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Se t’AMO ti cancello

Corro il rischio di essere ripetitivo, il global warming è proprio magico, talmente magico che anche le manifestazioni più imponenti del sistema, che coinvolgono quantità enormi di energia, si piegano al suo volere. E’ il caso dell’Oceano Atlantico, le cui naturali oscillazioni multi-decadali, note nel panorama scientifico come AMO o AMV (Atlantic Multidecadal Variability), pare fossero prima causate dal forcing delle eruzioni vulcaniche tropicali – altrettanto magicamente ritmate a suon di decadi e loro multipli – e ora, neanche a dirlo dal forcing antropico. Altro che caos, questo è esoterismo.

Questo salto quantico della conoscenza viene da un paper recentemente pubblicato si Science e firmato in primis da Michael Mann, indiscusso pontefice dell’AGW e padre del famigerato grafico Hockey Stick, icona del global warming, su cui si sono combattuti epici scontri letterari e sanguinose battaglie legali – ci sono voluti anni per vedere i dati usati per generarlo e svelare l’utilizzo di “innovative” tecniche di analisi.

Lo studio in questione, fedele alla linea, non fa sconti:

Multidecadal climate oscillations during the past millennium driven by volcanic forcing

A generare il falso segnale di una oscillazione di natura interna dell’Oceano Atlantico, sarebbe la forzante degli aerosol di natura vulcanica che, in un modo o nell’altro, hanno avuto delle variazioni di periodo riconducibili alla variabilità dei presunti periodi di oscillazione delle temperature oceaniche. Questi risultati, chiuderebbero il cerchio iniziato da un altro lavoro pubblicato circa un anno fa dallo stesso team di autori, che aveva attribuito le più recenti fasi di oscillazione delle temperature dell’oceano agli aerosol di origine antropica e al trend di riscaldamento planetario, sempre, ovviamente, antropico.

Il paper è protetto da copyright, ma Michael Mann ha scritto un lungo post sul realclimate.org che spiega dal suo punto di vista tutta la questione, senza risparmiare ai lettori le sue note doti autocelebrative e facendo ricorso a considerazioni epistemologiche alquanto stonate tipo “A scientist has to admit when they are wrong“, concludendo con la citazione della vicenda dell’Hockey Stick, proprio quella su cui non ha mai ammesso di aver sbagliato, malgrado sia noto come sono andate le cose. In questo caso però, il suo rinnovato amore per il metodo scientifico è dovuto al fatto che il primo ad identificare la ciclicità multi-decadale dell’Atlantico è stato proprio lui, circa venti anni fa.

Questo lavoro, che spazzerebbe via circa 13.500 studi successivi che hanno analizzato l’AMO e l’AMV in lungo e in largo, consentirebbe in un colpo solo di “dimenticare” la frenata dell’aumento della temperatura nella metà del secolo scorso, di cancellare il ruolo della variabilità interna degli oceani nell’attribuzione del trend delle temperature sempre del secolo scorso e, dulcis in fundo, elidere la componente naturale al trend di cicloni tropicali, consentendo di gettare le basi per una loro attribuzione all’AGW – ancora assente – vero ed esplicito scopo di tutti questi sforzi.

Qui sotto, da climate4you.org, l’andamento dell’AMO in base ai dati osservati disponibili.

Annual Atlantic Multidecadal Oscillation (AMO) detrended index values since 1856

Tutto ciò, comunque, sarebbe completamente legittimo (nei fatti lo è perché le pubblicazioni esistono per essere lette ed eventualmente dibattute), se non fosse che è pieno di studi che hanno cercato di ricostruire l’AMO con i modelli climatici, che si sono sempre conclusi negativamente: il segnale è distinguibile, ma né l’ampiezza, né il ritmo temporale delle oscillazioni – ben chiaro nelle osservazioni e nei dati di prossimità – sono stati mai riprodotti efficacemente. E Mann e soci usano i modelli per farci sapere che l’AMO non esiste, ma sarebbe un artefatto del mix di forzante antropica e naturale che tutti ci pervade, nel tipico approccio revisionistico antro-dipendente. Judith Curry, in un post sul suo blog che affronta questo tema e affronta in lungo e in largo l’AMO e il livello di comprensione scientifica dell’argomento, identifica in questo un ragionamento circolare che non dovrebbe passare la revisione tra pari, men che meno su una rivista come Science.

