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Le forze-guida del cambiamento climatico e la loro identificazione

di Franco Zavatti e Luigi Mariani

Riassunto: Si analizza il lavoro Wang17 e si sottolinea come la costruzione della forza-guida climatica e il suo spettro trovi riscontri negli spettri in 3 serie di temperatura più o meno strettamente connesse alla serie CET (Central England Temperature). Viene avanzato il sospetto che la costruzione della forza-guida sia ridondante rispetto alle relazioni causa-effetto qui discusse.
Abstract: The paper by Wang17 is analysed and it is outlined as the building of the climatic guide-force and its spectrum has a strong references in the spectra of three temperature series, all including CET (Central England Temperature). It is suggested that the use of the guide-force can be redundant with respect to the casuality (i.e. cause-effect) hereafter discussed.

Recentemente (aprile 2017) è uscito in Scientific Reports un articolo di Wang,Yang e Zhou (d’ora in poi Wang17) che si propone di identificare le forze-guida (driving forces) del cambiamento climatico (CC) tramite un’analisi della causalità che, come scrivono gli autori, è un’area di ricerca attiva e attuale che però rimane altamente incerta.

L’IPCC assegna alle attività umane il ruolo di maggiore variabile-guida del cambiamento climatico, mentre altri ricercatori pensano che le variazioni naturali ne possano essere la causa principale. Queste due visioni possono a nostro avviso coesistere in virtù sia della mancanza di metodi in grado di affrontare la complessità del sistema climatico sia dell’insufficienza delle fonti osservative.

Per studiare le relazioni causa-effetto insite nel fenomeno del CC si usano i modelli globali di circolazione (GCM) che però, anche per quanto scritto sopra, soffrono di notevoli incertezze e avrebbero bisogno di importanti miglioramenti.

Un metodo alternativo ai GCM è l’uso di dati osservativi con estesa base temporale, sistema che Wang17 indica come già adottato in fisica e in biologia per le serie non stazionarie.
Affrontare con questo metodo i CC ha il grande vantaggio di poter ricavare direttamente dai dati le forze-guida di un sistema dinamico il che può essere ottenuto in due modi alternativi:

 

  • analizzando le relazioni tra fattori fisici diversi, relazioni che possono essere definite usando due tecniche alternative della causalità di Granger (Granger, 1969), e della CCM (Convergent cross-mapping) di Sugihara et al., 2012.
  • estrarre direttamente le informazioni sulla forza-guida, usando la SFA (slow feature analysis) per ricavare forze lentamente variabili da serie non stazionarie.

Wang17 ha usato quest’ultima tecnica, insieme alla serie CET (Central England Temperature), la più lunga serie osservata disponibile al mondo (inizia nel 1659, ma si può ricordare la serie ETA descritta successivamente che inizia nel 1655), per costruire la forza-guida climatica (v. la loro fig.1) con un passo di circa un anno e quindi smussando le oscillazioni di più alta frequenza della CET. Gli autori hanno poi usato le wavelet per ottenere lo spettro delle forze-guida, la cui media temporale (lo spettro wavelet permette di osservare l’evoluzione nel tempo di ogni periodo) è mostrata in fig. 1 (pdf) che è la riproduzione della loro figura 3.

Fig.1: Media temporale dello spettro wavelet delle forze-guida di Wang17. I punti rossi indicano i periodi definiti nell’articolo. Riprodotta da Wang17.

I periodi relativi ai punti rossi di fig.1 vengono definiti “periodi caratteristici” e identificati a 3.36, 7.5, 14.5, 22.6, 67.9, 90.4, 113.9 e 215 anni (per la cronaca non viene minimamente giustificata la non-scelta del periodo a 36.25 anni). Il primo di questi periodi (3.36 anni) viene associato al El Niño (ENSO); quello a 22.6 anni al ciclo di Hale delle macchie solari. Altre ciclicità sono definite come combinazioni lineari degli 8 periodi selezionati.

