Salta al contenuto

Qualcosa di nuovo sta accadendo nell’Atlantico?

di Luigi Mariani e Franco Zavatti

Riassunto
Come messo in luce da un articolo scientifico del 2017 a firma di Eleanor Frajka-Williams, Claire Beaulieu e Aurelie Duchez si evidenzia che L’indice AMO calcolato con il metodo di Trenberth e Shea (2006) ha segnato di recente un passaggio in territorio negativo che non si verificava dal 1994. In questa sede si propongono alcune riflessioni su tale fenomeno, sulla sua significatività e sulla sua rilevanza in termini meteo-climatici e oceanografici.

Abstract
As highlighted by a scientific work of 2017 written by Eleanor Frajka-Williams, Claire Beaulieu and Aurelie Duchez, the AMO index calculated with the method of Trenberth and Shea has recently shownh a rtransition to negative values that were not observed since 1994. Here we propose some reflections on this phenomenon, its significance and its relevance for meteo-climatology and oceanography.

La presente nota fa riferimento ai risultati dell’interessante lavoro apparso nel 2017 su Nature Scientific reports a firma delle tre autrici Eleanor Frajka-Williams, Claire Beaulieu e Aurelie Duchez e che ha per titolo “Emerging negative Atlantic Multidecadal Oscillation index in spite of warm subtropics” (di qui in avanti FW17). Tale articolo parla di Atlantic Multidecadal Oscillation (AMO), indice oceanico che si ricava a partire dalla temperatura superficiale dell’oceano Atlantico (SST) corretta allo scopo di depurarla dal trend di riscaldamento in atto.

Il comportamento ciclico di AMO
Sebbene la SST risponda molto rapidamente alle anomalie atmosferiche, la serie temporale di AMO è dominata da una ciclicità multi-decadale a bassa frequenza che fa sì che l’indice resti in territorio negativo grossomodo per 30-35 anni e per altri 30-35 in territorio positivo. La SST dell’oceano Atlantico e di conseguenza l’AMO variano in funzione della Meridional Overturning Circulation (MOC) che nel suo ramo atlantico fluisce verso Nord rifornendo di calore il Nord Atlantico (https://en.wikipedia.org/wiki/Atlantic_meridional_overturning_circulation). In sintesi una MOC debole trasporta meno acqua calda verso Nord e dunque ad essa si associa un AMO negativo.

Sottolineiamo che AMO è una componente fondamentale della variabilità naturale del clima, tant’è vero che il suo segnale è stato riscontrato in proxy data fino ad oltre 8000 anni orsono (Knudsen et al., 2011).

La ciclicità di AMO è importante per la climatologia europea e globale in quanto il segnale di AMO è ben visibile sia nelle temperature europee sia in quelle globali (al riguardo si confrontino le figure 1 e 2 che mostrano che la ciclicità di AMO si riscontra pari pari nell’andamento delle temperature globali dal 1900 ad oggi). Pertanto un passaggio di AMO in campo negativo potrebbe dar luogo alla stabilizzazione o lieve calo delle temperature globali com’è in precedenza accaduto dagli anni 50 agli anni 70 del XX secolo. Inoltre ad un AMO positivo sono corrisposti fenomeni come l’aumento delle precipitazioni negli Stati Uniti, sull’India e sul Sahel e uno spostamento dei banchi di pesce nel Nord Atlantico. Da ciò discende che un ritorno a una fase fredda dell’AMO potrebbe essere accompagnata da effetti contrari con grosse ripercussioni anche a livello economico. Sempre dalla figura 1 emerge che AMO è stato per l’ultima volta in fase negativa agli inizi degli anni ’90 e che dal 1994 è in fase positiva.

Figura 1a – AMO descritto attraverso l’Indice di Tremberth e Shea (2006) e l’indice di Enfield et al. (2006).
Figura 1b – I backgroud oceanici usati per calcolare gli indici riportati in figura 1a.
Figura 2 – Anomalia delle temperature globali (GTA) dal 1900 ad oggi (Visser et al., 2018). Il confronto con l’andamento di AMO riportato in figura 1 evidenzia la presenza della medesima ciclicità.

