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Tempeste molto più forti in Francia?

di Luigi Mariani e Gianluca Alimonti

Ci preme anzitutto ringraziare l’amico Alberto Guidorzi che frequenta in modo sistematico i siti agronomici francesi e ci riporta informazioni molto interessanti sul modo in cui viene oggi letto il cambiamento climatico dai nostri vicini d’oltralpe.

L’altro ieri abbiamo ricevuto la segnalazione di una serie di schede a firma dell’ingegner Bruno Parmetier e che trattano degli eventi estremi ed i loro effetti sull’agricoltura d’Oltralpe con un titolo generale che è “‘Agriculture victime du réchauffement – en France”.

Le schede riportano fra l’altro una serie di interessanti diagrammi  prodotti da MeteoFrance su cui concentreremo la nostra analisi.

L’AUMENTO DELLE TEMPERATURE E DELLA SICCITÀ

Su alcuni dati di fatto non ci piove ed in particolare sul fatto che le temperature sono aumentate (figura 1), anche se sarebbe interessante riflettere sul perché l’aumento si concentri tutto in una anno, il 1987, e non sia graduale come ci si attenderebbe se il forcing di gran lunga dominante fosse quello legato alla CO2 antropica. Al riguardo possiamo osservare che In un sistema complesso come quello climatico non è affatto da escludere che rispetto a un forcing che sale in modo graduale la risposta delle temperature in superficie sia invece “a gradino”. E’ ovvio tuttavia che la stessa presenza di gradini e cioè di cambiamenti bruschi nelle temperature su aree più o meno vaste del globo (gradini che peraltro non sono affatto evidenti negli output dei GCM) apra grandi praterie per una ricerca tesa a spiegarne la presenza. Rispetto a ciò tuttavia, per dirla con il fisico Michael Ghil:

[…] there is a perception—perpetuated by some climate science activists—that, the science is done when it comes to climate change; now society needs to act. I agree that we do need to act; there’s plenty of evidence for that. But the science is very far from done. We’re only just getting to the really hard, fundamental questions.

Figura 1- temperatura media annua in Francia per il periodo 1900-1918 espressa come anomalia rispetto alla media 1961-90 (© Météo France, tutti i diritti riservati) – https://www.futura-sciences.com/planete/dossiers/agriculture-agriculture-victime-rechauffement-france-2799/

Le temperature più elevate hanno anche aumentato i consumi idrici delle colture e dunque la siccità si è fatta sentire su una percentuale più ampia del territorio nazionale (figura 2).

Figura 2 – Percentuali del territorio nazionale francese interessato da siccità (© Météo France, tutti i diritti riservati) – https://www.futura-sciences.com/planete/dossiers/agriculture-agriculture-victime-rechauffement-france-2799/page/4/

SULLE TEMPESTE DI VENTO PROPRIO NON CI SIAMO  E NEPPURE SUGLI INCENDI

Guardiamo poi la scheda dedicata alle grandi tempeste di vento provenienti dal vicino Atlantico e a cui la Francia è da sempre particolarmente esposta.

Figura 3 – Le principali tempeste in Francia dal 1980 al 2019 (© Météo France, tutti i diritti riservati). https://www.futura-sciences.com/planete/dossiers/agriculture-agriculture-victime-rechauffement-france-2799/page/3/

In figura 3 si mostrano le tempeste di vento registrate dal 1980 al 2019. Il diagramma se non ben considerato può essere forviante in quanto la scala dei tempi in ascissa non è costante, per cui i tre quarti della scala sono occupati dagli eventi del ventennio 1980 al 2000 e solo un quarto dagli eventi successivi. In sostanza se ne deduce che tempeste di vento sono state assai meno aggressive nell’ultimo ventennio rispetto a quello precedente. A fonte di ciò registriamo però un’interpretazione dell’esperto diametralmente opposta, con un commento che recita come segue (la traduzione è nostra):

