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Le piogge autunnali ed il cambiamento climatico secondo i media

Seguire i media in questo periodo è molto difficile. Si erano appena affievoliti gli echi relativi all’eccezionalità del mese di ottobre (il più caldo di sempre, ovviamente) che sono iniziate le lamentazioni relative al mese di novembre.
Viaggio abbastanza spesso ed utilizzo il tempo trascorso in auto per tenermi al corrente con gli eventi di interesse generale. Seguo quasi esclusivamente i programmi di informazione delle reti radiofoniche RAI, per cui la mia potrebbe essere un’impressione un po’ parziale, ma seguendo qualche programma televisivo trasmesso da reti diverse dalla RAI, il discorso non cambia più di tanto.

Mi riferisco, ovviamente, alle vicissitudini meteorologiche che hanno monopolizzato l’attenzione dei media in questa prima metà di novembre. Mercoledì mattina mi capitò di ascoltare la trasmissione radiofonica “Cento città” su Radio uno. Si parlava delle condizioni meteorologiche nell’Italia meridionale ed a Venezia. I conduttori del programma hanno mandato in onda svariate interviste di amministratori locali (sindaci, assessori regionali, ecc.) oltre che dirigenti dei servizi di protezione civile locale e semplici cittadini. Iniziai a seguire la trasmissione poco prima che prendesse la parola una ricercatrice del CNR. Confesso che l’analisi della scienziata, mi lasciò un poco interdetto: nonostante gli assist dei conduttori, ella si guardò bene dall’invocare i cambiamenti climatici quale causa delle mareggiate, dei temporali, dei nubifragi e delle ondate di marea in corso. In maniera estremamente corretta imputò tutto ai fenomeni circolatori in atto e tipici del periodo.

Subito dopo fu intervistato un assessore regionale della Basilicata che riferì del nubifragio che aveva provocato gravi danni a Matera. Si parlava di strade trasformate in torrenti, di pavimentazione stradale divelta, di muretti crollati e di infiltrazioni d’acqua che avevano gravemente danneggiato il nuovissimo palazzetto dello sport cittadino. L’assessore assecondò le aspettative dei conduttori, rispondendo affermativamente alle loro sollecitazioni circa le cause del fenomeno: i cambiamenti climatici in corso. La cosa buffa di tutta la vicenda sono state alcune considerazioni dell’intervistato che consentivano di spiegare in modo del tutto diverso la violenza dei fenomeni ed i danni alle strutture. L’assessore ci informava, infatti, che il centro storico di Matera è situato a quota inferiore rispetto alla città moderna. Tutte le acque piovane raccolte dai piazzali e dalle aree pavimentate della città di Matera, pertanto, dovendo necessariamente andare verso il basso, invadevano la città vecchia. Queste le parole dell’assessore. Per chi ascoltava la conclusione non poteva essere che una sola: i disastri descritti, non erano imputabili alle piogge in corso, ma alle sciagurate trasformazioni urbanistiche del territorio che avevano trasformato i Sassi di Matera, nel punto di recapito delle acque piovane della città moderna.

E’ ovvio, pertanto, che i fenomeni descritti erano “senza precedenti”. Nel passato non esisteva la città di Matera cosiddetta moderna, ma solo i Sassi, per cui essi non potevano essere invasi dai fiumi d’acqua dei giorni nostri in quanto le acque piovane erano assorbite dai terreni che si trovavano al posto delle strade, delle piazze e dei piazzali della città moderna.

Per quel che riguarda il nuovissimo palazzetto dello sport, il discorso è fondamentalmente diverso: lo hanno progettato e realizzato male, altrimenti le infiltrazioni d’acqua non ci sarebbero state, così come non ci sarebbero stati i danni. Come si vede il cambiamento climatico con quanto accaduto a Matera c’entra come i classici cavoli a merenda, nonostante i tentativi dei conduttori di renderlo protagonista esclusivo degli eventi.

