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Il Tempo sarà sempre il Tempo… ma il clima no!

C’è una cosa tra tutte quelle che si possono immaginare che differenzia le previsioni del tempo da quelle del clima, specie se queste ultime sono a lungo, lunghissimo termine, ed è estremamente semplice ed intuibile: le prime si possono (e si devono!) facilmente verificare, le seconde no. Ergo, visto che i limiti previsionali del sistema che le accoglie entrambe, identificabile semplicemente con l’interazione terra-aria-acqua che distingue il pianeta, sono evidenti, perché qualcuno possa credere che prevedere il clima da qui a qualche decennio sia un esercizio utile, è necessario che le die cose siano scisse nel sentire comune. Già, perché altrimenti anche i non addetti ai lavori si renderebbero conto che avendo difficoltà a prevedere con efficacia, per esempio, se cadrà la neve anche a Roma appena tra 48 ore, pretendere di sapere cosa succederà tra decine di anni è assurdo, quindi assolutamente inutile.

In qualche modo questo argomento lo abbiamo sfiorato già qualche giorno fa, proponendo la lettura di un bell’articolo in cui si parlava del limite della predicibilità del tempo atmosferico imposto dalla natura caotica del sistema, ove per caotica non si intende affatto confusa o casuale, quanto piuttosto indissolubilmente legata all’esatta conoscenza delle condizioni iniziali, una conoscenza che, pur con tutti i progressi tecnologici degli ultimi anni, siamo decisamente lontani dall’avere.

Questo mi è venuto in mente leggendo un articolo rilanciato di recente da Eurekalert: Weather should remain predictable despite climate change e uscito sulla pagina delle news dell’università del Missouri, negli USA, corredato di un video in cui gli autori dello studio cui si riferisce la notizia ne spiegano i contenuti.

In sostanza, scrivono e spiegano, nonostante la tendenza del clima a cambiare, l’attendibilità delle previsioni del tempo non dovrebbe subire modifiche, quindi, pazzo o meno che possa essere il clima, saremo comunque nella possibilità di sapere se farà bello o pioverà.

Gli autori dello studio sono giunti a questa conclusione studiando l’andamento di un parametro che dovrebbe dare informazioni sulla periodicità con cui varia nel breve termine il comportamento della corrente a getto, nella fattispecie quella polare, ovvero il flusso d’aria che scorre in quota al limite superiore della Tropopausa nella zona di separazione tra le masse d’aria che caratterizzano la circolazione generale dell’atmosfera. L’andamento del parametro di controllo, pare restituisca una modalità di cambiamento della corrente a getto con periodo di 12-15 giorni, una frequenza che avrebbero ritrovato anche nelle dinamiche atmosferiche previste dai modelli climatici spinti fino alla metà di questo secolo. Ergo, dal momento che la previsione del tempo è fortemente dipendente dalla capacità di prevedere il comportamento della corrente a getto e se questa non cambierà sostanzialmente il suo ritmo nei prossimi 20-30 anni, dovremmo comunque essere in grado di prevedere il tempo come lo facciamo ora.

Il discorso è interessante, ma a mio parere omette di affrontare il tema nella giusta prospettiva. Innanzi tutto, data la nota incapacità dei modelli climatici di riprodurre fedelmente il sistema, analizzare il comportamento di una qualsiasi delle variabili che lo compongono, compresa la corrente a getto che tra le altre cose scaturisce dalla somma di molte di esse, ha davvero poco senso. Per fare un esempio, i modelli climatici stagionali prevedevano per questa stagione invernale delle consistenti anomalie positive della temperatura e della pressione atmosferica sull’Eurasia e sul Nord America; a fine stagione, dopo un gennaio gelido negli USA, mite in Europa e gelido sull’Asia, e dopo un febbraio-marzo glaciale sull’Asia, freddo in Europa e temperato sugli USA, il bilancio sarà probabilmente neutro o negativo. Ergo, le previsioni climatiche avranno clamorosamente fallito anche a soli 2-3 mesi di distanza. Scrutarne i contenuti a un anno, 5, 10 o 20 è una perdita di tempo.

Tuttavia, il problema è ben diverso. Per capirlo occorre un altro esempio. L’affidabilità dei modelli atmosferici per le previsioni del tempo, è cresciuta al ritmo di un giorno considerato utile ogni dieci anni di lavoro, ossia, se agli albori della modellistica, soli 30 anni fa, si potevano guardare con una certa confidenza le previsioni a 3 giorni, ora siamo nella possibilità di fidarci allo stesso modo di quelle a 6 giorni, laddove seppur disponibili le previsioni a 10-15 giorni sono notoriamente inutilizzabili. Questo progresso è stato frutto del miglioramento enorme della capacità di calcolo, della conoscenza della fisica del sistema e, soprattutto della capacità di osservazione, ovvero della composizione della situazione iniziale, da cui l’evoluzione del sistema è indissolubile.

Ed eccoci tornati al punto di partenza di questo commento. Nel futuro a breve, medio e lungo termine, saranno ancora il progresso tecnologico nel calcolo, il miglioramento della conoscenza della fisica del sistema (pensiamo ai processi fisici e chimici delle nubi per esempio) e la possibilità di disporre di osservazioni di buona qualità che coprano l’intera superficie terrestre a fare la differenza nell’attendibilità delle previsioni. Una capacità che potrà venire soltanto da un sistema di osservazioni satellitari completo e affidabile supportato da una solida rete a terra che ne consenta la taratura senza soluzione di continuità. Cose queste che ancora non abbiamo.

