Salta al contenuto

Ondata di calore . . . . e di falsità

Come le temperature sul nostro territorio sono salite al di sopra dei valori medi, si è scatenato il consueto putiferio di idiozie in merito al calore ed ai rischi ad esso connessi.

In tema di conseguenze del caldo sulla salute umana, ha avuto una certa eco sui media una recente relazione di Legambiente, nella quale, riprendendo i risultati di un’indagine condotta dal Dipartimento di Epidemiologia del Sistema sanitario della Regione Lazio, si dichiarava: «Tra il 2005 e il 2016 in 23 città italiane le ondate di calore hanno causato 23.880 morti e soltanto a Roma, dal 2000, sono circa 7.700 le morti attribuibili alle ondate di calore». L’obiettivo di tale intervento era ovviamente quello di portare l’attenzione sui (presunti) gravissimi pericoli del global warming; infatti Edoardo Zanchini – vicepresidente di Legambiente – ha rilasciato le seguenti parole all’Ansa: «Se vogliamo ridurre i pericoli per le persone e prevenire anche le ondate di calore, servono nuove politiche per le città, risorse e un coordinamento nazionale per aiutare i sindaci di fronte a fenomeni di una portata senza precedenti. Al governo chiediamo di approvare quanto prima il Piano di adattamento ai cambiamenti climatici e di mettere al centro gli interventi che riguardano le città».

Mi è parso allora necessario fare una serie di precisazioni, per riportare la questione entro limiti reali; faccio notare che, pur tenendo aggiornate le serie storiche sulla mortalità mensile italiana a partire dal 1950, i valori trattati in questa sede sono riferiti solo ai dati successivi al 2002, in quanto direttamente scaricabili dal sito demo.istat.it e quindi strumento per facili verifiche, da parte del lettore, sulle mie valutazioni.

  • Per quanto concerne gli effetti sulla popolazione delle ondate di calore (come di quelle di freddo), non si deve parlare di morti in modo analogo a certi altri disastri naturali, perché si può soltanto fare un raffronto fra il numero dei decessi in un dato periodo ed il relativo valore statisticamente atteso, la cui stima è sempre opinabile. Ne risulta quindi che le valutazioni saranno necessariamente affette da un notevole grado di approssimazione
  • Gli eccessi di mortalità, che si verificano in corrispondenza di condizioni termiche eccezionali, riguardano quasi esclusivamente persone anziane (> 75 anni), che si trovavano già in condizioni precarie per ragioni anagrafiche e/o di patologie pregresse. Si tratta in molti casi di un’anticipazione del decesso che sarebbe presumibilmente avvenuto dopo non molto tempo; l’analisi delle serie storiche evidenzia infatti che le annate di forte mortalità sono spesso seguite da altre con un numero di morti assai inferiore alla media, mostrando così una sorta di almeno parziale compensazione nel lungo periodo.
  • In inverno vi sono più decessi rispetto alle altre stagioni. La ripartizione 2003-2017 in % è questa: Inverno = 27,6  Primavera = 25,3  Estate = 23,4  Autunno = 23,7 (in pratica oggi ci attendiamo in inverno circa 27 mila morti in più rispetto all’estate). L’inverno è anche la stagione con la maggiore variabilità interannuale del dato; i Cv, espressi in %, delle serie storiche ammontano infatti a: Inverno = 7,2  Primavera = 5,0 Estate = 5,1  Autunno = 4,7; ciò significa che è in inverno che statisticamente mi devo aspettare dei picchi di mortalità più elevati rispetto alle altre stagioni.
  • Per il periodo 2005-2016, ho sommato gli eccessi positivi di mortalità da me stimati per i mesi di giugno, luglio ed agosto, ottenendo un totale di circa 36800. Tenendo conto che le 26 maggiori città italiane non arrivano complessivamente a 12 milioni di abitanti (su un totale nazionale di oltre 60), trovo poco comprensibile il valore di 23880, di cui parla Legambiente.
  • Sempre per il periodo 2005-2016, la somma degli eccessi positivi di mortalità da me stimati per i mesi di dicembre, gennaio e febbraio è di circa 44500 unità. I tre valori più elevati in questa fase appartengono ai mesi di febbraio 2005, 2012 e 2015 e ammontano rispettivamente a 9700, 9800 e 6700 decessi in più sulla norma (si noti che in estate il massimo è del luglio 2015 con 7200). Vale la pena di ricordare che l’ondata di freddo del gennaio 2017 ha causato un surplus di circa 14500 unità, un valore davvero impressionante e quasi ignorato dal sistema dell’informazione.
  • A chi parla di “fenomeni di una portata senza precedenti” voglio solo ricordare che l’ondata di caldo del luglio 1983 è quella con le conseguenze di gran lunga peggiori (circa +24% di morti nel mese), nonostante che all’epoca la percentuale di soggetti anziani fosse molto minore di oggi. Il leggendario freddo del febbraio 1956 produsse addirittura un +56% dei decessi, sul dato normale di allora.
  • Negli anni più recenti sembra manifestarsi in Italia una ripresa del tasso di mortalità e forse anche del livello di stagionalità dei decessi. In tutto ciò il clima gioca ben poco; il fattore fondamentale è il continuo invecchiamento della popolazione.