La vicenda divenne grottesca, però, quando prese la parola il sindaco di Gallipoli. I premurosi conduttori si affrettarono a sollecitare l’amministratore circa l’eccezionalità delle piogge e dei venti che avevano colpito la perla del Salento. Ciò allo scopo di sferrare il colpo decisivo relativamente alla natura climatica dell’evento. Gli andò male, però. Il sindaco con tono pacato rispose dicendo che i danni alla sua città non erano da imputare affatto alla violenza dei fenomeni atmosferici che, tutto sommato, potevano essere considerati del tutto normali: niente trombe d’aria o bombe d’acqua, insomma, ma normalissime piogge e venti autunnali. Il problema era stato il mare. Le onde avevano sferzato le coste della penisola di Gallipoli, permettendo alle acque del mare di invadere case ed attività economiche. Anche in questo caso normalissime piogge e venti autunnali, nulla di eccezionale o di mai visto in precedenza.

Senza perdersi d’animo i due conduttori introdussero l’intervista ad un amministratore calabrese o dirigente della protezione civile, non ricordo bene, ma conta poco, molto più importante è quanto egli disse. Sulla Calabria è caduta una quantità di pioggia eccezionale e senza precedenti, dicono i conduttori. L’intervistato conferma che in Calabria aveva piovuto per circa dodici ore filate, ma le piogge, pur registrando valori cumulati imponenti (tra un quarto ed un quinto del totale cumulato annuale) erano state tali da non procurare alcun danno. Aveva piovuto come normalmente piove nel mese di novembre ed i corsi d’acqua avevano egregiamente consentito alle acque di defluire verso i loro recapiti naturali. Ancora una volta normali piogge autunnali.

Ampio spazio fu riservato a Venezia, ma su questo tema già si è espresso in modo esaustivo e condivisibile l’amico M. Lupicino nel suo post pubblicato qui su CM nei giorni scorsi, per cui evito ulteriori considerazioni.

Io sono ingegnere, di quelli che dovrebbero fare a cani e gatti con i geologi o che dovrebbero appiccicare le forchette al bicchiere con il nastro adesivo, per simulare quanto fanno i fisici con i principi scientifici. Invece io sono sempre andato d’accordo con i geologi e con le leggi della fisica: con i primi perché fondo buona parte del mio lavoro sulle loro relazioni, con le seconde perché cerco di spiegarle ai miei alunni. Non sempre le ciambelle riescono con il buco, ma io comunque ci provo! (Spero mi consentiate un po’ d’ironia: non fa male e contribuisce ad alleggerire il discorso).

In tutte le centinaia di relazioni geologiche che ho letto in oltre trent’anni di professione, ho sempre trovato scritto che le precipitazioni nell’Italia Meridionale si concentrano nel periodo autunnale e primaverile. In inverno ed in estate non piove o piove poco. Ciò in base alle serie pluviometriche ufficiali e pacificamente accettate dalla comunità scientifica. Eppure ci si meraviglia che in autunno piova. Ci si meraviglia che in poche ore cada un quarto della pioggia che cade in un anno, senza procurare, tra l’altro, alcun danno. Bisognerebbe meravigliarsi se ciò accadesse nel mese di agosto o di gennaio, non del fatto che accada nel mese di novembre, ovvero in pieno autunno, ovvero nel periodo in cui deve cadere quasi la metà della pioggia annuale.

Lo scopo di tutto questo è quello di illustrare la dinamica perniciosa che caratterizza il dibattito attuale sulle problematiche ambientali e, soprattutto, climatiche. Sembra ormai diventato obbligatorio attribuire tutto e solo al cambiamento climatico di origine antropica e, quindi, al terribile diossido di carbonio emesso dai perfidi esseri umani. Ogni conduttore di programma televisivo o radiofonico, ogni autore di articolo di giornale, ogni inviato speciale sui luoghi del disastro, ogni esperto intervistato, fa del riferimento al cambiamento climatico quale causa di tutti i mali del mondo, un punto d’onore e di merito. Il colmo oggi (venerdì) nel corso di Tagadà (La 7). La conduttrice intervista un economista chiamato a parlare della crisi dell’ILVA di Taranto. Siccome si era parlato, fino a quel momento, di Venezia e di acqua alta, la conduttrice cerca di collegare i due discorsi, paragonando la fragilità economica a quella geologica del nostro derelitto Paese. Non ci crederete, ma l’esperto economico esordisce dicendo che come gli effetti deleteri sulla stabilità geologica del Bel Paese sono amplificati dal cambiamento climatico che, quindi, esacerba il deficit strutturale che lo caratterizza, allo stesso modo la crisi dell’ILVA è esacerbata dalle mutate condizioni del mercato dell’acciaio ecc., ecc., ecc.. Ho cambiato canale di corsa bersagliando il malcapitato esperto con i peggiori improperi.

