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Freddo, Caldo e Climate Change senza prospettive

Leggo da una scheda di approfondimento di una pubblicazione scolastica che “L’urgenza di trovare un sistema scientificamente rigoroso per rappresentare lo spazio si fece più pressante nel Quattrocento”. Si parla di pittura, ovviamente, e del geniale lavoro del Brunelleschi con cui “si ebbe la prima incontestata (dai contemporanei e fino a oggi) definizione della nuova scienza della rappresentazione: la prospettiva“.

Un mondo quindi che esigeva, ed esige, di essere rappresentato in modo scientificamente rigoroso. Nel linguaggio comune, il termine prospettiva, mutuato dal suo significato originale, implica la postura di guardare alle cose da diversi punti di vista ma, sempre con lo scopo di andare in profondità, di esporre con rigore e chiarezza se si tratta di spiegare, di analizzare con rigore se si tratta di comprendere.

Questa postura, purtroppo, in materia di scienza del clima sembra proprio non essere più di moda. Veniamo da un inizio d’anno in cui, puntualmente, nell’emisfero nord si è fatto sentire l’inverno e in quello sud ha dato grande prova di se l’estate, con la formidabile ondata di freddo nell’America del Nord e l’onda di calore patita in Australia. Abbandonati ormai da tempo la prudenza e il pudore, più o meno tutti gli esperti del settore, veri, presunti o in prestito, si sono da un lato affannati a fornire una giustificazione in chiave clima impazzito per le evoluzioni del Vortice Polare che ha portato il freddo sugli USA, e dall’altro applicati per fornire comunque la notizia di compensazione: farà pure freddo di qua, ma sapeste che caldo fa di là…

Bene, se la teoria del “freddo che viene dal caldo” è a dir poco decisamente debole in termini scientifici, l’attribuzione al Global Warming dell’onda di calore in Australia ha, almeno in apparenza, decisamente buon gioco, non fosse altro perché almeno si tratta di un evento che ha a che fare con il caldo. Ma, anche in questo caso, è tutta questione di prospettive. Perché, tanto per cambiare, il tempo non è il clima, freddo o caldo che sia.

Ci aiuta a capirlo con la solita efficacia di chi è abituato a guardare le cose in profondità lo scienziato Roy Spencer, che ha pubblicato un breve ma efficace post sul suo blog. Vediamo.

Alcune zone del pianeta, come parte dell’Australia e dell’Africa, hanno climi aridi e semi-aridi perché si trovano in zone dove, normalmente, persistono moti d’aria discendenti che risultano tali per la distribuzione della massa atmosferica e per la presenza, nelle aree limitrofe, di intensi moti d’aria ascendenti, quelli per intenderci da cui scaturiscono i temporali, che hanno il compito di portare verso l’alto il calore riemesso dalla superficie nelle dinamiche del bilancio radiativo delle aree sub-tropicali. Bene, l’aria che scende, inibisce la formazione delle nubi, favorendo quindi l’ingresso di una maggiore quantità di radiazione solare, comprimendo e al contempo riscaldando gli strati atmosferici più superficiali.

Che abbia fatto caldo, molto caldo, e che siano anche stati battuti dei record, è fuori discussione, ma forse la faccenda merita un approfondimento.

Durante l’onda di calore subita da una parte dell’Australia, erano presenti, quasi tutto intorno al continente, intensi moti ascendenti, per il passaggio dell’onda convettiva equatoriale (Madden Julien Oscillation), nelle fasi 4, 5 e 6, come dimostrano le figure qui sotto:

Schema MJO
Zone MJO
MJO 27 Dicembre – 4 Febbraio, fonte BOM http://www.bom.gov.au/climate/mjo/

Quindi, basta guardare l’immagine delle anomalie di temperatura per l’Australia e l’oceano ad essa circostante durante l’onda di calore, per notare come quasi tutto il mare attorno sia stato per gennaio in anomalia negativa, a causa dei sistemi convettivi presenti sul mare. Questi non solo hanno generato i moti discendenti sulla terraferma, ma con le loro piogge hanno rilasciato il calore latente che ha contribuito ad esacerbare l’onda di calore.

Aggiungi a tutto questo il non trascurabile fatto che si trattava del picco dell’estate, ed ecco che attribuire le anomalie fredde al tempo e quelle calde al clima che cambia, è, appunto, incapacità o mancanza di volontà di guardare le cose nella giusta prospettiva.

Se si tratti di essere dei cialtroni o di perseguire un’agenda non lo so, ma ho qualche sospetto.

Enjoy.

