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Trombe d’Aria a Ovest di Paperino

Questa breve nota sulla climatologia delle trombe d’aria (alias tornado) è frutto delle riflessioni portate avanti negli ultimi giorni con alcuni amici (Gianluca Alimonti, Sergio Pinna, Franco Zavatti e altri)  che ringrazio per il loro contributo critico.

In questa pagina del Corriere della Sera  il giornalista Alessandro Fulloni si pone la fatidica domanda “Le trombe d’aria stanno diventando più frequenti?” e si risponde così: “Sì. E la causa è il global warming, il surriscaldamento del globo terrestre. Ad esempio le temperature anomale di questo autunno, piuttosto elevate, hanno creato le condizioni per la formazione di diverse trombe d’aria che hanno flagellato tutta la Penisola a settembre, ottobre e novembre.

La risposta che si dà Fulloni sarebbe scientificamente fondata se disponessimo una serie storica delle trombe d’aria in Italia. Il guaio è che a me non risulta che tale serie storica esista (e se qualcuno ne dispone si faccia avanti, prego, possibilmente evitando di portare la serie storica ricavata dalle citazioni di trombe d’aria riportate sugli articoli di giornale, perché in tale sede sono spesso scambiati per trombe d’aria i comuni fronti delle raffiche dei temporali).

La mia deduzione è che in quello che fu il paese di Galileo Galilei si stia sempre più assistendo alla sostituzione della scienza fondata sui dati (il grande atto di umiltà di Galileo di cui ci parla Edoardo Boncinelli nel suo recentissimo libro – La farfalla e la crisalide ed. Raffaello Cortina) con la scienza fondata sull’ideologia, portandoci così in una terra incognita che, richiamando l’azzeccassimo titolo di un film del 1981 ispirato al nonsense ribattezzerò “a Ovest di Paperino”.

Occorre allora dire che “a Ovest di Paperino” non troviamo né l’IPCC e nemmeno la NOAA che è titolare di una delle serie storiche più lunghe del mondo in fatto di Tornado.

L’IPPC infatti nel Summary For Policymakers del suo report 2012 sugli eventi estremi afferma che:

There is low confidence in observed trends in small spatial-scale phenomena such as tornadoes and hail because of data inhomogeneities and inadequacies in monitoring systems.

Inoltre la NOAA nella sua pagina dedicata alla climatologia dei Tornado riporta una serie di dati molto interessanti e afferma fra l’altro che:

With increased National Doppler radar coverage, increasing population, and greater attention to tornado reporting, there has been an increase in the number of tornado reports over the past several decades. This can create a misleading appearance of an increasing trend in tornado frequency.”

Figura 1 – Scala Fujita dei danni da tornado

Misleading in quanto oggi la possibilità di l’osservare i tornado deboli (F0 secondo la scala di danno di Fujita – figura 1) è molto più elevata che in passato, il che dà luogo a un trend fittizio che ci viene mostrato dalla figura 2, tratta da Verbout et al. (2008). In figura 3 si evidenzia infine che negli USA i tornado violenti (categoria maggiore o uguale a 3) mostrano un sensibile trend negativo.

Insomma, ora che il nostro Paese per cultura climatologica è ormai strutturalmente “a Ovest di Paperino” che facciamo? Ci decidiamo finalmente a raccogliere serie storiche in modo serio o continuiamo a procedere per slogan?

Bibliografia

Verbout etal 2008. Tornado outbreaks associated with landfalling hurricanes in the north Atlantic Basin: 1954–2004 Meteorol Atmos Phys 97, 255–271

Figura 2 – Tornado di qualunque categoria (triangoli, interpolati dalla linea di trend continua, in crescita) e tornado di categoria maggiore o uguale a 1 (cerchi pieni, interpolati dalla linea di trend tratteggiata, in lievissimo calo). Il trend positivo si deve dunque ai tornado di categoria F0 ed è dovuto al fatto che oggi le nostre capacità osservative dei tornado deboli sono molto più elevate che in passato, il che da luogo a un trend fittizio (Verbout et al., 2008).
Figura 3 – Serie storica 1954-2018 dei tornado violenti – categoria 3 o superiore (fonte: NOAA).

