Salta al contenuto

Le previsioni nella terra di nessuno

Si definisce no man’s land, terra di nessuno, quella striscia di territorio che separa due eserciti che si fronteggiano, un suolo che nessuno può reclamare. L’immagine è oggi alquanto obsoleta, ma torna buona spesso, anche, per esempio, in meteorologia. La terra di nessuno della sfida quotidiana con la simulazione del comportamento del sistema terra-oceano-atmosfera sono oggi le previsioni cosiddette mensili o, più propriamente, quelle che non rientrano nella scala temporale della previsione del tempo propriamente detta – 1-10 giorni, e anticipano quella stagionale dell’ordine dei mesi.

La prima, il tempo che farà, pur nel contesto di un’attendibilità che degrada abbastanza velocemente man mano che cresce il range temporale al quale arriva, è, in termini previsionistici, un problema di condizioni iniziali. Si assume con buona, anzi ottima certezza, che l’evoluzione del sistema sia fortemente influenzato dal suo stato iniziale, che tradotto in soldoni è l’istantanea del tempo in atto o, più tecnicamente l’analisi con cui vengono inizializzati i modelli di previsione, che quindi sono essenzialmente deterministici. La seconda, che entra invece nella scala temporale del clima, è molto meno condizionata da uno stato iniziale di cui il sistema tende a perdere la memoria. Questo è vero soprattutto con riferimento all’atmosfera, perché in realtà vuoi per un’inerzia decisamente diversa, vuoi per una oggettiva predominanza anche fisica, il “punto di partenza” della componente oceanica è comunque importante anche per i modelli stagionali.

Tra queste due fasi temporali si collocano le previsioni mensili. L’arco temporale che va dalle 2 alle 6 settimane circa, infatti, è quello in cui lo stato iniziale perde gradualmente importanza, ma se ne deve comunque tener conto, e l’evoluzione del sistema si approssima altrettanto gradualmente a quella climatica, decisamente meno caotica nel suo evolvere, con l’oceano ed i pattern che da esso dipendono che dominano la scena e mantengono ancora molti segreti in termini di predicibilità. Le previsioni mensili sono dunque un settore in cui si sommano le difficoltà dell’evoluzione del tempo nel breve periodo a quelle del medio periodo climatico. Decisamente un territorio conteso.

Da diversi anni ormai, quasi tutti i grandi centri di produzione di modelli meteorologici e climatici, stanno cimentandosi nella produzione di previsioni anche mensili e, nel rispetto delle caratteristiche sommariamente descritte sin qui, la tecnica adottata è quella di cercare di estendere i modelli delle previsioni del tempo oltre il loro normale range temporale, inglobando però delle caratteristiche più pertinenti alla scala climatica che meteorologica. Tra queste, quella di far uso delle tecniche di ensamble, proprie della previsione probabilistica, e l’utilizzo di output espressi per la maggior parte in forma di anomalie rispetto ad un clima atteso piuttosto che grandezze espresse in valore assoluto.

Scherzi a parte, in realtà anche nel settore delle previsioni mensili si stanno facendo degli eccellenti progressi e questi strumenti hanno iniziato già da un po’, sebbene in casi specifici, ad essere piuttosto utili nei processi decisionali di prevenzione e protezione. Un boost significativo alla qualità di questi modelli lo hanno dato negli ultimi anni le scoperte che alcuni pattern oceano-atmosfera svolgono ruoli determinanti nell’evoluzione del tempo alla scala temporale delle 3-6 settimane. Tra questi, l’insorgere e il procedere della Madden Julien Oscillation, un outbreak di attività temporalesca che si muove da est verso ovest alle latitudini equatoriali sugli oceani Pacifico e Indiano coprendo un arco di circa quaranta giorni e l’arrivo di eventi improvvisi di riscaldamento della stratosfera polare invernale di entrambi i Poli (Sudden Stratospheric Warming). L’impronta che questi eventi imprimono alla circolazione atmosferica segue degli schemi in qualche modo replicabili e, quindi, anche traducibili in istruzioni per le complesse operazioni di simulazione del tempo.

In un articolo molto interessante uscito su Science Magazine qualche giorno fa, c’è un approfondimento su questo tema, ricco anche di esempi con i quali è stata dimostrata la validità di questo approccio e l’utilità – ovvia – di disporre di segnali precursori di situazioni meteorologiche estreme ai fini della previsione.

Improved three-week weather forecasts could save lives from disaster

Certo, nessun modello mensile tirerà mai fuori una previsione di punto ad un range temporale di tre settimane, non aspettatevi niente del genere, ma indicazioni utili alle attività produttive, alla sicurezza delle cose e delle persone questo sì, lo si può considerare già una realtà, sebbene spesso di difficile interpretazione. Da questo punto di vista, infine, è il caso di dire che i produttori di app meteo possono mettersi l’anima in pace, non è in arrivo un nuovo giocattolo, e gli albergatori possono stare sereni, non sono in arrivo profezie ancor più dannose delle previ a dieci giorni che già ci affliggono quotidianamente.

