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La Perdita del Ricordo

Ricordo quando mio nonno veniva a mangiare la domenica da noi, e io lo portavo alla finestra del balcone per mostrargli le nuvole all’orizzonte:

“Nonno pioverà”?

“None. Non sono nuvole di pioggia, quelle!”

Non ricordo una sola volta in cui il nonno mi abbia risposto che sì, sarebbe piovuto. E non si è mai sbagliato, perché la memoria di 70 anni passati a rompersi la schiena nelle campagne arse dal sole, in attesa di una pioggia che non arrivava mai, non lascia spazio a facili ottimismi. Nemmeno a 80 anni. E non si smette mai di essere contadini, nemmeno da pensionati.

Ne stanno morendo tanti, di pensionati e di nonni, in questi maledetti giorni di pestilenza. Perché il coronavirus si accanisce soprattutto su di loro, lasciando illesi i più giovani e affidando la sorte di chi sta in mezzo ad una tragica riffa tra chi ha un sistema immunitario virtuoso, e chi invece si scopre improvvisamente fragile.

Certi giornaloni, tuttavia, non si stancano mai di annunciare con malcelato sollievo che questo virus “ammazza soltanto i vecchi”, “soltanto i malati”. E poco importa se puoi ritrovarti ad annaspare a 50 anni, ché comunque giovane non sei. E ancor meno importa, che basta avere la pressione un po’ alta per ritrovarsi nell’elenco dei “malati”, di quelli che “non ce l’avrebbero fatta comunque”. Si percepisce la sgradevole sensazione che al virus venga riconosciuta una dignità che non merita, nel ruolo di facilitatore, di acceleratore di un processo tanto inevitabile, quanto in fin dei conti benvenuto. Largo ai giovani, no?

Del resto erano gli stessi giornaloni, la stessa Pravda mondialista declinata in mille lingue diverse in tutto il mondo, ad auspicare che questi maledetti vecchiacci si togliessero dai piedi. Anche nel nostro Paese le solite teste parlanti discettavano fino a ieri dell’opportunità di modificare il suffragio universale per renderlo più al passo coi tempi: negando il diritto di voto agli anziani, per regalarlo ai minorenni. Colpevoli, i primi, di frenare le legittime e superiori istanze dei secondi, prepotentemente affermate in occasione delle “spontanee” bigiate collettive salva-clima dei mesi scorsi.

Ché il punto è proprio questo: gli anziani sono odiati dalle élite perché colpevoli di un crimine gravissimo. Il più grave tra tutti: gli anziani ricodano. Gli anziani ricordano il passato ormai remoto in cui le nostre economie crescevano, i servizi miglioravano, le opportunità aumentavano di generazione in generazione. Gli anziani ricordano la conquista della mobilità, e con questa, di un senso della libertà prima sconosciuto: ricordano la prima 500, la prima Lambretta, comprate coi primi stipendi da operai in fabbrica. Gli anziani ricordano le lotte sociali che hanno trasformato una massa informe di schiavi in unione di lavoratori consapevoli, e poi in quella classe media che avrebbe fatto la grandezza del nostro Paese. Gli anziani ricordano una classe dirigente colta e preparata, invidiata e temuta, ma capace di leadership e di visione. Capace di trasformare un Paese in rovina nella quarta potenza industriale del Pianeta.

Gli anziani ricordano. E per questo non si capacitano, non capiscono, e non perdonano. Anzi si arrabbiano. E quindi frenano il “progresso”. E quindi è bene che si tolgano di mezzo. E se il virus dà una mano, meglio ancora.

I giovani no. I giovani non possono ricordare. Nemmeno attraverso il racconto di nonni che in molti casi non vedono più, perché sradicati dalle loro città d’origine per inseguire stipendi miseri e occupazioni precarie, con il sogno nel cassetto di scappare all’estero in cerca di fortuna. Proprio come fecero i loro nonni. Perché proprio come i loro nonni, i giovani d’oggi hanno perso la guerra, rovinosamente. Solo che non lo sanno.

Certo è singolare, che tra quelli che buttano giù gli anziani dalla torre per far posto frettolosamente ai gretini, si annidino milardari più vicini al secolo che ai 70 anni. Personaggi i cui vaneggiamenti utopistici suonano come l’ennesima riproposizione di vecchie ideologie fallimentari, ma rinverdite in salsa Netflix e Instagram. Questi centenari che ispirano la Pravda che odia gli anziani, si sentono al sicuro. Ché il coronavirus non è la Morte Rossa, e nei panni del Principe Prospero proprio non ci si vedono. Ma come diceva Fra Cristoforo (non a caso in tempi di pestilenza), “verrà il giorno” anche per loro. E i giovani cresceranno, anche loro. E a certe conclusioni arriveranno comunque, anche se sarà più difficile farlo, senza i ricordi degli anziani.