In generale i risultati sono concordi con quanto trovato da Scafetta in vari suoi lavori (ad esempio 2007, 2012, 2016); si fa però riferimento al periodo di circa 1000 anni trovato da Scafetta (2012) che nulla ha a che fare con la situazione descritta nell’articolo, relativa ad un’estensione temporale di meno di 400 anni. In ogni caso, gli autori attribuiscono al massimo spettrale attorno a 1000 anni (978 per Scafetta; 983 per Wang17) la “firma” spettrale dei gas serra, definendo questa una “ragionevole speculazione”, senza ulteriori giustificazioni a tale loro scelta.

Wang17 trova che il periodo di 67.7 anni è un’armonica del ciclo solare, a differenza di tutti quelli che si sono occupati di ciclicità che associano i periodi 65-70 anni alla variabilità di AMO (v. ad esempio Mariani e Zavatti, 2017, in seguito indicato come MZ17).
Il ciclo di 7-8 anni viene reputato in grado di influenzare la variabilità interannuale della (anomalia di) temperatura: anche se non è del tutto chiaro cosa intendano gli autori, la variabilità è senz’altro possibile ma forse sarebbe il caso di dettagliare meglio. Come mostrato in MZ17, fig.4 che qui viene riprodotta a colori come fig.2 (pdf), il periodo di 7.7 anni riguarda l’83% dei 12 dataset euro-atlantici usati e rappresenta un discrimine tra i massimi spettrali di periodo inferiore, che sembrano derivare da una combinazione di AMO e NAO, e quelli di periodo superiore, che appaiono più legati ad AMO, con NAO che assume un ruolo solo al sotto di 24 anni.

Fig.2: da MZ17, a colori. Massimi spettrali delle 12 serie utilizzate. Le bande gialle servono a raggruppare i massimi simili e sono larghe il valore centrale ±5%.

Ulteriori approfondimenti

Con lo scopo di verificare la presenza di massimi spettrali compatibili con quelli Wang17 ricava dalle forze-guida (fig.1), sono stati calcolati gli spettri di tre dataset estesi nel tempo e nello spazio e strettamenti legati alla serie CET e cioè:

  1. La CET stessa,
  2. Una sua estensione “all’indietro” che inizia nel 1538. Questa serie è stata realizzata da Tony Brown -noto come Tonyb nei blog climatici- e pubblicata all’inizio del 2015 in http://judithcurry.com/2015/02/19/the-intermittent-little-ice-age/
  3. Una combinazione di varie serie europee -tra cui CET- realizzata da Luigi Mariani, che in MZ17 viene chiamata ETA (European Temperature Anomaly) e che i lettori di CM trovano nella barra destra del blog. Questa serie inizia nel 1655 e all’inizio comprende solo i dati della serie galileiana fiorentina (Camuffo e Bertolin, 2012) e poi, dal 1659, usa i dati della CET. Qui viene usata nella versione fino al 2014 (come in MZ17) e non in quella aggiornata visibile su CM.

Il confronto tra le tre serie e i loro spettri è visibile nelle successive figure 3 (pdf) e 4 (pdf).

Fig.3: Confronto tra le serie e gli spettri di CET e CET estesa al 1538. Notare che in CET estesa manca il massimo a circa 100 anni.
Fig.4: confronto tra le serie e gli spettri di CET e ETA. Notare che in ETA è presente un massimo a 55.5 anni non visibile nelle altre due serie e nello spettro della forza-guida di figura 1.

Dalle figure precedenti e dalla Tabella 1 si vede che i massimi spettrali presenti nello spettro delle forze-guida (fig.1) sono in gran parte presenti anche in tali tre serie.

Tabella 1. Confronto tra i periodi spettrali (in anni). CET aggiornata ad agosto 2017
Wang
et al, 2017
CET
Osservata
CET
Estesa
ETA
2 1.98
3.36 3.45 3.45
5 4.7
7.5 7.8 8.2 7.8
14.5 15.1 18.2 15.1
22.6 24.3 24.5 24.1
46.2 45.6 45.9
55.5
67.7 68.2 66.1 67.8
90.4 95.5 88.8
113.9 106 127
215 254

L’unico massimo di Wang17 che non trova riscontro nelle tre serie di temperatura è quello a 215 anni che viene attribuito al ciclo solare di Suess (208 anni) e che non è presente negli altri spettri. Tale massimo sembra un artefatto prodotto in sede di costruzione delle forze-guida di Wang17. Peraltro si tratta di un ben strano artefatto, in quanto rappresenta il massimo principale dello spettro di figura 1.

