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L’ambientalismo non è solo radicale

Alcuni mesi fa ho pubblicato un breve post con alcune informazioni e immagini provenienti dal libro di Michael Shellenberger “Apocalypse never”. Ieri l’altro ho ricevuto dal Prof. Ernesto Pedrocchi la nota più estesa che vi propongo qui di seguito.

Buona lettura.

Chi è Michael Shellenberger

Michael Shellenberger è un ambientalista statunitense studioso di politiche ambientali approfondite anche con viaggi nei paesi in via di sviluppo; è autore di molti articoli sul tema “green”. Cofondatore di Breakthrough Institute, un qualificato centro di ricerca e fondatore di Environmental Progress, una rivista indipendente e no-profit: due cosiddetti “think tank” di primo piano sui temi “green”. È un ambientalista molto quotato, ha vinto nel 2008 il Green Book Award ed è stato insignito del titolo di “Eroe dell’Ambiente” dalla rivista Time. Come esperto di energia è stato consultato dal Congresso USA per fornire una testimonianza esperta ed obiettiva e invitato dall’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) per fare da esperto revisore del suo prossimo rapporto di valutazione. Michael Shellenberger è stato un impegnato ambientalista per un pianeta verde, predecessore dell’attuale Green New Deal senza però mai trascurare o demonizzare la fonte energetica nucleare.

Critiche all’ambientalismo

Scellenberger è però un ambientalista atipico: già nel 2004 aveva pubblicato il libro “The Death of Environmentalism” con forti critiche all’ambientalismo imperante; poi ha contribuito ad avviare una linea di ecologia pragmatica fino a giungere, nel 2015, con altri 18 ambientalisti a fondare il movimento “ecomodernists” basato sul documento programmatico “An Ecomodernist Manifesto”. In qualche aspetto Shellenberger è vicino alle posizioni di Bjorn Lomborg che ha scritto “The Skeptical Environmentalist” e “False Alarm” e di Indur Goklany che scrisse “The Improving State of the World: Why We’re Living Longer, Healthier, More Comfortable Lives on a Cleaner World.”

E’ stato collaboratore della rivista Forbes dove nella versione on line era apparso un suo articolo in cui denunciava l’allarmismo infondato dei catastrofisti. Il contributo è stato subito censurato, ma Shellenberger lo ha prontamente pubblicato su Environmental Progress. L’incipit dell’articolo è impressionante (in corsivo la traduzione delle sue parole):

I cambiamenti climatici stanno avvenendo. Non è la fine del mondo. Non è neanche il nostro problema ambientale più grave, … sento l’obbligo di scusarmi per come noi ambientalisti abbiamo fuorviato il pubblico.

Ciò detto, riporta alcuni fatti che pochi sanno:

  • L’uomo non sta causando una sesta estinzione di massa.
  • L’Amazzonia non è il polmone del mondo.
  • I cambiamenti climatici non stanno rendendo i disastri naturali peggiori.
  • Gli incendi si sono ridotti del 25% nel mondo dal 2003.
  • La quantità di terra che usiamo per la carne, il più grande uso di terra dell’umanità, si è ridotta di un’area grande quasi quanto l’Alaska.
  • L’accumulo di combustibili legnosi e più case vicino alle foreste, non i cambiamenti climatici, spiegano perché ci sono incendi sempre più pericolosi in Australia e California.
  • Le emissioni di anidride carbonica sono in calo nella maggior parte delle nazioni ricche e sono diminuite in Regno Unito, Germania e Francia da metà degli anni ’70.
  • I Paesi Bassi sono diventati ricchi, non poveri, adattandosi alla vita al di sotto del livello del mare.
  • Produciamo il 25% di cibo in più di quello di cui abbiamo bisogno e le eccedenze alimentari continueranno ad aumentare mentre il mondo si riscalda.
  • La perdita di habitat e l’uccisione diretta di animali selvaggi sono minacce alle specie maggiori dei cambiamenti climatici
  • I combustibili legnosi sono ben peggiori per le persone e gli animali rispetto ai combustibili fossili.
  • Prevenire le future pandemie richiede più agricoltura industriale, non meno.

So che questi fatti suonano come “negazionismo climatico” per molti, ma mostrano solo il potere dell’allarmismo sul clima. In realtà, questi fatti provengono dai migliori studi scientifici disponibili, inclusi quelli condotti o accettati da IPCC, FAO, IUCN e altri principali organismi scientifici, afferma inoltre Shellenberger.