 

Verso un AMO negativo?
Per capire come la situazione sia evoluta verso un AMO negativo occorre considerare che dal 2013/14 al 2014/15 si sono verificati inverni molto freddi sul Nord America, con picchi di freddo registrati nel Labrador, il che si è tradotto in una anomalia termica negativa nelle acque dell’Atlantico che dalla superficie si è trasferita alle prime centinaia di metri di profondità.
Peraltro l’anomalia fredda in un ambito subpolare si accompagna ad una anomalia calda ai sub tropici e una anomalia fredda nella fascia intertropicale con un caratteristico tripolo, evidenziato in figura 3. Mentre l’anomalia fredda subpolare è indotta dal raffreddamento diabatico per scambi energetici fra l’oceano e l’aria sovrastante, l’anomalia calda nei subtropici è frutto dei movimenti adiabatici verticali nella massa d’acqua indotti dal vento, per cui un cambiamento di regime dei venti potrebbe invertire l’anomalia positiva trasformandola in anomalia negativa che a questo punto interesserebbe gran parte dell’Atlantico settentrionale.

Figura 3 – La fenomenologia associata a un AMO negativo vista attraverso la temperatura di superficie dell’oceano Atlantico mediata latitudinalmente. All’anomalia negativa in ambito subpolare atlantico (centrata su 55°N) corrisponde un’anomalia positiva in ambito subtropicale (30°N) e una anomalia negativa in mbit tropicale (10°N). La linea nera indica l’anomalia media per il periodo 2014-2016 mentre le linee blu sono medie biennali per il periodo 1963-1974 (primo sottoperiodo della fase a AMO negativo ) e quelle rosse sono medie biennali per il periodo 1975-1996 (secondo sottoperiodo della fase a AMO negativo). Fonte: Frajka-Williams etal 2017.

Sulla rilevanza meteorologica del tripolo sopra delineato è utile ricordare che, come evidenziato ad esempio da Bradshaw et al. (2011), se si impone a un modello previsionale numerico un gradiente meridionale nella SST nel Nord Atlantico paragonabile a quello indotto da un AMO negativo si hanno come conseguenza variazioni nel campo della pressione a livello del mare con una più intensa baroclinicità atmosferica e la conseguente genesi di perturbazioni sottovento.

E’ lecito anche domandarsi che ruolo giochi la North Atlantic Oscillation (NAO) nel comportamento di AMO, alla luce del fatto che, secondo la bibliografia, il NAO fortemente positivo osservato nei primi anni ’90 potrebbe essere la causa della brusca transizione di AMO da valori negativi a positivi avvenuta nel 1994. Al riguardo FW17 osservano che quantunque i NAO invernali del periodo 2013-2016 siano stati positivi come quelli osservati nei primi anni ’90, il gradiente latitudinale di SST è oggi molto più pronunciato di quanto fosse nei anni ’90, il che potrebbe fare la differenza.

Il passaggio di AMO in campo negativo secondo il modello TS06
I metodi più accreditati per calcolare AMO sono quello di Trenberth e Shea (2006) di qui in avanti TS06 e a quello di Enfield et al. (2001) di qui in avanti EN01. In TS06 AMO si ottiene considerando la SST media della fascia da 0 a 60°N alla quale viene sottratta la SST media fra 60°N e 60°S mentre in EN01 l’indice AMO si ricava detrendizzando la SST in Atlantico per la fascia da 0 a 70°N. Fra i due metodi FW17 preferiscono TS06 perché più sensibile all’aumento delle temperature oceaniche che negli ultimi anni è stato sensibile e fortemente non lineare, per cui non viene colto da EN01. E’ partendo dai dati di TS06 riportati in figura 1 che FW17 segnalano il passaggio in campo negativo di AMO.

Scenari futuri per AMO
Applicando un modello previsionale a base statistica, FW17 hanno ricavato che l’anomalia negativa delle temperature superficiali oceaniche è probabilmente destinata a riassorbirsi con lentezza (con una probabilità dell’80% persisterà per almeno 2 anni) in quanto è supportata da un’anomalia negativa nel contenuto energetico delle acque sottosuperficiali che ha una memoria molto più lunga rispetto alle anomalie di SST (figura 4).
Al riguardo FW17 scrivono significativamente che il forcing necessario per rimuovere nei prossimi anni l’anomalia fredda subpolare è stimato in -0,5 GJ m-2 (figura 3) e potrebbe risultare da un flusso energetico positivo di 10 W m-2 per oltre 2 anni o da un’anomalia positiva nel flusso oceanico di calore verso nord di 0,1 PW per oltre 2 anni o da una combinazione di tali due flussi. A 26°N, dov’è il trasporto medio verso il nord del calore è circa 1,3 PW, un aumento del trasporto di calore verso nord di 0,1 PW equivarrebbe ad un aumento del 7.5% rispetto alla media, un valore che non è certo al di fuori della normale variabilità ma che si scontra con un trasporto verso Nord attualmente in calo ad un tasso di 0,5 Sv per anno (circa il 3% l’anno) (figura 5b), per cui la MOC avrebbe bisogno di recuperare diversi Sverdrup di intensità per raggiungere il suo scopo.
Se l’anomalia subtropicale calda è una caratteristica transitoria legata al regime dei venti, essa potrebbe anche invertirsi senza che questo impedisca il persistere dell’anomalia subpolare fredda ed in tal modo AMO potrebbe dispiegare appieno la propria anomalia fredda sull’intero bacino.
Sempre con riferimento a MOC è degna di attenzione la figura 5c che pone in luce l’effetto del trend al calo di MOC in corso dal 2004 sul contenuto energetico dell’oceano Atlantico confermato per tre diversi strati verticali.

