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La piena passa il messaggio resta

E’ caduta tanta pioggia recentemente, quantità che hanno probabilmente colmato il deficit della prima parte della stagione autunnale, decisamente più secca e stabile. E, come purtroppo accade abbastanza spesso in autunno, le precipitazioni abbondanti hanno un impatto importante sul territorio. Passati gli effetti immediati, c’è ancora apprensione per la portata del fiume Po, che raccoglie praticamente tutte le piogge che arrivano nel catino padano che, per chi non lo sapesse, è una piana alluvionale. Questo significa che la sua morfologia è stata plasmata nel tempo (tanto tempo) secondo le esigenze di run off del versante interno delle Alpi e di quello nord dell’Appennino settentrionale. C’è poco da fare, quando piove di lì l’acqua deve passare.

E, infatti, c’è memoria di numerosi e frequenti episodi alluvionali, ovvero di esondazioni anche catastrofiche. Ora, poteva mai essere quella di questi giorni una normale piena autunnale, anche importante? Certamente no, se prima il fiume riprendeva ogni tanto il controllo della situazione a causa della sua natura e della sua morfologia, ora lo fa perché ci sono i cambiamenti climatici.

La prova? Semplice, gli eventi di piena sono in aumento per frequenza. Tanto ha dichiarato un esperto di clima in diretta televisiva nazionale appena ieri mattina.

Essendo completamente a digiuno sull’argomento, ho cercato di acquisire un po’ di dati per capirci qualcosa di più. Non con molta fortuna per la verità, per cui invito i lettori più attenti che ne siano a conoscenza a dare una mano a chiarire il tema, magari indicando qualche dataset che possa essere analizzato.

Qualcosa però l’ho trovato. Si tratta di un documento redatto dall’ARPA Emilia Romagna liberamente consultabile sul web.

Vi si legge che, in effetti, tra la prima e la seconda metà del secolo scorso, gli eventi di piena sono aumentati (soprattutto di numero, un po’ meno di intensità). Ma vi si legge anche che:

L’incremento del numero di eventi principali, riscontrato nel secondo periodo osservato rispetto al primo, può trovare in gran parte giustificazione nell’estensione del sistema arginale e nel cambiamento nell’uso del suolo.

Questo per il passato. Per il futuro, le proiezioni sono per un incremento degli eventi più intensi accompagnati però da una diminuzione della frequenza degli stessi.

Per una sbrigativa quanto utile spiegazione, poco importa che siano stati rinforzati gli argini e che questo aumenti la velocità delle acque accrescendo il rischio di esondazioni violente; poco importa che siano state costruite infrastrutture nelle aree golenali (che ora si vorrebbe non facessero il loro mestiere); ciò che conta è che il clima cambia. Peccato però, che giustificare l’attribuzione degli eventi di piena di oggi al cambiamento climatico appare in contrasto con le proiezioni del cambiamento climatico. Bisognerà porre rimedio a questa discrasia, in attesa della prossima piena.

Il documento è questo: Le piene del Po tra passato e futuro. Buona lettura.

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Published inAttualità

11 Comments

    • Capita… magari lo si può recuperare altrove con il titolo.
      gg

  1. Mario

    Quando ero alle elementari (circa 65anni fa) mi hanno insegnato, se non ricordo male, che la civiltà Egizia era legata indissolubilmente alle piene del Nilo, che donavano ricchezza all’agricoltura e cibo alla popolazione, che naturalmente se ne guardava bene di abitare nelle zone di pertinenza del fiume. 🙂