In questi giorni sono tanti i ragazzi che si ritrovano in compagnia dei loro nonni. Perché in tanti hanno fatto rotta verso Casa, verso le famiglie di origine, anche a rischio di contagiare i loro cari. Ma al richiamo della terra non si resiste. E chissà che in questi giorni di clausura obbligata, tra il tintinnare di stoviglie e il profumo di polpette al sugo, qualcuno di quei giovani non abbandoni la playstation per farsi una chiacchierata con i nonni. Per farsi raccontare com’era il mondo, prima che ci rimbecillissero di politically correct e ci trasformassero in un’accozzaglia di zombie sradicati, adoratori di idoli scassati.

Fatelo, ragazzi. Fatevi raccontare il mondo attraverso gli occhi e i ricordi dei vostri nonni. O insieme ai vostri nonni, perderete anche il ricordo. E vi resterà solo il rimpianto.

“Nonno pioverà?”

“None. Non sono nuvole di pioggia, quelle”.

 

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Published inAttualità

21 Comments

  1. Flavio Capelli

    ” In questi giorni sono tanti i ragazzi che si ritrovano in compagnia dei loro nonni. Perché in tanti hanno fatto rotta verso Casa, verso le famiglie di origine, anche a rischio di contagiare i loro cari. Ma al richiamo della terra non si resiste. E chissà che in questi giorni di clausura obbligata, tra il tintinnare di stoviglie e il profumo di polpette al sugo, qualcuno di quei giovani non abbandoni la playstation per farsi una chiacchierata con i nonni. Per farsi raccontare com’era il mondo, prima che ci rimbecillissero di politically correct e ci trasformassero in un’accozzaglia di zombie sradicati, adoratori di idoli scassati. ”

    Ecco, questa è una lettura insolita. Spero che fra i tanti lutti di questi giorni almeno la situazione aiuterà a colmare il divario, a far conoscere ai giovani com’era il passato, da dove vengono loro e la loro nazione, così che possano capire dove stanno andando e se quella è davvero la direzione migliore.

    • Alessandro

      @Flavio Purtroppo sono privi di una guida familiare(anziana), il 33% dei nuclei familiari vivono da soli, con chi parlano a quattrocchi? Bisogna prima che molta gente impari a fare il genitore, inutile parlare di giovani loro fanno ciò che gli è permesso di fare, dai genitori in primis.

  2. Debora

    Ti ringrazio Massimo per queste parole stupende, i tuoi articoli si leggono sempre con molto piacere. Molti ricordi mi ha riportato alla mente. In particolare il mio defunto nonno che ha insegnato ai suoi numerosi nipoti la passione per la terra, per il sacrificio e la famiglia. Quando una volta coi campi “se fasea i schei”. Purtroppo le politiche stanno uccidendo l’agricoltura e in particolare per delle giovani ragazze come me e le mie sorelle la sfida è ancora più ardua.. ma “muso duro e bareta fracà” noi veneti non ci fermiamo davanti a niente. Buona quarantena.. volevo dire buona Quaresima!

    • Massimo Lupicino

      Grazie a te Debora, fare agricoltura (e imprenditoria in generale) in Italia in questo momento storico e’ un atto di eroismo, e di amore per la propria terra. Un grosso in bocca al lupo per la tua attivita’ e per il tuo futuro!

  3. Alessandro

    E speriamo Massimo che si ritrovi l’importanza di vivere insieme alle guide più anziane e di vivere non più da soli(Istat dice che 33% dei nuclei familiari sono singole persone), ma con tutta la famiglia.

    • Massimo Lupicino

      Le famiglie meno numerose sono e “meglio” consumano. Preferibile che non ci siano figli, ancor piu’ preferibile che la coppia non pianifichi di combinare nulla di serio, ma si limiti a spendere. Quindi il nostro auspicio, caro Alessandro, e’ decisamente controcorrente. Ma va bene cosi’, altrimenti ci ritroveremmo su un blog di Repubblica o simili 🙂

  4. AleD

    Mi permetto di aggiungere una considerazione poetica/piacevole/ottimistica ricordando il bellissimo pezzo di Guccini “il vecchio e il bambino”, a me personalmente piace moltissimo cantata dai Nomadi dalla bellissima voce di Danilo Sacco

    • Maurizio Rovati

      “… e nella pianura, fin dove si perde,
      crepavan gli umani, ma tutto era verde”

