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Per Natale ti ammazzo la pausa

Peccato, davvero peccato che la COP24 sia terminata, perché questa sarebbe stata musica per le orecchie dei delegati.

La “pausa” del global warming dei primi anni del secolo? Quella spiegata in decine di modi diversi da un paio di centinaia di paper? Quella riconosciuta anche dall’IPCC? Mai esistita, dimenticatela, anzi già che ci siete, sappiate che non solo il trend della temperatura globale superficiale non ha mai subito variazioni importanti, ma anche il suo confronto con i modelli è mai stato così preciso.

Com’è possibile? Semplice, riprendi i dataset, dai una sistemata ai numeri, scegli da che parte guardarli et voilà, la “pausa” non c’è più.

Colpa, appunto degli errori contenuti nelle serie, scrivono gli autori dei due paper su cui si è concentrato Science Daily in questo articolo. Ma anche colpa della voglia di contrastare la pressione esercitata dai cattivi scettici del clima. che avrebbe indotto i buoni e inconsapevoli in errore.

Direi sia interessante notare che gli autori dei due paper citati – oltre ad essersi concentrati solo dataset della NASA, notoriamente più “caldo” degli altri disponibili – siano anche tra i maggiori sostenitori del consenso in materia di AGW. In questa occasione, tuttavia, il consenso si sbagliava, dicono, perché la pausa non c’è mai stata.

Buone notizie quindi, il consenso può sbagliare…

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Published inAttualità

12 Comments

  1. Basta! Ormai siamo arrivati al limite della sopportazione: una banda di
    autoproclamatesi difensori della fede AGW tenta di smontare (per il passato senza alcun successo) tutto ciò che può dare fastidio al loro libro sacro (l’ultima versione è SR1.5). Nel primo degli articoli citati da Donato, al paragrafo 3.3, parlano di broken-links accompagnati da quell’aborto di figura 6 (che si può accettare in altri contesti) che con due fit, senza uno
    straccio di incertezza, dovrebbe dimostrare che i dati non vanno bene perché non c’è continuità fra la “pausa” e quanto c’è prima. Io calcolo i fit lineari per NOAA tra il 1880 e l’ultimo mese disponibile (calcolo fatto ogni mese, come gli altri); fra il 1951 e l’ultimo mese, fra il 1997 e il mese corrente; fra il 2001 e il mese corrente e chiunque può vedere
    (http://www.zafzaf.it/clima/noaa/noaahome.html” )
    da “Slopes of linear fits”, per ogni anno di inizio, una completa continuità nella pendenza dei fit: per motivi di visibilità ho costruito due grafici distinti. Uno dal 2011 al 2018 e l’altro dal 2018 in poi. Quindi la continuità c’è e la pausa (se si osserva) non dipende dai broken-links.
    L’altra perla è la figura 7 del primo articolo (o la 1 del secondo), in cui un semplice ingrandimento mette in bella evidenza, ad occhio nudo, la pausa in tutti i dataset.
    Io capisco che i dataset vadano bene solo se confermano la narrativa AGW, però che siano tutti sbagliati in modo da dare lo stesso risultato (la pausa) è una cosa che accetto con difficoltà.
    E la pausa nelle temperature di 18 città italiane elaborate da ECMWF, che ho descritto una settimana fa in
    http://www.climatemonitor.it/?p=49877
    cos’è? Un complotto di gestori delle stazioni italiane o del centro europeo? E cosa hanno a che fare queste
    temperature con quelle dei dataset globali? Sicuramente molto poco.
    Nel mio sito citato sopra ho appena aggiunto nella sezione dei dati oceanici, il grafico della SST dal 1997 al novembre 2018 con i fit generale e 2002-2013, in cui si vede che quest’ultimo ha una pendenza 4 volte
    inferiore all’altro.
    Certo, come ho già scritto, la pausa (intesa sempre come diminuzione di pendenza) è un duro colpo per l’AGW, tanto che dopo una cinquantina di articoli che hanno tentato di spiegarla, adesso è necessario passare all’eliminazione fisica, almeno finchè è ancora attivo El Nino 2016 (o forse un suo debole successore), prima cioè che le temperature ritornino ai livelli pre-Nino e non sia più possible l’efferato delitto.
    Una considerazione personale: devo smettere di leggere gli articoli di uno qualsiasi di quei signori. Fa male alla salute, ma evidentemente non sono
    abbastanza intelligente da smettere. Franco

  2. A. de Orleans-B.

    Diceva Napoleone: “La Storia è una bugia sulla quale ci si è messi d’accordo”.

