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Ambiente, Clima e Malattie infettive – Alcune riflessioni storiche

Premessa

L’epidemiologia delle malattie infettive (Kaslov, 2014) si occupa da un lato delle circostanze che provocano il verificarsi di un’infezione e di una malattia all’interno di una popolazione (umana, animale, vegetale) e dall’altro dei fattori che influenzano frequenza, intensità, diffusione e distribuzione nello spazio e nel tempo di infezioni e malattie. L’infezione è l’ingresso e la moltiplicazione di un patogeno in un organismo ospite mentre la malattia è una risposta dell’ospite all’infezione che sia sufficientemente rilevante da dar luogo a un insieme riconoscibile di sintomi. Il verificarsi o meno dell’infezione, il manifestarsi o meno della malattia e la relativa intensità:

  1. Dipendono dal tipo di patogeno, dal meccanismo d’ingresso nell’ospite, dalla quantità d’inoculo e dalla suscettibilità dell’ospite, a sua volta funzione dell’età, dello stato sanitario all’atto dell’infezione, del background genetico e dello stato del sistema immunitario
  2. Sono influenzati dai fattori ambientali che regolano sia l’esposizione al patogeno sia la suscettibilità intrinseca e il comportamento dell’ospite. In sostanza vige il modello a triangolo che descrive l’interazione patogeno-ambiente-ospite (Scholthof, 2007) e in cui l’ambiente agisce sia sulla virulenza del patogeno sia sulla suscettibilità dell’ospite (figura 1). Del modello a triangolo esistono diverse versioni come ad esempio quella proposta da Fuhrmann (2010) e da esso emerge in modo immediato l’interesse ad analizzare come il clima[1], componente essenziale dell’ambiente, possa influenzare le malattie infettive.

Giova anche rilevare che l’epidemiologia come tutte le scienze galileiane si fonda su dati osservativi riferiti alla presenza dell’agente patogeno e della malattia in una popolazione e su modelli matematici a scopo interpretativo e predittivo. Per l’applicazione dei modelli è essenziale conoscere due fattori  (Epicentro, 2009; Quan-Hui Li uet al., 2018) e cioè:

  • Il tasso netto di riproduzione di un’infezione R0, che è il numero medio di nuovi casi provocati da ogni caso in una popolazione completamente suscettibile alla malattia. Si noti ad esempio che per valori di R0 superiori a 1 (ogni caso infetta più di un’altra persona) l’epidemia proseguirà nella sua fase espansiva mentre per valori di R0 inferiori all’unità l’epidemia è destinata a regredire.
  • Il tempo di generazione (Tg) e cioè l’intervallo che intercorre tra l’inizio dell’infettività del caso primario e quella del caso secondario.

Da osservare inoltre che nel contesto epidemiologico i termini di endemia, epidemia e pandemia attribuiti a una malattia hanno un preciso significato.

La conoscenza più o meno dettagliata degli aspetti epidemiologici sopra delineati va ovviamente ad improntare le misure di profilassi e cura a fonte delle svariate malattie infettive che colpiscono l’uomo, gli animali e i vegetali.

Figura 1 – Relazioni fra ambiente, ospite e patogeno. L’ambiente (nel quale un ruolo di rilievo lo hanno le condizioni meteo-climatiche) influenza sia la virulenza del patogeno sia la suscettibilità dell’ospite.

Alcune epidemie antiche

Le grandi epidemie dell’antichità ci parlano ancor oggi in modo potente attraverso testi di storici, medici, letterari e naturalisti.

A titolo di esempio si può anzitutto ricordare la peste[2] di Atene per la quale ci rimane il resoconto fattone dal generale e storico ateniese Tucidide nella Guerra del Peloponneso e poi ripreso nel De rerum natura di Lucrezio. A inizio maggio del 430 a.C., l’epidemia colpì Atene che fu poi assediata da Sparta durante la guerra del Peloponneso (431-404 a.C.). L’epidemia ebbe due picchi di mortalità nell’estate del 428 a.C. e nell’inverno del 427-426 a.C. durando in tutto 4,5-5 anni: la maggior parte della popolazione fu infettata e morirono forse 75.000 – 100.000 persone, il 25% della popolazione della città. Tucidide evidenzia come sintomi principali le eruzioni cutanee, la febbre alta e la diarrea ed evidenzia che l’epidemia si muoveva su un terreno vergine, con alti tassi d’infezione e decorso invariato in persone di età, sesso e nazionalità diverse (lo stesso statista Pericle ne morì). Nonostante la puntuale descrizione di Tucidide, sulla causa di tale epidemia non vi sono ancor oggi certezze e Littman (2009), oltre a sottolineare che l’epidemia si originò in Etiopia e si diffuse poi in tutto il Mediterraneo, ipotizza come cause più probabili il tifo, le malattie virali, la peste e il vaiolo mentre il morbillo e un’epidemia esplosiva da streptococco appaiono candidati assai meno probabili. Sempre Littman segnala anche che nel 2001 fu scoperta una fossa comune degli anni della peste e che il DNA di tifo microbico antico (Salmonella enterica serovar Typhi) è stato estratto da 3 scheletri ma poiché il tifo era endemico nel mondo greco questa non è da considerare come prova.

La peste vera e propria è dal canto suo provocata dal batterio Yersinia pestis, che ha come ospite piccoli mammiferi come ad esempio il topo nero (Rattus rattus) e infetta l’uomo attraverso insetti ematofagi (soprattutto pulci). La peste nelle due forme (bubbonica e polmonare) non è a tutt’oggi ancora del tutto debellata, come ci rammenta la World Heath Organization (WHO) e anche se gli strumenti di cura sono molto progrediti la mortalità è tuttora elevata: secondo WHO dal 2010 al 2015 a livello mondiale si sono verificati 3248 casi con 584 decessi. Per la presenza della malattia sono essenziali condizioni ambientali favorevoli alla presenza di piccoli mammiferi (in primis roditori quali i topi) e di loro parassiti ematofagi in grado di attaccare anche l’uomo. Questo spiega anche il fatto che i casi di peste siano oggi concentrati in Africa, Asia e Sud America e secondo WHO i tre paesi con più casi sono la Repubblica Democratica del Congo, il Madagascar e il Peru. In particolare in Madagascar i casi di peste bubbonica sono presenti tutto l’anno nel periodo che va da settembre ad aprile e che nel paese coincide con la stagione delle piogge.

A livello storico si devono sicuramente a Yersinia pestis:

  • La peste giustinianea che colpì Bisanzio nel 542 d.C. e che è narrata da Procopio di Cesarea (Spyrou et al., 2018).
  • La grande peste che giunse dall’oriente in Europa nel 1347 uccidendo più del 30% della popolazione europea (Gensini et al., 2004) e che in campo letterario si lega ad esempio alla morte della Laura di Petrarca e alla vicenda che fa da sfondo al Decameron di Boccaccio.
  • La peste che infuriò in Italia nel 1630 e che a Milano causò 60.000 morti, circa la metà della popolazione (Cipolla C.M., 2005) e che è nota come peste manzoniana per il racconto che ne fa Alessandro Manzoni nei Promessi sposi e nella Storia della colonna infame.