Ah, per chi volesse approfondire ulteriormente, questo è il link alle pagine esplicative del modello mensile impiegato al Centro Europeo per le Previsioni a Medio Termine, numero uno mondiale nel settore della modellistica meteorologica.

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...Facebooktwitterlinkedinmail
Published inAttualitàClimatologiaMeteorologia

5 Comments

  1. Alessandro2

    @gg – grazie mille per la spiegazione, che mutua la definizione di “prognosi” dal mondo medico (a me più vicino) rendendomi chiaro il concetto.

    Insomma, come molti profani, ho sempre interpretato queste elaborazioni grafiche (perché non le piacciono?) nel modo sbagliato, ossia come previsioni a probabilità proporzionale alla chiusura degli spaghetti. Buono a sapersi 🙂

    Capisco anche che le previ mensili siano ancora un altro mondo, perciò corro a leggermi l’approfondimento. Grazie ancora.

    • Alessandro,
      Tenendo presente la tipica distribuzione a campana della probabilità di occorrenza di un dato valore di un parametro atmosferico (gaussiana), quando le linee si addensano aumenta l’attendibilità, cioè, malgrado le forzanti diverse in partenza, le evoluzioni sono più o meno concordi. Ma questo non è garanzia che l’osservazione poi corrisponda, quindi non aumenta la probabilità che quello o altri valori siano poi quelli osservati.

  2. Luigi Mariani

    Caro Guido,
    grazie per la segnalazione dell’articolo su Science news.
    Se devo però fare un commento direi che la ricerca è spesso cosa utile ma che da qui a dire cosa trasferire a un cliente (almeno per chi come noi opera alle medie latitudini) c’è ancora di mezzo il mare, nel senso che se guardi ad esempio gli spaghetti-plot delle previ GFS-NOAA a 15 giorni di oggi per Milano (figura allegata) il cono delle soluzioni per le temperature si allarga potentemente dopo l’8 settembre, tanto che il 15 settembre abbiamo la run principale (una delle due linee verdi, vai a sapere qual è….) che è sotto la norma (linea rossa) di 3-4°C mentre la maggior parti delle run propendono per un’anomalia positiva. Che gli dici al cliente: che deve mettere il cappotto o accendere il condizionatore? Mi pare la stessa solfa che vediamo all’opera con i coni delle soluzioni offerte dai diversi GCM per il 2050….
    Un cordiale saluto.
    Luigi

    Immagine allegata

    • Alessandro2

      @Luigi, Guido. Eccoci in effetti all’8 settembre, ed ecco spaghetti milanesi completamente diversi, poiché non vedono più il peggioramento (meglio per me, che ho programmato una gita in montagna).

      Completamente diversi! Questo significa che l’indicazione per la quale spaghi tutti uniti indicano una probabilità molto elevata di evoluzione non si è poi verificata nei fatti. E succede molto spesso: mi sono divertito in più occasioni a salvare l’immagine GFS-NOAA a 15 gg a distanza di tempo, verificando che più volte “canna” completamente anche dopo 3-4 giorni, a spaghetti chiusissimi.

      Ne ho tratto la conclusione che è meglio guardare solo le previsioni AM di due-tre giorni e ignorare bellamente qualsiasi indicazione più in là. Questo tra l’altro mi evita inutili inca**ature anticipate :).

      Immagine allegata

    • Alessandro,
      applicare il concetto di previ mensili (sub-stagionali) alle singole località è sbagliato per definizione e per la natura del sistema di previsione a queste scadenze, che pure ho sommariamente descritto ma che è ben approfondito nell’articolo linkato. Inoltre, gli “spaghetti” a 15gg, strumento grafico che non gradisco (ma questa è un’altra storia), vengono dal modello probabilistico delle previsioni a breve-media scadenza, semplicemente allungato oltre la scadenza per cui è stato pensato. I modelli mensili, che hanno comunque un sacco di problemi, sono altra cosa è mediano tra la media è la lunga scadenza. Non è, ripeto, non è, un sistema di previsioni a lungo termine nel senso tradizionale del termine previsioni, è un tentativo di prognosi a larga scala del pattern di circolazione atmosferica che dominano il tempo occupando la scadenza temporale che va oltre la media scadenza. Quindi, Milano o Roma che sia, non è da lì che si potrà capire ancora per parecchi anni cosa succede alla scala locale (e anche regionale o a volte nazionale).
      gg

Rispondi a Alessandro2 Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Categorie

Termini di utilizzo

Licenza Creative Commons
Climatemonitor di Guido Guidi è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale 4.0 Internazionale.
Permessi ulteriori rispetto alle finalità della presente licenza possono essere disponibili presso info@climatemonitor.it.
scrivi a info@climatemonitor.it
Translate »