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Grandina a Milano

In macchina sulla A1, in direzione di Milano, fanno bella mostra di sè i cumulonembi. Sono a nord della città, penso che rimarranno sulle Alpi o rotoleranno verso est, come capita spesso. Si fa più scuro il cielo man mano che mi addentro in città per raggiungere la Stazione Centrale e lasciare l’auto a noleggio.

Quando arrivo al parcheggio si sentono i primi tuoni. L’impiegato parla a monosillabi, mi fulmina con lo sguardo quando gli chiedo dove lasciare la macchina. Cerco di fare in fretta, e scappo verso la stazione. Sul piazzale un uomo è in chiaro stato di alterazione: grida, sbatte i piedi, agita le braccia, sembra accennare a rincorrere dei passanti. I milanesi li riconosci subito: lo degnano appena di uno sguardo, fanno finta di niente e accelerano il passo, già veloce. I turisti, invece, sono spaventati e confusi. Si guardano attorno, come a chiedersi se non siano scesi alla stazione sbagliata, o nel Paese sbagliato. Un gruppetto di uomini in divisa a pochi metri di distanza parlotta in cerchio, come se non stesse succedendo niente. E forse hanno ragione loro.

In cielo la nube a mensola annuncia, inevitabile, la pioggia: mi ero sbagliato, non sono rotolati a est, quei cumulonembi: hanno deciso di fare un giro in centro, anche loro. Nella stazione, alle macchinette dei biglietti, solerti “aiutanti” offrono consulenza (non richiesta) a chi litiga con il terminale per concludere l’acquisto. In cambio di qualche spicciolo, più spesso lamentandosi di non riceverne. Improvvise si levano delle urla, fortissime: è un omone che quell’aiuto non lo vuole proprio ricevere. È fuori di sè, grida all’aiutante di trovarsi un lavoro vero, lo insulta, volano parolacce, si forma un capannello di persone. Alcuni si allontanano spaventati, un collega dell’aiutante lo porta via per evitare guai peggiori.

Arriva anche per me il momento di pagare il biglietto alla macchinetta, dopo aver fatto capire al mio, di aiutante, che posso fare da solo. Mi accorgo di non avere il bancomat, l’ho lasciato nell’auto a noleggio. Corro verso il parcheggio, penso all’impiegato con la luna storta e spero di non trovarlo. Invece è lì: mi dice di aver recuperato il bancomat e di averlo lasciato all’ufficio dell’autonoleggio, in fondo alla strada.

Vado verso l’ufficio, comincia a grandinare. Solo grandine, senza pioggia: biglie bianche che cadono con colpi secchi, sordi. Mi fermo a guardarla, inebetito. Una macchina quasi mi investe nella fretta di mettersi al riparo nel garage. Dura troppo la grandinata, mi riparo la testa con la borsa del PC e corro verso l’ufficio dell’autonoleggio. Non mi guardano nemmeno, mi dicono tra i denti di tornare al garage, ché loro non ce l’hanno quel bancomat. La luna già storta dell’impiegato fa il resto: comincia a urlare e a imprecare, dice che all’ufficio sono “dei coglioni”, ché il bancomat lui gliel’ha dato e gli ha spiegato tutto. Torno all’ufficio per trovare la porta chiusa: sono le 20.02 e a Milano, si sa, sono puntuali.

Mi attacco al telefono per chiedere il blocco del bancomat, la voce registrata mi avverte di essere su un “servizio veloce”, e di restare in linea. È talmente veloce, quel servizio, che dopo mezz’ora ho messo il viva voce, per attaccare bottone con una guardia giurata.

“Milano, non la ricordavo così…”

“COME?! NON SENTO BENE!!” mi urla la guardia.

“MILANO È DIVENTATA UNO SCHIFO !!!”

“Ah, bah, non lo so… Dici? Dovresti vedere la periferia allora.”

Mi racconta di aver perso il lavoro precedente per aver preso a schiaffi un immigrato in un paesino della bergamasca: denunciato, ha beccato tre anni con la condizionale. Quindi la guardia pregiudicata mi avvisa che in zona entro un’ora ci saranno barboni e ubriaconi in quantità: “è meglio che te ne vai”. Lo prendo in parola, perché sembra preparato in materia. Nel frattempo, per lo meno, ha smesso di piovere.

Torno in Stazione per prendere la metro. L’aria è rimasta afosa, nessun refrigerio nemmeno dopo il temporale. Davanti a Banca Intesa si assiepa un gruppo di senza fissa dimora, si siedono per terra, sugli scalini davanti alle vetrine. Forse perché piove, o forse perché semplicemente non hanno dove andare.. In stazione è una lotta con le macchinette: il pagamento elettronico non funziona, manca il collegamento. Un’altra macchina prende i soldi e non mi dà il biglietto, all’ultimo tentativo ce la faccio: metto i soldi e ricevo un biglietto. Mi sembra un miracolo.