Queste parole mostrano come il catastrofismo, l’allarmismo e le esagerazioni siano state la prassi degli ambientalisti. Recentemente Shellenberger ha pubblicato un libro intitolato “Apocalypse Never: Why Environmental Alarmism Hurts Us All” sfidando molte delle linee guida della politica catastrofista sui cambiamenti climatici e presentando opinioni contrarie validamente documentate. Shellenberger denuncia il parossismo mediatico che senza riscontri sperimentali ha fuorviato la pubblica opinione e si contrappone alla linea catastrofista di Greta Thunberg e sostenitori di “Extinction Rebellion”, ma resta un ambientalista che potrebbe raccogliere un buon consenso politico attorno a un ambientalismo razionale. A suo giudizio, il pensiero che c’è dietro Greta è una grave minaccia per la libertà e la prosperità dell’umanità. Ovviamente i catastrofisti, abituati a confondere le idee – prima con il global warming, poi con il climate change ed ora con il sustainable development, mettendo nello stesso calderone CO2, inquinanti, plastica e rifiuti fino a millantare anche un legame con la pandemia Covid19 – non vedono di buon occhio Shellenberger che reputano un ambientalista anomalo e faranno di tutto per screditarlo. E’ però evidente che la loro strategia, come nei confronti di chi esprime dubbi sull’AGW (Anthropogenic Global Warming), non è controbattere tranquillamente, ma tentare di silenziare il dissenso, come già fatto con il libro di B. Lomborg “False Alarm”. Una recente indagine mostra però una serie di sorprendenti apprezzamenti della linea “Shellenberger” come ad esempio quelli di Tom Wigley, ex scienziato senior presso il National Center for Atmospheric Research (NCAR) e di Kerry Emanuel, professore di scienze atmosferiche al MIT e specializzato in cicloni tropicali.

Il progetto ambientale di Shellenberger

Mentre nella prima parte del libro c’è la denuncia sopra descritta, nella seconda parte ci sono aspetti costruttivi per un progetto ambientale con alcune connotazioni diverse rispetto a quelle proprie del pensiero dominante. Schellenberger crede che l’aumento di concentrazione della CO2 in atmosfera sia in ogni caso un pericolo, seppur non catastrofico e non imminente e al contempo reputa che le fonti rinnovabili data la loro natura di aleatorietà e di bassa concentrazione territoriale non potranno mai sostituire i combustibili fossili, per cui la fonte nucleare è irrinunciabile, come peraltro sostenuto anche da altri famosi ambientalisti tra cui James Lovelock e James Hansen. Sostiene che l’energia nucleare ha contribuito con successo a produrre molta elettricità con il minor numero di decessi in relazione all’energia prodotta, ma non è riuscita a svilupparsi, come sarebbe opportuno per il contenimento della CO2, a causa di mancanza di consenso del pubblico disinformato dalle esagerazioni degli ambientalisti. Dice testualmente: Solo il nucleare, non il solare e l’eolico … può creare a prezzi contenuti l’idrogeno gassoso e l’elettricità che forniranno servizi attualmente forniti dai combustibili fossili … Ciò nonostante le persone che dicono di preoccuparsi di più del cambiamento climatico ci dicono che non abbiamo bisogno di nucleare. Suo obiettivo è anche quello di sfatare il mito che bloccando l’energia nucleare si possa contribuire a ridurre la produzione di bombe nucleari che, in realtà, si possono fabbricare anche senza gli impianti nucleari per produzione di energia. Schellenberger insiste nell’affermare che le rinnovabili da sole non potranno mai essere la soluzione del problema energetico ambientale anche nell’ipotesi che le batterie di accumulo diventino più efficienti e di basso costo.

Circa l’IPCC, Shellenberger sostiene che i suoi rapporti tecnico-scientifici sono validi contributi per far avanzare le conoscenze sul clima, ma non prevedono mai nessuno scenario di cataclisma climatico. D’altra parte, denuncia un’impronta allarmista e semipolitica nel gruppo di esperti che compila il Sommario per i decisori politici.

