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Deficit model v/s empatia

Ultimamente la lettura di alcuni articoli di giornale è fonte di notevole turbamento (almeno per me). Nel numero di dicembre 2017 di “Le Scienze” (pag. 30-32) è stato pubblicato un articolo a firma di J. Schwartz che riassume una conversazione tra l’autrice e K. Hayohe:

Le radici del rifiuto della scienza

Ho iniziato a leggere l’articolo ed ho fatto un piccolo salto sulla sedia: si parlava di cambiamento climatico come caso di studio del rifiuto della scienza. Si parlava, in altri termini di me. Personalmente mi considero una persona che accetta la scienza in quanto per formazione, professione e convinzione sono estremamente vicino al mondo scientifico, applico quotidianamente il metodo scientifico e introduco le nuove generazioni alla cultura scientifica. Essere definito un uomo che rifiuta la scienza, è semplicemente paradossale, ma mi tocca anche questo. Mi sono messo comodo ed ho continuato nella lettura dell’articolo facendo leva su quel senso masochistico che a volte mi caratterizza. Man mano che proseguivo nella lettura, il magone che mi aveva colto all’inizio cominciò a far posto all’indignazione ed al disappunto. Procediamo, però, con ordine.

Per prima cosa cerchiamo di comprendere, in estrema sintesi,  il pensiero della dottoressa Hayohe come emerge dall’articolo di cui stiamo parlando.   Ella è dell’avviso che l’atteggiamento degli scettici circa il cambiamento climatico, è un esempio di quel rifiuto della scienza che risale fino a Galilei. Secondo la ricercatrice G. Galilei fu libero di dire ciò che voleva fino a che non decise di pubblicare in italiano le sue tesi. A quel punto risultò chiaro che lo scienziato pisano aveva superato il limite: poteva comunicare a tutti che qualcosa contrastava con la posizione ufficiale della chiesa cattolica. Galileo fu perseguitato, pertanto, non perché sosteneva l’ipotesi eliocentrica copernicana, ma perché metteva in pericolo degli interessi precostituiti. Stessa sorte toccò, secondo Hayohe, a Darwin ed alla sua teoria dell’evoluzione.

Secondo la tesi della Hayohe una cosa del genere sta capitando anche con il cambiamento climatico. Il ragionamento sviluppato dalla ricercatrice è pressappoco il seguente. Fin dal 1800 si sa che l’anidride carbonica influenza l’equilibrio radiativo del pianeta e fin dagli anni ’70 del secolo scorso gli scienziati (alcuni ad essere sinceri) paventavano che l’accumulo di diossido di carbonio in atmosfera avrebbe potuto determinare un cambiamento climatico. Eppure nessuno di coloro che si occupava di queste cose era considerato un nemico da attaccare ed insultare pubblicamente . A partire dalla testimonianza di J. Hansen dinanzi al Congresso USA nel 1988, le cose sono radicalmente cambiate. Da quel momento il dibattito sul cambiamento climatico si è fortemente polarizzato: da un lato coloro che negano che il cambiamento climatico possa essere addebitato all’uomo, dall’altro coloro che considerano il cambiamento climatico esclusivamente una conseguenza dell’operato umano. Negli USA i sostenitori delle origini antropiche del cambiamento climatico sono quasi esclusivamente bianchi, anziani, conservatori. Gli altri sono, invece, liberal, giovani, di colore. Oggi come oggi negli Stati Uniti esistono due chiese contrapposte: quella di chi rifiuta il cambiamento climatico e quella di chi lo accetta. Si tratta di due posizioni ideologiche, di due fedi inconciliabili che tendono ad allontanarsi sempre di più l’una dall’altra. Secondo alcuni portando dei dati incontrovertibili, si può colmare la lacuna scientifica di chi si oppone all’idea che l’uomo sia responsabile del cambiamento climatico e porre fine alla diatriba (teoria del deficit model).

