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Il nuovo modello climatico globale di Nicola Scafetta

Riassunto

In un suo lavoro apparso su Atmospheres, Nicola Scafetta propone un modello climatico globale a base empirica che fornisce ottime prestazioni applicato al periodo 1860-2018. Sulla scorta di ciò il modello viene adottato per ricostruire le temperature globali degli ultimi 1000 anni e viene quindi utilizzato per effettuare un’estrapolazione delle temperature globali fino al 2100. Il risultato di tale esercizio è che le temperature globali sono previste su valori relativamente stabili dal 2000 al 2040 per poi crescere raggiungendo nel 2100 un valore di circa +1°C rispetto al 2000.

In a work issued in the scientific journal Atmospheres, Nicola Scafetta proposes an empirical global climate model. This model provides excellent performances when applied to the period 1860-2018.  On the base of that, the author used the model to rebuild global temperatures for the past 1000 years and to forecast global temperatures until 2100. The result of this exercise is that global temperatures are expected to be relatively stable from 2000 to 2040 and then will grow, reaching in 2100 a value of about + 1 °C compared to 2000.

____________________

Nicola Scafetta ha di recente pubblicato sulla rivista Atmospheres un articolo scientifico dal titolo “Reconstruction of the Interannual to Millennial Scale Patterns of the Global Surface Temperature” (Scafetta, 2021) in cui tramite metodi di analisi spettrale vengono analizzate le componenti cicliche significative presenti nelle temperature globali. Si individua così un totale di 13 componenti che rappresentano la variabilità naturale del sistema climatico, tenendo conto di fenomeni quali ENSO, AMO, NAO, ecc. fino a giungere ai cicli millenari, quelli per intenderci che sono legati agli optima olocenici separati fra loro di circa un millennio (miceneo, romano, medioevale, attuale).

A ciò l’autore aggiunge il forcing radiativo da aerosol, da vulcani e da gas serra, nell’ipotesi di una sensitivity all’equilibrio (ECS) di 1.5°C, ottenendo un modello per mezzo del quale vengono ricostruite in modo accurato le temperature dal 1860 ad oggi come si evidenzia nella figura 1.

Figura 1 – Confronto fra temperature globali da fonti osservative (HADCRUT 4) e temperature globali simulate con modelli GCM (media delle simulazioni eseguite nell’ambito del CMIP5). Le simulazioni con modelli GCM (linea blu) sono riportate più in basso per facilitare il confronto.

A questo punto Scafetta utilizza il suo modello al passato per ricostruire le temperature dall’anno 1000 ad oggi. Tale ricostruzione, messa a confronto con quella prodotta da Moberg et al., appare assai più accurata rispetto a quella ottenuta con i GCM (figura 2), che non sono in grado di riprodurre fenomeni ciclici con grandi effetti sul clima quali AMO, NAO e ENSO (Volodin e Gritsun, 2018), e inoltre si trovano di fronte alla contraddizione (il cosiddetto Holocene conundrum) per cui le temperature nel corso dell’olocene calano gradualmente mentre la CO2 tende gradualmente ad aumentare. Di conseguenza i modelli GCM, che viaggiano sostanzialmente a CO2, tendono a prevedere un graduale aumento delle temperature e dunque non riescono ad esempio a descrivere in modo soddisfacente la Piccola Era Glaciale (PEG, 1300-1850) e cioè la fase di più grande avanzata glaciale dell’Olocene (figura 3).

Figura 2 – Ricostruzione delle temperature globali per il periodo 1860 – ottenuti con 4 versioni del modello di Scafetta confrontate con le temperature globali da fonti osservative (HADCRUT 4). Si notino le performance nettamente migliori di quelle offerte dai GCM.
Figura 3 – Ricostruzione delle temperature globali per il periodo 1000 – 2000 ottenuti con il modello di Scafetta confrontate con le temperature globali da proxy (Moberg et al., 2005).

A chi interessasse approfondire le posizioni di Scafetta in merito ai GCM segnalo l’articolo “On the reliability of computer-based climate models” da lui pubblicato sulla rivista “Italian Journal of Engineering Geology and Environment” (Scafetta, 2019).