Fatte queste considerazioni, credo si possa arrivare alle seguenti due conclusioni:

  1. Parlare di rapporti fra clima e mortalità, limitandosi agli effetti delle ondate estive di calore non ha scientificamente senso ed è del tutto fuorviante dal punto di vista della divulgazione e della difesa della salute pubblica.
  2. Lanciare allarmi in merito a futuri incrementi della mortalità in funzione dell’ipotizzato riscaldamento globale appare cosa dettata solo da presupposti ideologici, in quanto si può genericamente ritenere che eventuali problemi nella stagione estiva sarebbero comunque abbondantemente compensati dai vantaggi di un clima più caldo in quella invernale. (Nota: chi è fieramente convinto che il global warming produrrà anche un incremento, per frequenza ed entità, delle grandi ondate di freddo, non perda tempo a riflettere su queste mie conclusioni, visto che è ufficialmente autorizzato a credere a qualunque panzana; non c’è infatti modo di far capire a tali persone qualcosa di sensato in tema di cambiamenti climatici.)

NB: il post è uscito in origine sul blog dell’autore.

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...Facebooktwitterlinkedinmail
Published inAttualità

13 Comments

  1. ale.meteo

    Direi anche a Bologna per la tangenziale ed autostrada, Verdi e naturalisti, si oppongono alla costruzione della terza corsia. Secondo questi naturalisti, l’espansione del manto stradale aumenta l’inquinamento.

    Di fatto l’inquinamento c’è perché c’è traffico, e tante automobili che rendono “costipata” la circolazione stradale bolognese (nodo nord-sud). La terza corsia rende più fluibile il traffico e perciò meno automobili semi-ferme accese.

    La terza corsia avrebbe accelerato la circolazione sulla tangenziale ed il recente tamponamento.. forse forse non ci sarabbe stato.. Tra le cose.. un tamponamento che ha provocato una maxi-esplosione.

    Quindi non si può dire certo lungimiranza naturalista..

  2. Maurizio Rovati

    Aspettiamo che Legambiente, Coldiretti e WWF vari attribuiscano al cambiamento climatico il crollo del viadotto Morandi a Genova…

    • donato b.

      Giornata triste per l’ingegneria italiana e per tutto il sistema Italia.
      Oggi il pensiero, però, va alle vittime e solo a loro.
      Nel futuro si analizzeranno le cause del crollo, ma di una cosa possiamo essere certi fin da questo momento: la pioggia, il cambiamento climatico, i fulmini non c’entrano nulla con il collasso strutturale del ponte di Genova. Il ponte strallato di Riccardo Morandi era bello, elegante, audace, ma …. aveva tantissimi difetti.
      Diciamo che avrebbero dovuto demolirlo e rifarlo da almeno una decina d’anni.
      Ciao, Donato.

