Salta al contenuto

La Carenza di precipitazioni sull’Italia Analizzata con l’Ausilio di Serie Storiche di Lunga Durata

di Luigi Mariani e Franco Zavatti

L’inverno 2018-2019 è stato anormalmente povero di precipitazioni. L’analisi delle serie storiche condotta ci permette di affermare che non si tratta finora di un’anomalia senza precedenti in quanto casi analoghi o più drastici sono presenti in tutte le serie storiche analizzate. Ciò detto occorre tuttavia seguire con attenzione l’evoluzione meteorologica delle prossime settimane augurandoci che la primavera faccia il suo dovere.

Il fenomeno in esame e le sue cause circolatorie

Da più parti giungono allarmi in merito alla scarsa quantità di precipitazioni  registrata negli scorsi mesi.

Dal punto di vista circolatorio il fenomeno si spiega con il lungo persistere di un anticiclone di blocco sul vicino Atlantico che ha impedito l‘accesso alla nostra area alle perturbazioni atlantiche. Tale situazione è bene illustrata dalla topografia del livello di pressione di 850 hPa e dalla carta delle isoanomale (figure 1 e 2).

Figura 1- Topografia media del livello di pressione di 850 hPa dal 1 dicembre 2018 al 28 febbraio 2019.
Figura 2- Anomalia media in altezza del livello di pressione di 850 hPa dal dicembre 2018 al 28 febbraio 2019.

Analisi basata su serie storiche

Per verificare in modo speditivo il livello di anomalia del fenomeno abbiamo svolto alcune elaborazioni riferite a serie storiche secolari italiane cui sono state aggiunte quella di Basilea di Meteosvizzera per vedere quel che accade aldilà delle Alpi, e anche per tirarsi un po’ su di morale lavorando una volta tanto con serie storiche con carattere di regolarità e buona qualità. Le serie italiane provenienti da osservatori storici sono state integrate per gli  anni più recenti con dati prodotti dai servizi meteorologici regionali o dalle stazioni sinottiche della rete GSOD o ancora da misure eseguite da noi stessi per Milano e Bologna. Il recupero e l’integrazione di tali dati è stato tutt’altro che banale e non sono da escludere errori. Al riguardo saremo grati a chi ce li vorrà segnalare.

Per attribuire un significato più concreto all’analisi condotta, la stessa è stata riferita alla somma delle precipitazioni cadute nel periodo di 5 mesi compreso fra ottobre e marzo. Tale scelta si lega al fatto che con ottobre iniziano a ricaricarsi le riserve idriche dei suoli dopo la fase siccitosa estiva e ha inizio il cosiddetto anno idrologico.

I totali sono stati limitati agli anni per i quali si disponeva di tutti i valori per i 5 mesi considerati e, ove ciò non fosse, il totalizzato è stato sostituito dal codice di sostituzione 9999. Il totalizzato è stato attribuito all’anno del mese finale, per cui ad esempio il totale dei 5 mesi compresi fra ottobre 1878 e febbraio 1879 sono assegnati  al 1879.

Le stazioni considerate per l’analisi sono elencate in tabella 1 ove si mostra anche la consistenza della serie storica a noi disponibile per ognuna di esse.

Nella tabella 2 si presenta la carta della percentuale degli anni con precipitazione inferiore a quella del 2019, per cui ad esempio un valore inferiore al 10% (aree in giallo e arancio) indica che meno di 10 anni ogni 100 sono stati meno piovosi del 2019.  Gli stessi dati sono stati spazializzati ottenendo la carta in figura 3, per una corretta interpretazione della quale occorre considerare che la figura è stata realizzata  con stazioni (indicate dalle crocette) in numero più elevato al centro-nord rispetto al mezzogiorno, rappresentato solo da Cagliari e Palermo (in futuro speriamo di ampliare il nostro dataset rendendo più omogenea la copertura).

