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Clima e Storia dal Canale di Sicilia al Giappone

Un interessante articolo (Margaritelli et al., 2020) pone l’accento su un periodo di circa 500 anni di alte temperature marine superficiali (SST) nel Canale di Sicilia, e le associa al Periodo Romano (che per gli autori va dall’1 al 500 CE, ma che io considero dal 250 BCE al 400 CE, assumendo che la storia di Roma non è solo il periodo imperiale e certamente non lo è il disfacimento finale delle invasioni barbariche, come non lo è il periodo iniziale fino ai re etruschi).

Giustamente gli autori sottolineano l’importanza del Mediterraneo come punto di contatto strategico tra clima e civilizzazione umana, sia come dati climatici, in forma di descrizioni di fenomeni storici e di paleo dati, sia come accurato resoconto del modo di costruire la società fin dalla preistoria. E’ quindi importante la produzione di dati paleoclimatici effettuata dagli autori (in particolare le SST tra 1 e 5.5 Ka nel Canale di Sicilia, da carotaggi e usando il rapporto Mg/Ca per derivare la temperatura) e la loro associazione con eventi storici.

Approfitto di questa occasione per definire il mio uso del termine “Ka”: su Wikipedia questo simbolo viene tradotto in “Kilo-annum”, sinonimo del Kyr usato da molti altri, ma io preferisco usarlo come “Kiloyears ago” cioè “migliaia di anni fa” ovvero come sostituto di “Kyr BP”. Perché lo uso in questo modo? Ho visto Ka variamente declinato dai singoli autori, e non sempre senza ambiguità (anche da parte mia), e ho pensato ad un’unità di misura molto frequente e compatta che potesse definire gli “anni fa” o l’inglese “BP” con un’espressione ridondante rispetto a Kyr ma già in uso. Per evitare ambiguità, nei grafici di questo post userò sempre la notazione “Ka=Kyr BP”.
Come piccolo esempio di quanto ho scritto, nella bibliografia del sito di supporto (e, in parte, di questo post) si usa: Carolin et al., 2019 Ka; Incarbona et al., 2011 kyr BP; Margaritelli et al., 2020 yr BP; Kawahata,2019 Ka nel titolo ed entrambi, yr BP e ka nelle figure e nel testo; Mariani et al, 2018 (sono uno degli autori), kyrs BP e, in un caso, ka BP.
Non sono solo in questa scelta. Fischer (1982), ben prima della nascita di wikipedia, scrive: “The times of these first-order glaciations (Figure 9.3) are Late Precambrian [about 750–650 m.y. ago (Ma)],” anche se due suoi colleghi quasi contemporanei, Raup e Sepkoski (1984) specificano: Abbreviation: ma, million year(s).

I dati sono disponibili all’archivio PANGAEA ma purtroppo sono in fase di revisione e accessibili solo con password. Durante la ricerca, mi sono imbattuto nei dati PANGAEA di Incarbona et al., 2011 che riguardano sempre carotaggi nel Canale di Sicilia ma sono riferiti al periodo 110-140 Ka e quindi fuori dal periodo di interesse di questo post. In ogni caso li ho analizzati e sono disponibili nel sito di supporto.

Guardando meglio la figura 2 di Margaritelli et al, 2020, mi sono reso conto che le SST da Mg/Ca pubblicate sono molto facili di digitalizzare e quindi da queste ho ottenuto la figura successiva.

Fig.1: Serie delle SST nel Canale di Sicilia (Margheritelli et al., figura 2) e il loro spettro Lomb. Nel quadro superiore ho annotato (linea rossa) il fit parabolico usato per derivare i valori detrended richiesti dal calcolo dello spettro e alcuni eventi climatici e storici.

Anche qui notiamo, come nel post precedente, che è proprio l’uscita dalla PEG a concretizzarsi in un riscaldamento (marino) di circa 1.5 °C rispetto ad un minimo relativo di poco meno di 19°C coincidente con la fine convenzionale della PEG (1850 CE); e ancora una volta si esplicita il fatto che eventi storici importanti e momenti di evoluzione della società si siano sviluppati in periodi caldi che, dal punto di vista dell’uomo (ma non solo suo), devono essere considerati positivi. Insieme agli autori registriamo che il periodo romano (RWP) è stato il più caldo degli ultimi 2000 anni, almeno.