Stando a quanto riportato nell’articolo, la d.ssa Hayohe è del parere che gli scettici del cambiamento climatico non hanno un problema con la scienza, non vi è, cioè, un problema di deficit model,  ma di come essi concepiscono il mondo. Poiché la loro idea di sviluppo del mondo è messa in crisi dalle implicazioni connesse alle strategie da porre in atto per contrastare il cambiamento climatico, essi si oppongono a quanti propugnano queste strategie, negando il problema alla radice, rifiutando, cioè, il cambiamento climatico di origine antropica. Sempre secondo la d.ssa Hayohe discutere con queste persone di problematiche scientifiche legate al cambiamento climatico è inutile in quanto è impossibile fargli cambiare posizione sulla base dei dati. L’unico modo per poterli convincere è abbandonare il livello del dibattito scientifico e passare a ciò che veramente interessa allo scettico che si intende convincere. La strategia vincente da porre in essere, secondo Hayohe, è la seguente: dato per scontato il disaccordo, bisogna mettere in evidenza i vantaggi che si otterrebbero dalla lotta al cambiamento climatico alla luce delle priorità dell’interlocutore. Se chi si oppone all’idea del cambiamento climatico, lo fa per paura della perdita di posti di lavoro, bisogna dimostrargli che le nuove tecnologie potrebbero creare molti più posti di lavoro di quanti se ne perderebbero abbandonando le tecnologie che sono alla base delle emissioni che determinano il cambiamento climatico. Analoghe strategie devono essere adottate per coloro che temono altre conseguenze qualora si dovessero abbandonare le vecchie pratiche a favore delle nuove. Detto in altri termini bisogna riuscire a creare con il proprio interlocutore un rapporto empatico positivo spostando la discussione dal piano strettamente fisico, chimico e matematico a quello psicologico.

Questa idea non è del tutto originale nel dibattito climatico in corso ed affonda le sue radici nei lavori di diversi “psicologi sociali” come S. Lewandowsky che è stato uno dei primi a mettere sullo stesso piano gli scettici climatici, i contrari alle vaccinazioni, i seguaci delle scie chimiche e via cantando. Il tutto sulla base delle ricerche di un altro campione del pensiero mainstream che risponde al nome di J. Cook che ha diffuso l’idea del famigerato consenso del 97% a favore delle origini antropiche del cambiamento climatico. Tutti soggetti che ruotano intorno ad un noto sito propagandistico australiano che ha come mission la diffusione del verbo della chiesa favorevole alle origini antropiche del cambiamento climatico.

La d.ssa Hayohe insegna pubblica amministrazione  presso Texas Tech e riveste la carica di Direttrice del Climate Science Center della Texas Tech, parte del  Department of the Interior’s South-Central Climate Science Center. Da quel che ho potuto capire leggendo l’articolo e da quanto è scritto nel sito istituzionale a lei dedicato, lavora sullo  “sviluppo e l’applicazione di proiezioni climatiche ad alta risoluzione per valutare gli impatti futuri dei cambiamenti climatici sulla società umana e sull’ambiente naturale”. Ciò avviene mediante la pubblicazione di articoli scientifici e la partecipazione a convegni ed iniziative che hanno come scopo quello di far capire alle persone i rischi del cambiamento climatico e la bontà delle iniziative poste in atto per contrastarlo. Guardando alcuni dei suoi lavori scientifici ho potuto capire che essi sono basati su rianalisi dei dati generati dai modelli di circolazione globale (GCM). Dati gli output dei modelli climatici, si valutano gli impatti che i valori delle temperature, livello del mare e via cantando possono determinare sulle attività umane di regioni della Terra più o meno estese: regione dei Grandi Laghi, Baia di S. Francisco e via cantando. Circa la sua attività di divulgazione e comunicazione possiamo dire in modo un po’ meno formale e più volgarotto  che fa attivismo a favore della chiesa che sostiene l’idea del cambiamento climatico di origine antropica.

Contrariamente da quello che appare leggendo l’articolo di “Le Scienze”, la dottoressa Hayohe è organica ad una delle due fazioni che negli Stati Uniti si contrappongono, è parte del problema e non una soluzione del problema.

A questo punto mi sono sentito molto sollevato: il suo giudizio vale quanto quello di ogni altro esponente della setta opposta, ovvero di coloro che sono etichettati spregiativamente come “negazionisti climatici”. Né più, né meno. L’unica differenza è che alle spalle della Hayhoe troviamo il mainstream cambio-climatista, ma in fin dei conti entrambi i giudizi sono delegittimati dal bias ideologico che li sottende.

