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Ladri di Nuvole

Abbiamo letto sui giornali, e anche ieri proprio su CM, della curiosa teoria enunciata dal comandante della difesa iraniano Gholam Reza Jalal secondo cui Israele avrebbe “uomini che lavorano per assicurare che le nuvole che non entrino nei nostri cieli” e rispetto alla quale si sarebbe registrata la smentita del servizio meteorologico iraniano secondo il quale “Non è possibile rubare le nuvole”. Tale teoria mi pare molto debole e come Guido (http://www.climatemonitor.it/?p=48776) sono anch’io convinto che non si possano rubare pioggia e neve, nel senso che non disponiamo delle tecnologie adeguate.

Ma cosa intendiamo per “assicurare che le nuvole che non entrino nei nostri cieli”? Credo che ci si riferisca alle tecniche d’inseminazione artificiale delle nubi per produrre pioggia su un dato territorio, sottraendo così umidità ai territori limitrofi. Su tali tecniche cito le conclusioni di una tesi di laurea di cui fu relatore nel 2010 il prof. Vincenzo Levizzani del CNR di Bologna (Gasparini, 2010) che mi paiono emblematiche dello stato dell’arte nel settore:

Dall‘analisi dei numerosi esperimenti che si sono svolti negli ultimi cinquant‘anni e  dei  loro  risultati  si  è  visto  che  non  si  è  ancora  riusciti  ad  ottenere  l‘evidenza statistica e fisica necessaria per stabilire la loro validità scientifica. Comunque  sono  stati  fatti  notevoli  passi  avanti  nella  comprensione  delle  varie tecniche  e  dei  processi  microfisici  che  stanno  alla  base  dell‘inseminazione artificiale delle nubi per l‘aumento della precipitazione.

Tuttavia per capire come il comandante della difesa iraniano possa essere giunto a lanciare agli israeliani l’accusa di aver rubato loro le nuvole ovvero di aver sottratto umidità dall’atmosfera in forma di pioggia riducendo la quantità in arrivo sull’Iran occorre a mio avviso sviscerare un po’ più a fondo la tematica sul piano storico. Si scopre allora che le attività operative di stimolazione della pioggia attraverso  inseminazione delle nubi, oggi condotte da compagnie private attive in diversi paesi del mondo, furono condotte con molto fervore negli Stati Uniti d’America dagli anni ‘50 agli anni ‘80, allorché il governo di quel Paese decise di sospendere i finanziamenti pubblici per due ordini di motivi:

  1. non vi erano evidenze sperimentali di effettivi aumenti delle precipitazioni da nubi trattate rispetto al testimone;
  2. si erano scatenate svariate dispute legali (si veda ad esempio Viti, 1991) in quanto gli agricoltori

che ricorrevano a tali servizi venivano chiamati in giudizio dagli agricoltori vicini che sostenevano di essere stati privati dell’acqua di pioggia.

Quest’ultimo aspetto (quello legale) è di importanza non trascurabile e penso possa costituire una chiave di lettura delle dichiarazioni del comandante della difesa iraniano.  Infatti per chi conduce campagne di inseminazione artificiale delle nubi difendersi dall’accusa di aver rubato acqua di pioggia ai vicini è difficile, e ciò in quanto chi insemina le nubi lo fa proprio per far piovere!

Bibliografia

Gasparini 2010 Inseminazione delle nubi – stato della ricerca e prospettive operative. Tesi di laurea. Relatore F. Levizzani (http://www.isac.cnr.it/sites/default/files/thesis/Gasparini_2010.pdf).

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Published inAttualitàMeteorologia

3 Comments

  1. Caro Luigi, mi sembra interessante la tesi di Gasparini, con la dettagliata storia dei vari tentativi israeliani (e di diversi altri gruppi) di inseminare le nubi. In particolare per i gruppi (esperimenti) israeliani -argomento del tuo post e di quello di Guido- c’è un lungo elenco di errori statistici nell’interpretazione dei dati e dei risultati che porta a dire che l’inseminazione non genera pioggia in quantità superiore rispetto alle zone “non trattate”.
    Non cercherò gli aggiornamenti rispetto al 2009-2010 della tesi di Gasparini, ma se qualcuno li conoscesse sarei curioso di sapere se l’evoluzione ha portato a qualcosa di più efficiente nella produzione di pioggia. Magari scopriamo che l’ufficiale iraniano aveva informazioni più aggiornate rispetto al suo servizio meteo … Franco