La peste manzoniana e il ruolo della superstizione

Figura 2 – La colonna infame monumento a memoria del processo all’untore Gian Giacomo Mora posto all’angolo tra le attuali via Gian Giacomo Mora e corso di Porta Ticinese a Milano. Eretta nel 1630 dal governo milanese durante la dominazione spagnola e demolita nel 1778 durante l’amministrazione austriaca di Maria Teresa d’Austria, la colonna era intesa in origine come marchio d’infamia nei confronti dei due untori come attesta l’iscrizione che essa recava: “Qui dov’è questa piazza sorgeva un tempo la barbieria di Gian Giacomo Mora il quale congiurato con Guglielmo Piazza pubblico commissario di sanità e con altri mentre la peste infieriva più atroce sparsi qua e là mortiferi unguenti molti trasse a cruda morte. Questi due adunque giudicati nemici della patria il senato comandò che sovra alto carro martoriati prima con rovente tanaglia e tronca la mano destra si frangessero colla ruota e alla ruota intrecciati dopo sei ore scannati poscia abbruciati e perché nulla resti d’uomini così scellerati confiscati gli averi si gettassero le ceneri nel fiume. A memoria perpetua di tale reato questa casa officina del delitto il Senato medesimo ordinò spianare e giammai rialzarsi in futuro ed erigere una colonna che si appelli infame Lungi dunque, lungi da qui buoni cittadini che voi l’infelice infame suolo non contamini – Il primo d’agosto MDCXXX. (Il presidente della Pubblica Sanità, Marco Antonio Monti senatore) (Il presidente dell’ecc. Senato, Giovanni Battista Trotti) (Il R. Capitano della Giustizia, Giovanni Battista Visconti)”

Nel 1630, mentre la popolazione milanese era allo stremo per effetto della pestilenza, la situazione fu aggravata dalla superstizione popolare. Accadde ad esempio che una donna, Caterina Trocazzani Rosa, denunciò Guglielmo Piazza (ex cardatore e commissario di sanità del Ducato, che il 21 giugno 1630, durante uno dei suoi giri d’ispezione nel corso dei quali egli prendeva appunti sulla condizione degli edifici rimasti vuoti o sulle condizioni di salute delle persone, camminava rasente ai muri per proteggersi dalla pioggia) accusandolo di essere un untore che diffondeva il morbo con unguenti (l’onto pestifero) applicati ai muri e alle porte delle case. Sottoposto a tortura il povero Piazza confessò che gli unguenti erano procurati dal barbiere Gian Giacomo Mora e su tale base fu imbastito un processo in cui Piazza e Mora furono accusati di essere untori. Il procedimento, condizionato dall’impiego della tortura secondo gli usi dell’epoca, terminò con la condanna a morte dei due che confessarono la propria inesistente colpevolezza pur di porre fine alle atroci sofferenze, peraltro contraddicendo più volte le loro stesse dichiarazioni. La sentenza, oltre ad una condanna a morte eseguita il 1 agosto 1630 dopo vari supplizi inflitti sfilando per le contrade della città, prevedeva l’abbattimento della casa-bottega di Gian Giacomo Mora. Al suo posto fu installata la colonna infame, a memoria perpetua delle punizioni che sarebbero toccate a chi si fosse macchiato della colpa di essere un untore. Una narrazione più ampia della vicenda la si trova in Wikipedia alla voce “Colonna infame (Milano)”.

Da notare che la superstizione relativa agli untori persistette a lungo nell’ambiente culturale italiano, tant’è vero che:

  • Nel 1713 Ludovico Muratori scriveva che «Nessun caso è più rinomato di quel di Milano, ove nel contagio del 1630, furono prese parecchie Persone, che confessarono un sì enorme delitto, e furono aspramente giustiziate. Ne esiste ivi tuttavia (e l’ho veduta anch’io) la funesta memoria nella Colonna infame posta, ov’era la Casa di quegl’inumani carnefici. Il perché grande attenzion ci vuole, affinché non si rinnovassero più simili esecrande scene»
  • Nel 1738 Serviliano Latuada, nella sua Descrizione di Milano, scriveva che «Sino dall’anno 1576, in cui precedentemente la Peste aveva fatto scempio di questi Cittadini, vi furono alcuni malnati perturbatori della comune quiete, e nemici del ben pubblico, i quali o con idea di aumentare il male contagioso, o per accrescere lo spavento nel Popolo, occultamente ungevano e facevano da altri loro partitanti ungere li catenacci, ferramenti, e cantonate delle Contrade».

Essenziale fu dunque la “Storia della colonna infame”, saggio storico di Alessandro Manzoni[3], per far si che la “Colonna infame” assurgesse a simbolo della superstizione di cui Guglielmo Piazza e Gian Giacomo Mora erano state le vittime innocenti. Oggi all’angolo fra via Gian Giacomo Mora e corso di Porta Ticinese, in luogo della colonna infame vi è una scultura in bronzo con una targa che così recita: “QUI SORGEVA UN TEMPO LA CASA DI GIANGIACOMO MORA INGIUSTAMENTE TORTURATO E CONDANNATO A MORTE COME UNTORE DURANTE LA PESTILENZA DEL 1630”.

Vale la pena ricordare questi eventi anche perché la superstizione non si ripresenta mai allo stesso modo e dunque è buona cosa esser sempre vigili.

La peste nel XX secolo

Con riferimento alla peste bubbonica, ai casi reali sopra narrati si affianca la vicenda di fantasia narrata nel  romanzo “La peste”, capolavoro dello scrittore francese Albert Camus, scritto nel 1947 e in cui l’autore immagina un’epidemia di peste nella città di Orano (nell’Algeria, allora colonia francese) affrontata con i mezzi propri della medicina degli anni ’40, utilizzando l’epidemia come sfondo su cui far muovere i personaggi del romanzo, in primis il medico Bernard Rieux che è il protagonista. Di particolare interesse è il brano che segue e che usando il termine peste in senso lato appare riferibile a qualsiasi epidemia:

La parola “peste” era stata pronunciata per la prima volta. A questo punto del racconto, che lascia Bernard Rieux dietro la finestra, si concederà al narratore di giustificare l’incertezza e la meraviglia del dottore: la sua reazione, infatti, con qualche sfumatura, fu la stessa della maggior parte dei nostri concittadini. I flagelli, invero, sono una cosa comune, ma si crede difficilmente loro quando ti piombano sulla testa. Nel mondo ci sono state, in egual numero, pestilenze e guerre; e tuttavia pestilenze e guerre colgono gli uomini sempre impreparati. Il dottor Rieux era impreparato, come lo erano i nostri concittadini, e in tal modo vanno intese le sue esitazioni. In tal modo va inteso anche com’egli sia stato diviso tra l’inquietudine e la speranza. Quando scoppia una guerra, la gente dice: “Non durerà, è cosa troppo stupida”. E non vi è dubbio che una guerra sia davvero troppo stupida, ma questo non le impedisce di durare. La stupidità è sempre presente e ce ne accorgeremmo se non pensassimo sempre e solo a noi stessi. I nostri concittadini, al riguardo, erano come tutti quanti, pensavano a se stessi e in altre parole, erano umanisti e non credevano ai flagelli. Il flagello è commisurato all’uomo, ci si dice quindi che il flagello è irreale, è un brutto sogno che passerà. Ma non passa sempre, e di cattivo sogno in cattivo sogno sono gli uomini che passano, e gli umanisti in primis, in quanto non hanno preso le loro precauzioni. I nostri concittadini non erano più colpevoli d’altri, dimenticavano di essere modesti, e pensavano che tutto era ancora possibile per loro, il che presupponeva l’impossibilità dei flagelli. Continuavano a concludere affari e a preparare viaggi, avevano delle opinioni. Come avrebbero pensato alla peste, che sopprime il futuro, i mutamenti di luogo e le discussioni? Essi si credevano liberi, e nessuno sarà mai libero fintanto che ci saranno i flagelli. E persino dopo che il dottor Rieux ebbe riconosciuto davanti all’amico suo che un gruppo di malati, senza preavviso, era morto di peste, il pericolo rimaneva per lui irreale. Semplicemente, quando si è medici, ci si è fatta un’idea del dolore e si ha un po’ più di fantasia. Guardando dalla finestra la sua città che non era mutata, appena appena il dottore sentiva nascere in sé quel lieve scoramento davanti al futuro che si chiama inquietudine. Cercava di radunarsi in mente quello che sapeva della malattia. Delle cifre gli ondeggiavano nella memoria, e si diceva che la trentina di grandi pestilenze conosciute nella storia aveva fatto quasi cento milioni di morti. Ma che cosa sono cento milioni di morti? Quando si fa la guerra, appena appena si sa che cosa sia un morto. E siccome un uomo morto non ha peso che quando lo si è veduto, cento milioni di cadaveri sparsi attraverso la storia non sono che una nebbia della fantasia. Il dottore ricordava la peste di Costantinopoli che, secondo Procopio, aveva fatto diecimila vittime in un giorno. Diecimila morti fanno cinque volte il pubblico di un cinematografo. Ecco, bisognerebbe far questo: radunare le persone all’uscita di cinque cinematografi, condurle in una piazza della città e farle morire in un mucchio per vederci un po’ chiaro. Almeno, si potrebbero allora mettere dei visi noti su quel cumulo anonimo. Ma, naturalmente, è impossibile far questo; e poi, chi conosce diecimila visi?

