Salta al contenuto

Temperature italiane al 2017 e la “pausa”

Questo post nasce con l’intento di verificare la bontà dei dati annuali di temperature italiane che ho casualmente trovato nel giornale locale di Ferrara La Nuova Ferrara. La sorgente dei dati si trova qui a mentre notizie giornalistiche (di stampo catastrofista, naturalmente) si possono trovare qui.

I dati, in forma di grafici ben leggibili, riguardano 66 città italiane (in realtà sono “zone” o “multizone”, come ad esempio Ferrara e Modena insieme).

Nell’articolo de “La Nuova Ferrara” si legge:

Lo European Data Journalism Network (EDJNet) ha analizzato due serie di dati dello European Centre for Medium-Range Weather Forecasts (ECMWF), ERA-20C per il periodo 1900-1979 ed ERA-interim per il periodo 1979-2017.
Entrambe le serie di dati sono “rianalisi”; questo vuol dire che gli scienziati dello ECMWF hanno usato un ampio spettro di fonti (satelliti, stazioni meteo, boe, sonde aerostatiche) per fare una stima di una serie di variabili applicate a quadrati di circa 80 chilometri di lato (125 chilometri di lato per le serie di dati ERA-20C). Se le stazioni meteo forniscono dati molto più affidabili sul momento, le rianalisi dell’ECMWF sono molto più adatte per una ricerca sul lungo periodo come questa. Le stazioni meteo possono spostarsi o, come più spesso accade, le città si estendono intorno a esse, rendendo i dati meno affidabili quando si vanno a guardare tendenze centennali.
I dati dell’ECMWF non tengono conto dei microclimi o delle isole di calore; perciò è probabile che le vere temperature nelle singole città siano di uno o due gradi superiori a quelle indicate. La tendenza invece non cambia.

Per avere un termine di paragone mi sono affidato ai dati pubblicati nel sito di Sergio Pinna. Le temperature medie annuali delle tre macro regioni – nord, centro, sud – disponibili sono in fig.1 (pdf) insieme ai loro fit lineari.

Fig.1. Temperature medie per le tre macro regioni, dal 1951 al 2017, dal sito di Sergio Pinna. Si osserva una crescita delle temperature ad un tasso medio compreso tra 0.17 e 0.27 °C/decade. Si noti inoltre la presenza di tre fasi:1951-1976 con lieve decremento, 1976-2000 con sensibile aumento e 2000-2017 con crescita più limitata.

Come detto, il mio interesse primario è quello di verificare la bontà dei dati ECMWF, confrontandoli con quelli di Pinna nella parte comune (1951-2017). Nel sito ECMWF si possono scaricare i valori numerici delle temperature ma io qui ho preferito digitalizzare i grafici disponibili su La Nuova Ferrara, anche per una maggiore velocità di acquisizione. Il confronto in figura 2 per le tre macro regioni, (pdf, nord), (pdf, centro), (pdf, sud), ci mostra che i dati di rianalisi seguono strettamente, nei dettagli, i dati medi di Pinna che qui sono rappresentati con una linea rosso scuro più breve delle altre. Il centro mostra un risultato più confuso ma la sostanza non cambia.

Fig.2. I valori medi annuali delle 6 città per macro regione, confrontati con i valori medi della corrispondente macro regione disponibili nel sito di Pinna. Le città sono indicate con la sigla provinciale.

I dati ECMWF seguono certamente i valori medi di Pinna nella struttura, ma non nei valori assoluti delle temperature: un esempio – dovuto all’attenzione dell’amico Luigi Mariani – è la serie di Bolzano che nei dati di rianalisi si attesta su valori medi attorno a 4-4.5°C, mentre la sua media annuale è superiore a 10-13°C. Per una verifica è sufficiente esaminare la serie resa disponbile dal Servio Meteo della Provincia Autonoma di Bolzano e calcolare la media tra la TMAX e la TMIN annuale riportate nelle ultime due colonne.

Un altro esempio, non verificato ma sospetto, è l’uguaglianza tra le temperature di Perugia e L’Aquila: a Perugia si coltiva estesamente l’ulivo mentre a L’Aquila no. Un altro esempio ancora è la differenza media di circa un grado tra Ancona e Pescara che ci si aspetterebbe essere quasi impercettibile, vista la vicinanza di entrambe le città e la loro posizione sul mare.