Figura 4 – Andamento di AMO e del contenuto energetico nei primi 700 m di profondità per l’areale subpolare (box in rosso nella carta a sinistra) (Frajka-Williams etal, 2017). In sostanza AMO è un buon descrittore delle temperatura sottosuperficiale che una volta passata in campo negativo è lenta a ritornare in campo positivo. In grigio la previsione statistica
Figura 5 – Andamento delle temperature globali di superficie degli oceani (a), dell’intensità di MOC (b) e del contenuto energetico dell’oceano Atlantico per gli strati compresi fra la superficie i 300, 500 e 700 m di profondità. Si noti che al rallentamento di MOC corrisponde la stabilizzazione del contenuto energetico dell’Oceano Atlantico (Liu e Xie, 2018).

Discussione
L’analisi periodale di AMO eseguita da uno dei due scriventi evidenzia che questa variabile oeanica presenta una persistenza (memoria a lungo termine) elevata e che i periodi spettrali passano da un potente 72 anni ad un non forte 64 anni quando si analizzano i dati osservati e quelli corretti per la persistenza (v. ad esempio, su http://www.zafzaf.it/clima/atlas/atlashome.html , atlas.pdf, pag. 70 e seguenti), mentre i periodi di maggiore potenza diventano quelli tipici di El Nino. In relazione a ciò lascia perplessi che nel lavoro di FW17 si attribuisca tanta importanza alle SST (AMO) degli ultimi 3 anni, fra l’altro anni teatro di un potente El NINO che nell’articolo non viene mai nominato. Al riguardo si noti che tale potente El NINO è il responsabile del sensibile aumento delle temperature oceaniche globali che da un lato ha reso l’indice ricavato con il metodo EN01 non rappresentativo delle ultime evoluzioni di AMO e dall’altro ha spinto l’indice TS06 in territorio negativo. Da qui l’idea che il ritorno delle temperature oceaniche ai livelli pre El NINO possa far ritornare l’AMO calcolato con TS06 su valori positivi sanandone così la divergenza rispetto a EN01. Ciò non toglie comunque che le considerazioni di FW17 circa le recenti anomalie termiche registrate nell’Atlantico Subpolare mantengono inalterata la loro validità.

Da rilevare anche che la fluttuazione manifestata negli ultimi 3 anni dall’AMO calcolato con TS06 non si distingue in alcun modo dalle altre decine di oscillazioni di AMO che si colgono in figura 1. Non crediamo che FW17 abbiano verificato la situazione delle SST in occasione di precedenti oscillazioni (ad esempio nel 2003-06) come base per “prevedere a posteriori” il comportamento medio dell’AMO successivo, come fanno in questo articolo. In sostanza estrapolare il comportamento medio di AMO usando un minuscolo frammento (2015-2017) di una oscillazione di periodo multidecadale ci pare un tantino ardito e i referi della rivista avrebbero dovuto farlo notare alle autrici di FW17.

Al riguardo riteniamo più sensato il tentativo di previsione eseguito nel 2013 su CM (F. Zavatti, 2013) in cui si usavano 160 anni di dati per prevedere i successivi 15.
Ci pare anche interessante riflettere sul fatto che FW17 abbiano fatto ricorso a un modello statistico e non a un AOGCM per simulare l’evoluzione futura del contenuto energetico oceanico e dell’AMO. Questo ci porta ad evidenziare il fatto che gli AOGCM a quel che ci risulta non sono attualmente in grado di riprodurre in modo realistico la ciclicità dell’AMO, il che ci illustra i problemi tuttora presenti nella modellazione del sistema climatico globale terrestre per mezzo di modelli meccanicistici.