 

La spagnola

Non è possibile chiudere questa breve e assai parziale rassegna storica senza parlare della pandemia influenzale nota come influenza spagnola (Spanish flu), che colpì il mondo intero tra il 1918 e il 1919 e che è senza dubbio la pandemia più grave della storia recente (CDC, 2020). L’agente causale fu il virus H1N1 che presentava geni di origine aviaria. Sebbene non vi sia ancor oggi consenso universale sul luogo d’origine del virus, sappiamo che il virus si diffuse rapidamente in tutto il mondo e si stima che un terzo della popolazione mondiale fu infettata (500 milioni di persone) e che il numero di morti fu di almeno 50 milioni. In Italia il morbo colpì oltre 4 milioni e mezzo di persone, uccidendone 410.000 nel solo 1918 e 466.000 fra 1918 e 1920, un numero impressionante se si considera che all’epoca l’Italiana aveva 36 milioni di abitanti e che 600.000 erano stati i caduti italiani nella prima guerra mondiale (Fornasin et al., 2018).

La mortalità da spagnola fu molto elevata, con picchi nelle persone di età inferiore ai 5 anni, fra 20-40 anni e oltre i 65 anni. A tale riguardo occorre rilevare che l’elevata mortalità in persone di età 20-40 anni fu una caratteristica unica di questa pandemia e ad esso non fu certo estraneo il pessimo stato sanitario delle classi che avevano fatto la grande guerra, spesso combattuta in trincea in condizioni ambientali (temperatura, umidità, stato igienico-sanitario) estreme[4].

Se le proprietà che resero l’H1N1 tanto devastante non sono fin qui state ben comprese è comunque certo che l’assenza di vaccini, di antibiotici per il trattamento delle infezioni batteriche secondarie e di antipiretici (per abbassare la febbre si ricorreva ai bagni in acqua fredda, non certo privi di conseguenze collaterali) limitò di molto gli sforzi per il contenimento della malattia, anche perché le norme di profilassi (isolamento, quarantena, buona igiene personale, uso di disinfettanti e limitazioni delle riunioni pubbliche) furono applicate in modo assai disomogeneo.

I dati sopra riportati ci invitano a riflettere sulle immani sofferenze che le pandemie del passato portarono con sé e a sviluppare una maggiore consapevolezza sul piano culturale circa le conquiste di sicurezza e civiltà che le scienze mediche hanno recato a buona parte dell’umanità (Corbellini, 2015) e il ruolo positivo giocato dalle migliorate condizioni ambientali (cibo, vestiario, abitazioni salubri).

Quarantene, lazzaretti e sanatori

Figura 4 – Robert Kock, grande scienziato ottocentesco e scopritore del bacillo della tubercolosi.

Fra i metodi di profilassi più antichi delle malattie infettive vi è la pratica della quarantena, che consiste nell’evitare il contatto della popolazione sana con individui malati. L’idea di quarantena, termine italiano da cui deriva anche l’inglese “quarantine”[5], trae origine dagli studi di Ippocrate, medico greco del V secolo a.C., il quale fissò empiricamente in 40 giorni di tempo fra l’esposizione al patogeno e la manifestazione della malattia la linea di demarcazione fra le malattie acute e quelle croniche. La prima applicazione sistematica di norme stringenti di quarantena sarebbe comunque avvenuta solo secoli dopo nella veneta Ragusa (oggi Dubrovnik), ove nel 1377 l’ufficiale sanitario Jacopo da Padova introdusse la “trentina” e cioè una quarantena della durata di un mese per i bastimenti provenienti da siti infetti o sospetti di infezione (Gensini et al., 2004).

All’idea di quarantena si associa anche quella dei lazzaretti, intesi come luoghi in cui concentrare i malati di malattie infettive per impedire il contatto con i sani. I lazzaretti si diffusero in Europa durante il Medioevo, inizialmente per ospitare i malati di lebbra, malattia che ebbe una recrudescenza in Europa a seguito delle Crociate (Bennet et al., 2008) e poi dopo la grande peste del 1348.

Figura 3 – Il medico veronese Girolamo Fracastoro (fonte: https://www.ordineinfermieribologna.it/2015/tubercolosi-tutta-la-storia-di-una-malattia-infettiva.html)

Nel XVI secolo il medico veronese Girolamo Fracastoro (1478-1553), padre dell’epidemiologia, ipotizzò che le malattie si trasmettessero attraverso particelle di minuscole dimensioni (i microbi), il che offrì una base teorica importante per quarantene e lazzaretti. Riguardo a questi ultimi non cessa di incuriosirmi il fatto che in varie città del bacino del Po essi erano realizzati ad est della città stesse (ad esempio a Milano il lazzaretto si trovava fuori della Porta Orientale – oggi Porta Venezia – e ad est di Piacenza, Parma e Bologna vi sono località dal nome evocativo di “San Lazzaro”). Ciò mi ha indotto da tempo a pensare che all’origine di tale scelta vi fosse il fatto che la circolazione atmosferica da est è meno frequente di quella da ovest ed è spesso accompagnata da pioggia, che abbatte la carica microbica dell’aria, per cui era ritenuta più bassa la possibilità che i propaguli delle malattie raggiungessero le città. Su questa mia ipotesi non dispongo però di referenze bibliografiche, per cui sarebbe interessante che qualche lettore me ne potesse segnalare.

La larga diffusione che fino agli anni ’50 del 900 ebbe una malattia batterica dall’esito spesso mortale come la tubercolosi alias TBC (il cui agente causale è Mycobacterium tuberculosis, noto anche come bacillo di Koch) spinse a creare strutture idonee alla gestione dei malati, il che spiega il sorgere di ospedali specializzati e sanatori, strutture che consentivano di isolare i malati per evitare il contagio e al contempo garantivano le condizioni in termini climatici, di igiene, alimentazione e stili di vita più idonee a contrastare la malattia in un’epoca in cui gli antibiotici non avevano ancora fatto la loro comparsa. Dati utili per un quadro cronologico delle azioni di contrasto alla TBC messe in atto in Italia fra metà ottocento e metà novecento nel più ampio contesto europeo vengono da un articolo di Martini et a. (2018) e dai dati in figura 5 da cui si apprende che nel periodo dal 1895 al 1930 la mortalità media annua da tubercolosi superò le 60000 persone, che cali sensibili si registrarono a partire dagli anni ’30 e che il trend al calo che si fece ancora più sensibile dagli anni ’50 grazie all’introduzione degli antibiotici.