 

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Published inAttualitàClimatologiaMeteorologia

11 Comments

  1. robertok06

    @A de Orleans B

    “Confesso che ho difficoltà a riconciliare nelle conclusioni l’affermazione che sull’Australia il trend del vapore acqueo precipitabile (VAP) sia in diminuzione con la Fig. 9 a pag. 12 che mostra una Australia “rosa” con VAP in aumento.”

    Beh… secondo me se guardi bene vedi che la parte rosa, trend positivo, e’ sulla gran parte del continente Australiano… ma la costa orientale, lungo la quale c’e’ la maggior parte delle grandi citta’ popolate, e’ azzurra… trend negativo.

    COmunue: nel testo, figura 7, citano Macquarie Island come stazione di misura Australiana (c’e’ da lungo tempo una stazione della Australian Antarctic Division)… ma tale isola e’ LONTANISSIMA dal continente, e’ alla latitudine 54.5 gradi sud!… il puntino isolato sulla figura 9 da te citata.

    Secondo me fanno cherry picking (l’isolotto sperduto spacciato per continente intero) per giustificare l’affermazione che la PW avrebbe un trend negativo… solito giochino dei climatocatastrofisti… niente di nuovo. 🙂

    Sull’argomento della precipitable water… ho visto che…

    “A 0.2 K increase in temperature would produce about a 1.4 % increase in saturation water vapor pressure based on the Clausius–Clapyron equation. To maintain a constant RH for this temperature increase, the actual water vapor pressure (and specific humidity) would also have to increase by 1.4 %. In this study, we observe an increase in TPW in our data set of about 1.78 mm decade−1, which is a 6.9 % increase per decade in TPW.”

    … che e’ stato preso da:

    “Comparison of global observations and trends of total precipitable water derived from microwave radiometers and COSMIC radio occultation from 2006 to 2013”

    https://www.atmos-chem-phys.net/18/259/2018/acp-18-259-2018.pdf

    … che parla di AUMENTO della PW… come e’ ovvio che sia se la legge di Clausius-Clapeyron e’ valida.

    L’unico riferimento all’Australia in tale studio e’ questo:

    “Figure 10 shows that the positive trends in TPW occur mainly over the central and northern Pacific, south of China and west of Australia, southeast of South America, and east of America. “

  2. A. de Orleans-B.

    Molte grazie, Luigi, cercavo proprio questo (ma come l’hai trovato?).

    Confesso che ho difficoltà a riconciliare nelle conclusioni l’affermazione che sull’Australia il trend del vapore acqueo precipitabile (VAP) sia in diminuzione con la Fig. 9 a pag. 12 che mostra una Australia “rosa” con VAP in aumento.

  3. Luigi Mariani

    Alvaro,
    ti segnalo
    Zhang et al., 2018. Variability and Trends in Global Precipitable Water Vapor Retrieved from COSMIC Radio Occultation and Radiosonde Observations, Atmosphere 2018, 9, 174; doi:10.3390/atmos9050174
    In esso si analizza il trend del vapore acqueo troposferico (espresso come acqua precipitabile) usando dati da remote sensing satellitare o da radiosondaggio. So scopre ad esempio che l’acqua precipitabile è in calo sull’Italia e su vaste aree del globo, il che contrasta:
    – con l’idea di una maggiore energia in atmosfera per i fenomeno estremi.
    – con la teoria AGW (per la quale il vapore acque è l’amplificatore dell’aumentato effetto serra da CO2)
    Ciao.
    Luigi

  4. Luigi Mariani

    ….dimenticavo: proporrei a Guido Guidi di inserire in CM un link al sito di Daniele Bianchino

