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Come prima, più di prima

A metà gennaio, proprio mentre il COVID19 dilagava silenziosamente in mezzo mondo all’insaputa di (quasi) tutti, Larry Fink, al secolo CEO di Blackrock (il più grande gestore privato di investimenti al mondo) sentenziava: “La crisi climatica rimodellerà la finanza mondiale”. Un modo molto elegante per annunciare urbi et orbi l’imminente spostamento di trilioni di dollari sui mercati finanziari a tutto beneficio delle società che strizzano l’occhio al gigantesco business del Green. Ché salvare il mondo dal global warming è molto bello, specie se con questo pretesto si riesce a gonfiare la nuova bolla finanziaria verde con cui i Migliori intendono sostituire quella ormai abusata dell’high tech.

A quattro mesi da quell’annuncio, mentre ancora si fanno i conti con l’epidemia che ha messo in ginocchio le economie di tutto il Pianeta, il nastro della narrativa mediatica si è riavvolto perfettamente, tornando a battere come nulla fosse la grancassa del global warming e degli investimenti gretini che tolgono tutti i peccati del mondo.

Il neo-giornale della famiglia Agnelli, per esempio, ci informa dell’ennesima petizione firmata dai soliti espertoni, a supporto della solita causa. No, non si parla dei 10,000 “scienziati” contro Montagnier, e nemmeno degli 11,200 “scienziati” contro i 500 dissidenti climatici: roba vecchia, numeri piccoli, da poveracci. Stavolta i firmatari sarebbero (il condizionale è d’obbligo) ben 40 milioni di “medici”, il che fa decisamente più fico perché nel dopo-COVID il medico è molto più spendibile mediaticamente del climatologo. I 40 milioni in questione avrebbero firmato una petizione che, nella sostanza, chiede a gran voce di investire camionate di trilioni di dollari nella lotta al cambiamento climatico e nella decarbonizzazione in risposta al Coronavirus.

La missiva in questione è una sequela di perle imperdibili tra cui spicca questa profonda riflessione squisitamente medica: “Se i governi apportassero importanti riforme agli attuali sussidi per i combustibili fossili, spostandone la maggior parte verso la produzione di energia rinnovabile e pulita, la nostra aria sarebbe più sana e le emissioni climatiche si ridurrebbero drasticamente, alimentando una ripresa economica che, da qui al 2050, darebbe uno stimolo ai guadagni globali del Pil per quasi 100 trilioni di dollari”.

Invece di servirsi delle loro illustri conoscenze in ambito medico per giustificare l’altrimenti inspiegabile collegamento tra coronavirus e “crisi climatica”, questi fantomatici 40 milioni di camici bianchi parlano all’unisono di alta finanza con la padronanza tecnica di Larry Fink. È davvero un mondo meraviglioso, quello dell’informazione globalista: ma se folle oceaniche di medici corrono a firmare petizioni in favore degli interessi di Blackrock, non sarà mica che che tra gli operatori finanziari di mezzo mondo si nasconde una moltitudine di virologi? Viste certe performance televisive, ci sarebbe quasi da sperarlo.

Ma l’afflato climatista post-COVID non si limita certo alle petizioni trilionarie dei soliti migliori. Il “Green” finisce per entrarci sempre, quando si parla di soldi. Forse perché verde è il colore dei dollari. Per esempio, tra le pieghe degli “aiuti europei” annunciati in questi giorni dalle solite entusiaste fanfare mediatiche, si celano elementi decisamente interessanti. Del mirabolante diluvio di 750 miliardi strombazzato dagli italici giornaloni, al netto dei soldi che sono semplicemente prestati, e dei contributi che l’Italia elargisce generosamente all’Unione, restano appena 38 miliardi. Soldi che forse l’Europa elargirà in 4 anni solo a partire dal 2021, e soltanto a condizione che siano investiti secondo priorità identificate dalla stessa Commissione Europea. Priorità ovviamente incardinate sulla “transizione green”.