Il primo sanatorio europeo fu costruito in Germania da Hermann Brehmer nel 1854 mentre in Italia il pioniere fu Biagio Castaldi, lui stesso malato di tubercolosi polmonare, che in un suo scritto del 1858 evidenziò che l’incidenza della TBC polmonare declinava col crescere della quota e la malattia era rarissima nelle popolazioni montane che vivevano oltre i 1000 m. Sulla base di ciò propose che i sanatori venissero realizzati ad alta altitudine. Negli stessi anni veniva anche evidenziato che il clima marittimo aveva un effetto positivo nella guarigione dalla tubercolosi polmonare specie se nei suoi primi stadi. Al contempo il medico Antonio Sciascia evidenziava per primo che a beneficiare dell’elioterapia erano anzitutto le forme di tubercolosi che coinvolgono i gangli linfatici, le articolazioni e ossa, la pelle, le membrane sierose e i reni.

Nei sanatori gli ospiti, oltre a essere isolati dalla comunità, godevano di un periodo di convalescenza che prevedeva escursioni all’esterno e trattamenti che comprendevano diete bilanciate, aria fresca, esposizione al sole diretto (bagni di sole) e  un moderato esercizio fisico sotto controllo medico. L’architettura dei sanatori era peculiare e comprendeva stanze singole o con pochi letti e larghe terrazze. A tali principi si ispiravano strutture come ad esempio quelle di Sondalo, di Arco di Trento, di Prasomaso o quelle del Santa Corona di Garbagnate e Pietra Ligure, che negli anni hanno ospitato decine di migliaia di nostri concittadini svolgendo un ruolo insostituibile nella cura delle malattie polmonari.

Figura 5 – Mortalità annua per 100mila abitanti dovuta a tubercolosi dal 1895 al 2015 (i dati dal 19895 al 1950 sono tratti da Ordine Infermieri Bologna, 2015; i dati dal 1955 al 2015 sono tratti da Loddo et al., 2015).

Conclusioni

Le poche vicende narrate sono comunque utili ad offrirci una seppur vaga idea del carico di sofferenze da malattie infettive che ha gravato sull’umanità fin da tempi molto antichi. Di esempi se ne sarebbero potuti offrire molti altri (penso alla malaria, alla difterite, alla meningite, alla sifilide e a tantissimi altri morbi). Peraltro il livello di conoscenza su tali fenomeni è cresciuto moltissimo grazie all’analisi genetica che ci consente oggi di individuare le tracce di microrganismi agenti delle malattie anche a distanza di migliaia di anni dal fenomeno.

A ciò si aggiungano i rimedi sopra descritti, riproposti in forma aggiornata (quarantene, controlli di frontiera, tracciamento dei contatti avuti dalle persone infette e stretta sorveglianza sull’evoluzione del fenomeno) si sono rivelati efficaci nel contrastare la pandemia del coronavirus SARS scoppiata nel 2002 e conclusasi in soli pochi mesi (Tognotti, 2013). Si tratta dei rimedi che abbiamo visto applicati con alterne fortune anche all’epidemia di COVID-19, ma questa è storia d’oggi.

Bibliografia

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  • CDC, Centers for Disease Control and Prevention, 2020. 1918 Pandemic (H1N1 virus), https://www.cdc.gov/flu/pandemic-resources/1918-pandemic-h1n1.html
  • Cipolla C.M., 2005. Storia economica dell’Europa pre-industriale, 2005 (p. 191).
  • Corbellini C., 2015. Presentazione del libro di Eugenia Tonotti “La Spagnola in Italia, Storia dell’influenza che fece temere la fine del mondo (1918-1919)”, Franco Angeli, 2015.
  • Epicentro, portale dell’epidemiologia per la sanità pubblica dell’Istituto superiore di sanità, 2009. influenza da nuovo virus A/H1N1, Notiziario – 21 maggio 2009,  https://www.epicentro.iss.it/focus/h1n1/21-05-2009.Fornasin A., Breschi M., Manfredini M., 2018. Spanish flu in Italy: new data, new questions, Le Infezioni in Medicina, n. 1, 97-106.
  • Fuhrmann C., 2010. The Effects of Weather and Climate on the Seasonality of Influenza, Geography Compass, 4/7 (2010): 718–730, 10.1111/j.1749-8198.2010.00343.x
  • Gensini et al 2004 The concept of quarantine in history – from plague to SARS, Journal of infection, 49, 257-261.
  • Kaslov A.R., 2014. Viral infections and humans, in Viral Infections of Humans: Epidemiology and Control, Richard A. Kaslow et al. (a cura di), Springer.
  • Littman R.J., 2009. The plague of Athens: epidemiology and paleopathology.Mt Sinai J Med. 2009 Oct;76(5):456-67. doi: 10.1002/msj.20137
  • Latuada S., 1738. Descrizione di Milano, vol. 3 (https://archive.org/details/descrizionedimil03latu/page/n10/mode/2up).
  • Martini M., Gazzaniga V., Behzadifar M., Bragazzi N.L., Barberis I., 2018. The history of tuberculosis: the social role of sanatoria for the treatment of tuberculosis in Italy between the end of the 19th  century and the middle of the 20th, J Prev Med Hyg 2018; 59: E323-E327.
  • Ordine degli infermieri di Bologna, 2015. Tubercolosi: tutta la storia di una malattia infettiva
  • https://www.ordineinfermieribologna.it/2015/tubercolosi-tutta-la-storia-di-una-malattia-infettiva.html
  • Quan-Hui Liu, Ajelli M., Aleta A., Merler S., Moreno Y., Vespignan A., 2018. Measurability of the epidemic reproduction number in data-driven contact networks, Proceedings of the National Academy of Sciences, www.pnas.org/cgi/doi/10.1073/pnas.1811115115
  • Scholthof K.B., 2007. The disease triangle: pathogens, the environment and society, Nat Rev Microbiol. 2007 Feb;5(2):152-6
  • Spyrou M.A. et al., 2018. Analysis of 3800-year-old Yersinia pestis genomes suggests Bronze Age origin for bubonic plague, NATURE COMMUNICATIONS, (2018) 9:2234.
  • Tognotti E., Lessons from the history of quarantine, from plague to influenza A, Emerging infectious diseases, Vol. 19, n.2, Febuary 2015.
  • Wikipedia, 2019. Voce “Colonna infame (Milano)” https://it.wikipedia.org/wiki/Colonna_infame_(Milano)

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[1]              Peste in senso lato perché a produrla non fu il batterio Yersinia pestis, agente causale delle peste vera e propria.

[2]              Il clima è qui inteso come l’insieme delle diverse variabili atmosferiche che agiscono alle diverse scale spazio-temporali

[3]              Il Manzoni scrive fra l’altro che “… è un sollievo pensare che se non seppero quello che facevano, fu per non volerlo sapere, fu per quell’ignoranza che l’uomo assume e perde a suo piacere, e non è una scusa ma una colpa” (Alessandro Manzoni, Storia della Colonna infame).

[4]              Al riguardo ricordo che nella guerra di trincea l’acqua era spesso scarsa e inquinata per cui, onde evitare malattie come il tifo, si tendeva a consumare in prevalenza vino, accompagnato da cognac prima degli assalti, il che si tradusse per molti in danni epatici permanenti. Ancora peggio se la passarono molti prigionieri di guerra. Ad esempio i nostri soldati prigionieri in Austria soffrivano di una persistente sottoalimentazione dovuta non tanto al “cattiveria del memico” quanto al fatto che le condizioni alimentari in Austria erano tremende, il che fu poi fra le cause della capitolazione degli imperi centrali. Su questo posso citare i ricordi personali di mio nonno, Luigi Mariani, che dopo il 4 novembre fu fra i soldati di scorta a un treno della croce Rossa recante aiuti alimentari per la popolazione di Vienna, stremata da 4 anni di conflitto..