  2. rocco

    il tema principale è questo:
    perchè spaventarsi dei cambiamenti in un ambiente che è quello che è proprio in virtù dei cambiamenti?
    La risposta è di ordine psicologico, diciamo anche spirituale: il cambiamento provoca sofferenza.
    Per evitare il dolore della perdita, si ipotizza che tutto è immobile, eterno, perfetto a meno dell’intervento umano.
    La religione ambientalista fa credere che l’ambiente sia statico di natura, ed in questo bias cognitivo ci cascano anche i ricercatori e gli scienziati quando, in conclusione ai loro articoli mostranti un trend positivo o negativo di un qualsiasi fenomeno dicono:” per evitare questo dovremmo fare quest’altro”, senza immaginare che quell’altro provocherà un altro effetto spesso non considerato.
    La religione ambientalista è penetrata così in fondo nella società umana occidentale che non si tollerà nessun cambiamento climatico, figuriamoci ambientale; il tutto deve rimanere come in una cartolina.
    Per qual motivo così tante persone non si rendono conto che la vita stessa è cambiamento. In un ambiente statico non c’è vita!
    I dati climatici, sono, tutto sommato, collezioni di numeri del passato che non dicono niente di come sarà il futuro, appellarsi a loro non ha senso, sopratutto quando il quadro dei nessi causa-effetto non è compreso a dovere.
    Altro bias cognitivo è la percezione che “potevamo e possiamo fare qualcosa”. Qui, forse, stiamo sopravvalutando le capacità umane, tanto quelle in grado di impedire l’esondazione dei fiumi, tanto quelle di poter cambiare il clima a piacimento.
    Siamo umani, ci consideriamo superiori persino alle leggi stesse che abbiamo scoperto.

  3. Luca Rocca

    Va considerato anche la riduzione del prelievo idrico nelle falde medie e profonde in Pianura padana.Dal 1975 la falda acquifera di Milano si è alzata di circa 10 metri tornando ai livelli degli anni ’50 . Con un livello medio di 2 metri la possibilità di assorbimento del terreno sono nulle o quasi.

    https://www.regione.lombardia.it/wps/wcm/connect/245b1075-5160-4534-925b-eb5882c68ec4/interferenza-falda-infrastrutture-sottosuolo-milano-marelli.pdf?MOD=AJPERES&CACHEID=245b1075-5160-4534-925b-eb5882c68ec4

  4. donato b.

    Articolo molto breve quello di G. Guidi che si presta, però, a una lunga serie di considerazioni, per cui il commento diventerebbe un post anche molto lungo. 🙂
    Mi limito, pertanto, a qualche cenno molto sommario su un paio di questioni sollevate nel post e nei commenti.
    .
    Se si guardano un poco i letti dei nostri fiumi, si capisce che le normali piene non sono assolutamente in grado di spiegare la loro morfologia. Non serve essere un ingegnere idraulico o un geologo per capirlo. Eppure si grida allo scandalo ogni qualvolta una piena più intensa, fa si che il fiume occupi interamente il letto scavato nel corso dei millenni. Se fosse un fatto senza precedenti, come diavolo avrebbe fatto il fiume a definire la larghezza del suo letto in modo così netto? E’ banale, ma nessuno lo dice. Forse perché nessuno o quasi ha avuto modo di farsi una passeggiata lungo il corso di un fiume. Mi sa che esistono troppi “ambientalisti da tastiera”.
    .
    Qualche giorno fa ascoltando una delle tante trasmissioni radiofoniche di approfondimento, sono incappato nell’intervista di un esperto delle dinamiche idrologiche della laguna veneta. Vi sembrerà strano, ma concordavo con quasi il 97% di quello che diceva. 🙂
    Il restante 3%? Egli attribuiva una parte della responsabilità delle acque alte più recenti, all’aumento del livello del mare, conseguente al cambiamento climatico. Il conduttore, stranamente, gli faceva notare che, secondo le misure, il livello medio del mar Adriatico era diminuito negli ultimi dieci anni. Non è proprio così, come ci ha ben spiegato F. Zavatti qualche giorno fa: il livello del mare nella laguna veneta negli ultimi anni è aumentato, ma con velocità molto più bassa rispetto a quella degli anni precedenti. L’esperto non si scompose più di tanto: ignorava la cosa, ma se anche fosse, era aumentato quello di tutti gli oceani e tanto bastava per tagliare la testa al toro. Non bisogna essere esperti di nulla per capire che se il livello medio dell’Adriatico si fosse abbassato negli ultimi dieci anni, l’innalzamento del livello del mare dovuto al cambiamento climatico, non c’entrerebbe un fico secco con le acque alte di Venezia di questo mese per il semplice fatto che il livello del Pacifico sulle coste del Giappone non è assolutamente in grado di influenzare ciò che capita a Venezia.
    Ed ora mi fermo per tener fede al mio impegno iniziale.
    Ciao, Donato.

