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La complessa e variegata realtà degli osservatori meteorologici storici del Paese

Ricevo questa nota dagli amici Luigi Iafrate e Maria Carmen Beltrano. Chi si occupa professionalmente di meteorologia e di clima sa bene che le serie storiche sono le fondamenta della conoscenza, perché non c’è valutazione dell’attualità o proiezione per il futuro che possa prescindere dalla conoscenza del passato. Non solo, è obbligo assoluto che si faccia di tutto perché quel passato resti attuale, ossia perché i siti di osservazione restino nel tempo il più possibile invariati e, ove questo non sia oggettivamente possibile, ne sia annotata ogni modifica. Purtroppo così non è, come molti sanno, ma potrebbe esserci qualche cenno di risveglio. E’ per questo che vi consiglio vivamente la lettura del testo che segue, ringraziando di cuore gli autori per averlo voluto condividere con i nostri lettori.

Buona lettura.

La complessa e variegata realtà degli osservatori meteorologici storici del Paese

di Luigi Iafrate e Carmen Beltrano

La comunità scientifica internazionale attribuisce un interesse crescente ai dati meteorologici del passato, che rappresentano la base informativa certa da cui partire per studiare e comprendere i mutamenti climatici in atto. Per questo motivo, l’Organizzazione Meteorologica Mondiale (OMM), agenzia delle Nazioni Unite preposta al coordinamento internazionale delle attività di servizio e ricerca nelle scienze dell’atmosfera, ha deciso di promuovere programmi internazionali atti a valorizzare e incoraggiare il recupero e l’uso dei dati meteorologici storici[1], oltre che a salvaguardare gli osservatori centenari[2] che li hanno prodotti. Di qui il riconoscimento, nel 2018, da parte della stessa OMM, di stazione centenaria per ben sei osservatori italiani: Osservatorio del Collegio Carlo Alberto di Moncalieri (fondato nel 1859), Osservatorio Serpieri di Urbino (istituito nel 1850), Osservatorio Valerio di Pesaro (operativo dal 1861), Osservatorio Ximeniano di Firenze (fondato nel 1756, ma sistematicamente attivo dal 1813), Osservatorio di Roma Collegio Romano del Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’Analisi dell’Economia Agraria (CREA), operativo fin dal 1782[3] e l’Osservatorio di Vigna di Valle dell’Aeronautica Militare (fondato nel 1910).

Si tratta di osservatori di interesse scientifico altissimo, che sono solo una piccola rappresentanza dei numerosi osservatori meteorologici centenari presenti sul territorio italiano, il cui sviluppo, tra la seconda metà del Settecento e tutto l’Ottocento, pone l’Italia tra le Nazioni che dispongono di serie meteorologiche ultracentenarie di rilevante interesse per la comunità scientifica.

L’alto riconoscimento ai sei osservatori nazionali ha offerto lo spunto per trattare la questione dell’importanza dei dati meteorologici storici nel workshop “Gli osservatori meteorologici storici: dal recupero all’uso dei dati per gli studi sul cambiamento climatico”, che si è svolto lo scorso 22 marzo al Collegio Romano, organizzato, a latere delle celebrazioni della 69° Giornata Meteorologica Mondiale, dal CREA, sotto l’egida dell’Associazione Italiana di Scienze dell’Atmosfera e Meteorologia (AISAM) e con il supporto del Servizio Meteorologico dell’Aeronautica Militare (qui per la locandina dell”evento). Lo scopo dell’incontro è stato quello di sottolineare l’importanza scientifica che le lunghe serie di misure hanno per gli studi e le ricerche sul cambiamento climatico e di sollecitare la collaborazione tra le diverse istituzioni meteorologiche italiane, affinché assolvano all’imprescindibile compito di garantire la continuità operativa delle stazioni storiche nazionali e di preservare e valorizzare i dati meteorologici del passato, rendendoli fruibili all’intera collettività.

Gli osservatori che hanno ottenuto il prestigioso riconoscimento internazionale di stazione centenaria sono stati oggetto di una particolare indagine finalizzata ad analizzare le condizioni di funzionamento di ciascuno. I risultati hanno evidenziato l’esistenza di realtà operative fortemente diversificate e di elevate criticità, che potrebbero, nel futuro, compromettere la loro stessa esistenza. Essi operano infatti con differenti modalità: alcuni sono gestiti da enti pubblici, altri, invece, da organizzazioni private, come fondazioni e associazioni. Ciò comporta una gestione assai eterogenea del personale: in alcuni casi è fondamentalmente volontario, mentre, se dipendente da istituzioni pubbliche, la situazione è spesso problematica (specie se vi è un unico addetto), per la scarsa sensibilità dell’amministrazione al turnover. Tutte e sei le stazioni afferiscono a reti di monitoraggio, sebbene a scale differenti (regionali o nazionali). In tutti i casi, gli strumenti e i sensori sono periodicamente sottoposti a verifiche di funzionalità e ciò garantisce la qualità dei dati rilevati, sebbene l’uso degli stessi sia assai vario e quasi esclusivamente circoscritto ai soli enti che ne hanno la gestione. I dati rilevati sono utilizzati in tempo reale per fini previsionali e di modellistica per alcuni osservatori soltanto, mentre la loro disponibilità immediata per il pubblico, tramite pubblicazione su web, è molto limitata. Per non parlare, poi, dei dati storici, che sono accessibili solo parzialmente!