[5]              Quarantine non è del resto l’unico termine medico di origine italiana. Basti pensare ai termini internazionalmente noti di “influenza”, “malaria” e “pellagra” il che ci rimanda alla credibilità di cui la medicina italiana ha sempre goduto e alle piaghe che hanno afflitto per millenni la nostra popolazione.

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Published inAmbienteAttualitàClimatologia

19 Comments

  1. rocco

    A scanso di equivoci (non mi va di passare nè per troll, nè per complottista), le mie considerazioni prendono spunto da osservazioni della realtà ed elaborate attraverso una visione che io ho chiamato “olistica”, mentre Mariani l’ha definita “sistemica” in un altro post sulla caccia.
    “L’olismo (dal greco ὅλος hòlos, cioè «totale», «globale») è una posizione teorica, in ambito filosofico e scientifico, contrapposta al riduzionismo, secondo la quale le proprietà di un sistema non possono essere spiegate esclusivamente tramite le sue singole componenti, poiché la sommatoria funzionale delle parti è sempre maggiore, o comunque differente, delle medesime parti prese singolarmente.” da Wikipedia
    Pertanto, vedo come un “disegno esploso” qualsiasi fenomeno, non limitandomi al suo particolare ambito di sottoinsieme di sottoinsieme di insieme.
    Per quanto riguarda i modelli epidemiologici, faccio riferimento a questa lezione dell’Associazione Americana di Matematica https://www.maa.org/press/periodicals/loci/joma/the-sir-model-for-spread-of-disease-introduction , che è piena zeppa di ipotesi, presupposti, stime, supposizioni e via dicendo e solo per poi poter replicare la reale curva fatta con matita e carta quadrettata come detto nel commento precedente.
    E’ così che si producono i “modelli”, cercando di replicare matematicamente un fenomeno dinamico reale… per poi avere la presunzione che siano reali ed applicabili nel futuro illudendosi che diano previsioni corrette!!! NO, is WRONG!!! Sono esercizi, punto e basta.
    Il secondo riferimento è questo studio “Phase-adjusted estimation of the number of Coronavirus Disease 2019 cases in Wuhan, China” del 24 febbraio 2020 di Huwen Wang et all. https://www.nature.com/articles/s41421-020-0148-0#auth-1
    Come si legge, il famoso Rcon0 varia nel progresso dell’epidemia e varia in funzione delle azioni intrapprese.
    Azioni intrapprese che sono le stesse identiche dei dogi di Venezia nel 1300: quarantena e lazzaretti!!!
    VI chiedo, se l’unica azione utile è l’evitare il contatto tra persone, non sono scenografia i modelli?
    Non sono rappresentazioni ridondanti di un fenomeno comprensibile con il buon senso?
    Non è meglio che detti scenografi si mettano le mascherine e vadano negli ospedali ad aiutare chi è in prima linea? come giustamente ha detto il primario di Pavia https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/03/12/coronavirus-il-primario-di-pavia-si-infuria-con-marattin-a-la7-lei-deve-stare-zitto-come-tutti-i-politici-venga-in-reparto-ad-aiutarmi/5734287/
    Grazie per le risposte eventuali ed ora mi taccio e rimango in ascolto.

    P.s. = mi fa piacere che anche Roy Spencer ha fatto le mie stesse considerazioni sulla CO2 🙂 http://www.drroyspencer.com/2020/03/is-the-covid-19-economic-downturn-affecting-atmospheric-co2-mauna-loa-data-say-not-yet/ … abbracciare il tutto… per non perdersi nel particolare!

  2. rocco

    @AleD
    e ti pareva che non saltava fuori il troll. LOL
    nessun trollaggio, non lo dico io, lo dicono gli stessi modellisti…
    Coronavirus, la curva dei contagi (regione per regione) e l’attesa del picco. «Non si sa davvero quante sono le vittime»
    https://www.corriere.it/cronache/20_marzo_19/cifre-tutte-regioni-b4751788-6a21-11ea-a8a1-df48c20e9d2e.shtml
    Per il picco non servono modelli, serve segnare su un grafico in cui sull’asse delle x ci sono i giorni e su quello delle y ci sono i contagiati.
    Quando si vedrà che la curva che esce fuori unendo i puntini inizia a calare, solo allora si saprà che si è arrivati al picco.
    Non serve un master in modellistica, basta la terza elementare, un foglio a quadretti ed una matita.
    E cerchiamo di essere seri e pratici, la futurologia è una pseudoscienza, sia che si tratta di clima, sia che si tratta di epidemie.
    Il metodo scientifico si basa su dati certi, non su dati presunti o previsti, o profetizzati o stimati o a fantasia. Il modello SIR è corretto solo dopo che i dati sono confermati, prima è giocare a dadi!
    Come si fa a calcolare il famoso RconO se non si hanno abbastanza dati?
    Lo si può calcolare solo dopo che un numero statisticamente rilevante di decessi e di contagi si sono avuti; e l’Rcon0 più preciso è quello risultante a fine epidemia.
    Mi sbaglio?
    correggetemi! Grazie

  3. rocco

    Torino, Greta Thunberg: «Dal 2020 si deciderà il nostro futuro» https://www.youtube.com/watch?v=nrLv9sa4RnY
    “Non è giusto che le vecchie generazioni consegnino la responsabilità di risolvere questa crisi ai più giovani che non sono la causa di questa crisi”
    Quante volte abbiamo sentito queste frasi: “Siamo arrabbiati perché le generazioni più vecchie ci stanno rubando il futuro e non lo accetteremo più”;
    “Noi continueremo finché non faranno qualcosa, saremmo pazienti perché è il nostro futuro ma se non faranno niente, dovremo fare qualcosa noi, e lo faremo”.
    “Dobbiamo cambiare le nostre abitudini di vita” Ilaria Capua virologa e politica italiana https://www.leggo.it/sanita/coronavirus_virologa_ilaria_capua_ultime_notizie_oggi_21_marzo_2020-5124244.html
    Guarda un po’… si stanno cambiando le abitudini…volendo e dolendo bisogna cambiare… la piccina è andata anche a Davos…
    “la tecnologia fa bene all’ambiente” https://www.businessgentlemen.it/2019/10/la-tecnologia-fa-bene-allambiente/
    Cambiare abitudini: più tecnologia = ambiente pulito… volendo e dolendo s’ha da fare!!!
    Ora profetizzo:
    Non appena sarà diminuità l’emergenza, la prima cosa che si farà è…il 5G!!!
    Pure il papa va in streaming, manco più i miracoli sono utili…. c’è lo scientismo che ha sostituito la Divina Provvidenza.
    Cambiare le abitudini… stare a casa e connettersi a più non posso e così si vince anche il coronavirus… più tecnologia= più salute, non è stato sempre così?