In altre parole, pare di capire che in risposta all’emergenza del Coronavirus l’Italia riceverà (forse) dall’Europa una mancetta, ma solo a patto che questa sia investita per comprare pale eoliche tedesche, pannelli cinesi e magari qualche macchina elettrica francese imparentatasi di recente con la FCA. Ma non mancano certo i consigli per volare ancora più in alto, con il Vicepresidente della Commissione Europea Timmermans che istruisce l’Italia a convertire l’acciaieria di Taranto a “idrogeno pulito”, consiglio che renderebbe la produzione dell’acciaio 20 volte più costosa rispetto a quella attuale. Un vero affarone, per i concorrenti dell’acciaio italiano.

Certo sarebbe bello poter sfrecciare accanto alle piste ciclabili della Milano-by-Greta con una Peugeot e-208 nuova fiammante alimentata solo da mulini a vento e pannelli solari. Se solo si avessero i soldi per comprare la macchina e pagare una bolletta energetica (ancora) più cara. Eh sì, perché a dispetto della narrativa martellante dei padroni del vapore, sembra proprio che gli italiani abbiano problemi più impellenti da risolvere: secondo un recente sondaggio, infatti, in testa alle nostre preoccupazioni ci sono l’occupazione e l’economia, con l’ambiente fanalino di coda.

Sono davvero tempi bizzarri, quelli in cui si pretende che i cittadini europei, stremati da uno shock economico senza precedenti, diano il sangue per la “riconversione” di un modello energetico efficiente ed economico in uno inefficiente e costoso. Nel nome di un “problema” non percepito dai cittadini stessi come prioritario.

Le intenzioni di Larry Fink, dei suoi fratelli e dei loro media sono sicuramente lodevoli, disinteressate, filantropiche. Eppure qualcosa suggerisce che nonostante i loro generosi sforzi, quella della “transizione energetica” potrebbe non essere una storia a lieto fine.

 

 

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Published inAttualità

9 Comments

  1. Renato

    L’energia verde è, ad esempio, quella cosa che ha già ampiamente martoriato il territorio della Puglia, dove miopi leggi regionali degli anni passati, associate ad inganni di facili guadagni, hanno consentito ad invasori stranieri, di portare le loro lastre di silicio o le loro pale di vetroresina, ad invadere non aree marginali o fabbricati industriali, ma interi territori che fino ad allora ospitavano vigneti, mandorleti, piantagioni di carciofo o grano e tutto ciò, nel silenzio – assenso delle amministrazioni di ogni livello ma perfino (ma perché dovremmo meravigliarcene?) di quello delle varie anime ecologiste organizzate.
    E quel che è peggio, nessun vantaggio per la collettività (che ha pagato sulle proprie bollette gli incentivi a tutto ciò) ma solo introiti per alcuni e fra qualche anno, tonnellate di rifiuti industriali che molto probabilmente, saremo di nuovo tutti chiamati a pagare. E intanto chiudiamo anche col carbone, rimettendo le ultime possibilità di autonomia energetica, nelle mani di altri paesi stranieri, che potranno staccarci la spina quando i loro impianti (nucleari) ormai decotti, non avranno più energia da vendere noi.

  2. rocco

    l’unica energia verde è quella prodotta dalla sintesi clorofilliana e porta il nome di glucosio.
    E sono degli dioti incompetenti coloro che si definiscono green (ossia che vorrebbero un pianeta con più vegetazione) e vogliono diminuire l’anidride carbonica; non sanno come funziona l’energia verde, che dall’acqua e dall’anidride carbonica, grazie alla luce, produce ossigeno e glucosio.
    Queste falsità “green” (fotovoltaico, eolico….) hanno solo lo scopo di rapinare danaro ai contribuenti e trasferirlo a biechi imprenditori che spacciano illusioni ambientaliste.