È sufficiente un solo esempio per inficiare l’intera serie delle 66 città del dataset. Io non so quale errore sistematico possa far cambiare la temperatura (ad esempio di Bolzano) di 6-8°C, ma so che questi dati non potranno essere usati in forma assoluta. Credo che il loro uso migliore sia quello in forma di anomalia e quello che sfrutta la loro struttura che appare corretta, come ho fatto nel paragrafo successivo.

Analisi dei dati ECMWF

Si nota, con una semplice ispezione visuale della figura 2, che a partire da circa il 2000 la pendenza diminuisce rispetto al periodo precedente che ho fissato tra il 1976 e il 2000 per evitare la diminuzione di temperatura che si osserva tra il 1950 e il 1976, in particolare al Centro e al Sud (ma anche al Nord, più debole). Senza ripetere l’analisi descritta in questo articolo su CM, e parzialmente ripetendo, solo per i dati annuali e senza spettri, l’analisi del 2015 sui dati di Pinna fino al 2014, ho considerato le due sezioni dei dataset ECMWF, dal 1976 al 2000 e dal 2000 al 2017, da cui ho calcolato i fit lineari e le pendenze che mostro in fig.3 (pdf, nord), (pdf, centro), (pdf, sud). Le corrispondenti figure in cui sono mostrati sia i fit che i dati e le pendenze sono disponibili nel sito di supporto.

Fig.3. Fit lineari delle medie annuali, con i valori delle pendenze, dei tratti 1976-2000 e 2000-2017 (estremi inclusi). Nei file numerici (nord; centro; sud) oltre ai parametri dei fit, viene riportato il test di Student per le pendenze 1976-2000 e 2000-1017 e la probabilità che le pendenze siano diverse.

Ho confrontato la pendenza di ogni coppia 1976-2000 e 2000-2017 tramite il test di Student sulle pendenze, con 25 e 18 dati rispettivamente. Il test ci dice che le pendenze delle due sezioni di ogni dataset sono statisticamente differenti tranne che per due città (Potenza e Salerno) e che la diversità per le due pendenze de L’Aquila è verificata solo al 66%.

Considerazioni conclusive

I dati di rianalisi sono attendibili e adatti a successive analisi, preferibilmente più estese di quella attuale che ha lasciato molte regioni (Lombardia, Veneto, Friuli, Lazio, Molise, Calabria, Sardegna) senza una serie di temperatura che le rappresentasse.

Per quanto mi riguarda, l’affidabilità di questi dati è fissata dal confronto con i dati medi annuali di Pinna e quindi devo concludere che anche i dati di rianalisi ECMWF mostrano dal 2000 una pausa nella crescita delle temperature, cioè una diminuzione della pendenza del fit lineare, per tutte le 18 stazioni utilizzate qui, tranne Potenza e Salerno, e, forse, L’Aquila.

Come sappiamo, questa pausa che più o meno debolmente si continua a registrare (1018 in figura sta per ottobre 2018) anche nei dataset globali, se si escludono i forti El Niño 1998 e 2016, è una spina nel fianco dei modelli cosiddetti CO2-centrici che non prevedono il rallentamento della crescita delle temperature in corrispondenza della crescita continua dell’anidride carbonica in atmosfera.

La temperatura globale (e quella italiana) sta crescendo indiscutibilmente – anche se si possono introdurre gli errori di misura e discutere sul valore e la veridicità di questa crescita – ma la differenza sostanziale tra le due visioni del clima è nelle cause: da una parte si crede che le cause siano essenzialmente naturali (una piccola influenza antropica viene accettata senza particolari opposizioni); dall’altra si assume che il motore primo del clima sia la densità volumetrica della CO2, anche se questa relazione causa-effetto non è mai stata dimostrata rigorosamente, ma solo ad excludendum (le abbiamo provate tutte e solo l’uso dell’anidride carbonica nei modelli permette la ricostruzione delle temperature – poco e male – e quindi la causa principale è indiscutibilmente lei. Ma non è così che procede la scienza, e soprattutto non si lascia prendere in ostaggio dalla politica avendo a disposizione risultati come minimo incerti).

Un’altra differenza tra le due idee del clima è quella che si annida nel legame tra clima e ambiente che la visione basata sulla CO2 vuole strettamente legati (la CO2 è un veleno e se ne emettiamo troppa avveleniamo l’aria che respiriamo e, in definitiva, l’ambiente in cui viviamo: è questo il mantra che ascoltiamo e leggiamo, in particolare durante le riunioni annuali sul clima, le COP). Ma prima di tutto la CO2 non è un veleno e poi, fino a prova contraria, l’uomo non è in grado di influire sul clima che mette in moto enormi quantità di energia – di cui l’energia totale prodotta dalle attività umane è una piccolissima frazione – mentre è bravissimo a modificare, anche pesantemente, l’ambiente: allora questi due palcoscenici devono essere tenuti distinti e non interagenti. È però usuale confonderli, in modo che uno spinga l’altro nel presunto processo di convincimento della popolazione. È molto comune leggere articoli sul clima in sezioni di giornali denominate “ambiente”.