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Published inAttualitàMeteorologia

7 Comments

  1. Rocco

    anomalia non significa niente!
    avrebbe senso se ci fosse un valore stabile a cui far riferimento, ma questo valore non esiste.
    E’ un artificio lessicale più che matematico: è la media di tutte le anomalie.
    Se il periodo fosse di 50 anni invece che di 30, quei valori “anomali” (che volgarità!) sarebbero diversi, ma anche se il periodo fosse lo stesso ma dal 1971 al 2000, le anomalie sarebbero diverse. Qual’è il valore della deviazione standard della curva a campana formata dai valori del periodo? BOHHHHHH e quindi di cosa si parla? Di belle mappe colorate, ma di nessun significato reale e scientifico.
    L’utilità consiste solamente nel far dibattito, nel far politica.
    La climatologia, è una pseudoscienza utile a creare consenso, ma di nessun valore predittivo ed utilitaristico.
    Lo abbiam o visto ed udito: il freddo è colpa del caldo, il caldo è colpa della CO2, la CO2 è colpa dell’uomo… il problema è l’uomo che volente o nolente deve mangiare. E c’è chi per mangiare si è inventato l’IPCC (non una organizzazione scientifica, ma una organizzazione intergovernativa nata in una sede non governativa, l’ONU)

  2. robertok06

    @diego

    “Ora: è chiaro che l’ondata di calore è il risultato di fattori meteorologici, ma questi stessi fattori sono influenzati da un trend che ha una direzione inequivocabile: quella del riscaldamento globale che aumenta la probabilità che si verifichino fenomeni estremi su scala locale (anche di segno opposto a quello australiano, cioè freddo intenso, questi ultimi in futuro sempre meno frequenti).”

    Certo, come no!… lo dicono i modelli!!!

    È lo stesso ragionamento che fa quello che ha scritto l’articolo su Esquire, citato nel banner Twitter qui a fianco…

    https://www.esquire.com/it/lifestyle/tecnologia/a26173743/riscaldamento-globale-freddo/

    “Concretamente, sappiamo che esiste una relazione tra riscaldamento dell’Artico ed eventi freddi nell’emisfero Nord. Il motivo preciso non lo sappiamo – abbiamo già detto che il clima è una cosa maledettamente complicata?”

    Concretamente sanno (“loro”, gli illuminati al 97,7%) che esiste una relazione… “ma il motivo preciso non lo sappiamo”… ????… scusa??? Dicevi????
    La frase prima lo sapete, quella seguente no???
    C’avete un feeling?… Fondi di caffè?? Sfere di cristallo? Una visita di tanto in tanto al mago Otelma???… e sono tutti concordi???

    E voi vorreste essere presi sul serio???

    Ma mi faccia un piacere… trovarsi un lavoro degno di tale nome e pedalare.

  3. Diego

    tutto il ragionamento è viziato dalla confusione tra clima e meteo. Ora: è chiaro che l’ondata di calore è il risultato di fattori meteorologici, ma questi stessi fattori sono influenzati da un trend che ha una direzione inequivocabile: quella del riscaldamento globale che aumenta la probabilità che si verifichino fenomeni estremi su scala locale (anche di segno opposto a quello australiano, cioè freddo intenso, questi ultimi in futuro sempre meno frequenti).

    Immagine allegata

    • Ah ok, e questo da cosa si capisce? Cioè, fonti, numeri, fatti?

  4. Alessandro

    Qui siamo al 15 febbraio e sia a -6°C -8°C di anomalia di temperature:

    Immagine allegata

  5. Rocco

    Vorrei fare una domanda?
    Come mostra l’immagine tratta da http://ds.data.jma.go.jp/tcc/tcc/products/clisys/STRAT/, la temperatura della stratosfera è di molto al di sotto della media (per quanto ritengo che utilizzare la media in un sistema dinamico complesso sia fuorviante, in quanto il clima ed il meteo non sono mai stabili e parlare di anomalie è allo stesso modo errato e confusionario, scientifico quanto le scienze umanistiche), cosa accadrà se ci sarà un improvviso riscaldamento della stratosfera?
    Porterà freddo ancora più intenso alle basse latitudini?

    Immagine allegata

    • Rocco, per quanto definiti “sudden” gli eventi di riscaldamento della stratosfera polare sono comunque il risultato di un processo lungo e riconoscibile, quindi, seppur imprevedibili nel lungo termine (anni) sono ipotizzabili nel breve medio termine ( stagioni), proprio come quello appena terminato. Così il loro contrario, che poi è parte dello stesso processo: quel che arriverà, nel medio termine, è un raffreddamento della stratosfera polare, prima che arrivi il riscaldamento finale stagionale a fine marzo. Ergo, salvo imprevisti, di freddo intenso alle medie latitudini non dovrebbe essercene, anche se la situazione non è chiarissima nel breve, cioè per la fine di questo mese.
      gg

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