Il periodo di 3.36 viene considerato tout-court attribuibile a El Niño, ma nella figura 3 del post “Anche El Niño ha i suoi numeri” si mostra che questo periodo è più tipico della regione 1+2 (dove ha origine El Niño, la più orientale tra tutte le regioni) mentre le altre regioni (3, 3.4, 4) presentano periodi di circa 4 anni e superiori, che non sono identificati da Wang17.

Conclusioni
Nel ribadire con convinzione che la ricerca dei rapporti causa-effetto nel sistema climatico è importante e necessaria, si deve sottolineare che, allo stato attuale, il sistema mostra rilevanti elementi di indeterminatezza che non giustificano la sicurezza ostentata dagli autori nello stabilire rapporti di causa-effetto nello stesso.

Non deve infine sfuggire al lettore il fatto che la componente antropica si configura come una componente di trend in quanto le emissioni antropiche di CO2 crescono in modo relativamente monotono dal 1880 ad oggi. Al contrario gli autori nella loro analisi di causalità considerano solo le componenti cicliche del sistema escludendo in modo arbitrario la componente di trend.

Tutti i grafici e i dati, iniziali e derivati, relativi a questo post si trovano nel sito di supporto qui.

Bibliografia

  • Camuffo D. and Bartolin C., 2012. The earliest temperature observations in the world: The Medici Network (1654-1670). Climatic Change, 111(2), 335-363. July 2012.
  • Granger, C.: Investigating causal relations by econometric models and cross-spectral methods. Econometrica, 37, 424-438, 1969.
  • Mariani L., Zavatti F.: Multi-scale approach to Euro-Atlantic climatic cycles based on phenological time series, air temperatures and circulation indexes , Science of the Total Environment, 593-594, 253-262, 2017. doi:10.1016/j.scitotenv.2017.03.182 (MZ17)
  • Scafetta, N.: Testing an astronomically based decadal-scale empirical harmonic climate model versus the IPCC (2007) general circulation climate models, J. Atm. & Sol-Terr. Phys., 80, 124-137, 2012. doi:10.1016/j.jastp.2011.12.005
  • Scafetta, N.: High resolution coherence analysis between planetary and climate oscillations, Adv. Space Res., 57, 2121-2135, 2016. doi:10.1016/j.asr.2016.02.029
  • Scafetta N., West B.J.: Phenomenological reconstructions of the solar signature in the Northern Hemisphere surface temperature records since 1600 , JGR,112, D24S03, 2007. doi:10.029/2007JD008437
  • Sugihara G., May R., Ye H., Hsieh C., Deyle E., Fogarty M., Munch S.: Detecting causality in complex ecosystems. Science, 338, 496-500, 2012. doi:10.1126/science.1227079
  • Wang G., Yang P., Zhou X.: Identification of the driving forces of climate change using the longest instrumental temperature record , Sci.Rep., 07 April 2017, 2017. doi:10.1038/srep46091 (Wang17)

 

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Published inAttualitàClimatologia

6 Comments

  1. roberto

    Caro Franco
    I cicli di Milankovic, limitati ad una dimensione dell’orbita terrestre di 1 UA, presentano indubbie problematiche sulla definizione della loro importanza. Però riguardano un ruolo che potrei definire “passivo” del Sole sul clima terrestre. Infatti avvengono a quasi parità di distanza dal Sole e con variazioni della Costante solare limitate. Però è indubbio il loro effetto sulla variazione della insolazione terrestre. Mi lascia molto perplesso che pure eventuali “risonanze” nell’orbita dei pianeti giganti da 5.5 a oltre 30 UA possono avere effetti periodici sull’attività solare. Comunque ottimo lavoro con Mariani.

  2. donato b.