  5. rocco

    in questi giorni di domiciliazione forzata sto leggendo un testo di futurologia (un tempo si chiamava fantascienza!): “Il futuro che verrà” di Jim Al-Khalili, Bollati Boringhieri 2018.
    Mi si sono rizzati i pochi capelli rimasti quando ho letto il settimo capitolo:”Il transumanesimo”.
    Incomincia col dire che detta filosofia (chiamiamola così) mira alla creazione di un nuovo tipo di umani molto più felici, più virtuosi, più intelligenti e più longevi.
    Tutte queste caratteristiche migliorative saranno garantite da ingegneria genetica, nanotecnologie, cibernetica, insomma le tecnologie “più avanzate”.
    Questi obbiettivi di miglioramento della “specie” umana mi ha fatto ritornare alla memoria uno degli episodi più tristi del secolo scorso: il terzo Reich.
    Il nazismo è stata una ideologie con profonde radici scientifiche (per l’epoca!), anzi, si basava solo ed esclusivamente sulla scienza per il miglioramento della “sottospecie” germanica.
    Come base aveva l’eugenetica, una disciplina “scientifica” nata da una correlazione, effettuata da uno “scienziato” di nome Galton a fine 1800, tra istruzione e status sociale.
    Lo scopo di Galton, dopo aver letto dei risultati degli esperimenti di Mendel e della trasmissibilità dei caratteri (si supponeva anche di quelli “caratteriali” come l’intelligenza o l’odio), era il porre un freno alla degenerazione della società vittoriana, in quanto pensava che l’aumento di natalità tra le classi “inferiori” avrebbe corrotto la buona società formata dagli “istruiti” e dagli “intellettuali”.
    L’eugenetica fu materia d’insegnamento in varie università occidentali ed applicata anche in USA ed in Svezia.
    Il nazismo fece propria questa teoria pensando di eliminare le “sottospecie” inferiori, piuttosto che agevolare gli accoppiamenti tra “sottospecie superiori”, come indicazione di Galton e degli eugenetisti accademici.
    Nel secondo paragrafo del citato testo “un drastico accrescimento della virtù”, leggo (con orrore) che alcuni transumanisti mirano ad un “potenziamento morale” grazie ad una “virtù genetica” e propongono di assegnare maggior quantità di componente biologica che favorisca la virtù; le idee di fondo sono che il comportamento umano ed i tratti della personalità hanno componente genetica e che una certa componente genetica sia responsabile anche dei tratti caratteriali e comportamentali.
    Che una delle ambizioni e delle idee portanti della “scienza” sia quella di “migliorare” la vita umana, non è una novità, ma quando queste ambizioni sono portate all’estremo (come anche l’idea malata di “stabilizzare” il clima, o di “lottare” contro i cambiamenti climatici cambiando le abitudini e mirando a comportamenti “etici” e/o “virtuosi” con tanto di avvallo di “scienziati” galtoniani) si può sfociare in una ideologia simile a quella del terzo Reich.
    Mi auguro che le giovani generazioni riflettano bene quando le si invitano a seguire incondizionatamente gli “scienziati” come se fossero gli unici ed i soli in grado di “migliorare” e “risolvere” le problematiche dell’esistenza umana.
    Ma non sono stati proprio gli scienziati a progredire nelle conoscenze per poi consentire alla tecnologia di sviluppare quei sistemi che hanno garantito l’aumento dell’aspettativa di vita, che come effetto collaterale hanno prodotto la degenerazione dell’ambiente a cui le nuove generazioni vogliono porvi rimedio con le stesse conoscenze scientifiche che porteranno a nuove tecnologie, che produrranno altri effetti collaterali tali da far insorgere future nuove generazioni che chiameranno in causa gli scienziati, i quali avranno le soluzioni tecnologiche per porre rimedio e…. così all’infinito, ossia alla fine dell’umanità?
    La storia si ripete: la “scienza” quando diventa religione perde la sua “umanità” per diventare un’arma diabolica nelle mani di pochi eletti.
    Questo episodio della lotta al cornavirus, a mio modo di vedere, non è altro che una prova generale di un futuro scientista volto a perseguire l’obbiettivo transumanista.
    Troppi sono stati i profeti che hanno previsto il 2020 come anno di inizio di una nuova epoca, nuova epoca che non deve avere il ricordo diretto di quanto avvenne tra i 1933 ed il 1945.
    Mah…. sarà solo un incubo da detenzione nel domicilio, ma non vedo un bel futuro sia per i giovani che per gli anziani: questi ultimi non ci saranno, ed i primi saranno divisi tra superuomini (transumani,l’immortale èlite al comando) e “inferiori” (umani mortali, al servizio dell’èlite).
    In nome della scienza si può far tutto, anche sacrificare una generazione!
    Ho virgolettato molto non avendo altri vocaboli… politicamente corretti.