  5. Luca Maggiolini

    Mi pare che si sottostimi, e non poco, nella valutazione delle piene, la quantità di acqua piovana che, ora, cade sui tetti e sulle superficie coperte e che prima cadeva nel nudo terreno. La velocità e la quantità di acqua che giunge ai fiumi è molto diversa rispetto alla pre-urbanizzazione di alcune zone. Qualcuno ha fatto studi specifici in merito?
    Quanto alle opere da fare per il bene comune, gli stessi veneziani col taglio del Po di Viro non fecero altro che impedire l’insabbiamento della loro laguna, altrimenti inarrestabile visto il corso del fiume al tempo e la notevole quantità di sedimenti che esso trasporta.

    • Attribuendo le variazioni anche alla destinazione d’uso del suolo si intende anche questo.

  6. Massimo Lupicino

    Direi che siamo alle solite: quando conviene, il sistema e’ ritenuto totalmente immutabile (vedi modelli dell’IPCC che proiettano emissioni da qui a 100 anni -leggi worst-case scenario – come se nulla cambiasse anche dal punto di vista tecnologico, ambientale, sociale etc. ).

    Idem per le piene di Venezia, come abbiamo visto: si fanno paragoni di pere con mele, come se la citta’ oggi fosse identica ad un secolo fa, subsidenza inclusa.

    La cosa che fa piu’ incazzare, nella narrativa scalcinata, ipocrita e bugiarda di questi tempi, e’ che invece di spendere denari per mettere in sicurezza il territorio, attraverso la realizzazione di piccole e grandi opere che facciano girare keynesianamente l’economia creando posti di lavoro per fare qualcosa di utile per la collettivita’, qui si parla solo di buttare soldi dalla finestra (leggi finanziare investimenti “verdi” di alquanto dubbia utilita’ sociale, per non dire dannosi), al fine di realizzare una impresa semplicemente ridicola, che nella sua ridicolaggine umilia migliaia di anni di sviluppo dell’homo sapiens: cambiare il clima.

    Tutto questo e’ semplicemente pazzesco e sottende ad un odio e un disprezzo profondissimo per il genere umano, per l’essere umano e per le sue necessita’ primarie (sicurezza economica, sfera affettiva, realizzazione personale).

    • Tea

      Sono molto d’accordo con tutto e con quel che scrive Lupicino.
      Mi chiedo come sia possibile che non si trovi il modo di fermare le politiche verdi ,quando ci danneggiano.,impoverendo e causando solo guai!
      La gente si svegliiii…basta con questi bugiardi millantatori che pensano solo a come arricchire loro stessi
      Un caro saluto a voi del sito

    • Alessandro

      “sottende ad un odio e un disprezzo profondissimo per il genere umano”

      E’ così. Tutti noi abbiato provato odio nella nostra vita, ma sembra che la stragrande maggioranza non utilizzi questo sentimento per accentuare il nostro impegno educativo contro chi invece lo usa come arma politica. E’palese che questo piccolo vilaggio di Asterix riesca comunque ad amare chi utilizza questo odio come arma politica mettendo sempre più impegno in questi articoli estremamente educativi.
      La parola stessa ambientalista nasce dall’intento di difendere l’ecologia e non di difesa dell’essere umano e prevenzionedel suo operato. Il più grande errore di chi si schiera in una fazione che non difenda l’essere umano è considerare come risorsa l’ambiente invece di considerare (come dovrebbe) risorsa l’essere umano.

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