    Ringrazio F. Zavatti e L. Mariani per lo splendido post che ci hanno regalato e per i molti spunti di riflessione che offrono sia le loro considerazioni che il lavoro di Wang et al., 2017.
    .
    L. Mariani e F. Zavatti giustamente invitano ad una certa cautela nell’attribuire cause a qualcosa che conosciamo poco. Essi mettono in evidenza, inoltre, che nelle analisi di Wang et al., 2017 non si tiene conto di un trend lineare come quello del diossido di carbonio. D’accordo, condivido, ma non posso fare a meno di fare alcune considerazioni che implicano un’accettazione pressoché totale delle conclusioni di Wang et al., 2017.
    .
    Una prima considerazione ha a che fare con il lavoro del prof. N. Scafetta. Ho avuto la fortuna di leggere molti dei suoi articoli, di studiarli ed anche l’onore di commentarli sulle pagine di C.M.. Ricordo ancora vividamente le polemiche che hanno accompagnato questi articoli in quanto N. Scafetta “osava” mettere in dubbio la vulgata corrente ed attribuire a cause naturali, almeno la metà, del riscaldamento osservato nel corso del XX secolo. Ricordo anche tutte le polemiche circa l’IF delle riviste su cui tali lavori erano pubblicati e quelle relative alle correlazioni tra i periodi evidenziati dalle serie di dati climatologici ed i periodi astronomici dei moti planetari. Oggi leggo, con una certa emozione (non lo nascondo), sulle pagine di una rivista della galassia di Nature delle frasi che mi suonano molto familiari (per averle lette negli articoli di N. Scafetta, ovviamente):
    “Note that a quasi-millennial cycle could also be forced on the Sun by the rotation of the Trigon of the great conjunctions of Jupiter and Saturn. These results clearly indicate that both solar and climate oscillations are linked to planetary motion.”
    Entrambe le oscillazioni, climatiche e solari, sono legate ai movimenti planetari!
    Queste parole sono balsamo per le mie orecchie in quanto confermano che esiste un legame tra Sole e clima terrestre che molti hanno sempre negato.
    Chiedo scusa per questa nota polemica, ma ogni tanto qualche sassolino dalle scarpe bisogna pur toglierselo. 🙂
    .
    Leggendo le conclusioni di Wang et al., 2017, appare chiaro che esiste un legame tra oscillazioni del clima terrestre e cicli astronomici, ma ciò non può essere accettato in modo pacifico, per cui ecco spuntare l’ipotesi che il ciclo circa-millenario che il prof. Scafetta ha sempre citato nei suoi lavori, attribuendolo a cause astronomiche, sembra legato ai gas serra.
    Come giustamente scrivono F. Zavatti e L. Mariani, non si riesce a capire dalla lettura dell’articolo su quali dati sia basata questa ipotesi. Il mio “sesto senso scettico” mi spinge a pensar male: non sarà, per caso, una delle solite genuflessioni alla linea di pensiero principale utilizzata per “compiacere” i revisori?
    Lo so, ho fatto peccato, però…… 🙂
    .
    Altro aspetto molto interessante è che le correlazioni tra i periodi di Wang et al., 2017 e quelli astronomici sono state testate con metodi econometrici . Anche su questo non posso dimenticare le polemiche che hanno “animato” il dibattito tra i commentatori di alcuni post (alcuni anche a mia firma) qui su CM. Sulla base di Wang et al., 2017 sembrerebbe che anche l’analisi econometrica avvalori l’ipotesi che il clima terrestre sia modulato da forzanti naturali che hanno origine nel Sole, nei raggi cosmici e nei moti planetari.
    .
    Altro aspetto che merita di essere posto in evidenza, riguarda le considerazioni degli autori circa i GCM e la loro adeguatezza a modellare il clima terrestre: il margine di incertezza dei loro output, legato alla insufficiente conoscenza della fisica su cui essi si basano, è eccessivo ed è ancora lontano il giorno in cui potremo dire di conoscere in modo sufficiente la fisica del sistema: alla faccia della scienza climatica definita!
    .
    Ci sarebbe ancora molto da dire, ma la lunghezza del commento supererebbe quella del post per cui mi fermo qui.
    Non posso, però, fare a meno di congratularmi con gli amici L. Mariani e F. Zavatti per l’ottimo lavoro svolto: hanno confermato con metodiche di analisi diverse da quelle utilizzate da Wang et al, 2017 e con basi dati differenti, i risultati di Wang et al., 2017 e questa è scienza non chiacchiere come le mie!
    Ultimissima considerazione. Ho notato come l’aggiunta di circa un secolo di dati alla serie CET ha modificato profondamente l’aspetto degli spettri di potenza. I periodi sono rimasti grossomodo gli stessi, ma è la forma che è cambiata: stupefacente.
    Ciao, Donato.