Gli abitanti dei paesi poveri hanno bisogno di energia idroelettrica, gas per cucinare, fertilizzanti e macchinari per aumentare la produttività agricola, ma non possono permetterselo. I progetti proposti sono bloccati dagli ambientalisti internazionali e non più sostenuti da donatori come la Banca Mondiale. Testualmente: Quando il cambiamento climatico emerse come una preoccupazione d’élite negli anni ’90, gli sforzi all’interno delle nazioni sviluppate per tagliare i finanziamenti per l’energia a basso costo, l’agricoltura industriale e le moderne infrastrutture per le nazioni povere e sottosviluppate si rafforzarono. Anche l’ONU nella linea dello sviluppo sostenibile include la proposta che gli stati poveri debbano crescere senza grande uso di energia evitando l’errore fatto dai paesi industrializzati, ma nessun paese è fin qui riuscito a svilupparsi senza disponibilità di energia sicura, affidabile e a basso costo. Shellenberger non crede nella prospettiva degli ambientalisti che prevede, riprogettando profondamente i principali sistemi industriali, agricoli, energetici e di trasporto, di arrivare a una simbiosi tra uomo e natura basata sull’agricoltura biologica, materiali naturali (non sintetici o plastiche), auto e case più piccole, utilizzo solo delle fonti rinnovabili seppur con maggiore efficienza. Il risultato sono la perpetuazione della povertà e l’incremento delle difficoltà per lo sviluppo.

Il valore del libro di Shellenberger sta anche nel fatto che l’autore ha una conoscenza dettagliata del mondo ambientalista e catastrofista: nel testo si riportano dibattiti con alcuni esponenti, in particolare riguardo l’intensificarsi di eventi estremi e la crescita del livello del mare, in cui si sostiene che definire tali fenomeni “ingestibili” è un’esagerazione perché l’uomo ha sempre saputo adattarsi.

Da ultimo, Shellenberger si chiede come mai gli ambientalisti abbiano ottenuto un così grande consenso e cita come precursori Paul Ehrlich con la sua “Population Bomb” e il Club di Roma con il rapporto “I limiti allo sviluppo”. Entrambi con previsioni miseramente fallite. Prospetta poi che con l’ambientalismo sia in atto una deriva politico-ideologica che si configura come un’affascinante religione secolare con al centro la natura come un sistema in grado di autoregolarsi e che l’uomo deve lasciare invariato per i nostri discendenti anche se distruttivo e controproducente. Testualmente: L’apocalisse climatica è un pensiero subconscio di gente che getta discredito sulla civilizzazione, il che spiega come mai i più allarmisti siano anche quelli che più si oppongono alle tecnologie che potrebbero contrastarla: dai fertilizzanti al controllo delle inondazioni, dal gas naturale all’energia nucleare… Questi ambientalisti sognano di distruggere, o almeno rivoluzionare, le nostre società liberali e industriali. Tuttavia, Shellenberger non collega l’ambientalismo apocalittico con i movimenti anticapitalisti e antilluministi, e pensa che esso non prevarrà perché la grande maggioranza della gente desidera prosperità e rispetto della natura e non natura senza prosperità.

Shellenberger con questo libro ha reso un buon servizio esponendo le esagerazioni, le omissioni e le distorsioni che guidano la narrazione apocalittica, riaffermando l’importanza della scienza basata sull’evidenza dei dati sperimentali e di un’etica umanista.

 

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Published inAmbienteAttualità

6 Comments

  1. michele

    Ma, che dire, forse agli ambientalisti manca semplicemente un lavoro oppure quello che hanno non è gratificante a sufficienza. Si, una nuova etica umanista è necessaria. Un’etica che contempli anche la relatività della condizione umana in rapporto alla “vita” in senso generale. Poichè non sarà mai l’uomo a chiudere il sipario al pianeta Terra ma sempre e solo la natura; quando vorrà e come vorrà. Noi potremmo far esplodere tutto l’arsenale nucleare a disposizione ma prima o poi la vita rifiorirà. Al massimo scompariamo noi. Chissà che non venga veramente un uomo nuovo. Quindi meglio spendere denaro per produrre in futuro imponenti quantità di energia (aspettiamo con gioia la fusione nucleare. Altro che microproduzioni; mica parliamo di salumi!!) perchè per difendere la natura bisogna prima difendersi da essa. E occorre tanta energia.

  2. Francesco

    Ottimo consiglio, comprato subito e lo sto divorando.

    P.S. Segnalo l’ultimo ottimo post di Mercalli su FQ che dice che la neve di queste settimane non è un buon segno, non ci deve far sperare, tutto è condannato ormai!