    Direbbe oggi: “La Scienza è una bugia sulla quale ci si è messi d’accordo”.

    Adesso, avendo letto l’articolo citato, ho capito che “Consenso”, nella scienza del clima, vuol dire che ha finalmente vinto il Cardinale Bellarmino.

    (…e mi scuso per aver parafrasato Napoleone, che avrà avuto molti difetti ma rispettava la Scienza senza riserve.)

  3. robertok06

    “Il principale errore compiuto dagli scienziati che hanno trattato la pausa, consiste, però, nel fatto che hanno considerato periodi eccessivamente brevi ”

    ???
    Strano, perché di “studi” peer reviewed… pardon… pal reviewed che “dimostrano” l’esistenza del cambiamento climatico globale basandosi su 10,-20 anni di dati (taroccati) ce ne sono a bizzeffe.
    Due pesi e due misure, niente di nuovo sotto al sole nel mondo dei climatocatastrofisti.

  4. ALEX

    Pongo una domanda a Guido Guidi

    Perchè questo accanimento nel voler sostenere a tutti i costi il AGW? che interessi ci sono dietro?
    Perchè a me sembra che spesso si vogliano dimostrare TREND INESISTENTI,tipo aumento dei fenomeni estremi ecc ecc
    (Per i fenomeni estremi,il TREND è statisticamente non rilevante in Italia e nel mondo) anche di fronte a grafici inequivocabili.
    Roba da matti.
    Grazie

    • Alex, c’è molta speculazione che finisce per distorcere anche le informazioni più evidenti. Perché questo accada non lo so.
      gg

    • Massimo Lupicino

      Alex mi riprometto di scriverci qualcosa. I motivi sono tanti ma alla fine della fiera, sempre i soliti. Quelli che muovono il mondo da sempre.

  5. donato b.

