Salta al contenuto

Il mondo e la CO2, una salita che non va da nessuna parte

Magari chi frequenta queste o altre pagine dove capita ogni tanto di scrivere di policy climatiche lo saprà già, ma vi siete mai chiesti quale sia davvero l’obbiettivo da raggiungere, ammesso e non concesso che ce ne sia bisogno, per fronteggiare l’impatto delle attività umane sulle dinamiche del clima? Molto semplice, il pianeta deve essere decarbonizzato o, meglio devono esserlo i processi produttivi alla base della vita del genere umano su questo pianeta. Più nello specifico, dal momento che la decarbonizzazione è, per effetto del progresso tecnologico, già in atto, la di deve accelerare fortemente, soprattutto con riferimento alla produzione di energia.

Ci sarebbe da credere, dopo decenni impegno sovranazionale e di implementazione più o meno reale di policy climatiche, che sforzi e decisioni avessero se non proprio raggiunto il risultato, almeno imboccato la strada giusta. Non che la cosa la si possa definire sorprendente, ma è meglio sgombrare il campo da ogni dubbio, le cose non stanno affatto così. Molte cose buone, certamente, ma l’obbiettivo non si è neanche avvicinato. Al riguardo, parlano i numeri.

Numeri di cui si è occupato nel suo ultimo paper Roger Pielke Jr, nome tutt’altro che nuovo nell’ambiente:

https://twitter.com/RogerPielkeJr/status/1013423708608737280

Nella pagina del suo blog in cui spiega i contenuti del paper, Pielke pubblica due immagini, che direi si possano definire davvero auto esplicative:

Nella prima immagine, ci sono a confronto i ratei di decarbonizzazione pre-policy climatiche con quelli in essere negli ultimi decenni e poi, colonna rossa, quello che sarebbe necessario fare. Nella seconda il “peso” della CO2 nei processi produttivi e gli stessi in relazione al prodotto interno lordo mondiale: se il primo non ha subito una diminuzione significativa, anzi, siamo praticamente fermi al 1985, il rapporto tra processi produttivi  e GDP è effettivamente sceso, ma solo perché è aumentato molto il secondo fattore, non per modifiche intervenute grazie alle policy implementate.

Vi state chiedendo come mai? La risposta la trovate sempre nel paper, ed è abbastanza semplice: le policy sono sostanzialmente costruite scenari a dir poco improbabili ove non del tutto utopici che le bloccano su obbiettivi irraggiungibili a cui non è consentita alcuna deroga o critica. Critiche ad esempio come quella sottostante, in cui sempre Pileke “spiega” sette semplici fatti in materia di policy climatiche che sarebbe necessario conoscere se se ne vuole discutere:

Il resto, se l’argomento suscita la vostra curiosità, lo trovate naturalmente nel paper.

Buona giornata.

 

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...Facebooktwitterlinkedinmail
Published inAttualità

2 Comments

  1. PIERGIORGIO ROSSO

    A caldo e prima di aver letto l’articolo citato, direi che il progressivo spostamento verso l’uso del metano (fossile e “bio”) e il corrispondente progressivo allontanamento dall’uso del carbone darebbe un impulso alla decarbonizzazione molto più forte che non quello – insignificante – delle FER. Da tenere presente soprattutto nel settore della mobilità, dove il mantra “tutto a batteria” domina ancora il dibattito pubblico.

    • robertok06

      Il metano “bio” e’, dal punto di vista ambientale, come spararsi nelle OO… me emissioni associate al ciclo di produzione del bio gas sono alte, molto alte.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Categorie

Termini di utilizzo

Licenza Creative Commons
Climatemonitor di Guido Guidi è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale 4.0 Internazionale.
Permessi ulteriori rispetto alle finalità della presente licenza possono essere disponibili presso info@climatemonitor.it.
scrivi a info@climatemonitor.it
Translate »