  3. Andrea

    Buonasera dottor guidi
    Si è dimenticato di dire che tutto cambia e sempre…
    È questa la regola di madre natura..niente è fisso e sopratutto per sempre
    Relegando il succo al clima quale calamita di interessi da ogni dove..esso è mutevole per sua natura..perciò i cambiamenti climatici sono la regola non l’eccezione

  4. rocco

    L’ambientalismo è l’ultima trovata del libero mercato per costringere il cittadino a pagare di più per ottenere le stesse (ma anche meno) cose e per pagare più tasse.
    Il principio su cui si basa non tiene conto di un particolare, piccolo piccolo: per vivere bisogna prelevare dall’ambiente.
    ma non solo cibo, ma anche sollazzi, divertimenti, desideri e piaceri.
    Esistono solo 2 modi per rispettare l’ambiente:
    o si diventa asceti e si vive su una colonna
    o non si nasce.
    Le cosidette pratiche “sostenibili”, per quanto possa essere accattivante il termine “sostenibile”, producono le stesse identiche problematiche ambientali, anzi le acuiscono.
    L’ambientalismo è una ideologia politica, oltre ad essere una religione, ma è anche una malattia mentale che provoca incapacità di intendere e di volere; basta fare l’esempio dell’ambientalismo che prima sosteneva le pale eoliche ed oggi, dopo che sono state installate, le rifiutano con lo slogan “eolico selvaggio”.
    ( https://www.orticalab.it/Eolico-Selvaggio-l-allarme-di , solo per fare un esempio).
    L’ambientalismo ritiene che il cibo biologico sia più rispettoso dell’ambiente, ma ha rese minori ed usa lo stesso i prodotti chimici (i ferormoni non sono mica ottenuti spremendo gli insetti!), ci ha imposto il non uso alimentare dell’olio di palma (utilizzato invece per i biocarburanti e vi è questo interessante articolo da leggere https://www.sciencealert.com/yes-palm-oil-is-damaging-but-it-s-more-complicated-then-we-ve-been-led-to-believe jh), per terminare con la più grande truffa dell’Olocene: la lotta ai cambiamenti climatici che si propone di sostituire il cambiamento climatico antropico (tutto da verificare) con quello naturale (in cui i fenomeni estremi continueranno ad esistere).
    L’unica maniera per risolvere il problema ambientalista è il ricorso della psicoterapia, rivolgersi ad un bravo psicologo.
    Dovremmo chiedere agli scienziati di formulare un vaccino contro l’ambientalismo, altre soluzioni non esistono.

  5. Ale69

    che dire…io sono ambientalista al cento per cento. Cerco sempre di sporcare il meno possibile, e riuscire comunque a pulire laddove non riesci a non sporcare. Rispetto la natura, non raccolgo mai un fiore, al limite lo fotografo, lo guardo. Ho come la sensazione, remota, remotissima, che dietro a tutta questa propaganda ambientalista ci sia dietro qualcosa di orribile. Spero di sbagliarmi. Grazie Guido per aver riportato il pensiero di Shellenberger (-: . ps: il titolo del tg1 di due sere fa “clima impazzito” signurrrr. ps2: l’Ansa ( per divertimento Ansia) oggi riporta l’articolo nella rubrica “ambiente “ un titolo tipo> 6000 anni fa ghiacci inesistenti sulle Alpi. Pensare un po’; l’Ansa ne!! Ma lo sapevamo giá. Ma io mi chiedo, perchè l’uomo, ora, nel rispetto dell’ambiente, ovvero, della Natura ( che non ha bisogno di suggerimenti) deve ostinatamente, con la promessa di un futuro migliore, arrivarr a escogitare tattiche, leggi, tecniche, per fa si che essa si adegui a noi???? Secondo me è, è stato, sarà solo il contrario. Quindi auguri, siate intelligenti, e adattatevi a ció che la Natura ci propone, poichè non ha coscienza di sè. Quando saremo in 15 miliardi come andranno le cose? Buon 2021 a tutti (-:

  6. AleD


    Anche l’ONU nella linea dello sviluppo sostenibile include la proposta che gli stati poveri debbano crescere senza grande uso di energia evitando l’errore fatto dai paesi industrializzati

    Non sarebbe una brutta idea spostare la sede dell’onu da new york a uno di questi stati poveri così magari vivendoci dentro riuscirebbero a mettere in gioco anche il loro popo’ oltre a quello degli altri per raggiungere l’obiettivo…

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