Ringrazio Luigi Mariani per l’attenta lettura della prima stesura di questo lavoro e per gli utili suggerimenti. Dopo un’assenza di circa due mesi da CM, avevo bisogno del suo amichevole supporto.

Tutti i grafici e i dati, iniziali e derivati, relativi a questo post si trovano nel sito di supporto qui
Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...Facebooktwitterlinkedinmail
Published inAmbienteAttualitàClimatologia

16 Comments

  1. @robertok06- 2.o commento
    Apprezzo molto l’indicazione delle critiche di J. Ray Bates all’IPCC SR1.5 anche perché con Luigi Mariani abbiamo scritto il 12 ottobre scorso un commento al rapporto, apparso sulla Nuova Bussola Quotidiana qui.
    In più mantengo personalmente una critica a SR1.5, da
    cui è stato tratto parzialmente l’articolo su NBQ, più approfondita e riferita ai singoli punti del rapporto, con i relativi commenti. Quindi leggerò senz’altro l’articolo di Bates. Grazie. Franco

  2. robertok06

    @Franco Zavatti

    … se ha intenzione di scrivere qualcosa sul recente rapporto/analisi IPCC le consiglio anche di leggere questo recentissimo nuovo articolo… pregasi notare il CV dell’autore…

    https://t.co/hexSK6u9nH?amp=1

  3. Il mio ultimo commento è una risposta al commento di Diego. Ho dimenticato di indicarlo. Franco

  4. Buongiorno a lei.
    Io credo che non costruire nessuna teoria che tenti di spiegare il riscaldamento che probabilmente si osserva, ovvero immaginare (teorizzare) che tutto o
    quasi avvenga per cause non umane (naturali) sia l’ipotesi più semplice e che qualunque altra ipotesi o teoria debba farsi carico dell’onere della prova.

    E l’onere della prova significa che la teoria deve essere provata in modo completo. Purtroppo la teoria dell’AGW non prova nulla: assume (come da direttive ONU alla nascita dell’IPCC) che il riscaldamento globale sia causato dall’uomo per più del 98% e che l’attività umana sia quindi l’unica responsabile di questo riscaldamento (IPCC SR1.5, punto A1, solo per citare l’ultimo report); trascura, sempre per definizione ONU all’atto di nascita dell’IPCC, di esplorare in profondità le possibili cause naturali
    (Sole, interazione sole-pianeti, oscillazioni e correnti oceaniche, movimenti del magma-vulcanesimo-terremoti).

    L’AGW non mi sembra economica: costruire una teoria sbagliata, fortemente condizionata dalla politica, che fornisce più di 50 spiegazioni diverse per giustificare a posteriori la pausa nelle temperature e (v. per favore il link nel commento di Robertok06) che produce quasi tutto e il contrario di tutto, è costato a tutti noi quantità spaventose di denaro e di perdita di sicurezza
    sociale, di dignità nella produzione e, in definitiva, di qualità della vita.
    Non mi sembra neanche elegante: il tuning dei parametri che poi, alla fin fine, produce qualcosa che vagamente assomiglia alle temperature solo nell’intervallo temporale in cui i parametri sono validi (ovviamente non è in grado, e mai lo è stata, di riprodurre le oscillazioni climatiche) e diverge clamorosamente rispetto alle osservazioni (v. la relazione di Christy al congresso USA) non mi fa pensare a nulla di elegante (provi a pensare alla teoria dell’elettromagnetismo o a quella della relatività).

    Per la coerenza, faccio ancora riferimento al link di Robertok06, ma le ricordo che le teorie che prevedono l’influenza planetaria e l’interazione Sole-pianeti (ad esempio quella di Nicola Scafetta) sono in grado di
    ricostruire le temperature meglio (direi molto meglio) dell’AGW. La rinvioa questa conferenza https://geoethic.com/london-conference-2016/ per un veloce ripasso delle teorie alternative (non è sarcasmo: il primo a fare il ripasso sono stato io). Forse ricorda che nell’audizione di John Christy si faceva riferimento ad un modello russo (INM-CM4) che segue ragionevolmente bene i
    dati osservati – mi permetta di dire che fa esattamente il suo mestiere di modello- mentre i modelli che usa l’IPCC partono per la tangente, condizione che sarebbe sufficiente a farli scartare mentre sono considerati “lo stato dell’arte”.
    Ho letto, ma non ricordo di averlo verificato, che la teoria dell’AGW non contiene nulla che permetta di falsificarla e di sicuro questo non la rende più elegante (forse un po’ più economica…).