Mi accorgo di sentirmi come mi era capitato poche volte in passato, in alcune grandi città del terzo mondo: lo stesso senso di insicurezza, di fastidio, la stessa sensazione di essere fuori posto. Con la differenza che qui la gente è triste, arrabbiata, livida, molto più che in posti in cui non hanno niente. È come se gli avessero rubato qualcosa, ai milanesi. È come se anche loro si sentissero fuori posto.

Trovo una pizzeria aperta, il Brasile perde: sono tutti contenti. Tutti tranne il pizzaiolo che impreca in cucina al goal mancato da Neymar sul finale. Il proprietario del locale lo sfotte, e io gli dico che ha poco da rallegrarsi, che va a finire che vince la Francia. Lui mi fa segno con lo sguardo che c’è un francese in sala: è il più contento di tutti perché è convinto di aver già vinto il mondiale. Poi il proprietario mi guarda, più serio:

“Giornata da schifo oggi, facevo meglio a restare chiuso”.

“Forse perché ha piovuto?”

“Macché, erano quattro gocce, e fa più caldo di prima”.

Poi mi chiede 10 euro per una napoletana: sarà che vuole rifarsi della giornataccia in zona cesarini, a differenza di Neymar. Il Brasile ha perso, e a me sembra di aver perso Milano. Facciamo tutti l’errore di scambiare un microcosmo per il tutto, e un attimo per l’eternità, ma poco importa: sono le sensazioni che restano, non le cartoline. E ancor meno le narrative di certi articoli di giornale sulla “capitale morale che tutti ci invidiano”, magari scritti da una terrazza con vista Foro Bonaparte, sorseggiando lo Spritz.

Si sta peggio di prima, a Milano. Nonostante una sceneggiatura curata, e una narrativa ostinata. Come si sta dopo un temporale, che a dispetto del baccano coreografico il caldo è sempre lì. Ma è tutto più fastidioso, e appiccicoso. E quel senso di disagio, poi, che può soltanto aumentare.

 

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Published inAttualità

21 Comments

  1. Paolo da Genova

    Come ho sempre pensato, l’unica cosa buona di Milano, a parte la Madunina, è l’Inter.

  2. NonTeLoDico

    va beh, alla fine di tutte queste belle prediche, qual’è la vostra proposta x cancellare o diminuire il degrado delle nostre città??

    • Alessandro(Foiano)

      Veramente le città di per sè per come sono state costruite sono simili ai deserti dove è difficile vivere per tutti gli esseri viventi, però ci sono solo alcuni animali/piante/persone che riescono nell’impresa..purtroppo però qualcuno si ostina a farceli vivere anche se non sono adatti…dovremo iniziare a valorizzare più le capacità le singole innumerevoli differenti capacità/interessi/passioni di ogni persona, ma purtroppo si svolgono molte attività solo per sbancare il mese e per portare a casa il salario per poter foraggiare banche e consumi vari in cambio di una falso benessere (illusorio e individuale) che è frutto di una narrativa ostinata e una sceneggiatura assai curata…tutto ciò divide il popolino che non vede la realtà come il somaro con davanti la carota:

      Immagine allegata

    • Maurizio Rovati

      Ho come l’impressione che quello che appare un miglioramento per alcuni, venga letto come un peggioramento per altri.
      In questo tira e molla alla fine si fa poco e quel poco è più che altro apparenza. Le citta, per quelli come me, sono posti poco vivibili e più sono grandi meno lo sono. Quindi da Milano mi allontanerei ancora di più di quanto abbia già fatto, e tanti altri, milanesi come me, vanno in quella direzione per scelta oltre che per necessità.

      Riguardo al “fare”, c’è poco da fare. Abbiamo migliaia di norme, e alcune si contraddicono, che restano inapplicate e quando si applicano scattano gli infiniti ricorsi che si trascinano per decenni. Aggiungerne altre dubito serva.
      Abbiamo carceri insufficienti e inadeguate che risolvono il problema con le porte girevoli, tutori dell’ordine che, se non sono corrotti, sono svogliati o demotivati. Il problema più grande delle città, forse, sono le sue dimensioni. Le megalopoli sono jungle d’asfalto e cemento in cui i cittadini si dividono tra predatori e prede. E non credo sia una novità arrivata con la rivoluzione industriale, penso solo che questa abbia ulteriormente favorito la crescita urbana, ma la deindustrializzazione degli ultimi decenni per ora non produce l’effetto opposto. La gente che se ne va viene rimpiazzata ma il tessuto produttivo che contribuiva a mantenere la città in attivo, ora è perduto. Poi c’è Taranto e l’ILVA, che nel suo piccolo e nella sua enormità rappresenta molto bene la spirale di follia in cui ci stiamo avvitando.

