Salta al contenuto

Mai dire Goal!

Astinenza da calcio? Non c’è problema, c’è chi ci pensa.

Vi sarà capitato in questi giorni di vedere lanci d’agenzia relativi ad un Report delle Nazioni Unite fresco di stampa in cui si parla – parole del comunicato stampa associato – di uno “sconcertante aumento delle emergenze climatiche negli ultimi venti anni“. Il titolo è toccante: “Il prezzo (umano) dei disastri” (qui il pdf).  In sostanza, ci sarebbe evidenza numerica dell’aumento degli eventi estremi, cui si associa inevitabilmente un aumento dei danni ad essi associati e dell’esposizione al rischio, tutto per colpa del climate change. A farla da padrone, dopo tsunami e terremoti, le alluvioni, ma l’assortimento dei disastri da tempo (erroneamente detto clima) è ampio e vario.

L’evidenza numerica, nel Report, la fornisce l’EM-DAT (CRED), meglio noto come International Disaster Database che, leggiamo tra i credits, ha fornito ai ricercatori il materiale, perché osserva, cataloga e conta tutto ciò che di disastroso accade nel mondo.

La figura chiave per il sostegno allo sconcerto di cui sopra e per la gioia dei media che si sono tuffati a pesce sulla notizia è la numero 5 di Pag 10, che trovate qui di seguito.

A prima vista, non si direbbe che ci sia alcun aumento, tanto meno sconcertante. E, in effetti, gli stessi dati dell’EM-DAT (CRED), quindi del Report; mostrano quello che segue.

Una diminuzione stimabile nel15%, il contrario di quanto affermato. La vicenda, in effetti è… sconcertante.

Ma forse si capisce anche il perché di questo autogol.

Già nel 2007 il CRED aveva messo in guardia quanti si avvicinavano al loro Database circa l’impossibilità di estrarre alcun segnale relativo al climate change dai loro dati, in particolare per le decadi (allora) più recenti, per un evidente cambiamento nell’osservazione degli eventi disastrosi. In poche parole, oggi nulla (o quasi) sfugge all’informazione globale. Ma, se i dati antecedenti al 2000 sono difficili da interpretare, come si può ricavare con tanta certezza un cambiamento nel ventennio successivo? Risposta semplice, non si può. E, infatti, il cambiamento non c’è, almeno non nella forma espressa da questo report.

Non basta. Nel 2013 l’IPCC, spina dorsale “climatica” delle Nazioni Unite, ha pubblicato uno Special Report sugli eventi estremi che, tra molte altre cose, recita così, in particolare per gli eventi alluvionali (evidenziato da me):

There is limited to medium evidence available to assess climate-driven observed changes in the magnitude and frequency of floods at regional scales because the available instrumental records of floods at gauge stations are limited in space and time, and because of confounding effects of changes in land use and engineering. Furthermore, there is low agreement in this evidence, and thus overall low confidence at the global scale regarding even the sign of these changes. [3.5.2]

Tradotto, evidenza scientifica limitata per individuare cambiamenti che possano essere indotti dal clima nella frequenza e ampiezza degli eventi alluvionali, soprattutto per ragioni inerenti la qualità dei dati. Su questa evidenza già scarsa inoltre non c’è accordo, per cui a livello globale non si capisce neanche se il trend del cambiamento abbia segno negativo o positivo.

Già, ma il report parla di costi, quelli sì che sono aumentati, ed è da lì che si pesca lo sconcerto per condire le dichiarazioni. Giusto, allora però non si capisce perché si debba estrarre da questo un segnale di tendenza climatica, quando i dati stessi danno informazioni diverse e quando la letteratura disponibile sull’argomento costi degli eventi estremi e loro attribuzione ai trend climatici è soverchiante (54 a 1) circa l’impossibilità di compiere questa attribuzione e circa il fatto, non banale, che i dati se normalizzati e attualizzati non mostrano alcun trend, a riprova del fatto che il problema è l’aumento dell’esposizione al rischio, non il clima.