Sgomberato il campo dalle pregiudiziali, ciò che mi ha incuriosito in tutto il discorso è stata la contrapposizione tra deficit model e modello empatico (questo è un neologismo inventato da me che non troverete da nessun’altra parte).  La cosa non è nuova per “Le Scienze”: lo scorso mese di agosto la rivista (pag. 89) ha pubblicato un articolo di P. Attivissimo, in cui si esprimevano in forma più breve, gli stessi concetti di cui abbiamo discusso fino ad ora.

Appare chiaro a questo punto che da ora in poi gli attivisti del cambiamento climatico di origine antropica non si concentreranno più sull’analisi dei dati nel tentativo di dimostrare che gli scettici si sbagliano e che la verità si trova nelle mani dei ricercatori ligi alla dottrina, ma la loro azione sarà tutta tesa a sgomberare il campo dalle paure che i cambiamenti nelle tecnologie di produzione energetica e non solo, generano negli scettici e che sono le vere ragioni per le quali essi negano la “realtà” del cambiamento climatico di origine antropica. Fatto questo, conquistata, cioè, la fiducia dello scettico, sarà molto più semplice convincerlo del fatto che sbaglia a rifiutare la “scienza del cambiamento climatico”.

A questo punto ho deciso di fare un esperimento con me stesso che consiglio anche ai lettori di CM. Ho cercato nel mio profondo di capire quali sono le paure che mi spingono a rifiutare l’ipotesi che il cambiamento climatico in atto sia dovuto esclusivamente alle emissioni di diossido di carbonio antropiche ed alle trasformazioni ambientali operate dall’uomo e ad esso siano completamente estranee le cause naturali. Veramente io sono del parere che l’uomo è parte della natura e come tale partecipa alla sua evoluzione, cambiamento climatico compreso, ma non può essere considerato l’unico e solo colpevole di tutti i mali dell’universo, ma ho preferito mettermi nella condizione più gravosa.

Dopo approfondito esame ho trovato diverse paure, ma non mi sembra che esse siano tali da farmi rifiutare la scienza o, per essere più precisi, la scienza mainstream. Ho la certezza che implementare le tecniche di riduzione delle emissioni sia costoso, ma fondo tale certezza sui dati di fatto che mi vengono forniti dalle elaborazioni numeriche che faccio per conto dei miei clienti quando redigo un attestato di prestazione energetica di un fabbricato o progetto energeticamente un edificio. Come posso fare a negare l’evidenza dei numeri? Dovrei negare tutto ciò che è alla base della scienza. Sono convinto che le fonti energetiche alternative sono più costose e meno affidabili di quelle tradizionali. Mi sembra che su questo difficilmente mi si possa obiettare in quanto senza incentivi non si sarebbero installati tutti i pannelli e tutti i mulini a vento che si vedono in giro ed incentivare significa alterazione del mercato in quanto si fa sembrare più economica una fonte di energia che in realtà non lo è.  Per quel che riguarda la continuità difficilmente si può negare che il sole ed il vento sono fuori del nostro controllo e che se non ci sono viene a mancare l’energia rinnovabile: senza una rete di distribuzione dell’energia completamente diversa da quella attuale e senza sistemi di stoccaggio dell’energia rinnovabile prodotta in eccesso, non ha senso parlare di transizione energetica alle rinnovabili. Lo dice anche J. Hansen che sembra sia stato all’origine della polarizzazione in atto.

Quanto alla miriade di nuovi posti di lavoro creati dalla “green economy” sarò cieco, ma non li vedo: tutti ne parlano, tutti li decantano, ma io non ne vedo. In Italia li vede solo la Fondazione Symbola di E. Realacci che pubblica il rapporto annuale GreenItaly. Io non amo citare Wikipedia, ma in questo caso mi sembra piuttosto interessante questo articolo dell’enciclopedia on-line riferito all’economia verde dal quale emerge che l’unico modo per renderla competitiva rispetto a quella tradizionale, è incentivarla. Tale strada è stata imboccata dall’Italia con la programmazione di cui al Piano nazionale impresa 4.0 voluto dal ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda. Ancora una volta rendiamo economicamente valido ciò che non lo è. In passato questo ha sempre determinato il fallimento delle attività incentivate, non vorrei che anche stavolta succedesse la stessa cosa.