  3. Filippo Turturici

    “È un processo che da anni logora, trasforma e sfigura le capitali europee del centro Europa” forse si voleva dire Ovest Europa 😉 avendo vissuto e tornando lì con una certa regolarità, la capitali del Centro Europa mi sembrano generalmente in miglioramento anno dopo anno. Vienna magari ha qualche problema e qualche complessità in più, ma nulla in confronto a Roma, Milano o Parigi. Il mio non vuole essere uno spot politico, non sono un “orbanista” e anzi rimango pure atlantista-europeista; e probabilmente è più facile migliorare quando si parte dal basso (vedere Bratislava): mi limito solo a dare un’impressione personale. L’élite europeo-occidentale ha perso la barra, confondendo le buone intenzioni col buonismo, l’assenza di problemi propri con l’assenza di problemi altrui, il non vedere con il non esistere: non credo che molti di loro usino la metro o frequentino certi quartieri (moderni “bassifondi”) o abbiano anche solo il problema del parcheggio; il problema è che sono supponenti, cioè suppongono che nemmeno gli altri ce li abbiano.

    • Massimo Lupicino

      Caro Filippo (quanto tempo!) ovviamente il discorso non vale per le capitali dell’est. Nello specifico pensavo a Parigi, Bruxelles, Londra, Stoccolma… Le dinamiche dei paesi dell’est del resto sono troppo diverse dalle nostre. A partire dall’emigrazione che da quelle parti e’ stata pressoche’ totalmente in uscita verso i paesi dell’europa occidentale.

  4. ale.meteo

    Come sul giardino dei Fizi..

  5. Marcus_cn

    Grazie Massimo, vado col link (goofy…). Perdoni la battuta volgare nel post precedente, però come milanese vedere questo degrado (e l’ho visto molto di recente) mi rattrista due volte. Come tutti i problemi anche questo è solo un problema politico, anzi di malapolitica, ma sono ottimista per il futuro…

    • Massimo Lupicino

      Considero questo messaggio come una richiesta di delete del precedente ed eseguo di conseguenza 😉

    • Massimo Lupicino

      Bagnai…tanta roba… complimenti, ottime frequentazioni 😉

  6. Nontelodico

    Le “sensazioni” di cui parla il Lupicino hanno una sola origine: state invecchiando e non riuscite a correre tanto quanto il mondo intorno a voi. Quindi vivete di nostalgia e ricordi xché vanno alla velocità che desiderate. Fatevene una ragione, dopo il GW sepelliranno anche noi. Amen.

    • Massimo Lupicino

      Guido, ha fatto il patto col diavolo e ringiovanisce di una settimana per ogni frescata che dice .. 🙂

  7. robertok06

    Caro Massimo,

    Bellissimo pezzo, che riassume lo stato comatoso del nostro paese. Io abitando all’estero da un paio di decenni abbondanti ho visto la deriva “quantistica”, all’inizio ogni 6-12 mesi, abitavo negli Usa, poi ogni 3-4, una volta rientrato in Europa. Situazione in costante peggioramento, come l’entropia dell’universo che può solo aumentare.
    Alla stazione centrale di Milano ci sono stato recentemente due volte per lavoro, in treno. Partire col treno a alta velocità da Ginevra per trovarsi meno di 3 ore dopo a Milano centrale è un vero e proprio choc.
    Comunque, per tirarti su, hai scritto che…

    “Poi mi chiede 10 euro per una napoletana: sarà che vuole rifarsi della giornataccia in zona cesarini, ”

    … posso solo dirti che le pizze a Ginevra cominciano a 20-25 Franchi (€/Franco=1,17)… e in certe pizzerie neanche in centro ti propongono pizze a 50 franchi… 🙁

    Buone vacanze, se ne farai prossimamente.

    • Massimo Lupicino

      Grazie Roberto, anche io ho viaggiato tanto e viaggiare ti da il privilegio di fare un confronto più obbiettivo tra il prima e il dopo, senza essere influenzato dal trovarti all’interno del microcosmo in mutamento. Per me vedere la zona della stazione centrale in quelle condizioni è stato uno shock.

      Non mi basta l’argomento che “invece altre zone sono belle”, innanzitutto perché giustifica l’esistenza di “no-go-zones” come un male accettabile nel nome del “melting pot”, Il che è solo il preludio alla trasformazione di intere città in shitholes, come la svedese Malmo, tanto per la fare un esempio.