    • Caro Donato,
      intanto mi scuso per il ritardo della risposta, ma non ho ricevuto il tuo commento: l’ho visto controllando il post. Credo che con i due autori l’articolo venga “postato” da Admin e che quindi il sistema mandi a lui i commenti.

      Intanto, sottolineando l’influenza solare e quanto scritto da Scafetta negli anni, sfondi una porta aperta (anzi, una porta che proprio non c’è): per molti anni i miei spettri hanno riportato per confronto le bande spettrali che Scafetta attribuisce al sistema solare e al sole. E quelle bande continuano a fare parte del mio programma di grafica, pronte ad essere inserite con un solo comando. I rinnovati ricordi ai lavori e ai concetti espressi da Scafetta, che leggo ultimamente negli articoli legati alle reti neuronali e all’intelligenza artificiale, danno anche a me un senso di soddisfazione per aver apprezzato il suo lavoro in tempi di caccia alle streghe.

      Ma il punto non è questo: Wang et al.,2017 giungono a conclusioni condivisibili (almeno per gli scettici) seguendo un processo che a me (e direi anche a Luigi) è apparso poco chiaro o almeno documentato poco e male, con affermazioni non dimostrate e senza riferimenti a lavori che avrebbero
      potuto dimostrarle. Come abbiamo scritto nell’articolo, ma lo hai scritto anche tu, dire che il periodo attorno a 1000 anni è da attribuire ai gas serra sulla base di “una ragionevole speculazione” mi sembra molto più che un asservimento al main stream e il virgolettato andrebbe maneggiata con altri
      strumenti (anche solo con un riferimento bibliografico). Anchel’aver trascurato uno dei massimi spettrali delle forze guida (fig.1) con una disinvoltura da venditori di “patacche”, sicuramente non fa bene alle conclusioni raggiunte.

      Che poi le prospettive di queste ricerche siano interessanti e facciano ben sperare in risultati futuri, per me è un dato di fatto: dobbiamo solo aspettare un affinamento generale delle tecniche, senza smettere di sottolineare ciò che sembra meno convincente.
      Sulla diversità “estetica” degli spettri della CET quando si aggiunge o meno un insieme di nuovi dati, hai ragione. Ad esempio nella serie di anomalie di temperatura NOAA-NCEI i massimi spettrali cambiano da un mese all’altro
      (guarda http://www.climatemonitor.it/?p=41262 o, nel sito di supporto, l’aggiornamento ad agosto 2017). Per noi è importante la stabilità dei periodi spettrali e trascuriamo le ampiezze, ma per chi usa le reti neuronali e ricostruisce il segnale utilizzando periodo, fase e ampiezza degli spettri
      questo è un punto importante che però non ho mai visto commentato negli articoli scientifici. L’osservazione della variabilità dell’ampiezza è anche uno dei motivi per cui nei miei spettri non uso mai il concetto di “massimo significativo” e i livelli di confidenza forniti dal metodo Montecarlo: gli spettri non sono statici nel tempo e non posso prendere una serie di dati e da questa costruire 10000 campioni dal cui spettro derivare un livello di confidenza (che poi considero il Vangelo).
      Ma anche io sto scrivendo troppo: spero che nei prossimi giorni avremo modo di riparlare di questi argomenti. Ciao. Franco

  3. Luigi Mariani

    Certo, nelle serie c’è dentro anche quello che dice lei e cioè il rumore che viene dalla microscala.
    Tuttavia con tale rumore convivono segnali che provengono dalla meso e dalla macroscala e che sono poi quelli che interessano in lavori di questo tipo.

  4. Franco Caracciolo

    Ma della variabilità legata alle differenti misure della temperatura influenzando sia accuratezza che ripetibilità nel tempo non si è occupato nessuno nel valutare una serie così lunga? Per non parlare della differenza di urbanizzazione delle sedi di rilevazione (effetto Linate) Mah spiegatemi meglio perché non ho capito certamente io

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