Non sono riuscito a individuare altri tipi di paure a parte una: quella che per prendere decisioni si abbandonino i dati e si faccia affidamento alle illusioni ed alle fantasie. Questa è una paura veramente forte, ma la soluzione proposta da Hayohe e compagnia non la diminuisce affatto, anzi sortisce l’effetto contrario in quanto la fa aumentare paurosamente, trasformandola in terrore. Mi sembra, infatti, che sostituire il deficit model con il modello empatico avvicini gli scienziati agli imbonitori televisivi, telefonici, delle fiere di paese e non solo: prima conquistano la tua fiducia con l’empatia e poi ti fregano.

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Published inAttualitàMedia Monitor

19 Comments

  1. luciano sergiampietri

    ” Noi pochi, noi felici pochi”
    Shakespeare, Enrico V
    Dal discorso di Enrico V prima della battaglia di Agincourt.

    • donato b.

      Non è affatto fuori tema!
      Ciò che sta succedendo negli USA dopo il cinguettio di Trump, è indice della polarizzazione che esiste nel Paese sul tema del clima. La levata di scudi da parte dei politici democratici conferma ancora una volta che la discussione sui cambiamenti climatici è basata, in gran parte, sull’ideologia. Possiamo notare, infatti, come il freddo sulla costa est venga classificato come fenomeno meteorologico dagli stessi che considerano gli uragani o gli incendi in California segnali del cambiamento climatico in corso. La discussione non è più basata sui dati, ma sulla fede. E ciò non va assolutamente bene.
      Ho appreso “dell’evento” dall’ANSA e poi ho dato un’occhiata ai commenti. Sul cambiamento climatico, l’AGW e via cantando, se ne sa veramente poco: l’ignoranza regna sovrana e le p******te abbondano (in un senso e nell’altro, ovviamente), ma ciò che emerge chiaramente è la “fede” che i commentatori professano.
      In questa situazione gli emuli di Hayohe e della relativa controparte, avranno buon gioco a “pescare” proseliti disinformati. Aumenteranno le fila dei pro e dei contro, ma non si porterà alcun contributo alla comprensione del problema scientifico.
      Ciao, Donato.

  2. robertok06

    “è abile a tenere presentazioni ai fedeli in una chiesa come anche a partecipare a dibattiti a cui presenziano Barack Obama e Leonardo DiCaprio;”

    Wow! Partecipa addirittura a dibattiti sul clima con i due esperti Obama e DiCaprio?

    Come si può non credere a quello che dice la Hayhoe? 🙂

    Ma per favore… le scienze è veramente sceso così in basso? Io ero abbonato ai tempi di felice Ippolito direttore… ben altra qualità e obiettività di interventi. Penoso.

    • donato b.

      In campo climatico si: Le Scienze (veramente la “casa madre” statunitense) fa parte della “parrocchia” della Hayohe. In altri campi della scienza le cose vanno diversamente e vale la pena di leggerlo (e pagare l’abbonamento 🙂 ).
      Ciao, Donato.

  3. robertok06

    I 5 segni distintivi di un approccio ideologico:

    1) assenza di dubbi
    2) intolleranza nei dibattiti
    3) richiamo all’autorità (“lo dice l’IPCC!”)
    4) desiderio di convincere gli altri sulla propria “verità'”ideologica
    5) desiderio di punire quelli che non sono d’accordo (si comincia col bannarli da un blog, per arrivare alla richiesta di punirli penalmente)

    Un rapido sguardo a un qualsiasi blog “ambientalista” pro-global warming permette facilmente di verificare come tutti e 5 questi segni distintivi siano presenti.

    Io l’ho provato sulla mia pelle negli ultimi 7 anni, cioè da quando mi interesso all’argomento clima/energia.

    Saluti e buon capodanno a tutti voi.

    R.