Non è arrivato ad imputare al cambiamento climatico la crisi dell’ILVA, ma perché introdurre il suo discorso con un riferimento al cambiamento climatico? Perché fa fico, ovviamente.

E con questo non posso far altro che concordare con chi, dalle pagine di questo blog, ha puntualizzato che il dibattito sulle problematiche climatiche non ha più nulla di scientifico, ma è solo ed esclusivamente un dibattito ideologico, in cui la parte del leone la fanno gli opinionisti più diversi ed improbabili. Come i conduttori di Caterpillar (Radio due) che sempre venerdì pomeriggio hanno “dimostrato” che il cambiamento climatico è reale sulla base del fatto che a Venezia, dal 1872 ad oggi, non si erano mai verificate due maree di oltre 150 cm sul livello medio del mare (o medio mare, secondo un altro “autorevole” reporter) in una settimana.

Dati statistici, probabilità, fasce di incertezza, serie mareografiche, serie termometriche, dati di prossimità, dati misurati, fisica dell’atmosfera, termodinamica, fluidodinamica e chi più ne ha, più ne metta, non servono più a nulla. Il cambiamento climatico di origine antropica è reale perché così hanno deciso conduttori televisivi, radiofonici, giornalisti, politici e via cantando. Parafrasando quello che si diceva una volta, con riferimento alla politica, oggi potremmo dire che in campo climatico è tempo di nani e ballerine.

E in questo contesto come si collocano gli scienziati? Esemplare è il caso di un noto fisico dell’atmosfera con cui ho avuto modo di interloquire anche su queste pagine. Oggi (sempre venerdì) intervistato su non so quale canale circa le cause antropiche del maltempo autunnale, ha detto, tra l’altro, che il fatto che la scienza abbia “accertato” (enfasi mia) che l’uomo sia responsabile del cambiamento climatico, è una buona notizia: ciò consente, infatti, di modificare il corso degli eventi modificando il nostro comportamento. Sarebbe stato peggio se avessero accertato che tutto dipendeva da cause naturali: non avremmo potuto fare niente per impedire il cataclisma incombente.

A me sembra che nessuno fino ad ora sia stato in grado di dimostrare la natura esclusivamente antropica del riscaldamento globale ed annesso cambiamento climatico o crisi climatica che si voglia dire. Io sono dell’avviso che buona parte degli eventi atmosferici in corso sia di origine esclusivamente naturale e non fare niente per mitigarne gli effetti, cullandosi nell’illusione che riducendo le emissioni, saremo in grado di ridurre o eliminare la violenza degli eventi meteorologici, è la principale colpa del 97% degli scienziati mondiali. Spero con tutto il cuore di sbagliarmi, ma non credo.

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Published inAttualitàMedia Monitor

20 Comments

  1. Paolo M.

    Caro Donato, un unico appunto sulle relazioni geologiche da te accennate.

    Che nel meridione piova di più in autunno e primavera non corrisponde alle relazioni meteorologiche.

    A me risulta che le stagioni più piovose nel meridione siano proprio l’inverno e anche l’autunno.

    • donato b.

      Caro Paolo, relata refero. 🙂
      Comunque dopo aver letto il tuo commento, mi sono ricordato di una discussione avuta con mio padre novantenne. Qualche tempo fa, commentando le inclemenze meteorologiche, gli ho detto che pioveva di più in primavera ed in autunno. Mi ha corretto dicendo che non era vero perché, in base alla sua esperienza (ex muratore) piove di più in autunno ed in inverno. Almeno pioveva …. 🙂
      Conferma, pertanto, le tue considerazioni. La differenza è che lui lo fa su base aneddotica, tu sulla base dei dati meteorologici.
      Ciao, Donato.