Mar del Giappone settentrionale

Per avere una visione geograficamente più ampia della relazione clima-società, confronto ora le SST del Canale di Sicilia con quelle del Mar del Giappone settentrionale (Baia di Mutsu) mostrate in figura 2 (Kawahata, 2019). Qui le temperature marine derivano dagli alchenoni (metil- ed etil-n-chetoni prodotti da alcune specie di fitoplancton); la risoluzione è minore e l’estensione temporale maggiore rispetto ai dati di figura 1, ma ugualmente si possono notare alcune analogie, come un periodo caldo corrispondente al RWP in Europa e un periodo mediamente caldo la cui parte successiva a 5.3 Ka costituisce il contorno climatico della cultura neolitica giapponese (Jömon) detta, dal suo principale sito archeologico, Sannai-Maruyama (SM), che si è sviluppata per quasi 2 millenni ed era costituita da numerose comunità di cacciatori-pescatori-raccoglitori in grado di costruire grandi abitazioni comuni e strutture elevate, su pilastri di 1 m di diametro, già 4600 anni fa, la cui funzione non è del tutto nota: monumento, magazzino, torre di osservazione o anche faro per la vicina baia di Mutsu.

Non è chiaro se praticassero l’agricoltura (ma sembra di no) pur essendo in grado di coltivare con facilità alcuni tipi di alberi, in particolare il castagno che costituiva più del 70% di tutti i pollini recuperati e di cui, si presume, la castagna dovesse essere una parte importante della loro dieta. La densità dei pollini di castagno è anche un indicatore di clima caldo (il precedente 70% è stato misurato tra 5.9 e 4.2 Ka) che mostra una brusca caduta della temperatura dopo l’evento di Bond #3 a 4.2 Ka come accade anche per la SST.

Fig.2: Serie di SST da Alchenoni (C37), con l’indicazione di alcuni eventi climatici e della società, nel Mar del Giappone. Lo spettro mostra i periodi caratteristici degli eventi D-O (1-2.5 Kyr) e di quelli di Bond (1.4±0.5 Kyr).

Dalla baia di Mutsu derivano anche le serie di δ18O e δ13C, calcolate da due diversi foraminiferi planctonici.
La frazione (in permille) dell’isotopo dell’ossigeno, derivata dai gusci (calcite) dei foraminiferi bentonici, fornisce una stima quantitativa della temperatura del fondo marino. Anche se la baia di Mutsu è poco profonda, circa 40 metri, la sua temperatura appare più smussata di quella superficiale e con differenze notevoli, come quella del periodo corrispondente al RWP o alla transizione bronzo-ferro dove i valori delle due serie sono quasi in opposizione di fase.

Durante il periodo SM si osserva qualcosa di analogo: in profondità, le temperature sono alte nel primo periodo (5.9-5.2 Ka) mentre sono basse in superficie; viceversa nel secondo periodo (5.2-4.2 Ka). Anche nella parte più lontana da noi (6-8 Ka) si osserva la stessa quasi-opposizione di fase.

Fig.3: δ18O del Mar del Giappone settentrionale (Baia di Mutsu), derivato sia da N. labradorica che da N. stella (N.=Nonionella; foraminiferi bentonici, cioè del fondale marino). Gli spettri sono simili per i periodi inferiori a 1000 anni e diversi per quelli superiori a 1500 anni.

Il rapporto isotopico del carbonio viene usata per definire i periodi di indebolimento del monsone asiatico (AM), in particolare a circa 6.3 e 7.3 Ka, quando il suo valore diviene molto basso rispetto ai valori vicini. Anche se sappiamo che il d13C dipende poco dalla temperatura e molto dal tipo di materiale organico da cui viene derivato (vedere ad esempio questa serie di diapositive), non si può non notare che le alte temperature marine superficiali durante la vita del sito archeologico SM (figura 2) sono ben rappresentate dai valori più alti del d13C quasi nello stesso periodo e che la situazione si ripete attorno a 2 Ka, in corrispondenza del RWP europeo.

Fig.4: La serie del d13C da due tipi di foraminiferi bentonici (che vivono sul fondo marino) nel Mar del Giappone, tra 0 e 8 Ka. In entrambe le serie i dati al di sopra del fit lineare definiscono il periodo della cultura di Sannai-Maruyama (SM). Negli spettri, che sono molto simili, il massimo a circa 6.3 Kyr potrebbe essere la firma del ciclo degli eventi di Heinrich (6-7 Kyr).

