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No, no, non è il vulcano

Su, ripetiamo tutti insieme: “Non è il vulcano a sciogliere il ghiaccio ma il clima che cambia“. Fatto? Ne siete convinti? Bene, ora siamo pronti a leggere questa news da EurekAlert:

Researchers discover volcanic heat source under glacier

Dunque, il Pine Island Glacier è giunto alla ribalta delle cronaca nel novembre scorso, perché dalla parte terminale del ghiacciaio, quella che giace sul mare, si staccò un iceberg enorme. Qui sotto una bella gif animata prodotta dalla British Antartic Survey con i dati di Copernicus:

Qualche giorno fa, è uscito un paper su Nature Communications con questo titolo:

Evidence of an active volcanic heat source beneath the Pine Island Glacier

In sostanza, pur essendo nota la presenza di attività vulcanica molto importante sotto l’Antartide occidentale, non erano mai state trovate tracce tanto evidenti di flussi di calore verso l’alto che accelerano il processo di scioglimento alla base del ghiacciaio, giocando un ruolo molto significativo nelle sue dinamiche. La traccia di questo calore è un isotopo dell’Elio, che gli scienziati hanno trovato in abbondanza nell’acqua di mare dell’area, definendolo un “impronta digitale” dell’attività vulcanica.

Tuttavia, si affrettano a scrivere, pur dovendo considerare questo fattore nell’immaginare il futuro della stabilità del ghiacciaio, ci sono decenni di ricerca che testimoniano gli assalti del cambiamento climatico, per cui, certamente, non è per quello che il ghiacciaio si sta sciogliendo.

Quindi, finiamo da dove abbiamo iniziato e ripetiamo: “Non è il vulcano a sciogliere il ghiaccio ma il clima che cambia“.

Buona giornata 😉

 

 

 

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Published inAttualità

10 Comments

  1. donato b.

    Ho letto l’articolo: molto interessante. Della questione discutemmo circa quattro anni fa con max pagano a margine di un post che trattava, tra l’altro, dei flussi di calore al di sotto della calotta glaciale antartica e, ancora prima, a margine di un post che aveva ad oggetto il flusso di calore geotermico sotto la calotta glaciale groenlandese.
    .
    Premesso che è molto difficile stimare ciò che accade sotto migliaia di metri di ghiaccio, lo sforzo compiuto dai ricercatori, per capire cosa stia succedendo sotto il ghiacciaio di Pine Island, mi sembra estremamente interessante. Quello di cui stiamo discutendo è il ghiacciaio che più di altri contribuisce al bilancio negativo della massa glaciale dell’Antartico occidentale, per cui capire come si comporta e le cause che determinano un così alto tasso di drenaggio, è estremamente importante.
    .
    La metodologia usata dai ricercatori è complessa ed articolata, ma non credo che si possa fare diversamente.
    I margini di incertezza circa la stima del flusso di calore sotto la calotta glaciale sono piuttosto grandi, ma va ascritto a merito dei ricercatori che sono riusciti ad individuare, in modo a mio giudizio condivisibile, diversi aspetti salienti della questione:
    – la natura dei flussi termici (vulcanico e non geotermico)
    – il punto di emissione di tali flussi (terrestre e non marino)
    – gli estremi entro i quali tali flussi termici possono oscillare
    – il contributo termico rispetto a quello per attrito alla fusione basale del ghiacciaio
    – che il contributo di tali flussi termici al drenaggio glaciale è confrontabile con quello climatico.
    .
    Non dobbiamo dimenticare, infatti, che il tasso di drenaggio del ghiacciaio di Pine Island dipende anche dal rateo di fusione della piattaforma oceanica che, a sua volta, è determinato dalle variazioni di temperatura oceaniche, determinate dalle fluttuazioni della circolazione termoalina.
    Altra nota di merito per l’articolo è che non mi sembra di aver letto riferimenti al contributo antropico: si intuiscono, ma non si citano espressamente. Visti i tempi che corrono, non mi sembra poco! 🙂
    .
    Poiché sembra che tutto l’Antartico occidentale sia sede di fenomeni vulcanici attivi, i risultati di questo studio potrebbero spiegare (almeno in parte) il mistero che segnalai qualche giorno fa a chiosa di un mio commento circa l’eccezionale tasso di innalzamento della superficie antartica occidentale.
    Non mi tornava, infatti, il fatto che pur in presenza di un forte tasso di rimbalzo post-glaciale, si verificasse un’altrettanto forte diminuzione della massa glaciale. Alla luce di questo studio la cosa mi appare meno strana.
    Ciao, Donato.