  2. giovanni geologo

    Caro Donato concordo in pieno con quanto hai scritto sullo stato della cosiddetta informazione. E dico anche che in Svizzera e Francia, paesi dei quali ho delle percezioni dirette, la situazione mainstream non é migliore di quella italiana, anzi. Inoltre per estrapolazione immagino che sia la stessa cosa in gran parte dei paesi cosiddetti “occidentali”.
    Purtroppo come il supposto riscadamento anche la (dis)informazione ha un qualcosa di omogeneamente globalizzato, come se ci fosse una regia superiore transnazionale spesso evocata da persone che poi sono marchiate come “complottiste”. ( e personalmente ritengo che spesso, ma non sempre, il mmarchio di complotto é frutto dell’ignoranza e della disinformazione o dell’informazione superficiale). QUesto per dire che avendo la “(s)fortuna?!?” di vivere e lavorare su piu’ paesi sono arrivato ad avere una percezione diversa di certi fenomeni che a volte credevo essere localizzati e propri di certi popoli scoprendo poi che la realtà era ben diversa da quella che immaginavo.
    Per la battuta su cane-gatto geologo-ingegnere avrai ben capito che era un po un’esagerazione e generalizzazione per rendere l’idea…….. e inoltre la realtà dimostra che vi sono numerosi casi di convivenza amorevole tra queste due razze di animali 😉

    • donato b.

      Caro Giovanni,
      confermo: il mio cane (ahimè deceduto da qualche mese) ed i miei gatti sono sempre andati d’accordo (quasi sempre, per la precisione 🙂 ).
      Per il resto non ti preoccupare minimamente, anche ciò che ho scritto nel post era ironico.
      Per il resto le discussioni tra me e gli amici geologi sono all’ordine del giorno: questo compete a me e non a te, sono rivendicazioni ricorrenti! 🙂
      Un po’ cani e gatti lo siamo, quindi.
      Ciao, Donato.

  3. Duccio

    Meraviglioso articolo, che sottoscrivo totalmente, anche se il mio giudizio vale come il due di picche, da semplice ed umile geologo che ritiene da sempre che la stretta collaborazione tra questi e gli ingegneri (e gli altri professionisti e tecnici del territorio, come gli agronomi e i forestali), ognuno per le proprie competenze, sia solo costruttiva per l’ambiente e quindi per l’uomo.
    Continuo a nutrire fastidio (eufemisticamente parlando) verso questa ubiquitaria narrazione che richiama i cambiamenti climatici (causati dall’uomo) in ogni discorso, tanto che se si elimina la locuzione “lotta” o “colpa dei cambiamenti climatici” ogni frase perde ormai di significato: la ritengo altresì un enorme alibi per non fare nulla davvero. La responsabilità è sì dell’uomo, ma nell’aver occupato e stuprato arbitrariamente ogni settore del territorio, che la natura tende a riprendersi (con o senza interessi, di solito “con”). La famosa equazione R(ischio)=P(ericolosità)xV(ulnerabilità)xE(sposizione) è tanto semplice quanto (così pare) incomprensibile ai più: per portare a zero (o come diciamo noi geologi, mitigare) il primo termine R, a parità di P (la natura) basta ridurre massimamente la nostra impronta (V ed E). Insomma siamo ormai dappertutto. L’effetto al suolo degli eventi è sì colpa nostra. Ma l’uomo intende, spocchiosamente e presuntuosamente, combattere e contrastare la natura (cambiamenti climatici), anzichè adattarvicisi.
    Di (e su) Venezia non so molto (unum scio, nihil scire, riporta Platone di Socrate) e mi informo. Ma nella mia regione (il Piemonte) abbiamo assistito a reiterate (sui media e nei convegni) esternazioni (curiosamente clima “free”) post evento alluvionale del “governatore”, circa l’inutilità della laurea in geologia ed in ingegneria idraulica (verso cui emerge sprezzo e disprezzo), sostituibili totalmente dal buon senso “ordinario manutentivo” degli alvei da parte “dei nostri nonni e degli anziani” (si veda la presa di posizione dell’Ordine dei Geologi, di cui orgogliosamente faccio parte, https://www.geologipiemonte.it/l-ordine/attivit-del-consiglio/articolo/lettera-aperta-al-presidente-cirio). Il messaggio mediatico, ovviamente, nasconde (e neanche tanto velatamente) ben altro; ad ognuno la propria interpretazione, ma sono esternazioni che stracciano letteralmente decenni di studi scientifici sulla dinamica fluviale e torrentizia.
    Concludo riportando un artico del Forbes, che (ma forse no) ha ben poco a che vedere con Venezia, ma molto con la (vera e corretta) analisi dei dati: https://www.forbes.com/sites/rogerpielke/2019/11/15/no-hurricanes-are-not-bigger-stronger-and-more-dangerous/#6f190cff4d9e

    • donato b.