  4. Alessandro

    “…la loro azione sarà tutta tesa a sgomberare il campo dalle paure che i cambiamenti nelle tecnologie di produzione energetica e non solo, generano negli scettici e che sono le vere ragioni per le quali essi negano la “realtà” del cambiamento climatico di origine antropica.”
    Mi sembra invece che il modello empatico si basi proprio su paure da infondere nei consumatori in modo da dirottare gli investimenti verso l’inutile “green economy”.
    Paure:
    1) i dati non vengano più utilizzati per prendere decisioni
    2) i miei investimenti siano in realtà frutto di un lavaggio del cervello mediatico
    3)avere un posto di lavoro che dipende dalle fonti rinnovabili o da qualsiasi altro bene o servizio sponsorizzato da “ambientalisti”

  5. Caro Donato,
    dal racconto che fai dell’articolo de Le Scienze, secondome emerge chiaramente che quei signori (e signore) sono ormai alla disperazione: si rendono conto che stanno perdendo la battaglia -e forse anche la guerra- e coì gonfiano il petto, facendo sfoggio di certezze che non esistono e cambiano continuamente strategia, nella speranza di rimediare allo scetticismo e/o all’indifferenza della gente (gli scettici “di mestiere” come noi sono altro) che essi stessi hanno pesantemente contribuito a generare con la ripetizione continua di annunci (ovviamente solo catastrofici) mai realizzati. E, mi dispiace molto per loro, la presenza di Trump non solo non li aiuta ma li costringe ad un superlavoro non previsto e su più fronti, tra cui quello che molto bene descrivi qui.
    Ciao. Franco

    • donato b

      “… gli scettici “di mestiere” come noi sono altro …”
      .
      Quelli come noi difatti non li prendono proprio in considerazione! 🙂
      Nel post non è stato messo in evidenza, ma nell’articolo che ho commentato, è scritto chiaramente: “Credere all’illusione che i negazionisti (sic) del clima possano essere convinti allineando altri fatti significa perdere di vista il gruppo assai più vasto di quelli che vogliono capire perché e come bisogna andare avanti con le soluzioni”.
      Caro Franco, noi a questi signori non interessiamo proprio, loro sparano nel mucchio dove sperano di convertire quante più persone possibili ammantando il loro messaggio di “verità scientifica”. Il dibattito non gli interessa più, ora vogliono conquistare quanti più fedeli possibile e conquistare la sala dei bottoni. Dopo aver raggiunto il potere, metteranno a posto gli irriducibili. Anzi siccome secondo loro, gli oppositori sono tutti anziani, sperano che muoiano da soli per toglierseli dalle scatole. 🙁
      Trump? E’ considerato un accidente passeggero che rallenterà un poco la loro marcia verso il traguardo.
      Ciao, Donato.

  6. Edo

    Grazie mille, Donato! Articolo chiaro e semplice, come al solito, però mi viene naturale chiederti: tu puoi contare sui tuoi studi e sulle tue conoscenze per rispondere alle obiezioni altrui; io, laureato in Lettere classiche, che posso fare se non leggere CM e invitare a leggere CM?
    Grazie
    Edo

    • donato b

      Edo, sono padre di una laureata in Lettere classiche ed insegno in un Liceo Classico. So, quindi, che il vostro cervello non è secondo a nessuno e che, se volete, avete gli strumenti per capire anche ciò che esula dal vostro campo di interesse specifico: la frequentazione di queste pagine da parte tua lo dimostra. 😉
      Ciao, Donato.

  7. MAXX

    io ho una paura, terribile: il pensiero unico che ci porterà un giorno a:
    “Tornando a casa, troverete i bambini, date una carezza ai vostri bambini e dite: questa è la carezza del credente dell’AGW. Troverete qualche lacrima da asciugare: dite una parola buona. ”
    (il riferimento non mi piace ma rende l’idea per questo post)

    • Fabrizio Giudici

      In realtà il riferimento è quanto mai appropriato… la manipolazione del pensiero, basata sulla bontà (ovvero la superiorità antropologica) del portatore delle tesi, e non dai fatti che le suffragano, è iniziata proprio da quelle parti e in quel momento… Ma son discorsi che vanno troppo off-topic.

    • donato b

      Max, hai perfettamente ragione: lo scopo è proprio quello che tu hai delineato in modo così efficace. L’unica cosa che finora ha impedito il verificarsi di una situazione simile, è l’atteggiamento della gente che non crede nel cambiamento climatico antropico o, com’è scritto nel testo, crede che sia reale, ma che non riguarderà loro personalmente, ma i nipoti o anche oltre (tutti gli scenari sono riferiti, infatti, alla fine di questo secolo) .
      Ciao, Donato.