L’indagine, per ora circoscritta alle sei stazioni centenarie, ha evidenziato, dunque, l’esistenza di realtà piuttosto complesse e incerte.

La sopravvivenza di questi ed altri osservatori storici nazionali e il recupero e l’utilizzo dei dati meteorologici del passato, che tanto interesse hanno per la ricerca climatologica, dipendono, in ogni caso, dalla volontà degli enti di appartenenza di sostenerne l’onere. Il principale elemento di rischio per la continuità operativa degli osservatori antichi va ricercato nella frammentarietà dei servizi meteorologici del Paese: una realtà istituzionale che impedisce di affrontare, in maniera unitaria, le problematiche di gestione del singolo osservatorio. Per superare l’annoso problema si rende necessaria un’azione di coordinamento tra le diverse istituzioni del settore! Un coordinamento teoricamente affidato alla nascente Agenzia nazionale ItaliaMeteo, che dovrà svolgere funzioni e compiti conoscitivi, tecnico-scientifici e di gestione operativa nel settore della meteorologia e climatologia del Paese. Ma solo se ItaliaMeteo avrà consapevolezza dell’importanza delle stazioni storiche, si potrà sperare nella continuità del loro contributo all’osservazione del tempo e allo studio del clima!

Un elemento importante che accomuna i sei osservatori centenari ed altre stazioni storiche italiane è dato dal fatto che i loro dati sono riversati, in automatico o mediante digitalizzazione manuale (data entry), nella Banca Dati Agrometeorologica Nazionale (BDAN) del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari, Forestali e del Turismo (MiPAAFT)[4]. Pertanto, tale BDAN potrebbe rappresentare il nucleo primario di un database climatico nazionale governativo che, reso fruibile alla comunità scientifica, sarebbe in grado di offrire dati meteorologici storici di grande utilità per le ricerche del settore. In tal modo, la tradizione agrometeorologica del Mipaaft potrebbe assumere un ruolo sostanziale per le attività e i servizi di climatologia che rappresentano uno dei nodi centrali dell’Agenzia ItaliaMeteo.

Per concludere, tornerebbe molto utile alla meteorologia nazionale estendere l’indagine condotta sulle sei stazioni centenarie anche agli altri numerosi osservatori antichi del Paese, in vista di definire, con accuratezza, lo stato dell’arte sul funzionamento e sulla rappresentatività di questi importantissimi baluardi di osservazione del tempo e del clima.

_____________________

[1] https://public.wmo.int/en/resources/meteoworld/international-data-rescue-i-dare-portal

[2] https://public.wmo.int/en/our-mandate/what-we-do/observations/centennial-observing-stations

[3] Dal 1998 è anche sito di monitoraggio della Rete Agrometeorologica Nazionale del Mipaaft.

[4] Si tratta di un repository che contiene dati e statistiche agrometeorologiche rilevate / calcolate delle stazioni della Rete Agrometeorologica Nazionale (RAN), delle reti del Servizio Meteorologico dell’Aeronautica Militare e di alcune stazioni delle reti agrometeorologiche regionali. La BDAN è in continuo aggiornamento (orario) e contiene dati principalmente dal 1951. Vi sono per di più archiviate le serie storiche centenarie di temperatura e precipitazioni (dal 1862) di circa 25 osservatori dell’Ufficio Centrale di Ecologia Agraria (oggi confluito nel CREA). Nella BDAN sono archiviati giornalmente i dati meteorologici ricostruiti e di previsione a 6 giorni, relativi ad una griglia georiferita all’intero territorio nazionale (dimensione media celle: 10 Km).

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Published inAttualitàClimatologiaMeteorologia

Un commento

  1. E’ importantissimo che ci sia (o ci possa essere) un servizio centrale di coordinamento delle osservazioni meteorologiche che magari possa anche rendere i dati delle diverse stazioni in un formato omogeneo e disponibili a chiunque via rete.
    Purtroppo è possibile che la nascente Agenzia nazionale ItaliaMeteo venga quanto prima privata dei fondi necessari al funzionamento (ci sarà sicuramente qualche crisi) e che nel suo futuro ci sia la solita burocratizzazione con conseguente sito web praticamente inaccessibile, salvo per le comunicazioni burocratiche (cioè quelle formali che interessano gli uffici). Purtroppo sono pessimista, ma ugualmente auguro all’Agenzia una vita lunga e felice per gli utenti. Grazie agli autori per aver informato i lettori di CM. Franco

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