  4. rocco

    @AleD
    l’ho espresso chiaramente:
    “Dopo, non prima; prima serve buon senso e quello che si è sempre fatto in una epidemia: lazzaretti e quarantene, sopratutto quando l’agente epidemico è nuovo e sconosciuto (come doveva essere fatto per la xilella)”
    E’ chiaro? Faccio un disegnino?
    Quello che affermo oltre ogni ragionevole dubbio è:
    i modelli matematici previsionali non servono a niente!!!
    Ora si cerca di chiudere il cancello dopo che i buoi sono scappati… certo che mi viene il sospetto di capire perchè hanno lasciato che i buoi scappassero nonostante gli allarmi e le preoccupazioni provenienti da più parti, compresi i servizi segreti.
    Sta di fatto che ci sono nel campo dell’informatica gangster digitali che non si farebbero scrupoli di passare sul cadavere della mamma e della nonna pur di raggiungere i loro obbiettivi ( noi saremmo un esempio per tutto il mondo? Certo abbiamo raddoppiato l’uso dei suoi strumenti https://www.lastampa.it/tecnologia/news/2020/03/18/news/zuckerberg-sul-coronavirus-l-italia-e-un-esempio-per-tutto-il-mondo-1.38609153 )
    E chi me lo dice che il video Gaia di Casaleggio Senior non erano una profezia e lo stesso vale per la “profezia” di Bill Gates? Informatici tutti e due!
    qui i due link:
    Bill Gates https://www.youtube.com/watch?v=8VdkWvP1hHs, 2015
    Casaleggio https://www.youtube.com/watch?v=JodFiwBlsYs
    Come in tutte le crisi c’è chi ci guadagna e chi ci perde! Chi ci sta guadagnando è inutile sottolinearlo.
    Quello che si lascerà dietro questa pandemia non sono solo i nonni che non ci saranno più, ma un tipo di società a cui i nonni erano abituati: una società fatta di privacy e libertà.
    E condivido quanto espresso in questo articolo su Wired. it “Coronavirus, non serve la coercizione per contrastarlo” https://www.wired.it/scienza/medicina/2020/03/21/coronavirus-non-serve-la-coercizione-per-contrastarlo/

    Immagine allegata

    • AleD

      Magari i modelli li stanno applicando per stimare quando ci sarà il picco e gestire “tutto” di conseguenza.
      Le risorse disponibili sono troppo scarse per non cercare di prevedere le dinamiche misurando di giorno in giorno gli effetti delle misure che vengono messe in campo. Nessuno sta giocando a fare l’indovino per il gusto di farlo. Direi che paragonare i modelli climatici con quelli che si stanno adottando per studiare i dati disponibili dell’epidemia e cercare di prevederne le dinamiche è un’attività da troll.

  5. RENZO CAVENAGO

    Aggiungo: la quasi scomparsa della TBC è anche da attribuirsi ad una campagna di educazione sanitaria dovuta sia all’educazione civica (vietato sputare, via le sputacchiere dai locali pubblici ecc.) sia ad una massiccia opera di prevenzione. Personalmente ero alle scuole elementari (anni 50) e mi ricordo quando ci mettevano tutti in fila, a torso nudo, e ci facevano la radiografia su camion appositamente attrezzati.

  6. rocco

    Ultime considerazioni che mi si aprono come un disegno “esploso” essendo un meccanico (pratico, più che teorico) che sa che tra il dire ed il fare c’è di mezzo il mare, tra il progetto e la realizzazione c’è la tolleranza 🙂 .
    Esporrò un discorso lungo quanto un articolo, abbiate pazienza.
    “Un modello è una rappresentazione che contiene la struttura essenziale di un oggetto o un processo o un evento reale, è “una bugia che aiuta a vedere la verità” (H. E. Skipper).
    I modelli sono necessariamente imperfetti; proprio perché si tratta di una rappresentazione, il modello non può includere ogni aspetto della realtà. Prima di creare un modello, è necessario fare alcune assunzioni sulla struttura essenziale e le correlazioni fra gli eventi (o gli oggetti) nel mondo reale.
    I modelli epidemiologici sono necessariamente imperfetti, come quelli climatici; non tengono conto di fattori importanti come la risposta emotiva e comportamentale delle persone, variabili impossibili da misurare!
    La diffusione dell’epidemia in Italia è stata dovuta a due tragici errori:
    1) la diffusione di una bozza di provvedimento governativo, che ha portato migliaia di persone a spostarsi da Nord a sud portando con se il virus sia tra gli asintomatici, che tra i portatori sani, che tra chi sembrava avere solo una banale influenza o raffreddore;
    2) non aver impedito immediatamente lo stop di eventi sportivi e spettacoli che fanno aumentare a dismisura la probabilità di contagio (aumento della densità di persone).
    I modelli queste cose non li considerano, e quindi sono di partenza fallaci nel fare previsioni.
    Solo dopo, a bocce ferme, i modelli possono dire la loro con i dati effettivi, al limite vanno corretti in opera, il che fa della previsione una chimera.
    Dopo, non prima; prima serve buon senso e quello che si è sempre fatto in una epidemia: lazzaretti e quarantene, sopratutto quando l’agente epidemico è nuovo e sconosciuto (come doveva essere fatto per la xilella)-
    Il ruolo del modello matematico è puramente scenografico, di contorno, per fare delle belle presentazioni in cui si descrivono scenari (e sempre e solo il peggiore sarà valutato! AGW insegna) in realtà è inutile; come ci dice questo articolo del Corriere della Sera “Coronavirus, la curva dei contagi (regione per regione) e l’attesa del picco. «Non si sa davvero quante sono le vittime»” https://www.corriere.it/cronache/20_marzo_19/cifre-tutte-regioni-b4751788-6a21-11ea-a8a1-df48c20e9d2e.shtml
    Cosa si cela dietro questa pandemia?
    Il dover cambiare stile di vita; come per le torri gemelle abbiamo barattato la privacy per la sicurezza, così con il coronavirus stiamo barattando la libertà per la sicurezza.
    Chi ci guadagna? Ovvio, cosi oggi come allora è la new economy della sorveglianza di massa, ossia chi fa dei dati la fonte di guadagno.
    Conviene agli stati tenere sotto controllo la popolazione, conviene alle aziende avere un profilo sempre più preciso del cliente.
    Con ciò non dico che l’epidemia sia stata creata apposta, ma a regola d’arte è stato creato il panico e le soluzioni conseguenti.
    Cina, 90.000 contagiati su 1,4 miliardi di persone, ossia lo 0,006%
    Hubei, 60.000 contagiati su 58.000.000 abitanti, ossia 0,103%
    Lombardia 23.000 contagiati su 10.000.000 di abitanti, ossia 0,23%
    Corea del Sud, contagiati 9.000 su 51milioni di abitanti, ossia 0,018%
    Influenza spagnola, 500 milioni di contagiati su 2 miliardi di abitanti nel 1918-20, ossia 25%
    I valori espressi in percentuale modificano la percezione del fenomeno? Credo di si.
    Ed alle volte si utilizzano i valori assoluti o le percentuali a seconda della risposta emotiva che si vuole suscitare.
    Qual’è la primissima paura? La morte, quindi il bisogno di sicurezza.
    Quale miglior sicurezza è quella di non avere contatti con altri esseri umani? Stare in casa.
    Ma se io sto da solo in un bosco potrei mai contagiare qualcuno? No, ovvio, però devo stare in casa dove con una connessione posso disporre di tutto ciò che mi serve (teoricamente).
    Da questo punto di vista possiamo dire che rispetto alla spagnola abbiamo smarrito il senso di cosa significa vivere? Sembra che vivere sia solo quanto tempo passa tra la nascita e la morte: più e lungo e meglio è a prescindere da altre condizioni, tipo la felicità, la serenità etc (qui entriamo nella filosofia pura e mi piace citare la lettera a Meneceo di Epicuro)
    L’ambientalismo (la religione del XXI secolo) è il cavallo di Troia per una nuova ideologia chiamata transumanesimo, la quale vorrebbe formare un uomo nuovo attraverso la sinergia tra biologico ed elettronico. E per fare ciò non bisogna nè avere privacy, nè avere libertà: tutto sarà deciso da intelligenze artificiali che diranno ai postumani cosa sarà meglio per loro, emozioni comprese (in un serto senso già lo fa facebook).
    Coloro che meglio di tutti sanno prevedere il futuro, non sono i matematici, nè gli statistici, nè tantomeno i fisici: sono gli scrittori!
    perchè? usano meglio un sofisticato computer quantistico che elabora emozioni e non numeri: il cervello umano.
    Ed il futuro è stato scritto da film e libri come “Terminator”, “Blade runner”, “ Robocop” o “Star Trek”, così come J. Verne anticipò il futuro con i suoi libri allora chiamati di fantascienza.
    Galileo si sbagliava quando asseriva che il libro della natura è scritto in linguaggio matematico; è scritto in linguaggio emozionale!
    Bohr e compagni, con la descrizione quantistica, hanno stabilito un principio che ha dell’incredibile: le cose esistono se le osserviamo! Ed osservandole si cambiano le cose, tra cui il nostro modo di vedere le cose.
    La matematica, anche se idealmente perfetta, conduce a calcoli arrotondati.
    esempio: la radice di 2 al quadrato fa 2, ci dice l’algebra, ma 1,414×1,414 fa 1.999396 ci dice il calcolo. Mi sbaglio?
    Ed è questo il limite, espresso con la teoria del Caos, di qualsiasi modello previsionale: non solo l’impossibilità di stabilire le condizioni iniziali (impossibili proprio per il principio di indeterminazione di Heisemberg), ma anche perchè il continuo è infinito, ossia tra un numero ed il successivo, vi è un infinito.
    Che temperatura si sta misurando quando si legge 1,57° con un termometro la cui precisione e del centesimo di grado? Sarà un valore approssimato al centesimo di grado, non la sua reale misura.
    Avviene lo stesso in meccanica misurando col calibro decimale, ventesimale o con un micrometro… l’ultima cifra è sempre arrotondata. Ecco perchè ogni tanto i meccanismi si grippano: sono solo precisi idealmente, ma non praticamente.
    I modelli previsionali sono utili nel breve periodo, qualche giorno, come giustamente ci indicano i meteorologi (gli unici scienziati che fanno previsioni serie avvertendo che possono essere sbagliate!), ma non nel medio e lungo termine; in quei casi sono più efficienti ed efficaci i veggenti, i visionari, i profeti.