  8. Fabrizio Giudici

    Appare chiaro a questo punto che da ora in poi gli attivisti del cambiamento climatico di origine antropica non si concentreranno più sull’analisi dei dati nel tentativo di dimostrare che gli scettici si sbagliano e che la verità si trova nelle mani dei ricercatori ligi alla dottrina, ma la loro azione sarà tutta tesa a sgomberare il campo dalle paure che i cambiamenti nelle tecnologie di produzione energetica e non solo …

    In pratica è una bella scusa per nascondere la mancanza di argomentazioni scientifiche: loro non ne hanno, ma dicono che il problema è che non vengono capite. È un pattern comportamentale vecchio di secoli (non solo in scienza): mettere da parte la discussione sull’oggettività delle cose e presentare i “vantaggi” di un mondo irreale. Il problema, come dici tu, è che per sostenere che ci sono vantaggi economici bisogna dimostrarli, e la fottuta realtà che non si adegua torna fuori. Al che, noi saremo di nuovo i duri di comprendonio che non vogliono capire il sol dell’avvenir.

    Questo è un segno di cedimento, è l’arrampicata sugli specchi dei sistemi di pensiero bacati che si avviano al declino. Quindi è una buona notizia. La cattiva notizia è che diventeranno sempre più aggressivi nei confronti di chi non si vuole adeguare.

    • donato b

      Fabrizio, come ho scritto nella risposta a F. Zavatti, loro hanno semplicemente aggiustato il tiro, ma non hanno ceduto nella difesa delle loro posizioni. In un altro passo dell’articolo è scritto, infatti: “… chi reagisce in maniera così emotiva [gli scettici] lo fa perché in questo rifiuto mette la sua identità. [….] Vale la pena di affrontarli in pubblico e dire “Non sai quello che dici. I fatti sono questi”; non per far cambiare idea a loro, ma per mostrare agli altri che abbiamo risposte.”
      Risposte. Corrette o sbagliate? Non importa, basta che siano risposte che affermino fatti alternativi. Roba da matti!
      Fabrizio, ho letto e riletto diverse volte l’articolo, ma non sono mai riuscito a cambiare l’opinione che mi sono fatta dopo la prima lettura: questi sono pericolosi!
      Ciao, Donato.

  9. Uberto Crescenti

    Ottimo articolo, come sempre, di Donato Barone. A me è sembrato che le argomentazioni della Hayohe siano più di natura filosofica che scientifica. La mia posizione di scettico origina dallo studio del passato del nostro Pianeta, dai dati quindi ricavabili dalle scienze storiche (scienze della Terra geologia e paleontologia soprattutto, dalla storia del clima ecc.) che mi hanno insegnato che il clima è sempre cambiato con alternarsi di fasi fredde e fasi calde anche quando le attività dell’uomo erano inesistenti. E soprattutto che anche in epoche vicine a noi (es. Periodo Caldo Romano, Periodo Caldo Medioevale) le temperature sono state superiori a quelle di oggi, in particolare al fatidico limite dei 2° C oltre il quale è prevista la fine del nostro Pianeta. Il resto è filosofia non scienza.
    Uberto Crescenti

    • donato b

      E come darti torto!
      A pag. 32 di Le Scienze di dicembre, possiamo leggere, infatti: “Se qualcuno dovesse pensare che il solare ci protegge dall’immigrazione o dai terroristi o dall’anticristo, ottimo, va bene così.”
      La scienza non c’entra proprio più, non interessa. E pensare che queste sono parole di una scienziata. Di tutte le tue obiezioni se ne frega altamente, indipendentemente dal fatto che siano vere o false: “Le persone mi dicono e io rispondo: come no, buona fortuna! [….] Il clima è un problema urgente. La finestra di opportunità si sta chiudendo. Dobbiamo metterlo a posto con la società imperfetta e difettosa che abbiamo oggi.”
      Avessero la possibilità, ci manderebbero tutti al rogo, così la società diventerebbe perfetta e senza difetti! 🙂
      Ciao, Donato.

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