  3. Andrea

    Donato B. Credo che la decarbonizzazione non sia un obbligo forzato alimentato dalla volontà di spostare il movimento di denaro da un fonte di energia all’altra o perché si vuole fare del bene a noi stessi o all’ambiente purificandolo dall’inquinamento atmosferico e non…non ho mai conosciuto nessuno che non tragga beneficio dal profitto il quale può valere nel primo caso ma non garante di energia perpetua come l’olio nero..e per quanto elegante possa sembrare il secondo caso esso viaggia a gratis e fa bene all’aria ma non alle tasche e alle possibilità…a conclusione..la decarbonizzazione in atto o il tentativo di essa è dettato solo dalla minor possibilità di disporre della materia prima nera rispetto a prima…e la politica del ” ti offro meno mobilità ma ti finanzio una bici..elettrica e non o un monopattino ” mi suona tanto che c’è meno da consumare e se voglio consumare come prima devo tirare fuori molta più grana di prima…se ce l’ho .. sennò se perdo il bus ..vado a piedi o in bici e se ho tanti soldi allora potrò permettermi di consumare e di prendere il taxi

  4. donato b.

    Quanto descrive M. Lupicino nel suo articolo come futuro scenario, è già realtà sacramentata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana.
    Credo che tutti abbiano sentito parlare di ristrutturazioni edilizie, per le quali si prevede il famoso credito fiscale del 110%. Se andiamo a leggere il “decreto rilancio” approvato dal Governo ed ora legge dello Stato, in attesa di ratifica parlamentare e disposizioni applicative, ovviamente, ci accorgiamo che il finanziamento della decarbonizzazione è già realtà.
    Il mega credito fiscale (spendi 100 e ti riconosco un credito di 110, da recuperare versando meno tasse per 5 anni o da cedere a banche, imprese et similia) spetta solo ed esclusivamente se si procede, nell’ordine;
    a) a migliorare le prestazioni energetiche dell’edificio mediante installazione di isolanti termici;
    b) ad installare pannelli solari sul tetto dell’edificio;
    c) a sostituire le caldaie a combustibili fossili con pompe di calore;
    d) ad installare colonnine per la ricarica di accumulatori di corrente per alimentazione di veicoli elettrici.
    .
    Sono stato molto sintetico, per cui qualche “purista” potrebbe accusarmi di aver semplificato troppo la questione: si ho semplificato molto, ma la sostanza è questa.
    Credo che la misura in questione rappresenterà uno shock non indifferente per l’economia: nel mio piccolo ho dinanzi un elenco di oltre venti persone che sono intenzionate ad usufruirne. Vale circa un milione di euro e non è certamente finita qui.
    .
    Sono fatti, vita quotidiana al tempo del coronavirus. Non mi dilungo in ulteriori commenti: ognuno di voi è perfettamente in grado di trarne le conseguenze.
    Ciao, Donato.

    • AleD

      Conseguenze positive ovviamente, visto che c’è la necessità per usufruirne di far fare un salto di 2 classi energetiche all’edificio. Questa è strategia per la decarbonizzazione utile: invece di costruire ancora roba nuova si riqualifica decentemente l’esistente.
      Non vedo davvero i lati negativi.

    • donato b.

