quanto non è necessario che il “medium” dia fondo alle sue capacità affabulatorie. Nella seconda ipotesi le capacità affabulatorie del “medium” divengono fondamentali, ma la realtà passa in secondo piano a vantaggio del “senso” del discorso, ovvero del giudizio che il mediatore esprime sui fatti.
    Oggi ho l’impressione che chi fa informazione sia più un affabulatore che un informatore e ciò è grave. Il fatto che i vari conduttori di programmi televisivi di informazione siano valutati (sotto forma di retribuzione) sulla base della loro capacità di fare audience e, quindi, sulla base delle loro capacità istrionesche, di aizza popolo, di assortire gli ospiti in funzione della loro rissosità e della loro capacità di “fare casino”, dimostra che lo spettacolo prevale sui fatti. Parafrasando un vecchio detto, potremmo dire di vivere in un mondo in cui non è vero ciò che è vero, ma è vero ciò che appare. Poveri noi!
    Ciao, Donato.

  3. Massimo Lupicino

    Un po’ come dire che a Venezia c’e’ l’acqua alta quando piove, con le dovute proporzioni.
    Penso non si faccia un torto alla Sig.ra Botteri se si sottolinea che i suoi reportage su Harvey appaiono di qualita’ paragonabile a quelli piu’ spiccatamente politici con cui delizia regolarmente i suoi ascoltatori.

    • Alessandro2

      Stavo per scrivere la stessa cosa. Mettiamoci anche lo stipendio della signora, che, essendo dipendente pubblica, è appunto pubblico: 200.000 lordi annui più le spese e i benefit aziendali. Non pochetto, eh? Meno male che non la paghiamo noi contribuenti. Ah no, aspetta, la paghiamo proprio noi.

  4. DarioC

    Potremmo incaricare G.Botteri che qui scrive cose molto sensate ad infondere un pò di “sensatatezza” e dare anche una tirata di orecchie alla ….. G.B

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