  6. Franco

    Un grazie enorme a MASSIMO che ci regala ogni volta articoli stupendi pieni di spunti di riflessione. Simbolicamente una pacca sulla spalla di FRANCO ( mio omonimo e, forse, quasi coetaneo ) quando scrive..” Virus o non virus (io sono fortemente a rischio morte, se contagiato) immagino spesso che è ora che “mi tolga dai piedi”; non lo voglio più questo mondo e questo futuro di social e di apparenza, di insicurezza e di rischio miseria per tutti tranne pochi (e sempre meno)…”condivido FRANCO, con amarezza, ma siccome a volte sono un po tignoso per non dargliela vinta a ‘STI signori direi… togliersi dai piedi si… ma pareeeecchio più in LA… TIE.
    Saluti e Salute a Tutti gli amici di CM . Franco

    • Luigi Mariani

      Caro Massimo,
      mi associo ai complimenti per il bellissimo articolo oltremodo evocativo di tempi, luoghi e persone.
      Le nostre società siano evolute nei millenni trasferendo di generazione in generazione l’idea di rispetto per gli anziani: Enea fugge da Troia con il vecchio padre Anchise sulle spalle e questo è un archetipo che dice molto più di tanti esempi. Io stesso sono stato educato ad ascoltare e rispettare gli anziani e oggi mi trovo ad insegnare storia dell’agricoltura e a cercare di tener aperto un museo dedicato a tale tematica proprio con lo scopo di aiutare a comprendere il passato per interpretare il presente e progettare il futuro. Per queste ragioni sono più che mai sensibile al messaggio che tu lanci e speriamo lo siano anche i giovani (che non sono tutti come Greta, o almeno lo spero).
      Aggiungo anche un’altra riflessione: fino a tre generazioni fa i giovani sono morti in massa nelle guerre d’indipendenza, nelle trincee del Carso sui fronti della seconda guerra mondiale mentre i vecchi restavano a casa a coprire i vuoti lasciati dai giovani. Oggi il Covid19 ribalta le cose e impone il sacrifico più duro ai vecchi. Non so che senso dare a tutto ciò, è solo una constatazione….
      Grazie ancora per il tuo scritto.
      Luigi

    • Massimo Lupicino

      Grazie a te Luigi, ancor piu’ evocativo il tuo riferimento ad Enea ed Anchise. Sbarcarono in Italia tra l’altro… Chissa’ cosa penserebbero dell’Italia di oggi… Qualche dettaglio in piu’ sul Museo di storia dell’agricoltura? Sicuramente tanti nostri lettori sarebbero interessati a visitarlo!

  7. Caro Massimo,
    bellissimo racconto che ha avuto il grande pregio di farmi ricordare situazioni quasi perse nella notte di tempi (dalla raccolta delle more arrampicandosi sul moro, l’albero, non il rovo, alla battitura del grano quando noi bambini di 9-10 anni andavamo a riempirci le mani di chicchi che poi, masticati e con l’aiuto dell’amido, diventavano una specie di ottima gomma americana).
    Sì, noi vecchietti abbiamo ricordi di persone che facevano il loro lavoro con dignità e competenza (anche molti politici) e avevano le loro idee che mai avrebbero svenduto per qualche spicciolo. Purtroppo quelli “più malleabili” hanno fatto il gioco del potere e si sono imposti sulle persone serie.
    Virus o non virus (io sono fortemente a rischio morte, se contagiato) immagino spesso che è ora che “mi tolga dai piedi”; non lo voglio più questo mondo e questo futuro di social e di apparenza, di insicurezza e di rischio miseria per tutti tranne pochi (e sempre meno).
    Comunque Massimo, grazie per i pezzi bellissimi che scrivi. Franco

    • Massimo Lupicino

      Caro Franco grazie a te per i tuoi commenti sempre troppo generosi nei miei confronti. Di “vecchietti” come te c’e’ un disperato bisogno, oggi piu’ che mai. Quindi anche se tu, come tanti di noi, ti sei rotto le scatole di questo presente, vedi di tirare avanti almeno per almeno un’altra quarantina d’anni OK?
      PS: quanto alle idee di cui parli, penso che oggi il problema nemmeno si ponga piu’. L’unica idea della classe dirigente attuale, pare essere quella di galleggiare affidandosi alle idee degli altri (possibilmente quegli stessi che ti vogliono rovinare), godendo al contempo delle rendite di posizione conseguenti. Mancano le competenze minime, non esiste visione, l’etica e’ inesistente, e l’egoismo prevale su qualsiasi ideale di bene comune. Si deve pagare un prezzo per tutto questo, e a questo virus verra’ forse riconosciuto il grande merito di aver mostrato nella loro evidenza troppe cose che venivano ben nascoste sotto il tappeto, e accelerato un processo che comunque era nei piani, sebbene piu’ lento (la metafora della rana nella pentola).