Figura 3 – Carta della percentuale di anni in cui le stazioni di base (le cui localizzazioni sono indicate dalle crocette) presentano precipitazioni inferiori a quella del 2019. Le aree con colori dal giallo all’arancio sono quelle con maggiore anomalia pluviometrica

Dai dati in tabella 2 e figura 3 si evidenzia in particolare  che:

  1. In nessuna stazione considerata si configura per il momento un’anomalia secolare nel senso che situazioni più sensibili di anomalia negativa si sono già registrate in passato.
  2. I dati più consistenti di anomalia (aree in giallo e arancio) sono riscontrati in Emilia Romagna, Sicilia, Liguria, Toscana orientale e Marche settentrionali.
  3. La scarsa precipitazione registrata a Genova fa pensare a una scarsa attività del minimo del golfo Ligure, la cui genesi è responsabile del prolungarsi delle fasi piovose innescate dal transito delle saccature atlantiche.

Per ottenere un maggiore dettaglio spaziale si è sviluppata anche la carta in figura 4  che copre un arco temporale assai più breve di quello considerato per la carta in figura 1 ma presenta una risoluzione spaziale molto più dettagliata, essendo stata realizzata con dati provenienti da 202 stazioni della rete GSOD (le cui localizzazioni sono indicate dalle crocette e la cui qualità non è in molti casi particolarmente buona). Si noti ad esempio come aumenta la variabilità spaziale nel mezzogiorno rispetto a quanto si vede in figura 3. Si noti anche che lo stato delle riserve idriche è più problematico su Emilia centro orientale e Romagna,  Sicilia Occidentale, Sardegna sud-orientale, Marche, Abruzzo, Molise e Puglia settentrionale.

Figura 4 – Carta dello stato delle riserve idriche per i suoli a vigneto con ottima capacità di ritenzione idrica, aggiornata al 28 febbraio 2019.

Conclusioni

Non siamo al momento di fronte ad un evento che non ha precedenti, nel senso che in ogni stazione considerata abbiamo evidenziato diversi eventi di carenza precipitativa con caratteristiche più drastiche rispetto a quello in corso. La situazione è tuttavia meritevole di esser seguita con attenzione, con l’auspicio che i mesi di aprile e maggio, di norma forieri di precipitazioni consistenti specie al centro-nord, possano ripristinare le riserve idriche dei suoli ove le stesse sono più ridotte.

Tabella 1- Anagrafica delle stazioni storiche considerate per valutare il livello di anomalia pluviometrica per il periodo fino al febbraio 2019.
Tabella 2 – numero di anni meno piovosi rispetto al 2019 (valore assoluto e valore percentuale) e confronto con la norma del dato pluviometrico 2019.
Tabella 3 – I dieci anni meno piovosi di ogni serie storica per il periodo ottobre – febbraio. IL 2019 è presente solo nelle serie di Bologna (9° posto), Genova (8° posto) e Pesaro (10° posto).
Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...Facebooktwitterlinkedinmail
Published inAttualitàClimatologia

10 Comments

  1. FabioC.

    Spero questo post sia ancora sotto osservazione, visto che ho una domanda per gli autori.

    Vorrei portare avanti un progetto di analisi dati per capire se davvero è aumentata la frequenza dei rapidi rivolgimenti meteo – ad es. se a periodi eccezionalmente secchi fanno seguito periodi eccezionalmente piovosi.

    Vedo però che le serie pluviometriche usate in questo lavoro sono a cadenza mensile. Serie a cadenza giornaliera per un periodo che vada almeno dal 1960 ad oggi sono disponibili presso qualche banca dati?

  2. Federico C.

    Interessante. Finalmente una spiegazione di cosa sta succedendo (“… il lungo persistere di un anticiclone di blocco sul vicino Atlantico che ha impedito l‘accesso alla nostra area alle perturbazioni atlantiche”) e su come inquadrare il tutto in prospettiva storica.
    Sui TG solo servizi allarmanti – una volta tanto con qualche ragione – sulle condizioni dei fiumi, e mai un approfondimento, se non i soliti riferimenti al global warming…
    Grazie

  3. Alessandro

    Potete delucidarmi sulla qualità delle serie di meteosvizzera? Avete trovato cattiva qualità delle altre serie esclusa la serie di Basilea? Grazie

  4. Luigi Mariani

    “Ho letto infatti (confermate voi che sapete più di me) che uno strato superficiale di terreno secco – i primi 20-30 cm – aumenta la probabilità di temperature massime eccezionalmente elevate.”