La Francia confina con l’Oceano Atlantico, che è in costante riscaldamento, e i venti dominanti provengono da ovest. È quindi prevedibile che sia la frequenza che la forza e l’area coperta da grandi tempeste aumenteranno notevolmente, con danni sempre più significativi. Possiamo ad esempio ricordare le tempeste del dicembre 1999, Lothar e Martin, quando più della metà del territorio subì venti superiori a 100 km / h, con picchi devastanti da 160 a 180 km / h o Xynthia nel 2010. Anche la più grande foresta artificiale d’Europa, le Landes, che copre quasi 1 milione di ettari, è minacciata dagli incendi, che, come abbiamo visto diventeranno sempre più devastanti e vanificheranno gradualmente le misure preventive prese dopo i drammatici incendi degli anni Cinquanta e Sessanta (quando 300.000 ettari erano scomparsi). Questa regione confina con l’Oceano Atlantico e sarà inevitabilmente soggetta a burrasche sempre più violente.”

Riguardo poi agli incendi boschivi invitiamo a considerare la figura 4 che presenta tre diagrammi tratti dal report del JRC “Forest Fires in Europe, Middle East and North Africa 2019”, di recente pubblicato e che abbiamo commentato su CM alcune settimane orsono (In calo gli incendi boschivi in Europa e nel Mediterrneo – CM 4 novembre 2020). Dai diagrammi emergono trend inequivocabili che indicano un significativo calo degli incendi boschivi, sia nel numero sia nelle aree percorse dal fuoco, calo che va senza dubbio ad onore dei forestali e dei pompieri francesi.

 

Figura 4 – Serie storiche degli incendi boschivi in Francia dal 1980 al 2019: area percorsa dal fuoco (a), numero di incendi (b) e loro dimensione media (c) (fonte: report del JRC “Forest Fires in Europe, Middle East and North Africa 2019” – https://ec.europa.eu/jrc/en/news/forest-fires-threaten-europe-s-nature-world-suffers-worst-year-record)

OCCORREREBBE UNA VISIONE PIÙ EQUANIME

Possibile che in Francia il cambiamento climatico abbia portato solo negatività? Nessuno si ricorda più quando, fino agli anni 70, i francesi importavano vini da taglio dal Sud Italia perché i loro mosti in molte annate non riuscivano a raggiungere livelli zuccherini sufficienti? Possibile che nessuno riconosca che la mortalità invernale per malattie da raffreddamento è calata sensibilmente e che i consumi per il riscaldamento sono altrettanto sensibilmente diminuiti?

Sono solo alcuni esempi che alcuni potranno ritenere poca cosa a fronte della “catastrofe incombente” ma che a nostro modestissimo avviso rimandano alla necessità più generale di far “parlare i dati”  senza piegarli a preconcetti ideologici, seguendo in ciò la lezione di Galileo Galilei.

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Published inAmbienteAttualitàClimatologiaMeteorologia

Un commento

  1. Luigi Mariani

    COMMENTI DI SERGIO PINNA E ALBERTO GUIDORZI
    Segnalo ai lettori che l’argomento del nostro post è stato sviluppato ulteriormente dall’amico Sergio Pinna in un suo scritto dal titolo “Mi pongo questa domanda: nel dibattito sul cambiamento climatico, i dati hanno ormai un ruolo soltanto folcloristico?” (https://sergiopinna-clima.jimdofree.com/articoli-recenti/i-dati-non-servono-pi%C3%B9/). Invito a leggerlo perché molto ricco di informazioni. In particolare circa il trend delle tempeste in Francia viene segnalato il parere espresso dal Servizio Meteorologico Nazionale francese (Metofrance) e che contraddice in toto quanto affermato dall’Ing. Parmentier (https://meteofrance.com/changement-climatique/observer/tempetes-et-changement-climatique).

    Riporto inoltre il commento pervenutomi da Alberto Guidorzi: Circa la “visione più equanime” l’autore francese ha dimenticato che nel decennio 2005-2015 il contenuto in zucchero della bietola è man mano aumentato dal 17% al 19,5% e ciò è in grana parte dovuto a temperature più elevate che hanno favorito la fotosintesi anche a latitudini più nordiche. Negli ultimi tempi invece abbiamo riscontrato andamenti anomali dovuti all’aumentato deficit idrico ed alla proibizione dei neonicotinoidi nella concia del seme che ha permesso agli afidi di infettare le bietole con i virus che provocano la Jaunisse.

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