      Poi le no-go-zones premono inevitabilmente sulle aree “ripulite”, assediandole come gli zombie in un film di Romero. Fino ad espugnarle. Chi fa il confronto tra la Parigi di oggi e quella di dieci anni fa, forse comprende meglio questo tipo di evoluzione. È un processo che da anni logora, trasforma e sfigura le capitali europee del centro Europa, Milano è quella che ha pagato per prima il tributo in Italia, anche grazie alla fanfara celebrativa di chi, con secondi e terzi fini politici, ne ha voluto fare un modello di riferimento per tutti. Se il modello è la stazione centrale o i Navigli ripuliti o certe periferie allo sbando, non è un dettaglio di poco conto.

  8. Andrea

    Gentile Massimo Lupicino,
    Premesso il mio interesse per i vostri articoli sul clima, sempre interessanti e ricchi di spunti tecnici, non capisco il perché di questa invettiva nei confronti di milano e dei sui abitanti. Le stazioni di tutt’italia e non solo, da sempre “attirano” realtà diverse spesso di emarginazione e criticità sociale. Il mal funzionamento delle biglietterie elettroniche è di competenza delle ferrovie non certo del comune, al contrario di quelle dei mezzi pubblici.
    Forse per valutare una città ed i suoi cittadini sarebbe meglio viverla, usarla e poi valutarla, sia nei salotti del centro che nei bar di periferia. Da milanese posso solo dire che dopo l’oscurantismo culturale degli anni 2000 la città è cambiata e molto, così come le persone che la abitano hanno riscoperto un rispetto per la propria città che io per primo avevo perso.
    Cordialmente
    Un Milanese ritrovato

    • Massimo Lupicino

      Grazie Andrea per la tua risposta che fa da contraltare al pezzo. Giusto così, perché di punti di vista si parla, e di sensazioni.

      Solo su un punto vorrei darti qualche spiegazione: di tutto si tratta, tranne che di un attacco alla città e ai suoi abitanti, dei quali ho fatto parte, per altro. C’è un pezzo significativo di Milano nella mia famiglia, e ho carissimi amici milanesi da generazioni che di questo articolo sottoscrivono ogni parola. È un discorso obbiettivamente lungo e complesso che questo articolo non può né intende ovviamente esaurire.

      Questo blog mi dà il privilegio di poter mettere giù un pezzo praticamente in tempo reale, in cui riversare un picco di sensazioni ed emozioni che la scrittura aiuta a metabolizzare e interiorizzare. Ed è giusto che ognuno ci legga qualcosa di diverso sulla base delle sue, di emozioni e sensazioni…

    • Andrea Beretta

      Gentile Andrea (mio omonimo)
      ho la fortuna di essera nato e vissuto a Milano…forse uno dei pochissimi milanesi rimasti in città (tanto che conosco anche il dialetto, che però non parlo mai dato che nessuno lo capisce più)…e non possono non concordare con quanto scrive Massimo. Quello che il mainstream propina sono immagini, una narrativa partorita nei salotti di Via XX Settembre o nelle nuove residenze da 8000 € al metro quadro di Citylife, per cui ora Milano sarebbe pure la capitale del turismo (sono stato a Roma poche settimane fa, e i turisti che affollavano Piazza Navona in una giornata noi non li vediamo in un anno in tutta la città). Ma fuori dalla cerchia dei bastioni la gente per bene vive come in prigione a casa propria con grate alle finestre che fanno somigliare le case a carceri, mentre la gente che nelle carceri dovrebbe starci davvero è fuori ad aspettarci al varco. La periferia (non tutta a onor del vero) è sporca, i muri degli edifici imbrattati, l’urbanistica è da denuncia e interi quartieri sono diventati dei ghetti. Per contro, siamo la capitale della cocaina in Europa (notizia di qualche settimana fa), in città vivono, si stima, 50000 irregolari di cui non sai nulla, e per prendere una pizza spendi 10 € come dice Massimo…certo, a Ginevra ne spendi 20 e a Oslo 40…ma gli stipendi sono commisurati…Con questo non voglio dire che a Milano tutto fa schifo, ma senz’altro esiste una realtà diversa da quella che i giornali raccontano al solo scopo di contrapporre la città all’avanguardia…e senza più identità…alla campagna zotica e ignorante che vota come loro non vogliono.

  9. Marcus_cn

    Bell’articolo, uno spaccato di cosa è diventata la ” Milano da bere” sotto i colpi della crisi e dell’ideologia del “volemose bbene, siamo tutti fratelli” (però col culo degli altri).
    Volevo sapere se posso linkare l’articolo (blog serissimo di economia, non “mainstream”).
    Grazie.

    Parlando di Meteo, la grandinata ha colpito pure nell’hinterland sud-ovest di Milano, però anche con abbondante pioggia. Meno male è durata pochi minuti, altrimenti erano guai.

    • Massimo Lupicino

      Grazie Marcus. Se è un blog serissimo di economia non mainstream, probabilmente lo conosco/frequento, quindi sentiti più che libero 😉

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