Scafetta spinge poi il suo modello nel futuro ricostruendo le temperature fino al 2100 (figura 4). Si evidenzia un incremento delle stesse di circa 1°C rispetto ai valori attuali, come frutto di valori relativamente stabili dal 2000 al 2040 e poi in successiva crescita, fino ad un valore di circa +1°C al 2100 rispetto al 2000.

Figura 4 – Ricostruzione delle temperature globali per il periodo 1850 – 2100 ottenuti con il modello di Scafetta confrontate i dati da GCM (Moberg et al., 2005).

È interessante segnalare che:

  1. L’approccio adottato dall’autore si ispira al modello empirico utilizzato oggi per descrivere le maree che considera 40 armoniche (pag. 2).
  2. L’autore tende ad attribuire le ciclicità a riscontrate a cause astronomiche, il che quantomeno per alcune ciclicità, è un’ipotesi a mio avviso ancora da dimostrare ad esempio per AMO mentre è fuori discussione l’origine astronomica delle ciclicità glaciali. In ogni caso questo non invalida in alcun modo l’approccio empirico seguito dall’autore che trovo molto pragmatico ed interessante e che ricade pienamente all’interno di un approccio fisico di tipo galileiano
  3. l’articolo è molto lungo (36 pagine) e quindi potrebbe scoraggiare i lettori meno pazienti. Segnalo però che al contempo l’articolo è sviluppato con un approccio didattico che lo rende a mio avviso facilmente fruibile.
  4. Osservo infine che il lavoro di cui discutiamo ha come unico autore Nicola Scafetta. Questo è a mio avviso sintomo della portentosa solitudine fatta di totale disinteresse da parte dell’opinione pubblica, dei media e della classe politica in cui si viene come per miracolo a trovare chi con metodo scientifico contrasti la teoria AGW, teoria cui hanno aderito praticamente tutti i governi del mondo. Quanto più semplice sarebbe aderire tutti alla teoria dominante e finirla lì, come va di moda oggi… Ma, come disse Giuseppe Baretti scrivendo in difesa di Galileo: “Eppur si muove…”.

PS: Per completezza di informazione e su richiesta di un lettore inserisco anche la figura 5 che pone a confronto la media delle temperature globali dal 1000 al 2000 ottenute con i modelli GCM CMIP5 con le temperature da proxy ottenute da Moberg et al. (2005).

Figura 5 – Confronto fra la media delle temperature globali dal 1000 al 2000 ottenute con i modelli GCM CMIP5 con le temperature da proxy ottenute da Moberg et al. (2005).

Bibliografia citata nel testo

  • Moberg, A.; Sonechkin, D.M.; Holmgren, K.; Datsenko, N.M.; Karlén, W. Highly variable Northern Hemisphere temperatures reconstructed from low- and highresolution proxy data. Nature 2005, 433, 613–617.
  • Scafetta N., 2021. Reconstruction of the Interannual to Millennial Scale Patterns of the Global Surface Temperature, Atmosphere 2021, 12, 147, 36 pp. https://doi.org/10.3390/atmos12020147
  • Scafetta N., 2019. On the reliability of computer-based climate models, Italian Journal of Engineering Geology and Environment, 1 (2019), 49-70.
  • Volodin E.M., Gritsun A., 2018. Simulation of observed climate changes in 1850–2014 with climate model INM-CM5, Earth Syst. Dynam., 9, 1235–1242, 2018 https://doi.org/10.5194/esd-9-1235-2018
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Published inAttualitàClimatologia

11 Comments

  1. FabioDue

    Non resta che attendere la conclusione del ciclo solare 25, poi del 26, quindi del 27, ecc., per apportare al modello di Scafetta gli aggiustamenti richiesti dallo scostamento tra le attese in termini di attività solare e la realtà.

  2. Davide

    Se ho ben compreso, il modello fitta i dati in sample bene, benissimo, talmente bene dal lasciarmi, sinceramente, un minimo perplesso.
    Mi chiedo se ciò sia frutto di un modello realmente così potente, accurato, e capace di spiegare questo aspetto del clima, o di un modello che rischia di avere gli stessi limiti, tra cui l’overfitting e di fatto una certa “debolezza”, che personalmente trovo siano presenti nei modelli degli ideologi dei “cambiamenti climatici”.