Ecco, più che cercare di capire se in un clima la cui tendenza ad essere diverso da quello che è sempre stato è tutta da dimostrare saremo ancora in grado di fare previsioni, è a quello che abbiamo descritto sopra che si deve lavorare oggi per avere delle buone previsioni domani, perché la Luna, nonostante tutto, sarà sempre dopo il dito ;-).

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Published inAttualitàClimatologiaMeteorologia

5 Comments

  1. Fabrizio Giudici

    Da Twitter:

    Yoda @PoliticaPerJedi
    8 h8 ore fa

    Roma
    5 cm di neve
    zero taxi
    zero bus
    Paralisi totale
    Sindaco in Messico a un convegno sui cambiamenti climatici
    Fine

  2. Guido, credo che tu ti sia sbagliato nel distinguere tra meteo e clima. Ieri sera un telegiornale RAI (penso TG2 ma stavo saltellando qui e là) ha intervistato una signora Bardi, climatologa CNR, che ci ha illustrato una bella serie di previsioni meteo. Senz’altro giuste le previsioni, ma perché un climatologo può occuparsi di meteo e un meteorologo non può occuparsi di clima senza essere tacciato di incompetenza?
    Ciao. Franco

  3. Uberto Crescenti

    La previsione del clima futuro con i modelli matematici, come ampiamente noto, non può dare risultati attendibili. Cito ad esempio un brano del libro Clima estremo (Boroli Editore, 2007) di Guido Visconti, professore di Fisica dell’Atmosfera all’università dell’Aquila, in cui si afferma : “Innanzitutto, oggi la Scienza non è in grado di spiegare le variazioni climatiche che sono avvenute nel passato: pertanto, non si capisce come la stessa scienza potrebbe essere in grado di prevedere quello che avverrà in futuro. Malgrado ciò, organismi internazionali come l’IPCC ….. annunciano con cadenza regolare, previsioni per i prossimi 50 o 100 anni. ” Ai catastrofisti interessa solo affermare che l’aumento della temperatura produrrà effetti sconvolgenti sul nostro pianeta, cancellando la conoscenza delle variazioni climatiche del passato che testimoniano temperature superiori alle attuali quando non accaddero tutte le catastrofi che invece ci vengono propinate . Mi piace ricordare, ad esempio oltre il ben noto Periodo caldo medioevale e il Periodo caldo Romano in cui si registrarono superiori alle attuali senza aversi tutte le catastrofi annunciate, il comporatamento dei ghiacciaIn particolare, in una nota di Carlo Giraudi pubblicata nel 2007 nei Quaderni della Società Geologica Italiana, si afferma a proposito del ghiacciaio del Calderone sul massiccio del Gran Sasso, che ” – nella prima metà dell’Olocene, il ghiacciaio è completamente scomparso….. – il ghiacciaio del Calderone si riformò in in periodo più recente di 4520-4090 anni fa e più antico di 2855-2725 anni fa…….. – si verficò una nova fase di espansione in un periodo più recente di 2855-2725 anni fa e più antico della data 540-660 d.C. ……….” . Questi dati dimostrano che nel nostro pasato ci furono appunto fasi con temperature superiori alla attuale senza aversi sconvolgimenti del nostro Pianeta.

    Massiccio del Gran Sasso :”- nella prima metà ddedededell’Olocene, il ghiacciaio è completamente scomparso… m

  4. Giusto Buroni

    Non mi piace fare l'”avvocato del diavolo”, ma ai bellimbusti che ormai da decenni cercano di terrorizzare l’Umanità con previsioni di cambiamenti climatici catastrofici interessa (per motivi poco umanitari e molto finanziari) sostenere solo la malvagia influenza delle attività antropiche. Quindi per noi “negazionisti” non è sufficiente provare che i cambiamenti climatici sono e saranno imprevedibili, ma è necessario dimostrare anche che le attività antropiche hanno un peso trascurabile sul clima, qualunque esso sia stato in passato e sarà in futuro, rispetto agli effetti di fenomeni cosiddetti “naturali”, quali eruzioni vulcaniche o emissioni di gas (serra) sottomarini o di superficie, influssi di attività solari, movimenti di campi magnetici , effetti gravitazionali da particolari allineamenti con la Luna, i Pianeti e altri corpi celesti, terremoti, impatto di meteoriti, eccetera. Il problema è quindi ben più complesso di quello di trovare un modello matematico funzionante. Bisognerà confrontare almeno due modelli climatici (funzionanti): uno valido per le Ere preindustriali e l’altro per l’attuale Era cosiddetta industriale, e verificare che sia minima la differenza causata da attività “umana”, compresa quella, sempre ipocritamente trascurata anche dai catastrofisti, delle GUERRE, soprattutto se combattute con armi nucleari (dalla potenza “ridotta” proposta da Trump). Mi interesserebbe molto, per mia cultura personale, un commento meno criptico del più recente che diceva, incomprensibilmente per me: “siamo arrivati al cabaret dei cambiamenti climatici”. Grazie mille.
    Giusto Buroni. Milano, via Tassoni 22, tel.026433161 e-mail giustoburoni@libero.it.

    • “Quindi per noi “negazionisti” non è sufficiente provare che i cambiamenti climatici sono e saranno imprevedibili …”
      Io pensavo che l’onere della prova fosse a carico di chi propone un cambiamento rispetto al normale, naturale svolgersi degli eventi, ma lei ha ragione: l’attuale politica del “martellamento totale e globale” porta a far pensare che esista una Verità Vera e che di conseguenza l’onere della prova debba spettare a chi ha una visione “altra” rispetto a questa verità. Tempi interessanti … per gli ottimisti.
      Franco

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