Qui sotto, per esempio, un estratto dal paper di Roger Pielke Jr, in cui è stata analizzata tutta la letteratura di cui sopra (Economic ‘normalisation’ of disaster losses 1998–2020: a literature review and assessment):

This paper reviews 54 normalisation studies published 1998–2020 and finds little evidence to support claims that any part of the overall increase in global economic losses documented on climate time scales is attributable to human-caused changes in climate, reinforcing conclusions of recent assessments of the Intergovernmental Panel on Climate Change.

Autogol.

La Global Warming Policy Foundation ha chiesto che il report sia ritirato. Scommetto 54 a 1 che non succederà e che nelle prossime settimane non si parlerà d’altro che dell’aumento degli eventi estremi, fino a quando, invecchiando, il report sarà citato un numero sufficiente di volte per entrare in quella fase estatica per cui una balla, se detta un numero sufficiente di volte, finisce per diventare una verità.

PS: comunque quella di pubblicare dati che dicono il contrario di quello che si afferma è troppo grossa davvero…

Enjoy.

 

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...Facebooktwitterlinkedinmail
Published inAttualitàClimatologiaMeteorologia

10 Comments

  1. Renato Nacci

    Hanno dimenticato di inserire tra i disastri dovuti alla CO2, anche il COV-2, anzi ho sentito dire di un paper di prossima uscita secondo cui, il COV-2 è dato dalla reazione tra CO2 e una forma elementare di Vanadio. Che c’entra il Vanadio? Perché che c’entra la CO2 con tutto il resto?

  2. rocco

    io vorrei sapere con quale faccia si presentano quegli scienziati che sostengono la religione della lotta ai cambiamenti climatici
    Di certo non è quella della fototessera.
    Ormai non vi è più alcun dubbio:
    una fazione politica sepolta sotto le macerie del muro di Berlino, è resuscitata mettendosi la giacchetta verde, sposando il più estremo liberismo economico (per cui tutto è merce che fa bene al mercato ed al PIL, anche gli esseri umani, quello che respirano e quello che espellono) e utilizzando il tema ambiente per una nuova fetta del mercato chiamato Green Economy.
    G. E. che non è alternativa alla vecchia black economy, ma è aggiuntiva; a differenza di quest’ultima che ci ha portato crescita, sviluppo e benessere, la G.E. utilizza come leva emozionale il terrorismo psicologico per indurre il consumatore a pagare le stesse cose molto di più senza ottenere quegli auspicati benefici ambientali e climatici vantati.
    Dalla politica me lo aspetto di raccontare fandonie, ma dalla scienza no.
    Devono avere una bella faccia da lato B gli scienziati che sostengono le falsità della narrazione AGW.

  3. giovanni geologo

    MI viene da piangere.
    Scorrendo il report si vede bene come gli eventi di gran lunga piu’ catastrofici per numero di morti sono stati i terremoti e gli tsunami.
    Poi abbiamo le ondate di calore del 2003 e 2010 in Europa e russia ( messe sotto il simbolo delle inondazioni e non degli eventi climatici come la siccità). Peccato che le ondate di calore abbiano causato decessi sporattutto tra persone anziane e malate, tra l’altro molto probabilmente come fattore concomitante ad altre patologie o situazioni critiche ( guarda caso esattamente come sta succedendo con il covonarisus), metre le vittime di tsunami e terremoti non hanno guardato in faccia nessuno ( eta sesso stato di salute etnia ecc.). Quindi si tratta di paragoni quantomeno eccessivi al limite della propaganda e dell’ipocrisia.
    Dopo di che se guardiamo ai danni economici vediamo che chiaramente tempeste tropicali e inondazioni la fanno da padrone e sono in aumento. Anche qui guarda caso il danno economico é direttamente collegato all’antropizzazione del territorio che a sua volta é legato all’aumento del numero demofragico. Certo se un inondazione colpisca una piana alluvionale agricola o un tornado si abbate su di un area non abitata i danni economici saranno insignificanti. Se invece nella stessa piana alluvionale e sull’area non abitata si costruiscono citta, zone industriali e commerciali, ecco che la stessa inondazione o tornado causeranno ingentissimi danni economici.
    Quindi come spesso avviene per questi report, con bellissimi grafici, pallogrammi, colori sfumati, derivati dai programmi GIS tanto cari ai catastrifisti manipolatori e creatori di modelli fasulli, il loro valore intrinseco é spesso equivalente a quello della carta igienica.