    Premetto che non basta ragionare di 20-30 cm in quanto una vegetazione ben sviluppata esplora strati di maggiore spessore (40-80 cm per un tappeto erboso, 1 m o giù di lì per molte colture erbacee, oltre 1 m per piante arboree). Ciò detto, se lo strato di suolo esplorato dalle radici è privo di acqua utile per i vegetali gli stessi chiudono gli stomi e gran parte dell’energia ricevuta dal sole viene ceduta all’atmosfera in forma di calore sensibile (quello che si misura con il termometro), è dunque le temperature misurate sono più alte (specie le massime).
    Devo però aggiungere che le ondate di caldo non sono solo frutto del più intenso irraggiamento che si registra nelle aree anticicloniche ma anche di:
    – avvezione di aria torrida subtropicale
    – effetto di compressione nell’anticiclone per aria in caduta all’interno dello stesso.

  5. Meteoclima

    Grazie a Luigi Mariani e Franco Zavatti per la interessante ed approfondita analisi pluviometrica che ci riporta con i “piedi per terra” sulla unicità delle anomalie. Mi chiedevo se potesse essere utile, per il medesimo periodo analizzato per le precipitazioni considerare anche il comportamento termico, questo per vedere come a condizioni di assenza di precipitazioni hanno risposto le temperature anche per ricavarne considerazioni sull evapotraspirazione Mi aspetterei anomalie positive specie per le massime.
    Grazie ancora, simone

  6. robertok06

    @alessandro2

    “uno strato superficiale di terreno secco – i primi 20-30 cm – aumenta la probabilità di temperature massime eccezionalmente elevate.”

    … ma poca umidità nel terreno diminuisce le temperature percepite, e il loro effetto sulla salute umana:

    https://www.nature.com/articles/s41598-017-07536-7

  7. Simone Parisi

    Grazie a Luigi Mariani e Franco Zavatti per la interessante ed approfondita analisi pluviometrica che ci riporta con i “piedi per terra” sulla unicità delle anomalie. Mi chiedevo se potesse essere utile, per il medesimo periodo analizzato per le precipitazioni considerare anche il comportamento termico, questo per vedere come a condizioni di assenza di precipitazioni hanno risposto le temperature. Mi aspetterei anomalie positive specie per le massime. Grazie ancora, simone

  8. Donato Barone

    Concordo pienamente con le conclusioni degli autori: la situazione pluviometrica in alcune aree italiane è seria, ma non critica.
    Analizzando i dati numerici, inoltre, noto che tra i dieci anni con maggiori carenze idriche individuati nelle varie stazioni, non si notano polarizzazioni limitate all’ultima decade o ventennio come accade, per esempio, con le temperature.
    Grazie a L. Mariani e F. Zavatti per aver fatto parlare i numeri! 🙂
    Ciao, Donato.

  9. Alessandro2

    Grazie davvero per la disamina, davvero ben svolta ed approfondita. Se da un lato ci conforta sulla non assoluta eccezionalità della situazione, dall’altro qui il “mal comune” non è “mezzo gaudio”: è anche vero che purtroppo l’eventuale perdurare della siccità anche nei mesi di aprile e maggio ormai prossimi aumenterebbe notevolmente le sofferenze dell’agricoltura e probabilmente preluderebbe ad un’estate più calda della media. Ho letto infatti (confermate voi che sapete più di me) che uno strato superficiale di terreno secco – i primi 20-30 cm – aumenta la probabilità di temperature massime eccezionalmente elevate.

Rispondi a Donato Barone Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Categorie

Termini di utilizzo

Licenza Creative Commons
Climatemonitor di Guido Guidi è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale 4.0 Internazionale.
Permessi ulteriori rispetto alle finalità della presente licenza possono essere disponibili presso info@climatemonitor.it.
scrivi a info@climatemonitor.it
Translate »