  3. sardo 61

    Buon Giorno a tutti.
    Innanzi tutto, le mie più profonde e sincere scuse a tutto lo staff di Climate Monitor, che seguo da, all’incirca, 2008.
    Il mio scritto non voleva essere offensivo nei confronti di chicchessia, ma solo mettere in evidenza una ormai tecnica collaudata dai cultori dell’AGW secondo i quali, se non hai la qualifica di “Climatologo” e/o non hai pubblicazioni “Peer Review”, non hai nessun diritto di critica !
    in fede
    Ing. Giampiero Borrielli, alias Sardo 61

    • robertok06

      Ehi!… ci siamo cascati tutti… la prossima volta fallo il primo d’aprile, almeno… 🙂

      Hai ragione… se non sei “climatologo” non puoi aprire bocca…. hanno dato del derelitto, incompetente, vecchio imbacucchito persino ad un noto nobel per la fisica, solo perche’ aveva riportato dei dati di temperature globali che mostravano la presenza di uno “iato” decennale (all’epoca).

  4. atreiu

    ….per favore , molto sommessamente, diamoci tutti una calmata: credo sia sfuggita la venatura ironica, dai….

  5. Luca Maggiolini

    @sardo61
    No, non lo sono. Ma il fatto è irrilevante.
    Chi sono quelle associazioni per dire a tutti quello che si debba o non debba fare, e pretendere che la politica le segua e magari affidi pure a loro la gestione dei soldi? Chi rappresentano? Forse, solo i loro iscritti (e nemmeno tutti mi sa).
    Io affermo, senza tema di smentita alcuna, che molte loro pretese, stupidamente accolte dalla politica, hanno provocato più danni che generato giovamento.
    Queste organizzazioni muovono valanghe di soldi, esattamente come le multinazionali che combattono (sulla carta almeno); quindi faccio una domanda, semplice semplice. Se la compagnia petrolifera “Dry gulch” afferma che gli idrocarburi non creano aumento di temperatura viene ritenuta non è credibile, perchè difende i suoi guadagni. Se la associazione “NO farts” dice invece che ne sono la causa allora è credibile, perchè difende il mondo dai cattivoni e fa il nostro bene. Perchè questa disparità di approccio?
    La verità è che entrambi difendono I LORO INTERESSI. Sì, anche la NO farts, perchè se la NO farts rimane senza “missione salvifica” non ha più senso elargirle l’obolo.
    Ecco perchè tutte queste associazioni inventano di continuo allarmi e drammi senza ritorno, bisogna tenere alto l’allarme altrimenti la gente non caccia il grano.
    La cosa che non va bene è che si presentano come basate sulal scienza, quando invece sono delle sette, più o meno estremizzate e più o meno ideologizzate.
    Dire: il cianuro fa male, non usiamolo più per estrarre l’oro è un fatto scientifico.
    Dire: vietiamo il DDT che serve ad uccidere l’anofele ed evitare milioni di morti per malaria. ah si, ma chissenefrega, tanto noi viviamo dove l’anofele non c’è, cavoli di chi vive lì; questa è ideologia.
    Se vuoi fare ideologia fonda un partito, un movimento politico, e segui le regole della politica.

  6. robertok06

    @sardo61

    Gia’, perché quelli di legambiente, invece, sono climatologi.

    • Roberto per favore stiamo calmi.
      gg

  7. ale.meteo

    Il discorso dalle rilevazione di CO2 nei pressi del Mauna Loa (un vulcano), si è fatto un costrutto di assurdità, abomini pseudo scientifici, uno peggio dell’altro. Scritta questa breve presentazione, è da metà del XX secolo che si incolpa l’uomo del cambiamento climatico, di fatto continuando a far crescere in verticale le città. Asfaltando ed inquinando l’ambiente a più non posso. Sono sempre gli stessi, chi vuol risparmiare e spendere poco. Rammentiamo che il più grande disastro naturale è avvenuto sul Golfo del Messico, sulla piattaforma petrolifera Deepwater Horizon. Senza dimenticare Chernobyl e poi Fukushima.
    La non curanza degli eventi porta queste morti o disastri (poi morti), perché appunto, non si adopera nessuno a rendere vivibili queste città e metropoli.
    Le stazioni poco controllate, le misure falsate e certe dinamiche meteorologiche portano ad errori casuali, sistematici. Vengono registrati poi nelle stazioni meteorologiche, sono la benzina dei bufalai.
    Sono errori casuali, certi valori delle temperature rilevate in determinate situazione meteorologiche. Sono errori sistematici quelli dati in determinate stazioni, posizionate in determinate aree urbane e suburbane. Descrivono localmente l’intervento delle attività umane su di un’area, ma non descrivono attività umane che alterano il clima globale, la realtà nella naturalità del cambiamento climatico, si ha nelle aree extraurbane e rurali.
    In contesti cittadini e metropolitani, nei pressi delle montagne, dove le masse d’aria tropicali e subtropicali dai 700 hPa si tendono a fare sentire di più. Assistiamo a fenomeni di subsidenza atmosferica, se queste località si trovano nelle aree costiere, come l’Appennino nelle Marche o l’Abruzzo e si affacciamo sull’Adriatico, le montagne sono dei forni. Diversamente se andiamo sull’alto Adriatico in contesti meteorologici di subsidenza atmosferica, la differenza tra le temperature registrate sulle aree costiere e l’entroterra è notevole.