      Oggi tutti si considerano esperti in qualcosa, anzi in tutto. Spesso dipende dallo strumento che usiamo anche noi, cioè la rete: leggendo qua e la ci si può “scoprire” esperto di questo o di quello. Il geologo e l’ingegnere idraulico, ma anche geotecnico, civile e via cantando, hanno titolo per parlare di ambiente e territorio in quanto sono loro che hanno le competenze per farlo. Molte di più di politici ed attivisti vari.
      .
      Oggi sono gli attivisti che vanno per la maggiore: sono esperti più degli esperti e, se dicono una cosa, è sicuramente vera e giusta. A patto che ripetano quello che sostiene la linea di pensiero principale. Se un geologo, pertanto, sostiene che bisogna abbandonare un centro urbano perché è pericoloso abitarlo a causa di elevati livelli di rischio idro-geologico o sismico, sicuramente un gruppo di attivisti si ergerà a paladino delle sacre radici socio-culturali-storiche-etnografiche-ecc.-ecc. di coloro che abitano l’inabitabile e i media gli daranno lo stesso spazio (se non di più) dato al geologo.
      .
      E’ successo con il disseccamento degli ulivi nel Salento, tanto per fare un esempio. Si disse che si voleva distruggere la cultura e la storia salentina per chissà quali reconditi fini. Oggi che gli ulivi del Salento sono quasi tutti seccati a causa della malattia, nessuno di quegli attivisti ha il coraggio di ammettere di essersi sbagliato e di grosso.
      .
      Qualcuno ora si chiederà da che pulpito viene la predica: Barone non è un climatologo, ma parla di clima e critica gli esperti.
      Non sono un climatologo, non ho pubblicato lavori scientifici, ma ho studiato molto e per anni. Pratico per professione aree affini a quelle della climatologia: fisica, matematica, studio del territorio e di sistemi complessi. Diciamo che non ho la patente, ma posso permettermi di esprimere qualche giudizio informato.
      E questo faccio. Solo qualche giudizio su questo o quel lavoro, in attesa di poter capire quali sono le cause del riscaldamento globale, se la CO2 è l’unica responsabile del riscaldamento globale, come varia il livello dei mari nel corso del tempo e via discorrendo.
      Nel frattempo mi limito a constatare la pochezza del contributo che il sistema mediatico e quello della divulgazione scientifica, dà a questa voglia di comprendere.
      Ciao, Donato.

    • Roberto Bolis

      @donato b.

      A quello che hai magistralmente scritto mi permetto di aggiungere il paradosso più evidente e che, peraltro, risale a tempi precedenti al problema climatico: l’esperto, che è tale perché studia/ricerca/lavora nel settore di cui parla, non è mai attendibile perché in conflitto di interesse.
      Questo folle modo di pensare fa si che larga parte della popolazione ritenga più attendibile il parere di una persona che non abbia mai lavorato nel settore rispetto a chi lo conosce da una vita.
      Il risultato sono le soluzioni semplici a problemi complessi che, come non smettevano di ripetermi al PoliMi, sono sempre sbagliate (quando sono giuste è perché il problema non era complesso ma percepito tale come avviene nel caso del proverbiale uovo di Colombo).

  4. Caro Donato,
    ottimo articolo e, per me che non ho mai visitato Matera, denso di utili informazioni ben integrate dal commento di rocco.
    Mi è piaciuta la frase del “noto fisico”:
    Sarebbe stato peggio se avessero accertato che tutto dipendeva da cause naturali: non avremmo potuto fare niente per impedire il cataclisma incombente.
    .
    Credo che la frase sia il compendio perfetto dell’AGW in quanto se fosse stato tutto naturale non si sarebbe potuto impedire un cataclisma inesistente. Infatti il cataclisma si trova solo nei modelli climatici e purtroppo (per loro) non nella realtà. E quindi nessuna possibilità di condizionare la vita delle persone che di loro vivrebbero molto meglio senza le continue pressioni elargite anche dal “noto fisico”. Ciao. Franco

    • donato b.