Gli spettri del d13C identificano periodi (quasi comuni) da 170 a 750 anni, non dissimili da quelli del d18O; attorno a 1000 anni (come Kawahata, 2019 indica per le SST), e a circa 6 mila anni (eventi di Heinrich?). Due massimi non coincidenti a 2.6 e 3.3 Kyr potrebbero essere legati agli eventi D-O (1-2.5 Kyr). Nel complesso, gli spettri che derivano dalle serie della baia di Mutsu mostrano cicli di periodi compatibili.

Grotta di Dongge (Cina meridionale)

Dal rapporto tra gli isotopi dell’ossigeno nella grotta di Dongge (Wang et al., 2005) possiamo dedurre alcune informazioni relative alla Cina o all’Oriente in generale, anche se ritroviamo situazioni simili nei dati europei: dalla figura successiva appare una PEG (LIA) “cinese” ridotta nel tempo rispetto a quella europea e un notevole recupero delle temperature dal minimo del 1500 CE circa. Il periodo caldo romano (RWP) sembra, anche qui, un intervallo relativamente caldo tra l’evento freddo di Bond #2, a 2.8 Ka, e un altro evento freddo a circa 1.5 Ka (non identificato) che precede un periodo caldo che, a sua volta, anticipa di 200-300 anni l’inizio del periodo caldo medievale (MWP) in Europa. La linea verticale marrone, che identifica il passaggio dall’Età del Bronzo all’Età del Ferro, corrisponde, qui, ad un impulso freddo non trascurabile, come non si osserva nei dati europei del canale di Sicilia (figura 1).

Fig.5: Serie del d18O dalla grotta di Dongge (Cina meridionale, Wang et al., 2005). Qui viene usata solo la sezione “DA”. Le righe verticali identificano eventi climatici (eventi di Bond , celeste; passaggio bronzo-ferro, marrone; monsone debole, viola) e le bande gialle periodi climatici in Europa. Lo spettro mostra cicli tipici degli eventi di Bond (1.5 Kyr) e, debolmente, degli eventi di Daansgaard-Oesher (D-O) a 1-2.5 Kyr.

Commenti conclusivi

Ricordiamo sempre, che le varie serie di SST e δ18O ci mostrano le fluttuazioni di cui abbiamo discusso sovrapposte ad un andamento generale di diminuzione della temperatura, di durata e intensità diverse, che nel più breve dei casi è iniziato 2000 anni fa nel Canale di Sicilia e nel più lungo almeno 7000 anni fa nella grotta di Dongge.
A titolo personale penso che sarebbe più saggio preoccuparsi della (o meglio, osservare con attenzione la) diminuzione generale della temperatura piuttosto che stracciarsi le vesti per le sue oscillazioni temporanee (in realtà soltanto una).

  1. I periodi climatici osservati in Europa (RWP, MWP, LIA) e, senza entrare in troppi dettagli, visto che gli anni iniziali delle serie non lo permettono del tutto, anche il periodo caldo moderno (MP, non indicato nei grafici) mostrano di essere presenti in varie parti del pianeta. Le differenze di inizio, fine e durata di questi periodi credo dipendano da fattori aggiuntivi come El Nino, la circolazione atmosferica (monsoni,spostamento di ITCZ, …), le correnti oceaniche.
  2. Il periodo caldo che caratterizza la cultura medio-olocenica di Jömon nel Giappone settentrionale, tra 4 e 6 Ka, trova riscontro nel d18O di Dongge, area non troppo lontana, ma anche (tra 4 e 5 Ka) nelle temperature marine del Canale di Sicilia, mostrando ancora che fenomeni equivalenti avvengono su scale geografiche molto ampie (è difficile dire “globali” con tre esempi ma la sensazione è quella).
  3. Gli spettri si raggruppano in tre classi di periodi: i cicli solari, con periodi da 170 a 1000 anni; gli eventi di Bond attorno a 1500 anni e le oscillazioni climatiche (Heinrich, D-O) tra 2500 e 7000 anni. E questo succede per tutte le serie, indipendentemente dalla loro origine, indicando la prevalenza di fattori esogeni (esterni) rispetto a quelli endogeni.