    • AleD

      Non ci siamo, ha criticato e basta, ora come la gestisce tu in modo migliore la situazione?
      Come ormai hanno detto tutti, compresi i medici, infermieri, oss e volontari, è da attuare il massimo distanziamento sociale possibile per non far crollare il sistema sanitario. O vuoi scegliere tu chi tenere fuori dalle terapie intensive e magari rianimazioni perché non c’è posto? NON E’ TERRORISMO PSICOLOGICO LO VOLETE CAPIRE? E’ la necessità di dover gestire un sistema complesso in condizioni di emergenza. La dietrologia lasciamola davvero perdere.

  7. rocco

    @robertok06
    diciamo la stessa cosa, ma con parole diverse.
    Condivido le tue analisi e so benissimo che il tema ambiental-climatico è religione e non scienza.
    “Questa pandemia è una parentesi tragica che può innescare un’opportunità concreta, un’occasione epocale per vincere le grandi sfide del nostro tempo e le principali concause dell’attuale pandemia di coronavirus. Che sono fondamentalmente climatiche e ambientali. ”
    da https://www.avvenire.it/opinioni/pagine/con-questo-clima-nel-mondo-i-virus-non-ci-daranno-tregua
    puoi leggere anche questo: http://www.greenews.info/rubriche/gli-inaspettati-benefici-ambientali-e-di-salute-del-coronavirus-20200302/
    e questa è una ciliegina gustosa: “Con la quarantena diminuisce l’inquinamento: “Anche così si salvano vite” ” da https://www.lastampa.it/milano/2020/03/18/news/con-la-quarantena-diminuisce-l-inquinamento-anche-cosi-si-salvano-vite-1.38607031
    Il punto, caro Robertok06 è che ci sono degli scientisti fautori di una jihad ambientalista che puntano ad un futuro transumanista e che per portare a termine il loro programma sarebbero in grado di passare sul cadavere dei loro genitori e dei loro nonni.
    Ti rendi conto che in un periodo di crisi del genere, c’è chi pensa alle finzioni cinematografiche dei migranti climatici?
    E chi è felice di “cambiare abitudini”, ossia di stare tappato in casa per utilizzare solo ed esclusivamente internet per fare qualsiasi cosa.
    Leggiti un po’ anche i twitt con l’hashtag #tropomi OR #sentinel5p… io ci vedo un ammasso di jihadisti religiosi che professano la fede nel dio Verde. contento di repirare aria pulita e non NOx.
    Stiamo ritornando al buio pesto della Santa Inquisizione e dei processi a Galileo per chi contraddice (dicendo la verità) il verbo scientista!
    E le nuove cattedrali di questa fede, sono le università, purtroppo!

  8. rocco

    un paio di considerazioni.
    Le epidemie si diffondono grazie agli spostamenti:
    le pesti dovute ai commerci veneziani, la spagnola dovuta alla 1GM e il Coronavirus dalla globalizzazione; quindi una strategia per evitare pandemie è limitare gli spostamenti.
    Si mostrano relazioni positive tra coronavirus ed inquinamento, pare che certi estremisti siano felici di questo feedback ambientale.
    Mostrano immagini satellitari di diminuzioni di NOx dovute alle centrali termiche ed addirittura ho letto che questa riduzione ha salvato più vite di quante ne sta ammazzando il virus; è facile fare l’equazione quando si racconta che i morti da NOx in Italia sono di 14.600 e 58.600 per PM2,5 (fonte ANSA https://www.ansa.it/canale_ambiente/notizie/inquinamento/2019/10/16/smog-italia-prima-in-ue-per-morti-da-biossido-azoto_fdfe51d6-c7b4-485f-9694-d16c4829f6e4.html). Tuttosommato, quindi, il coronavirus starebbe provocando un beneficio ?!? (è inquietante questa conclusione).
    Fortunatamente sul Resto del Carlino un articolo mette in guardia sulle facili conclusioni coronavirus-inquinamento: le correnti atmosferiche hanno il loro ruolo https://www.ilrestodelcarlino.it/cronaca/coronavirus-inquinamento-1.5060675 .
    Però, la CO2 non diminuisce, ma forse ci vorrà del tempo affinchè la turbolenza atmosferica rimescoli il gas tanto criminalizzato per il suo ruolo “surriscaldante”?
    Oppure sarà che l’aumento della CO2 non è strettamente dipendente da quelle birbanti scimmie senza peli chiamate “sapiens”?

    Immagine allegata

    • robertok06

      @rocco

      “Mostrano immagini satellitari di diminuzioni di NOx dovute alle centrali termiche ed addirittura ho letto che questa riduzione ha salvato più vite di quante ne sta ammazzando il virus; è facile fare l’equazione quando si racconta che i morti da NOx in Italia sono di 14.600 e 58.600 per PM2,5 (fonte ANSA”

      Hai letto veramente una cosa del genere?
      Per l’NOx ci sarebbe molto da dire, per quel che riguarda il particolato fine, PM10 e PM2.5, le cose stanno molto diversamente.
      Se si guardano i dati di ARPA Lombardia si vede che la combustione della legna genera piu di 9000 ton/anno di tale particolato, mentre il traffico ne genera poco piu’ di 2400. Il totale e’ circa 19000 ton.
      Da notare che questi sono valori medi annuali (li ho presi, li cito qui a memoria, dal rapporto ARPA del 2017), e mentre il traffico, i terribili e mortiferi diesel, c’e’ in maniera piu’ o meno uguale tutto l’anno, la combustione della legna per riscaldamento avviene su 6 mesi circa, percio’ le concentrazioni di particolato da questa fonte sono molto piu’ alte nei mesi invernali.