      Caro Franco,
      grazie, innanzitutto, per il resto condivido interamente le tue considerazioni.
      Ciò che mi secca più di ogni altra cosa è che sulla scorta di questo credo quasi religioso, ci stiamo dissanguando. Sto facendo il calcolo termico di un fabbricato e quando vedo quanto incide costo dell’opera la spesa relativa agli accorgimenti per ridurre le emissioni di CO2, mi metto le mani nei capelli (quei pochi che mi sono rimasti, ovviamente).
      Le politiche di riduzione delle emissioni, in Italia, pesano e pesano parecchio.
      Ciao, Donato.

  5. Luca

    @ Francesco

    Eh no, faranno allo stesso modo che hanno fatto qui…

    https://www.meteogiornale.it/notizia/58976-1-clima-cambiamento-avanzano-i-ghiacciai-nel-national-glacier-park

    Meglio descritto qui… https://www.facebook.com/roger.roots.90/posts/591078988045597

    E’ davvero incredibile: in quell’area, i ghiacciai avanzano anziché sciogliersi, e qualcuno cambia i contenuti dei messaggi apocalittici…

    Il concetto è che troveranno sempre il modo di giustificare le loro previsioni fasulle…

  6. Francesco

    Condivito tutto di quanto scittto nell’articolo.
    Se posso evito di sentire le stupidate che ci dicono. Al più rido e se sono in presenza di altre persone, se posso, spiego loro che ci raccontano tante stupidate giustificandone sempre i motivi. Esempio il grado in più della temperatura degli ultimi 150 anni è dovuto al fatto che arrivavamo dal periodo freddo durato alcuni secoli PEC insegna e stessa cosa vale per l’attuale scioglimento dei ghiacciai.

    Vi racconto brevemente quanto successo alcuni anni fa.
    In una giornata piovosa e molto fresca di agosto ho incontrato prima di una conferenza sul clima, una signora che non vedevo da alcuni anni. Appena dopo esserci salutati, la signora con una faccia molto rassegnata , stanca e preoccupata mi ha detto che i cambiamenti climatici in corso sarebbero stati la nostra rovina. L’ho lasciata parlare per 10 minuti nei quali ripetuto più volte il concetto, poi per fortuna la conferenza è iniziata. Purtroppo anche la conferenza era a senso unicio.
    Ho pensato azz ma oggi piove bene e ci son almeno 10 gradi in meno di ieri qulcosa non torna…….
    Sarò sincero, ho subito pensato poverina, e posso dire anche che mi ha fatto tanta pena.
    Da quella volta ho iniziato ad allontanarmi da quel tipo di conferenze a senso unico che vogliono impaurire la gente dicendogli che tutto ciò che accade nel mondo è dovuto ai cambiamenti climatici in atto.
    Nell’ultima conferenza a cui ho partecipato due estati fa, all’inizio del dibattito la prima cosa detta dal climatologo è stata “spero che qui non ci siano “””negazionisti””” . Poi ha iniziato a parlare dei cambiamenti climatici in atto dovuti alla CO2 antrocica

    Tra undici anni, perchè uno è già passato da quando alcune persone hanno iniziato a dire che non c’era più tempo, sono certo che mi toglierò un bel pò di sassolini dalle scarpe

    • donato b.

      A chi lo dici!
      Non so se a te è capitato, ma in diverse occasioni ho avuto modo di sentire qualche relatore ammettere di non conoscere quasi nulla di climatologia, ma, poi, parlava per mezz’ora dei rischi del cambiamento climatico di origine antropica, giustificandosi col dire che “se lo dice il 97% degli scienziati sarà sicuramente vero”. Lo stesso discorso che fa G. Thunberg, in altre parole.
      Ciao, Donato.

  7. rocco

    Matera è situata su un altipiano in cui non vi sono sorgenti, per cui, già dagli albori, i materani hanno dovuto far conto sulla scarsità della risorsa e di come raccoglierla.
    L’ubicazione della città vecchia fu scelta proprio per soddisfare le esigenze idriche.
    Il sottosuolo della città vecchia è ornato di sarbatoi scavati nella roccia di proporzioni colossali ed erano riempiti proprio in virtù delle piogge che dalle alture circostanti (l’attuale città nuova) venivano convogliate nei serbatoi. Ora i serbatoi non funzionano più, ma è rimasta la morfologia ad imbuto.