    • Luca Rocca

      Avevo notato anche io la discrepanza fra un innalzamento della costa rispetto ad una diminuzione della massa glaciale.
      Di solito ad un innalzamento continentale post glaciale corrisponde una subsidenza delle coste. Come esempio si porta la subsidenza della costa occidentale degli Stati Uniti che tuttora si sta abbassando con ratei di alcuni mm all’ anno.
      https://www.ngs.noaa.gov/CORS/Articles/2006GL027081.pdf

    • donato b.

      Luca, la cosa potrebbe spiegare il bilancio negativo, ma in questo articolo http://science.sciencemag.org/content/360/6395/1335
      che non ho letto, ma di cui ho letto molti resoconti con ampi virgolettati relativi ad interviste agli autori, sembra che anche i bordi del continente si stiano alzando. Questo è, per esempio, anche il parere del commentatore dell’articolo in questione su “Le Scienze”.
      http://www.lescienze.it/news/2018/06/26/news/antartide_fusione_calotta_innalzamento_rapido_fondale-4025353/?ref=nl-Le-Scienze_29-06-2018
      .
      Secondo quanto ho potuto leggere sull’argomento, la parte occidentale dell’Antartide è fortemente depressa nella zona centrale e rialzata sui bordi, a formare una specie di cratere. La fusione del ghiaccio continentale è attribuita ad un aumento del livello del mare che farebbe tracimare acqua “calda” all’interno del bacino. La buona notizia legata all’innalzamento “monstre” dell’Antartide occidentale, consiste nel fatto che esso impedirebbe all’acqua oceanica, di invadere il bacino glaciale e, quindi, ritarderebbe lo scioglimento del ghiaccio. Poiché il bilancio di massa è molto deficitario, il meccanismo presenta qualche pecca. Il mio problema è, infatti: se i bordi si alzano molto più velocemente del livello del mare (4 cm contro 0,3 mm), perché il ghiaccio si fonde così velocemente?
      .
      Tale interrogativo troverebbe una risposta (almeno parziale), se potessimo attribuire una parte della fusione basale del ghiaccio antartico all’attività vulcanica. E questo è quello che gli autori dell’articolo recensito da G. Guidi sembra vogliano dirci.
      .
      Questo è, ovviamente, un mio ragionamento che non presume neanche lontanamente di risolvere il problema. A questo penseranno ulteriori studi: la ricerca non si ferma mai! 🙂
      Ciao, Donato.

    • Luca Rocca

      Se come sembrano indicare gli articoli l’antartide è sede di un Hotspot simile all’ Islanda e’ possibile un movimento bradisismo che altererebbe tutte le letture

    • Luca Rocca

      @ Roberto
      La costa orientale è soggetta allo sprofondamento della placca pacifica sotto la placca americana con fenomeni di innalzamento e faglie sismicamnte molto attive dalla Baja California fino alla faglia Denali in Alaska
      La costa occidentale è una delle aree geologicamente più stabili del pianeta ma è soggetta in alcuni punti a fenomeni lenti non sismici con abbassamenti di 2-3 mm anno causati dallo scioglimento del ghiacciaio della Laurentide di 500K anni fa

  2. Luca Maggiolini

    Mi viene in mente ciò che si disse contro ciò che affermò Haroun Tazieff a proposito del buco dell’ozono in Antartide (guarda caso proprio sopra al vulcano Erebus)

    • robertok06

      @luca rocca
      “Come esempio si porta la subsidenza della costa occidentale degli Stati Uniti che tuttora si sta abbassando con ratei di alcuni mm all’ anno.”

      Costa orientale, intendevi dire?

    • robertok06

      @luca rocca
      … quanto dici tu è corretto, ma non lo si evince dal documento pdf che hai linkato.
      La fig.1, verticale velocities, è chiara: frecce marroni verso l’alto tutto attorno alla baia di Hudson, dove Laurentide era centrato… e frecce gialle verso il basso sulla costa orientale, per fenomeni naturali e non (soprattutto abbassamento della falda d’acqua per scopi industriali e non).
      La costa occidentale usa, California e Oregon, non sono nemmeno visibili in molte figure di quell’articolo.
      Ciao.

  3. Massimo Lupicino

    Spiegazioni complicatissime per provare a smentire l’ovvio. Si vede che il rasoio di Occam non va proprio di moda dalle parti della scienza del clima…

  4. Fabrizio Giudici

    Magari riescono a ricondurre l’attività del vulcano agli hacker russi…

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