      Inoltre, sempre i rapporti ARPA mostrano come il particolato comunque sia in costante calo, un trend quasi lineare da un decennio almeno, che non segue l’aumento di vendite di vetture diesel degli ultimi anni.
      E’ logico che sia cosi’, tra l’altro, dato che i diesel moderni emettono molto meno particolato di quelli precedenti l’Euro-5 (ante 2011, credo… la vettura media italiana ha 15 anni di vita)… ma questo va contro il mantra “verde” che chiede la testa di tutti i diesel, anche gli Euro-6 recenti.

      Una volta di piu’ gli “ambientalisti” ragionano per dogmi e ideologie preconfezionate, e mancano il bersaglio. Alla fine chi ci rimette e’ la popolazione, che si respira il particolato di stufette a pellets “incentivate”, spacciate come “ecologiche, sostenibili e pulite”, mentre invece sono causa di molte morti.

      Spero che la figura “combo” sia chiara, senno’ cerchero’ di ripostare separatamente…

      Immagine allegata

  9. rocco

    vi è un parametro che non può essere considerato: il DNA.
    Gli sterili numeri non tengono conto della casualità dovuta alle mutazioni ed alla strategia che l’evoluzione ha adottato per difendersi dalla corsa agli armamenti: la riproduzione sessuale.
    Si chiama ipotesi della Regina Rossa quella continua lotta tra preda e predatore, tra agente patogeno e difese immunitarie.
    La tassonomia è diventata un bias cognitivo che fa credere che gli individui delle varie specie sono tutti uguali: tutti gli uomini sono uguali, tutti gli orsi sono uguali, tutti i Covid19 sono uguali e così via. Ma non è così.
    Fortunatamente il sesso e le mutazioni sono un lancio di dadi il cui risultato non è deterministico e fa in modo che in occasione di crisi (rotture di simmetria, se vogliamo) ci siano dei DNA equipaggiati per superare la crisi.
    Al tempo di Manzoni vi erano i monatti e furono loro con i loro anticorpi specifici a riuscire a contrastare l’epidemia.
    Ci sono i portatori sani, che non hanno sintomi, che trasmettono virus e batteri e che non possono essere considerati nei modelli matematici proprio perchè non hanno sintomi evidenti e nemmeno una verifica a tappeto sarebbe utile per calcolare il famoso R0 o gli altri valori dei modelli SIR.
    Questa pandemia, ha dimostrato tutta l’inefficacia dei modelli previsionali, come è ovvio che sia: non si può prevdere il futuro, la futurologia è una pseudoscienza.
    E come sono fallaci i modelli epidemiologici, così sono fallaci i modelli climatici.
    E’ inutile girarci intorno: la statistica parla solo del passato ed i modelli, che non sono la realtà, non possono parlare del futuro.
    Il limite della scienza è la sua incapacità previsionale. O un modello matematico o la sfera di cristallo sono allo stesso livello previsionale.
    La futurologia a cui ci vogliono far credere è antiscientifica per un semplice fatto: il metodo scientifico si basa su dati e fatti verificati, non su dati e fatti supposti.
    Prima di passare qui su climatemonitor, ho letto un post di Roy Spencer http://www.drroyspencer.com/2020/03/hydroxychloroquine-now-being-advocated-to-fight-coronavirus-trump-supporting/
    pare che dove è endemica la malaria non c’è il coronavirus.
    E leggo da Il Messaggero che secondo l’ISS è possibile che al Sud Italia circoli di meno https://www.ilmessaggero.it/italia/coronavirus_sud_contagio_ultime_notizie-5107316.html .
    Sarà forse perchè “Alla fine dell’Ottocento si avevano in Italia 15 000 morti all’anno per malaria, con febbri estivo-autunnali, soprattutto nel Sud e nelle isole” come ci dice Wikipedia ? Una questione di genetica!!!

    • Guido

      vorrei mettere in evidenza questa tua frase, che condivido

      /* La futurologia a cui ci vogliono far credere è antiscientifica per un semplice fatto: il metodo scientifico si basa su dati e fatti verificati, non su dati e fatti supposti. */

    • robertok06

      @rocco

      “Il limite della scienza è la sua incapacità previsionale. O un modello matematico o la sfera di cristallo sono allo stesso livello previsionale.”

      ???
      Ma cosa dici? Forse i modelli relativi al clima… ma di modelli di sistemi fisici che funzionano con precisione spettacolare ce ne sono tanti.
      Anche i modelli di propagazione delle epidemie sono precisi… ma solo se le condizioni al contorno sono note con ottima precisione, nel caso di questa pandemia non lo sono… la gente fa il contrario di quello che dovrebbe fare, come diavolo si fa a diminuire il contagio???… e’ impossibile.
      Comunque, purtroppo quelli che non vogliono capire le cose con le buone le capiranno con le cattive… c’e’ una strage in corso e ci sono tanti che continuano a fare footing e acquisti, camminare in riva al mare con la famiglia (inclusi i nonni!) intera… che dire?… se uno cerca rogne le trovera’… sicuro al 100% con le epidemie. 🙁

  10. Luca Rocca

    Si dimentica spesso che la più disastrosa pandemia della storia fu quella che colpì il continente americano ai tempi della conquista spagnola. Una popolazione priva di qualsiasi difesa immunitaria fu sterminata in meno di vent’ anni da influenza, varicella, vaiolo e morbillo, con percentuali ,mai precisamente determinate, ma stimate fra il 75 e il 90% .. Civiltà come quella dei Tumuli, che abitavano le aree del golfo del Messico , furono completamente estinte ben prima dello sbarco degli spagnoli in Florida.

  11. Giancarlo Fabbri

    Grazie Luigi, molto interessante, anche a faenza il lazzaretto era a est della città, c’è ancora la chiesina e una parte sella struttura, oggi azienda agricola, Il motivo è quello che tu hai citato, il vento prevalente è da sud e ovest, spesso piuttosto caldo, che noi chiamiamo “curena”. Sono certo di avere qualcosa di locale sull’argomento ma non ricordo dove! Se lo trovo te lo mando. Ciao, passerà anche questa

  12. donato b.

    Caro Luigi,
    grazie per gli innumerevoli spunti di riflessione che ci hai fornito con il tuo articolo.
    Per quel che mi riguarda, sono impressionanti le riflessioni di Camus: avevo letto in passato il brano, ma con il tempo i ricordi si affievoliscono. Volevo riprenderlo in questi giorni, ma non ho avuto tempo e modo. Sembrerà strano, ma in questi giorni, tra scuola e impegni professionali da espletare a distanza, sono molto più impegnato che nel passato.
    Io mi sono riconosciuto nell’umanista di Camus e ne sono rimasto allibito. Non credevo che ciò fosse possibile. Ho sottovalutato, all’inizio, il pericolo rappresentato dal morbo attuale e, solo dinanzi all’evidenza dei fatti, mi sono ricreduto. Ne faccio pubblica ammenda dalle stesse pagine da cui, giorni fa, ho espresso considerazioni che, ora, mai rifarei.
    Ciao, Donato.

  13. Andrea Beretta

    Buon giorno Luigi
    solo una considerazione: per ragioni un po’ strane, la Pese Nera del XIV Secolo tagliò fuori quasi completamente Milano, risparmiandola (se paragonata alle altre città europee). Per contro, a Milano e al suo circondario fu molto più mortifera la peste manzoniana, della quale hai citato diversi esempi, che invece su scala globale fu meno drammatica
    Comunque mi complimento per il bell’articolo

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