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Meteo di Regime

Nelle dissertazioni meteorologiche del lunedì, ma, più in generale quando si parla di circolazione durante i mesi invernali, si fa spesso riferimento ai regimi atmosferici, ovvero a particolari assetti del campo di massa a scala sinottica sull’area euro-atlantica, i cui effetti e la cui occorrenza sono ben definiti in letteratura e quindi rappresentano dei modelli concettuali consolidati. I regimi atmosferici cui si fa più riferimento, almeno sin qui, sono quattro, il promontorio atlantico, il blocco scandinavo e le due fasi negativa e positiva della North Atlantic Oscillation (NAO), con quest’ultima che di fatto è un tracciante del percorso del flusso zonale sull’area europea.

L’individuazione dei regimi atmosferici in termini di rianalisi, ovvero per quel che riguarda il passato, non così semplice. Il procedimento è però anch’esso piuttosto consolidato in letteratura e consiste sostanzialmente nella clusterizzaizone, ossia nel raggruppamento di pattern atmosferici simili (quindi rispondenti a caratteristiche note), partendo dall’analisi statistica della disposizione del campo dle geopotenziale.

I regimi atmosferici sono un buon tracciante dell’assetto della circolazione e, quindi, anche un efficace (forse l’unico) strumento di prognosi di medio e lungo periodo meterorologico.

Qualche settimana fa è uscito un articolo sul Quarterly Journal of the Royal Meteorological Society che oggi sottpongo al vostro (spero) interesse:

Revisiting the identification of wintertime atmospheric circulation regimes in the Euro‐Atlantic sector (Falkena et al, 2020)

In sostanza, applicando ai dati disponibili un’analisi statistica differente, gli autori individuano non quattro, ma sei differenti regimi di circolazione atmosferica, con i due aggintivi che sono di fatto l’opposto del promontorio atlantico e del blocco scandinavo (cioè con segno del campo di massa opposto nelle medesime posizioni).

 


Queste sopra sono le figure 5 e 6 del paper.

Questa classificazione con due nuovi “raggruppamenti” avrà certamente bisogno di essere consolidata. Ad esempio, nelle previsioni di medio e lungo termine dell’ECMWF la clusterizzazione segue il criterio dei 4 regimi atmosferici più tutto il resto, ossia quello che non rientra nei parametri, identificato con un regime neutro. Restringere ulteriormente il campo dell’incertezza – a patto che il modello sia poi affidabile – sarebbe senza dubbio un passo avanti nella previsione a lungo termine.

Vedremo. per adesso, buona lettura a tutti i weather addicted.

PS: ah, la frequenza di occorrenza dei blocchi scandinavi non cambia ;-).

 

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Published inAttualitàMeteorologia

Un commento

  1. Luigi Mariani

    Caro Guido,
    ti ringrazio per aver segnalato l’articolo che parla di regimi circolatori, argomento che mi interessa parecchio. Ti confesso però che sono perplesso circa una metodologia che alla fine riduce tutto a 4 ovvero 6 regimi, e ciò in quanto “ammazza” gran parte della variabilità che esiste nel sistema e che ne costituisce la ricchezza.
    A ciò aggiungo che l’incipit è palesemente errato sul piano storico. Infatti, citando un articolo del Deutscher Wetterdienst (su cui non ho indagato), vi si dice che la prima classificazione dei tipi di tempo a scala sinottica sarebbe stata quella del Servizio Meteorologico tedesco degli anni ’40 (“The study of atmospheric circulation, or weather, regimes has a long history. Starting from the 1940s, when the German weather service developed a set of weather types classifying the daily synoptic circulation”).
    Per evidenziare la falsità di tale affermazione basta ricordare che Filippo Eredia (fondatore del servizio meteorologico dell’Aeronautica e professore di fisica di Enrico Fermi), nel capitolo XLII del suo testo “Lezioni di meteorologia e aerologia” del 1941 presenta una classificazione a 12 tipi per l’area europea basata su carte al suolo e la applica al periodo 1926-1933. Inoltre Eredia cita come precursori di tale approccio il meteorologo francese Leon Teisserenc de Bort (1855-1913) che aveva messo a punto un classificazione atta a descrivere le situazioni favorevoli a inverni freddi in Francia) e l’italiano Luigi De Marchi (1857-1936), cui risalgono ad esempio i concetti di “tempo atlantico” e “antiatlantico”.
    Ciao.
    Luigi

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