Bibliografia

 

  • Fischer A.G.: Long-Term Climatic Oscillations Recorded in Stratigraphy , in: Climate in Earth History, National Acad. Press., 97-104, 1982.
  • Alessandro Incarbona, Mario Sprovieri, Fabrizio Lirer, Rodolfo Sprovieri: Surface and deep water conditions in the Sicily channel (central Mediterranean) at the time of sapropel S5 depositionPalaeogeography, Palaeoclimatology, Palaeoecology , 306, 243-248, 2011. https://doi.org/10.1016/j.palaeo.2011.04.030
  • Hodaka Kawahata: Climatic reconstruction at the SannaiMaruyama site between Bond events 4 and 3 — implication for the collapse of the society at 4.2 ka event , Progress in Earth and Planetary Science6:63, 2019. https://doi.org/10.1186/s40645-019-0308-8
  • G. Margaritelli, I. Cacho, A. Català, M. Barra, L.G. Bellucci, C. Lubritto, R. Rettori & F. Lirer: Persistent warm Mediterranean surface waters during the Roman periodScientific Reports10, 10431, 2020. https://doi.org/10.1038/s41598-020-67281-2
  • L. Mariani, G. Cola, O. Failla, D. Maghradze, F. Zavatti: Influence of Climate Cycles on Grapevine Domestication and Ancient Migrations in EurasiaScience of the Total Environment635, 1240-1254, 2018. https://doi.org/10.1016/j.scitotenv.2018.4.175
  • D.M. Raup, J.J. Sepkoski Jr: Periodicity of extinctions in the geologic past , PNAS81, 801-805, 1984
  • Yongjin Wang, Hai Cheng, R. Lawrence Edwards, Yaoqi He, Xinggong Kong, Zhisheng An, Jiangying Wu, Megan J. Kelly, Carolyn A. Dykoski, Xiangdong Li: The Holocene Asian Monsoon: Links to Solar Changes and North Atlantic ClimateScience308, 854-857, 2005. https://doi.org/10.1126/science.1106296

 

Tutti i dati e i grafici sono disponibi nel sito di supporto

 

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Published inAttualitàClimatologia

3 Comments

  1. donato b.

    Caro Franco,
    reputo questo tuo articolo molto interessante per diversi motivi.
    Esso rappresenta, secondo me, innanzitutto un’utilissima sintesi che consente di mettere a confronto fenomeni dislocati nello spazio e di individuare dei punti di contatto temporali che consentono di definire l’estensione di fenomeni che molti considerano locali. In base ai dati che tu ci hai sottoposto, io non esito a definire emisferici i periodi climatici indagati. Circa la loro globalità condivido la tua cautela, ma il sistema climatico è tale da rendere molto improbabile il confinamento emisferico dei fenomeni climatici. Detto in altre parole io sono sempre più convinto che i periodi climatici del nord emisfero siano globali e non regionali.
    .
    In merito al fatto che le temperature marine profonde e quelle superficiali siano quasi in opposizione di fase, non dobbiamo dimenticare che l’inerzia termica oceanica è tale che occorrono secoli se non addirittura millenni affinché ciò che accade in superficie si trasferisca in profondità e viceversa.
    In passato mi sono occupato di questa circostanza
    ( http://www.climatemonitor.it/?p=50116 )
    e quanto tu scrivi avvalora i risultati degli studi che commentai in quell’occasione.
    .
    L’ultimo aspetto che mi piace sottolineare è la presenza nel sistema climatico di cicli secolari e millenari legati ad altrettanti cicli solari e ciò rende conto dello stretto legame tra quanto succede alla nostra stella e quanto capita al clima terrestre.
    Ciao, Donato.

    • Caro Donato,
      quando trovo articoli che legano il clima a sviluppi della civiltà avvenuti sotto quel “cielo”, li trovo sempre molto interessanti e approfitto dell’occasione per rinverdire la mai sopita passione per la storia.
      Un altro esempio è stato il post sul lago Lungo (Rieti, CM p=53208), dove ho potuto ricordare i Longobardi e i Franchi che, nel ducato di Spoleto, hanno inciso in modo importante sul paesaggio e sulla sua struttura (ovviamente anche i Romani prima di loro) anche in risposta al clima nel quale sono vissuti.

      Anche io (l’ho quasi scritto …) penso che i periodi climatici caldi e freddi dell’emisfero nord siano presenti globalmente, e ne abbiamo diversi esempi, ma qui, con tre soli esempi, non ho potuto sbilanciarmi troppo, senza dover riportare le prove di affermazioni in questo senso, andando fuori tema.

      Per il ritardo del trasferimento in mare di caratteristiche superficiali verso le profondità, anche a me era venuta in mente l’inerzia termica, idea purtroppo scartata dopo aver visto che la baia di Mutsu è profonda solo 40 metri in media. Ma non pretendo di poter capire tutto. Ciao. Franco

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