Come darle torto.

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Published inAttualitàClimatologia

4 Comments

  1. FabioDue

    Dopo un paper revisionista come quello, non resta che attendere un cambio di segno dell’AMO, da + a – , che induca (presumibilmente) un generale raffreddamento perlomeno in Europa e, unito ad altri fattori (magari perduranti ENSO e PDO negativi), magari generale nell’intero pianeta.

    Quando si verificherà, con le conseguenze ad esso connesse, sarà divertente leggere come verrà giustificato dai paladini dell’AGW…..qualcosa del tipo che il freddo viene dal caldo?

  2. Luca Rocca

    Se c’è una ciclicità dell’ attività vulcanica dove va a finire tutta l’energia rilasciata dei vulcani sottomarini della dorsale atlantica ? Non dovrebbe influenzare l’AMO anche più dell’ aerosol.

  3. Ancora un esempio di puro revisionismo climatico. Come ha scritto un commentatore sul blog di Judith Curry, tra un po’ anche la variazione diurna di temperatura sarà attribuita al global warming…
    Ci attendono tempi interessanti, durante i quali apprenderemo “mirabilia” sul sistema climatico: tutto sarà colpa dell’uomo, forse anche prima dell’apparizione dell’uomo, se andiamo abbastanza indietro nel tempo.
    Ha ragione Rocco quando fa riferimento alla religione climatista.
    Grazie Guido, per averci fatto conoscere questo ulteriore tassello della conoscenza, dopo che Donato ci aveva presentato il lavoro di Bova et al, 2021 (https://doi.org/10.1038/s41586-020-03155-x ). Franco

  4. rocco

    “Spesso la decisione su cosa sia “abbastanza buono”, ricade interamente sul redattore o l’organizzatore della rivista. In altri casi, la scelta toccherà ai revisori, con una guida generale da parte del coordinatore, sul rigore da applicare…
    Alcune riviste come Science e Nature hanno standard estremamente alti per la pubblicazione e rifiutano lavori scientifici anche di buona qualità, se non ritengono che siano innovativi nel settore.”
    da https://it.wikipedia.org/wiki/Revisione_paritaria

    Wikipedia non è la Bibbia, ma tutti noi abbiamo verificato come tantissimi articoli sul clima, anche se nella discussione confutano la teoria, nelle conclusioni vi è sempre un avvertimento del tipo: “anche se questo evento non si è verificato, in futuro i cambiamenti climatici potrebbero farlo verificare.”

    Questo fenomeno sarebbe da indagare dal punto di vista sociologico e psicologico.
    ‘Alla fine degli anni ’80 del secolo scorso vennero scritti molti articoli basati sul metodo Takens ( https://it.scribd.com/document/401899543/Teorema-di-Takens ) ed errati in modo eclatante, ma pubblicati anche dalle più rinomate riviste e l’errore era sempre lo stesso: la mancata comprensione che il metodo non poteva essere applicato quando vi sono un numero di variabili alto (come nel caso del clima o del meteo). Dovette intervenire il matematico e fisico belga David Ruelle per ribadire che per usare il metodo la serie dei dati dovrebbe essere abbastanza lunga, almeno 10 elevato a (2D) dove D sta per il numero di variabili.’
    Nonostante ciò, gli articoli continuarono ad essere pubblicati.
    (tratto da “Perchè è difficile prevedere il futuro” di Luca Gammatoni e Angelo Vulpiani)
    E come affermava Chris Anderson su Wired con questo articolo https://www.wired.com/2008/06/pb-theory/ , siamo alla fine del metodo scientifico.
    Siamo ritornati a prima del 1600 quando a dettare le regole era la religione: oggi domina la religione dei cambiamenti climatici antropici e della redenzione attraverso l’economia sostenibile politicamente corretta.
    La scienza è morta, viva la scienza.

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