    Per me ci sono motivi sufficienti per essere d’accordo sul contrario di quanto questa teoria afferma.

    E, certo, so di non aver risposto alla sua richiesta di un’alternativa ai modelli ma non ho risposto per quello che ho scritto all’inizio: l’onere della prova non spetta a me.

    Approfitto per manifestarle il mio apprezzamento: legge CM da alcuni anni prima di me. A parte quanto scrivo io, credo sia un buon posto dove farsi un’idea … di altre idee e di altre visioni. Cordiali saluti. Franco

  5. Diego

    Buongiorno, ho letto con interesse l’articolo, e sono rimasto molto colpito da questo passaggio: “ma la differenza sostanziale tra le due visioni del clima è nelle cause: da una parte si crede che le cause siano essenzialmente naturali…”. Siccome sono incline a pensare che l’altra posizione (per comodità quella etichettata come AGW) sia quella – provvisoriamente non falsa – più coerente, vasta e col miglior match tra conoscenze e osservazioni, le chiederei quali sono le “cause essenzialmente naturali”: seguo CM da una decina d’anni, ma non ho ancora letto (forse mi è sfuggito qualche articolo) una spiegazione alternativa che risulti altrettanto coerente, ampia, economica ed elegante.

    • Diego,
      il fatto che tu legga CM da così tanto tempo alla ricerca di una spiegazione è l’essenza stessa dell’esistenza di queste pagine. Dove non la troverai, perché se esistesse sarebbe su ben altre e più blasonate pagine.
      Ma credo di poter dire che un’alternativa in senso stretto all’ipotesi AGW non esista, quanto piuttosto esistono, questo si, molti aspetti dell’ipotesi che non stanno in piedi e molti aspetti del problema che non sono compresi in modo esaustivo per poter essere esclusi.
      Vedi, quello che tu proponi non è nuovo, si chiama ribaltamento dell’onere della prova. È un artificio semantico, perché non c’è una tesi, c’è un’ipotesi, che si vuole far assurgere al ruolo di tesi senza averla confermata, ergo, non c’è neanche il suo contrario.
      Il sistema è certamente influenzabile anche dalle attività umane, specialmente a livello locale e regionale, questo non è in discussione. Lo è invece quanto sia influenzabile e quanto piuttosto non sia da attribuire a sue proprietà note e non note. Tra le prime certamente il Sole e le dinamiche oceaniche, tutte cose che, guarda caso, i modelli non sono in grado di replicare.
      Ecco fatta la differenza. Magari sarà poco elegante, ma non è semplificando il problema che arriverà la soluzione.
      Grazie per lo stimolante commento.
      gg

  6. @robertok06
    off topic, ma utilissimo a titolo personale: sto cercando di razionalizzare (nero su bianco) perché sono scettico e il link costituirà una sezione importante della mia riflessione. Grazie. Franco

  7. @ Fausto Cavalli
    Io non sono capace di spiegarlo: forse incuria o disattenzione ma mi riesce difficile pensare che ECMWF non effettui tutti i controlli necessari anche a
    spiegare i dati che riceve. D’altra parte, il fornitore di servizi per i giornali che ha scaricato i dati, ha fatto le analisi e ha prodotto i grafici che ho digitalizzato, non ha alcun motivo per modificare arbitrariamente i dati, anche perché sembra ci sia una variazione sistematica che non cambia le considerazioni che ha fatto il giornale (tipo: la temperatura è salita a Ferrara di 1.2 gradi) che riguardano in massima parte differenze
    e non valori assoluti. Un’altra possibilità è che io abbia clamorosamente sbagliato la digitalizzazione delle figure, ma ovviamente questa è stata la prima eventualità che ho controllato e scartato. Franco

  8. Fausto Cavalli

    da un rapido controllo dei dati pubblicati su https://lab.gedidigital.it/gnn/ambiente/cambiamento-climatico/ risulta per alcune stazioni del Nord un evidente errore. Ad esempio Brescia è indicato con media annue attorno ai 8-10°C quando in realtà è di 4-5°C in più. Allo stesso modo Bergamo, Milano, Verona e Torino. mentre per le città ad esempio di Parma e Piacenza i valori indicati paiono giusti. Come si può spigare questo evidente apparente errore?