  8. David

    Caro Massimo ha dimenticato una cosa importante:gli anziani risquotono la pensione,altra cosa da eliminare secondo le elite mondialiste e pseudoprogressiste(anche se hai versato per oltre 40 anni!).

    • Massimo Lupicino

      Di sicuro i risvolti “positivi” dal punto di vista dei Migliori non mancano, ma a parlarne si rischia di andare fuori tema 🙂

  9. rocco

    stupendo articolo.
    In quanto alla memoria, quella digitale, pur riuscendo a conservare infinità di bit, è più labile di quella di un malato di demenza senile.
    Con l’aver spostato i ricordi dalla rete di neuroni alle reti di silicio, i ricordi passeranno subito nel dimenticatoio.
    La rete impone il produci, consuma, crepa dei fatti ad una velocità istantanea.
    Non basta il motore di ricerca a far rinvenire i ricordi, la nostra memoria sta diventando tabula rasa per l’uso indiscriminato di supporti esterni di memoria.
    Dov’è sarà quel tal documento, su quale pennetta USB, con quali parole dovrò cercarlo…
    Un tempo il documento era fisico, con un po’ di ordine e lo ritrovavi in un battibaleno, sfogliando altri documenti che ti facevano venire alla memoria anche odori, amori, sudori, suoni del momento in cui fu redatto.
    Eh si, il mondo nuovo del transumanesimo, dell’iperconnettività, del 5G, dell’internet delle cose…. non è per i vecchietti.
    sapete che vi dico?
    Era molto più bello, libero e pieno di privacy il mondo analogico dove tutto era materiale.
    Il mondo dell’economia immateriale è la moderna schivitù, brutta, senza privacy e completamente diretta (voce del verbo dirigere).
    E noi vecchietti abbiamo rubato il futuro alle nuove generazioni?
    ma tenetevelo ben stretto questo futuro, ma chi lo vuole.
    Piuttosto, restituiteci il nostro passato, bambinetti e ragazzetti ladri di memoria e di ricordi!!!

    • Massimo Lupicino

      Grazie Rocco. Mettiamola cosi’, qualcuna di quelle chiavette USB fra qualche secolo potrebbe essere una preziosa testimonianza delle ragioni per cui la specie umana si e’ estinta/suicidata. Mentre un foglio di carta o una memoria trasmessa solo verbalmente potrebbe essere adatta allo scopo. Prendiamo quello che c’e’ di buono 😉

  10. Renato

    E tra quei ricordi che i vostri vecchi vi passeranno, ci sarà certamente anche quello di un ringraziamento a Dio per quella pioggia che arrivava, quando arrivava, a benedire il lavoro fetido di sudore ed amaro di polvere di terra, che nei campi non faceva sconti a nessuno, un ringraziamento a mani giunte come quello nell’ “Angelus” di Millet; un ringraziamento che oggi dovremmo recitare ogni giorno per capire cosa abbiamo e cosa rischiamo di perdere da un giorno all’altro per qualcosa che non riusciamo a sconfiggere da soli.
    Grazie Massimo per queste tue belle righe

    • A. de Orleans-B.

      Magnifico, don Massimo, mi ricorda una predica di mia nonna, mezza russa e assai sentimentale:

      – quando morirò, nei miei cassetti troverete lettere d’amore, diari di viaggi e qualche acquarello;

      – quando morirà tuo padre, troverete ricevute delle tasse e, spero, qualche lettera dei suoi amici e forse qualche foto sbiadita;

      – quando morirai tu, troveranno qualche dischetto ormai illegibile;

      – e i miei figli, aggiungo io? Beh, almeno non ci sarà più la fatica di svuotare i cassetti, dato che non ne avranno avuti. La loro vita sarà stata una presenza effimera in un “cloud”, perse le password non saranno mai esistiti.

      Hmmm… forse dovrei raccontargli cosa diceva la nonna, prima che sia troppo tardi.

    • Massimo Lupicino

      Grazie a te, Renato. PS di questi tempi a ringraziare Dio, si rischia un processo per blasfemia, proselitismo e discriminazione di altre fedi… Occhio 😉

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