    • donato b.

      Grazie per le interessantissime precisazioni. Se avesse la possibilità di rivelare qualche dettaglio in più circa la geologia dell’area, le sistemazioni superficiali che nel passato servivano a regimentare le acque piovane e le differenze tra il passato e l’attualità, potrebbe inserirle in un ulteriore commento all’articolo. Sarebbe un graditissimo contributo ad una migliore comprensione dei fenomeni alluvionali di Matera. Io ho visitato una sola volta la città, limitandomi ad ammirare i Sassi ed i dintorni. Fui colpito dall’asprezza del territorio, ma non mi soffermai più di tanto sugli aspetti geologici e sull’evoluzione storica del sito. In una mattinata di visita non credo che si possa fare di più che perdersi nel fascino delle grotte e nella ricostruzione delle atmosfere del passato, per rivivere nell’immaginazione scene di vita ormai irripetibili. Ed aggiungo per fortuna, in quanto le condizioni di vita dei Materani che vivevano nei Sassi, presumo che non fossero delle migliori.
      Ciao, Donato.

    • Massimo Lupicino

      Caro Donato, a contorno del tuo resoconto, amaro ma direi condivisibile da parte di tutti i blogger di CM, cito volentieri un articolo comparso su Meteolive a firma di Alessio Grosso e gia’ citato nei giorni scorsi da un nostro blogger. Il succo della questione e’ che le esternazioni degli “esperti” finiscono sulle TV, i giornali o le radio soltanto se pagano pegno alla narrativa sul Global Warming. Chi si rifiuta di farlo viene semplicemente ignorato. E qualcuno disposto a fare quel piccolo sforzo in piu’ per una comparsata o un’intervistata in qualche modo si trova sempre.

      Il Global Warming e la “crisi climatica” sono diventati vere e proprie linee editoriali. Una tesi pre-costituita a priori che deve essere solo suggellata dal “volenteroso” esperto di turno, perche’ questo vuole l’editore.

  8. Luca Maggiolini

    Caro Donato, che dire?
    Che un politico o rappresentante di certe istituzioni pubbliche invochi un evento esterno incontrollabile per mascherare i suoi (o della sua struttura) errori, o per pararsi il didietro per il futuro, è comprensibile, per quanto possa essere indecente.
    Molto meno quando a farlo è chi dovrebbe, invece, basare le proprie analisi sui fatti. Ma la crisi morale (uh che vocabolo desueto!) di certa scienza e della quasi intera comunicazione di massa è stata ben analizzata più volte da Massimo Lupicino.
    Ieri, neanche a farlo apposta, parlavo con alcune persone di Venezia: dopo una serie di considerazioni, quando ho detto loro che la città, negli ultimi decenni, era sprofondata interamente di quasi 30 cm, e che quindi una marea di 100 cm del 1950 adesso equivale a 130 , mi hanno guardato come un alieno….
    Stessa cosa quando evidenzio che, se copri il terreno con del cemento (o quello che è) e l’acqua che ci cade sopra, anzichè in falda tramite il terreno, la mandi direttamente nei fiumi o nei canali di scolo, è ovvio che a parità di pioggia questi ultimi si ingrossano più di una volta.

    • donato b.

      Caro Luca, spesso mi trovo a fare le tue stesse considerazioni e, a volte, mi viene un tale scoramento da desiderare di non interessarmi più a queste vicende: facciano quello che vogliono e vadano al diavolo!
      Poi, però, ci rifletto e riprendo a scavare. Masochismo? 🙂
      Ciao, Donato.

  9. Donato Barone

    Errata corrige.
    Nell’ultimo paragrafo del post è presente un vistoso errore, frutto di un refuso conseguente ad una revisione del testo mal riuscita, per cui la frase “A me non sembra che la scienza abbia accertato un bel niente.” deve intendersi cancellata in quanto priva di significato ed avulsa dal contesto.
    Me ne scuso con i lettori.
    Ciao, Donato.

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