      Ciò che non va è l’ipocrisia. Il governo ha fatto bene, anzi benissimo: era l’unico modo che aveva per iniettare decine di miliardi nell’industria edilizia, senza tirarsi addosso le ire delle vestali ambientali e dell’ortodossia dei vari filoni ideologici che vanno dai sostenitori della decrescita, ai sostenitori della redistribuzione della ricchezza a livello planetario. In questo modo sono tutti felici e concordi nel rendere la misura ancora più forte: estesa alle seconde case e prorogata fino al 2022.
      .
      E’ una terapia estremamente forte che punta sull’edilizia come moltiplicatore di ricchezza: la speranza è che investendo in quel settore, si riesca a risollevare buona parte dell’economia nazionale.
      La foglia di fico ambientalista serve a far aprire il portafogli dell’UE, che mai avrebbe accettato di finanziare un settore economico come quello edilizio senza il paravento dell’efficientamento energetico, dei pannelli solari e delle colonnine per il ricarico degli accumulatori delle macchine elettriche.
      .
      Entrando nel merito della questione, il tutto è subordinato all’incremento di due classi energetiche del fabbricato. In base alla mia esperienza il 90% ed oltre degli edifici italici si trova in classe G. Passare dalla classe G alla E (due classi) non è molto complicato: un piccolo miglioramento delle caratteristiche termiche dell’involucro trasparente ed opaco è, in genere, sufficiente. Ciò si può ottenere come sottoprodotto di ciò a cui tengono i proprietari delle abitazioni: sostituire gli infissi e rifare facciate e grondaie. L’aspetto ecologico ed energetico è del tutto secondario.
      .
      In merito all’effettivo miglioramento delle caratteristiche energetiche del fabbricato , esse vanno dimostrate con un Attestato di Prestazione Energetica (APE). Per chi non lo conoscesse, è un fascicoletto di qualche paginetta che viene generato da programmi di calcolo piuttosto complessi, basati su decine di parametri tecnici piuttosto discrezionali.
      Scriveva J. von Neumann che “con quattro parametri posso descrivere un elefante e con cinque posso fargli muovere la proboscide”.
      Con tutti i parametri in gioco l’APE (elefante) riesce a ballare anche il rock and roll. 😉
      .
      p.s.: a me la misura va benissimo, non osavo sperare tanto: due o tre anni almeno di lavoro assicurato, ma bisogna essere realisti e non farsi distrarre dalla apparenze.
      Ciao, Donato.

  5. Andrea

    Nonostante l’energia detta “green” nel “quale” dopo covid meglio dire “nel durante” ha e avrà un boom di finanziamenti e investimenti in questa direzione..in un certo modo “obbligati” anche se romantica come manovra non credo sia il vero motivo per cui il mondo virerà in questa direzione…la realtà secondo me già esposta qui sta nel scarseggiamento di materia nera in quanto non che esso stia finendo a breve ma semplicemente di più difficile estrazione e con essa più costoso..tutto ciò che sta accadendo oggi tra pandemia e nuove norme sul distanziamento a scopo ” minor consumo energetico ” non è altro che un aggiustamento del binomio domanda/offerta quale porterà povertà e con essa minor consumo energetico ..noi come società dipendendo quasi totalmente dal petrolio non abbiamo altro scampo il quale cercare di farcelo durare e il covid adesso e in futuro aiuterà in questo senso..poi che le lobby ad energie alternative si fottano soldi pubblici e privati per alimentare le loro casse ed il tutto venga venduto con il romantico motivo della sostenibilità ed eco sostenibilità è un altra storia…ma fini a se stessi uno e l’altro sono sinonimi

  6. Maurizio Rovati

    7 Miliardi di persone diviso per 40 milioni di Medici uguale 175 persone per medico…

    In Italia mi risulta che abbiamo 1 medico ogni 250 abitanti…

    Quindi, dato che sulla Terra ci sarebbe almeno 1 medico ogni 175 persone, si deduce che devono aver contato anche i Veterinari e gli Sciamani per arrivare a quel numero.

    • Massimo Lupicino

      E infatti si legge “operatori sanitari”, e si intuisce che in realtà la petizione consista nella adesione di una costellazione di sigle alle quali è riferibile un certo numero di iscritti.. Non ho ritenuto il caso di approfondire, del resto… Conta qualcosa se quei 40 milioni sono 4mila, se sono medici o persone che hanno applicato un cerotto al figlio e quindi possano essere equiparati ad operatori del servizio sanitario? Il contenuto di quel comunicato parla da sé, non serve altro. Potrebbe averlo firmato anche solo Topolino, resta immondizia ascientifica declinata nei termini di una velina della finanza globalista.

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