  5. Luigi Mariani

    Ho grande considerazione del lavoro svolto da Davide Bianchino (http://tornadoitalia.altervista.org/) di cui ho parlato in un post nel 2017
    (L. Mariani, 2017. “Sulla Tornadizzazione del Clima in Italia”, Climate Monitor, http://www.climatemonitor.it/?p=44093).
    Peraltro a mio avviso il lavoro di Bianchino ha anche un valore educativo poiché:
    – ci richiama all’importanza delle fonti documentali (il “duro lavoro sulle fonti” di cui parlava lo storico Marc Bloch) nel costruire la climatologia storica di un fenomeno
    – ci dà coscienza del fatto che il nostro clima ha alcune ricorrenze che gli sono peculiari e alle quali non rendono giustizia i luoghi comuni che vanno oggi per la maggiore.
    Il problema è che occorrerebbe andare oltre e affrontare in modo sistematico il tema della climatologia
    delle trombe d’aria e di altri eventi estremi. Ciò potrebbe essere fatto prendendo esempio da quanto fa la NOAA per il territorio statunitense e cioè:
    – analizzando sulla base di più fonti informative (misure e remote sensing) i fenomeni avvenuti e segnalati confermandone o meno il reale accadimento
    – gestendo un archivio nazionale aggiornato
    – intervenendo in modo autorevole per smentire chi dice cose non vere.
    Questo dovrebbe evidentemente farlo un ente nazionale che si occupi di climatologia.

  6. A. de Orleans-B.

    Alla domanda “abbiamo più fenomeni estremi?” dovremmo tentare un approccio meno aneddotico e più sistemico.

    In fondo, un tornado nasce dalla instabilità atmosferica – e l’instabilità è uno dei più potenti meccanismi troposferici di trasferimento verticale di calore dalla superficie terrestre.

    Allora, se le fonti di calore (sole, nucleo terrestre) restassero costanti, per avere una superficie più calda dovremmo traferire meno calore e quindi presumere una instabilità media minore, che a sua volta implicherebbe meno tornadi.

    Guido, che tu sappia, il “vecchio” profilo verticale di temperatura aeronautica ISA è mai stata rivisto alla luce del GW (mi sà di no, hanno cose più urgenti da fare…)?

    E tale profilo, che credo ricordare abbia un gradiente troposferico medio di 0,6 gradi C ogni cento metri, se fosse rivisto manterrebbe lo stesso gradiente?

    Oppure: abbiamo una descrizione di come è cambiata la curva di stato troposferica media nelle ultime decadi? Qualcuno si è preso la briga di mediare e comparare le decine di sondaggi verticali giornalieri fatti con palloni sonda in tutto il pianeta?

    La mia inguaribile curiosità…

  7. Fabrizio Giudici

    @Massimo
    Si potrebbe dire: meglio le trombe che i tromboni… augurandosi che questi ultimi finiscano presto trombati (il trend fa ben sperare).

  8. Massimo Lupicino

    Giusto per completezza geografica, a Est di Paperino c’e’ la terra promessa del “neo-corriere”: si chiama Open Society, con capitale Soroslandia. Li’ non ci sono trombe d’aria (al piu’ polveroni di fake news) ma in compenso hanno dei bellissimi bagni transgender e cisgender, la religione locale si chiama Globalismo e si pratica largamente il sacrificio umano della classe media per diletto esclusivo delle elite.

    Quindi io mi tengo care le trombe d’aria.

  9. giovanni geologo

    Egregi Mariani, come già indicato nel mio commento precedente , per rispondere alla sua richiesta:
    La risposta che si dà Fulloni sarebbe scientificamente fondata se disponessimo una serie storica delle trombe d’aria in Italia. Il guaio è che a me non risulta che tale serie storica esista (e se qualcuno ne dispone si faccia avanti, prego,

    al fondo del sito http://tornadoitalia.altervista.org/ é ripostata una lista storica di “trombe d’aria” con tanto di intensità supposta. Spero che il lavoro fatto dal sig. Bianchino possa coprire almeno in parte questa apparente lacuna di dati.

  10. giovanni geologo

    Buongiorno a tutti e come sempre direi… “grazie di esistere”. Una piccola luce in un mare di ombre e oscurantismo, sempre poco ma meglio di niente.
    Viposto questo link sullo storico delle trombe d’aria in Italia fatto da un certo Daniele Bianchino. Ho trovato ottimo questo sito per le immagini i riferimenti storici con tanto di estratti di cronache dell’epoca e le carte tratte dall’ESWD. Per chi non lo conoscesse consiglio vivamente di visitarlo

    http://tornadoitalia.altervista.org/

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