    • Luigi Mariani

      Caro Franco,
      per ragioni professionali mi occupai della vicenda in passato (prima del 2001) e posso solo dirti che dalla sommaria ricerca bibliografica che ho eseguito ieri l’altro in rete non ho trovato evidenze di sensibili variazioni rispetto allo stato delle conoscenze descritto in Gasparini (2010) e che concorda appieno con quanto ne sapevo io. In ogni caso se qualche lettore (magari l’ufficiale iraniano…) avesse indicazioni più aggiornate sarebbe il benvenuto!
      Come avrai poi notato, in Gasparini (2010) emerge anche il riferimento a una sperimentazione svolta in Italia negli anni ’90 per verificare la validità del “metodo israeliano” (inseminazione da aereo con ioduro d’argento). Tale sperimentazione, condotta in provincia di Bari ove tale metodo era allora in uso, fu affidata all’Ufficio Centrale di Ecologia Agraria ed in particolare venne approntata e fatta funzionare una apposita rete di circa 50 pluviometri automatici. L’analisi dei risultati di tale sperimentazione è apparsa in List et al. (1999) e da tale articolo non si evince alcun effetto significativo dell‘inseminazione. Diverso pare essere il caso della stimolazione delle precipitazioni tramite l’inseminazione con nuclei salini igroscopici (cloruro di calcio) operata su nubi calde tropicali e che ha portato a risultati positivi negli esperimenti condotti in Thailandia (Silverman e Sukarnianaset, 2000) e in Sudafrica (Mather et al. 1997).
      Credo che Il succo delle sperimentazioni su nubi fredde delle medie latitudini risieda nel fatto che le inseminazioni a volte funzionano (la pioggia aumenta) mentre altre volte non funzionano per nulla o addirittura fanno diminuire la pioggia. Io credo che tutto ciò sia da imputare al fatto che non conosciamo lo stato del sistema che andiamo ad inseminare, per cui rischiamo di fornire nuclei in eccesso ad un sistema che nuclei (o ciccetti, come li chiamava il fisico Giorgio Fea) ne ha di suo già a sufficienza (è un problema analogo a quello che si registra nella difesa antigrandine basata sull’inseminazione dei cumulonembi grandinigeni).
      In ogni caso sottolineo che il fine ultimo delle inseminazioni è quello di avere più acqua al suolo e dunque la verifica ultima dev’essere fatta con pluviometri a terra, oppure con il radar, ma in quest’ultimo caso và ricordato che occorre farsi carico dell’incertezza insita nelle misure radar.
      Ricordo infine che restano in ogni caso da valutare i risvolti ecologici che si avrebbero in caso di massiccio ricorso ad attività operative di inseminazione delle nubi allo scopo di stimolare le precipitazioni. A prescindere dal destino ecologico di alcune sostanze usate per l’inseminazione (es: ioduro d’argento), occorre considerare che tali attività intervengono sul ciclo dell’acqua che rappresenta un anello fondamentale del sistema climatico, sistema rispetto al quale il nostro livello di conoscenza scientifica è ancor oggi assai parziale per cui il rischio di combinare pasticci è sempre dietro l’angolo.
      Concludo riportando qui sotto la bibliografia da me citata (magari a qualcuno potrà essere utile).

      List R.,Gabriel K.,Silverman B.A., 1999. The rain enhancement experiment in Puglia, Italy:
      statistical evaluation, Journal of Applied Meteorology, Volume 38, Issue 3 (March 1999)
      Mather G.K., Terblanche D.E., Steffens F.E., Fletcher L.,, 1997. Results of the South African Cloud-Seeding Experiments Using Hygroscopic Flares, Journal of Applied Meteorology, Volume 36, November, 1997
      Rangno A.L. & Hobbs P.V., 1994. A new look at the Israeli cloud seeding experiments, Journal of Applied Meteorology, Volume 36, Issue 3 (March 1997)
      Silverman B.A., Sukarnjanaset W., 2000. Results of the Thailand Warm-Cloud Hygroscopic Particle Seeding Experiment, , Journal of Applied Meteorology, Volume 39, Issue 7 (July 2000)
      Viti D., 1991. The lords of the rain, in “Essays on new frontiers of american agricultural law”, Univeristy of Arkansas, Graduate Program in Agricultural Law, 1-18.

  2. Luca Rocca

    Ecco a cosa servono le scie chimiche!

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