    Ho dato una prima lettura ai due articoli citati da G. Guidi nel suo post e non posso fare a meno di sottoporre ai lettori di CM alcune considerazioni scaturenti da questa lettura.
    Premesso che i due articoli possono considerarsi “fotocopie” dal punto di vista metodologico (non per altro condividono buona parte degli autori), anche le conclusioni non sono molto diverse le une dalle altre.
    .
    I due articoli, come faceva notare G. Guidi, si pongono due diversi obiettivi: dimostrare che la pausa non è mai esistita e che non esistono differenze tra le osservazioni e le previsioni dei modelli climatici.
    Il principale problema che hanno dovuto affrontare, riguarda la grande mole di articoli sottoposti a revisione tra pari e pubblicati dalle più prestigiose riviste che bisognerebbe confutare per raggiungere gli obiettivi prefissati: oltre un centinaio.
    .
    Sembra strano, ma circa 80 (ottanta) articoli rigorosamente sottoposti a revisione tra pari, hanno certificato che nella prima parte di questo secolo le temperature sono aumentate più lentamente di quanto fosse accaduto nel passato.
    Oltre 40 articoli scientifici dimostrano, invece, scarsa congruenza tra le elaborazioni modellistiche ed i dati osservati.
    Confutarli tutti è impresa improba anche per i pasdaran del cambiamento climatico di origine antropica che hanno firmato i due articoli di revisione di cui ci occupiamo, per cui è stato più facile impostare un discorso di tipo semantico e metodologico generico per metterne in dubbio le conclusioni.
    Da un punto di vista semantico viene criticato il modo in cui è stata definita la pausa. Gli scienziati che hanno usato questo termine non sono stati sufficientemente bravi nel definire la pausa. In secondo luogo hanno individuato per la pausa tempi di inizio e fine diversi, violando, in questo modo, il principale dogma della scienza contemporanea, ovvero il consenso. In terzo luogo non hanno tenuto conto che i set di dati sono soggetti ad evoluzione, per cui ciò che vale oggi, potrebbe non valere domani. Non hanno tenuto conto, infatti, che i gestori dei dati avrebbero potuto modificarli, mediante omogeneizzazioni tese ad eliminare errori strumentali, insiti in tali dati.
    Il principale errore compiuto dagli scienziati che hanno trattato la pausa, consiste, però, nel fatto che hanno considerato periodi eccessivamente brevi e, quindi, suscettibili di risentire della variabilità climatica interna al sistema in modo da “nascondere” il trend di fondo che, manco a dirlo, è il riscaldamento globale di origine antropica. Non hanno, infine, precisato quali dovevano essere le condizioni statistiche affinché il periodo considerato potesse essere considerato una pausa.
    Eliminate tutte queste “cause di errore”, secondo
    gli autori, la pausa non è mai esistita, o per essere più precisi, chi ne ha parlato, NON HA FORNITO LE PROVE CHE ESSA SIA ESISTITA OVVERO CHE IL TREND DI VARIAZIONE DELLE TEMPERATURE FOSSE “INSOLITO” dal punto di vista statistico.
    Ne concludiamo che la pausa non è esistita perchè non sono state fornite prove della sua esistenza che soddisfacessero i requisiti imposti a posteriori dai recensori.
    .
    Partendo da premesse simili, nell’altro articolo si “dimostra” che le temperature misurate (opportunamente private del bias “rinfrescante”) coincidono con le previsioni dei modelli (opportunamente privati del bias “riscaldante” che li caratterizzava).
    .
    Cosa concludere? Per quel che mi riguarda sono stato piacevolmente sorpreso dal fatto che in questi ultimi anni, ho sostenuto le tesi di rispettabilissimi climatologi che, in scienza e coscienza, hanno registrato una pausa nell’andamento delle temperature terrestri ed il fatto che esistesse una discrepanza tra le elaborazioni modellistiche e le temperature osservate. Eppure color che tutto sanno, sostenevano che ero in errore e propugnavo tesi anti scientifiche.
    In secondo luogo devo prendere atto che solo dopo aver modificato (pardon, omogeneizzato) i set di dati, le discrepanze sembrano essere sparite. Sulle omogeneizzazioni ho già detto e nessuno potrà mai farmi cambiare idea: inserire nei data base dei “dati sintetici”, relativi ad aree in cui le temperature NON sono state misurate, mi sembra una sciocchezza madornale. Così come mi sembra una sciocchezza madornale correggere i dati relativi alle boe galleggianti o quelli relativi alle misurazioni sulle navi, con le modalità utilizzate da Karl et al., 2015.
    Al netto di tutto ciò la pausa è stata reale, checché ne pensino gli autori dei due articoli che abbiamo commentato.
    Ciao, Donato.
    p.s. http://iopscience.iop.org/article/10.1088/1748-9326/aaf342/meta
    http://iopscience.iop.org/article/10.1088/1748-9326/aaf372#erlaaf372f1

  6. Massimo Lupicino

    Se il pianeta Terra dovesse precipitare in una glaciazione e gli iceberg bloccare il canale d’Otranto, si troverebbe comunque una revisione dei dataset in grado di spiegare che il trend resta al rialzo e i modelli ci hanno sempre preso benissimo.

    Il peccato è originale: o si parte da un punto di riferimento preciso, e IMMUTABILE (alias i rilevamenti del passato, presi per quello che erano, e accettati come tali), oppure si massaggiano i dati del passato con pretesti dei più svariati. In quest’ultimo caso il riferimento assoluto e invariabile diventa l’output del modello. Si è scelta questa seconda strada, una strada che con la scienza non ha niente da spartire.

  7. Fabrizio Giudici

    Il consenso è come il popolo: quando dice cose che fanno comodo si esalta, negli altri casi va cambiato.

  8. robertok06

    Naomi Oreskes co-autrice???
    Ma per favore….

  9. robertok06

    Caro Guido,
    Il link a Science Daily porta a questo…

    “Forecasters may be looking in wrong place when predicting tornadoes”

    … dove non parlano di temperature… e pausa…

    • Link corretto Roberto, grazie.
      gg

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