  4. Luca Rocca

    Valutare le catastrofi climatiche senza inserire il parametro economico degli interventi finalizzati a prevenirle è ridicolo.
    mi sono venute in mente alcune delle più disastrose siccità che colpirono il sud est asiatico, l’India e la Cina negli anni 60-70. Causarono milioni di morti fino alla Rivoluzione Verde.Nuove varietà di grano e riso associate a politiche agricole moderne fermarono quegli episodi ricorrenti. I satelliti hanno permesso di prevedere tifoni e uragani. Ora si deviano navi e si organizzano evacuazioni e difese. Con le nuove opere idrauliche di New Orleans un evento del livello di Katrina causerebbe danni infinitamente minori

  5. Gianluca

    Caro Guido,
    grazie per questo scritto: anche io, nel leggere il report, sono stato colpito “dall’evidenza statistica” riportata che mostra un andamento calante, al massimo stabile, dal 2000. Nel report pero’ si parla di un aumento rilevante rispetto al ventennio precedente che, vedere immagine allegata, sembra essere ben supportata dai dati. Se gli eventi estremi sono costanti, come mai ci sono grafici tipo quello allegato che sembrano mostrare un forte aumento? Il punto dirimente, come tu dici, e’ proprio la qualita’/affidabilita’ delle osservazioni: “Già nel 2007 il CRED aveva messo in guardia quanti si avvicinavano al loro Database circa l’impossibilità di estrarre alcun segnale relativo al climate change dai loro dati, in particolare per le decadi (allora) più recenti, per un evidente cambiamento nell’osservazione degli eventi disastrosi.”
    Diventa a questo punto fondamentale avere un riferimento che attesti questa scarsa qualita’ delle osservazioni del secolo scorso: hai un riferimento per l’affermazione del CRED del 2007?…..o a pubblicazioni che hanno studiato questa problematica?
    Un caro saluto,
    Gianluca

    Immagine allegata

  6. Franco Zavatti

    Ormai ho analizzato abbastanza dataset da aver capito che di eventi estremi attribuibili all’attività umana e CO2 associata ce ne sono proprio pochi, quasi nessuno.
    Allora come si fa a (tentare di) terrorizzare i lettori/ascoltatori (proprio ieri pomeriggio ho sentito la Botteri chiedere come si può fare a terrorizzare la gente in modo che si rispettino le regole anticovid … stessa tecnica)? Si fanno gli stessi proclami, appoggiandosi di volta in volta, a grafici diversi e inappropiati, in mancanza di meglio, tanto (credono) nessuno li legge.
    L’importante è battere il ferro finché è caldo. Franco

  7. Massimo Lupicino

    Niente e’ troppo grosso per l’ONU di oggi, che e’ sostanzialmente diventata una mega-ONG animata da distillato di odio nei confronti della civilta’ occidentale e di tutto quanto questa rappresenta, in termini di progresso, benessere e protezione dei diritti umani.

    E a proposito di diritti umani, da oggi anche Cina e Arabia Saudita entrano nel consiglio ONU per i diritti umani. Ecco, se Cina e Arabia Saudita sono alfieri nella difesa dei diritti umani, allora allo stesso modo possiamo sostenere che siamo in presenza di una catastrofe climatica.

  8. donato b.

    Che schifo!
    Ciao, Donato.

    • maurizio rovati

      Caro Donato, guardati questo e scoprirai che si va oltre lo schifo.

      https://www.youtube.com/watch?v=PriwCi6SzLo

      Tratta del funzionamento delle pubblicazioni scientifiche, delle trappole, dei ricatti e del giro di soldi (veramente tanti) del business scientifico.
      Penso che Massimo Lupicino avrebbe parecchio da portare alla luce scavando nel sepolcro imbiancato in cui sta marcendo la scienza.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Categorie

Termini di utilizzo

Licenza Creative Commons
Climatemonitor di Guido Guidi è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale 4.0 Internazionale.
Permessi ulteriori rispetto alle finalità della presente licenza possono essere disponibili presso info@climatemonitor.it.
scrivi a info@climatemonitor.it
Translate »