Conclusioni
Non abbiamo idea se gli scenari delineati da FW17 per i prossimi anni si manifesteranno o meno. Al riguardo pensiamo che i margini di incertezza siano moltissimi e tuttavia siamo anche convinti che quanto sta succedendo in Nord Atlantico debba essere monitorato mettendo al corrente i lettori di CM, prima che possano essere assaliti da annunci catastrofisti di vario genere. In ogni caso vale la pena di analizzare nelle sue varie sfaccettature un fenomeno che così tanta influenza ha sul clima europeo e mondiale.

Bibliografia

  • Bradshaw, D. J., Hoskins, B. & Blackburn, M., 2011. The basic ingredients of the North Atlantic storm track. Part I: Land-sea contrast and orography. J. Atmos. Sci. 68, 1784–1805.
  • Enfield, D. B., Mestas-Nunez, A. M. & Trimble, P. J., 2001. The Atlantic Multidecadal Oscillation and its relationship to rainfall and river flows in the continental U.S. Geophysical Research Letters 28, 2077–2080
  • Frajka-Williams etal 2017 Emerging negative Atlantic Multidecadal Oscillation index in spite of warm subtropics, Nature Scientific reports, https://www.nature.com/articles/s41598-017-11046-x
  • Knudsen etal 2011 Tracking the Atlantic Multidecadal Oscillation through the last 8000 years, Nature communications, https://www.nature.com/articles/ncomms1186
  • Liu, W., Xie S.P., 2018. An ocean view of the global surface warming hiatus. Oceanography 31(2), https://doi.org/10.5670/oceanog.2018.217.
  • Trenberth, K. E. & Shea, D. J., 2006. Atlantic hurricanes and natural variability in 2005. Geophysical Research Letters 33, L12704, doi:10.1029/2006GL026894.
  • Visser et.al. 2018. Signal detection in global mean temperatures after Paris – an uncertainty and sensitivity analysis, Clim. Past, 14, 139–155, https://doi.org/10.5194/cp-14-139-2018
  • Zavatti F., 2013. Il ciclo di 60 anni, i dati NOAA e il mal di pancia dei soliti noti, Climate monitor, http://www.climatemonitor.it/?p=34096
Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...Facebooktwitterlinkedinmail
Published inAttualitàClimatologia

6 Comments

  1. @giovanni geologo
    accidenti … sono imbattibili! Ma ho il sospetto che non ci arrenderemo.

    @Donato Barone
    Caro Donato, commento ottimo e, al solito, molto ben documentato. Noi tutti qui osserviamo e registriamo i cambiamenti -direi normali- del clima (e non del tempo meteorologico o magari anche del tempo, ma è un’altra cosa) e senza dubbio troviamo interessanti tutti questi cambiamenti. Non ho dubbi che il lavoro di cui parliamo sia interessante e che valga la pena seguirlo: la nostra (e la tua) perplessità nasce dal fatto che con 3 (se sono annuali) o 36 (se sono mensili) dati si possa pensare di estrapolare le caratteristiche medie di un fenomeno come AMOC, complesso e funzione di molti parametri, molti dei quali conosciuti con notevole incertezza. Ciao. Franco