  9. Caro Donato,
    grazie.
    E’ stato Luigi Mariani a mettere in evidenza l’assurdità dei valori della temperatura, almeno per Bolzano. Un veloce controllo sul sito della Provincia di Bolzano ha fatto il resto e ha fatto nascere i dubbi (come minimo) per le altre città.
    La pausa per i dati terrestri è, come scrivi, una diminuzione di un trend crescente. Ma la diminuzione del trend, da sola, è sufficiente a far alzare ai nostri amici credenti almeno il sopracciglio sinistro, in presenza di CO2 che cresce monotonicamente. E le 50 spiegazioni della pausa che abbiamo letto “spiegano” proprio tutto l’affanno che si cerca di tenere nascosto con grandi proclami. Comunque, se hai guardato il grafico dei dati globali NOAA (terra+oceano) avrai visto che la pendenza tra i due El Nino è praticamente
    zero. Nell’emisfero nord non possiamo aspettarci altrettanto ma un rallentamento va bene lo stesso. Ciao. Franco

  10. @ Luca Maggiolini
    Non so rispondere molto bene ai suoi commenti che condivido: credo che i controllori debbano essere in primis i gestori della stazione di acquisizione (se fosse il personale della Provincia Autonoma di Bolzano non avrei dubbi sulla serietà, ma non sembra questo il caso) e poi coloro che raccolgono l’insieme delle stazioni mondiali, in questo caso credo ECMWF
    oppure NOAA,GISS,CRU o altri. Non ho controllato sui dati originali di ECMWF ma spero (e penso) che lo European Data Journalism Network (EDJNet) che ha
    scaricato i dati non abbia fatto fesserie con aggiunte o sottrazioni sistematiche. Ho l’impressione che tutti abbiano fatto le cose per bene ma che in qualche modo il risultato sia fasullo. E, come ho scritto, l’errore in una sola serie mina la fiducia su tutto l’insieme.
    Dubito che l’ECMWF usi i suoi dati di rianalisi solo in forma di anomalia per cui non saprei cosa dire. Franco

  11. donato b.

    Caro Franco, è un piacere tornare a leggere i tuoi post.
    .
    Entrando nel merito del post, sono restato piuttosto impressionato dagli errori sistematici nelle serie di dati che tu hai messo in evidenza. Si tratta di errori enormi per Bolzano e, come tu ben scrivi, tali da far dubitare della bontà dell’intera serie di dati. Questa è, del resto, una caratteristica che accomuna diverse rianalisi e che dovrebbe far riflettere coloro che sparano accuse di negazionismo ad “alzo zero” quando ci si azzarda a mettere in dubbio i cosiddetti “dati ufficiali”.
    .
    Per il resto fa sempre piacere vedere confermata la “pausa” nell’aumento delle temperature. Ben hai fatto, comunque, a precisare che quella che volgarmente chiamiamo pausa, in realtà, rappresenta una semplice riduzione del trend di aumento delle temperature.
    Ciao, Donato.

  12. Luca Maggiolini

    Ottimo articolo.
    Io però mi chiedo: a livello globale, chi controlla che le stazioni non sbrocchino? Ora, finchè l’anomalia è così evidente come Bolzano, risalta talmente tanto che l’analizzatore la esclude manualmente.
    Ma se lo scostamento fosse di uno o due gradi, e il campione dei dati per la zona di competenza fosse di 5 o 10 stazini, l’errore passerebbe in carrozza ma sballarebbe tutti i dati, e non di poco.
    Dato che in materia di clima si questiona da decenni di decimi di grado, mi pare che la coerenza, la qualità e l’affidabilità dei dati raccolti sia un basilare, imprescindibile punto su cui non debbano esserci dubbi di sorta. Altrimenti si analizzano dati “a caso” e le risultanze sono pura astrazione.

  13. Massimo Lupicino

    Bentornato Franco, e grazie per questo bellissimo post.

    • Franco Zavatti

      Grazie a te per l’augurio. Franco

Rispondi a Franco Zavatti Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Categorie

Termini di utilizzo

Licenza Creative Commons
Climatemonitor di Guido Guidi è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale 4.0 Internazionale.
Permessi ulteriori rispetto alle finalità della presente licenza possono essere disponibili presso info@climatemonitor.it.
scrivi a info@climatemonitor.it
Translate »