    • Luigi Mariani

      Fa bene a essere malfidente.
      Da parte mia posso risponderle dicendo che ritengo tranquillizzante il fatto che il modello sia stato:
      – ricavato analizzando le ciclicità pregresse
      – validato all’indietro nel tempo con buoni risultati
      – utilizzato in sede previsionale.
      Aggiungo queste note che mi ha scritto Nicola Scafetta cui ho anticipato la sua obiezione:
      Il modello che propongo ipotizza l’esistenza di un mumero di cicli.
      Non è un semplice esercizio di fitting perché molti di quei cicli hanno una conferma astronomica. Essenzialmente le frequenze e le fasi che uso sono confrontate e sono compatibili con quelle dedotte da modelli astronomici come il ciclo di 60 anni e quello millenario, e molti altri.
      Poi le ampiezze delle armoniche sono dedotte tenendo in conto le ampiezze misurate nei dati climatici.
      La cosa sarebbe diversa e sarebbe meno interesante se il confronto con le armoniche astronomiche non ci fosse. Allora sarebbe un esercizio di fitting con molte armoniche.
      Quello che mostro è che con tale modello molti aspetti sono catturati. Ad esempio il ciclo millenario ma anche quelli secolari hanno fasi completamente determinate dall’astronomia come discusso nei miei lavori del 2012.
      Come analogia, uno dovrebbe pensare ai modelli armonici usati per le maree che usano frequenze astronomiche e ampiezze dedotte dai dati mareali.

  3. Michele Lodigiani

    Interessantissimo! come portarlo all’attenzione dei media senza essere sbertucciati?

  4. Francesco

    Domanda: questo modello spiega perché 12.000 anni fa c’era un leone dalle parti di Cremona, vicino al Po?
    Grazie
    F.

  5. Daniele Franceschi

    Il trionfo dei dati sui dogmi. Tanta roba davvero.

  6. Massimo Lupicino

    Grazie Luigi per l’ottima sintesi. Mi propongo di leggere il paper ma ti anticipo che troverei molto interessante conoscere il peso del contributo antropico nel computo di quel grado di aumento, inteso nei termini di uno scenario di emissioni che immagino non sia il famigerato RCP 8.5…

    • Luigi Mariani

      Caro Masismo,
      la cosa è descritta a pagina 12 dell’articolo ma ti confesso di non aver capito fino in fondo lo schema seguito da Scafetta per aggiungere alle componenti cicliche da lui considerate la componente non ciclica data dal forcing antropico e vuncanico. Quel che ho capito è che si tratta di un termine additivo ricavato dalla anomalia termica media dei modelli CMIP5 per le RCP 4.5, 6.0 e 8.5 (la linea azzurra che vedi in figura 1).
      Ciao.
      Luigi

    • Massimo Lupicino

      Grazie Luigi.

      Mi lascio scappare una chiosa poco “scientifica”. Se questo modello e’ realmente capace di replicare la stessa performance anche in chiave futura e non solo in termini di “history match”, allora la conclusione sarebbe che il riscaldamento globale non rappresenta un problema grave ne’ tantomeno imminente. 1 grado di aumento di temperatura in un secolo, a fronte di progressi tecnologici che sicuramente faranno carta straccia degli scenari apocalittici dei modelli attuali in termini di emissioni, e’ davvero poca roba. Tanto piu’ che in questo aumento il fattore “antropico” sarebbe solo uno dei tanti in gioco (peccato che lo studio non abbia fornito anche uno “scorporo” della componente “antropica” dal resto).

      Meno male che ci pensano i modelli “catastrofisti” (e sempre sbagliati) ad orientare le policy. O viceversa, che pare brutto da dire, ma si avvicina piu’ probabilmente alla realta’.

  7. Gaetano La Corte

    In che modo è stato tenuto conto dei cicli solari ?
    L’ultimo ciclo è stato piuttosto “debole” e quello in corso promette un andamento simile.

    • Luigi Mariani

      Gentile Gaetano,
      i cicli solari rientano nei 13 componenti che rappresentano la variabilità naturale del sistema climatico.

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