  2. Donato Barone

    “In sostanza estrapolare il comportamento medio di AMO usando un minuscolo frammento (2015-2017) di una oscillazione di periodo multidecadale ci pare un tantino ardito …”
    .
    Ardito mi sembra un po’ pochino, io opterei per un termine molto più forte, ma potrebbe suonare offensivo, per cui mi taccio. In ogni caso di fronte ad una situazione del genere, non possiamo che apprezzare ancora di più il lavoro di F. Zavatti sulle serie di dati a nostra disposizione,
    .
    Qualche mese fa abbiamo visto che secondo alcuni studi la Corrente del Golfo ha subito un rallentamento di circa il 15%. Abbiamo visto che a seconda dello studio la causa è attribuita alla variabilità naturale o all’azione dell’uomo.
    ( http://www.climatemonitor.it/?p=48199 )
    Con questo ulteriore studio (precedente a quelli di cui mi occupai nell’articolo citato), sembra confermata una riduzione della velocità di trasporto del calore verso le alte latitudini. L’osservazione che la temperatura oceanica nell’area sub polare, è in calo, è coerente, infatti, con l’ipotesi del rallentamento della MOC. E questo indipendentemente dalla lunghezza (sic) della serie di dati che le autrici dello studio hanno preso in considerazione.
    .
    A questo punto dovremmo far entrare in campo, ovviamente, tutte le considerazioni che riguardano le cause del rallentamento di MOC, ma ci ingolferemmo nella polemica di cui parlai qualche mese fa, per cui è meglio soprassedere.
    Ciò non toglie che l’articolo di cui ci stiamo occupando sia piuttosto interessante, in quanto pone in evidenza un’intrigante catena di eventi che sono in grado di determinare l’AMO.
    La cosa interessante emersa da quanto hanno scritto L. Mariani e F. Zavatti mi è sembrata, infatti, proprio questo, cioè, l’interazione tra i vari fattori che possono determinare l’inversione di segno dell’AMO: venti, NAO, velocità della MOC, ENSO. Detto in altri termini, il comportamento di un indice macroscopico come AMO, è in realtà, il frutto di una serie di fattori che operano in una situazione di equilibrio precario ed in grado di far evolvere l’indice in un senso o nell’altro. Questo significa che dobbiamo aspettare per vedere cosa succederà e conferma tutte le nostre difficoltà di prevedere l’evoluzione degli eventi climatici, sia su base meccanica (modelli di circolazione globale) che su base statistica.
    .
    Non vi nascondo che la situazione appare piuttosto frustrante, ma ci possiamo fare poco o nulla. Ed il bello (si fa per dire, ovviamente) è che nonostante le centinaia di studi che stiamo analizzando, la nebbia che avvolge il futuro del clima terrestre non si alza più di tanto. Ne avremo un’ulteriore prova tra qualche giorno (tempo permettendo, ovviamente). 🙂
    Ciao, Donato.

    • Donato, posto io la risposta di Luigi perché ha avuto problemi con i commenti.
      @Donato b

      Caro Donato,

      la strada di fare da coscienza critica che abbiamo scelto sia te che io è faticosa e avara di soddisfazioni. Tuttavia vedo che c’è qualcosa che ancora ci spinge a scrivere anche se non fatico a comprendere gli amici che hanno abbandonato questa strada e si sono rinserrati in una “torre d’avorio” senz’altro più confortevole.

      A me piacerebbe in effetti che della scienza fosse apprezzato il fatto che si tratta di un metodo per distinguere verità da errore, che il confine fra verità e errore è mobile ed occorre cercare o di stabilirlo sempre meglio lasciando da parte ogni illusione di scorciatoie ideologiche e basate su vuoti slogan.

      Colgo anche la responsabilità enorme che grava su chi fa scienza. Ad esempio l’altro ieri in auto ho seguito su radio radicale la coraggiosa audizione parlamentare del professor Silvio Garattini sul tema dei vaccini. Mentre ascoltavo la radio pensavo che una figura come quella di Garattini, oggi molto anziano, è insostituibile e sono quasi sicuro che non sarà sostituita. Giorni fa ci ha lasciato Luigi Luca Cavalli Sforza, altro scienziato di grandissimo spessore culturale e scientifico, a cui personalmente sento di dovere moltissimo per la vena interdisciplinare che ha sempre caratterizzato il suo lavoro e che ritrovi nei suoi testi divulgativi (non solo genetica umana ma antropologia, linguistica, archeologia e tanto altro). Tempo fa ci ha lasciato anche Danilo Mainardi, etologo sempre originale e misurato nei suoi giudizi.

      Ecco, man mano che la ruota della vita girando come è giusto che sia ci priva dei maestri che ancora ci sono, gli stessi non trovano sostituiti mentre al loro posto si fanno largo coorti di imbonitori che lucrano sull’enfatizzazione delle ansie e delle paure popolari. In sostanza nel mondo d’oggi c’è un bisogno, enorme e spesso inespresso, di maestri e noi nel nostro piccolo credo che dobbiamo cercare di portare un modesto contributo in questa direzione, anche se la strada non è facile e lo sconforto è sempre dietro l’angolo.

    • ale.meteo

      Non preoccuparti arriverà a salvarci tutti Kevin Costner con le branchie. (chi vivrà vedrà..)

      Nel film waterworld è presente una certa scena di intento esplicito. Pensate come siamo messi…

      Paro sempre li, ma tutto il calderone puzza a forza di buttarci dentro dei rospi e delle biscie..

      Monitoriamo.. 😉

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Categorie

Termini di utilizzo

Licenza Creative Commons
Climatemonitor di Guido Guidi è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale 4.0 Internazionale.
Permessi ulteriori rispetto alle finalità della presente licenza possono essere disponibili presso info@climatemonitor.it.
scrivi a info@climatemonitor.it
Translate »