    Come adesso l’oscillazione polare si impadronisce dell’Europa, al di sotto, varie saccature muovono masse d’aria d’estrazione sahariana e libico-nubiana sul Mediterraneo, restano basse perché di fatto le aree anticicloniche tropicali continentali non sono dinamiche, sono gli oceani ad attivare le masse d’aria tropicali. Trasferita la convezione l’onda atlantica ritorna sui propri passi e cede la staffetta all’onda asiatica, il gioco forze eleva un promontorio subtropicale sul Bassopiano sarmatico, ma tutta l’oscillazione polare atlantica è pericolosa.. Quindi le rilevazioni sul Mauna Loa hanno un senso e non lo hanno. Dipende da chi ascolta, dai punti di vista.

    Problematico quando alcuni affermano sulle dinamiche ENSO, siano poco influenti sul Mediterraneo.
    Come di poco valore, chi si spacciava per meteorologo e sminuiva, quando affermavo: le temperature alte in Groenlandia avrebbero prodotto, notevole l’inlandsis primaverile ed estivo. Quelle anomalie positive delle temperature, fossero oscillazione di promontori e saccature, della depressione artica. Perciò dinamiche relative ai riscaldamenti stratosferici avvenuti nel corso della passata stagione invernale.

    ps
    Legambiente, WWF e Lipu, questi ultimi sono solo cioccapiatti (sbatti-piatti) e fanno una gran fanfara.. Infatti nel Po sono pescatori di professione, non quelli di frodo stranieri e non, ad iniziare a bonificare dalla plastica il corso del Grande fiume… Magari queste associazioni sanno portare volatili strani, buoni per fotografie, spacciandoli per cicogne.. Di fatto poi ignorare: falchetti, civette, barbagianni, ghiandaie, pettirossi.. rondini e tutto il resto di autoctono..

    Immagine allegata

  8. Luca Maggiolini

    Questa è la frase chiave:
    ” servono nuove politiche per le città, risorse e un coordinamento nazionale per aiutare i sindaci ”
    Ed ecco che salta fuori il vero punto fondamentale. Risorse, cioè soldi, e chi le dovrebbe gestire.

    E queste risorse (enormi….) dovremmo farle gestire a chi? a Legambiente, WWF e soci?
    Quelli che hanno costretto a togliere il piombo dalle benzine per avere gli aromatici? Quelli che hanno fatto vietare il freon per avere i vari gas Rxxx che bisogna cambiare ogni due per tre (mai cambiato il freon in 30 anni)??? Quelli che il pellet ohhh che fantastico, che eco???? Quelli che tra 5 anni scopriranno che le fonti rinnovabili sono state finora, e con l’attuale politica energetica, un flop colossale?

    • Sardo61

      Suvvia …
      Ma lei ha le competenze per contraddire quanto affermato da Legambiente ?
      E’, per caso un “Climatologo”?
      Se non ha competenze specifiche, “Mudu e Cagliadu” !!!

    • Attenzione, la “misura” delle competenze non è permessa in questo blog. Se si vuol discutere occorre farlo sui fatti, zittire il prossimo non è una forma di discussione consentita.
      gg

Rispondi a sardo 61 Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Categorie

Termini di utilizzo

Licenza Creative Commons
Climatemonitor di Guido Guidi è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale 4.0 Internazionale.
Permessi ulteriori rispetto alle finalità della presente licenza possono essere disponibili presso info@climatemonitor.it.
scrivi a info@climatemonitor.it
Translate »