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Funerali

All’incirca tre anni fa ci era capitato di commentare una delle tante perle del Fatto Quotidiano in materia di clima che cambia e di investimenti lungimiranti: allora si annunciava solennemente la fine della montagna per come la conosciamo, ovvero la fine della neve e soprattutto la fine dell’industria del turismo invernale. Una nemesi da far sussultare il cuore di ogni terzomondista che si rispetti: il global warming che fa fuori uno sport “da ricchi”.

E come intendevano sostituire l’industria dello sci valtellinese, gli investitori visionari del Fatto Quotidiano? Facendo la cosa più naturale del mondo: piantando olivi in una vallata alpina circondata da vette alte fino a 4,000 metri. In attesa, si immagina, di passare ai banani e alla tapioca. Tanto, ci pensa il “Global Warming”: lo dice la Scienza con la “S” maiuscola e il buon investitore deve muoversi di conseguenza. Al diavolo skilift e seggiovie: roba da bauscia negazionisti destinati all’estinzione.

Tre anni dopo

Sono passati tre anni, nei quali sulle Alpi è continuato a nevicare regolarmente, quando non in quantità superiori alla media stagionale. Per la gioia del popolo dei “decrescitisti infelici” l’industria dello sci è finita comunque K.O. Non per mano del Global Warming, quanto per via dei lockdown legati al Covid, per altro in condizioni di innevamento straordinarie (con la solita eccezione di chi ha voluto agire diversamente, e ha raccolto i frutti).

Quanto alla vagheggiata trasformazione della Valtellina nel nuovo frantoio d’Europa, solo un paio di anni dopo i proclami del Fatto Quotidiano è stata annunciata la sospensione del bando per la distribuzione degli olivi nella valle, ufficialmente (ed eufemisticamente) per “identificare le varietà di olivo che meglio si adattano al territorio locale”.

Delle due una: o gli olivi valtellinesi faticano ad adattarsi ad un clima gtroppo caldo e siccitoso da fare invidia al Maghreb. Oppure, semplicemente, fa ancora troppo freddo, a dispetto degli auspici del Fatto Quotidiano. E a conferma della seconda ipotesi, non risulta ad oggi l’avvistamento di dune di sabbia in Valtellina, semmai di accumuli generosi di una materia bianca, soffice e fredda.

Nel frattempo, dopo anni di furiose battaglie e campagne giornalistiche con la schiuma alla bocca contro l’approdo di una invisibile condotta di gas naturale, accusata dell’espianto (e successivo re-impianto) di qualche centinaio di olivi, alla redazione del Fatto avranno registrato la scomparsa di qualche milione di olivi causa xylella. Complici certe campagne giornalistiche cospirazioniste (piuttosto popolari presso lo stesso  quotidiano) che negavano l’esistenza stessa del problema e si opponevano agli espianti degli esemplari infetti proponendo soluzioni più “green”.

Morale della favola: invece di trasformare le Alpi in un oliveto nel nome del “green”, il Salento e’ diventato un deserto, nel nome dello stesso “green”. Invece di scomparire la neve, sono scomparsi gli olivi. Hanno solo sbagliato a prevedere chi dei due sarebbe scomparso. Cose che capitano a chi pretende di vedere troppo nel futuro.

Intanto in Francia…

Giusto per rimanere in tema di attualità agricola, (non) ha fatto notizia l’ondata di gelo che ha interessato l’Europa negli scorsi giorni, con contorno di nevicate in pianura e temperature abbondantemente al di sotto della media.

Se a causa del freddo gli oliveti valtellinesi stentano a decollare, per lo stesso motivo pare che in Francia le viti stiano morendo (letteralmente) congelate. Una situazione particolarmente difficile, che ha costretto gli agricoltori transalpini a far ricorso al meglio che offre la tecnologia moderna: dei veri e propri falò accesi tra le vigne, a perdita d’occhio, a mo’ di lumini.

Gli agricoltori giurano che in questo modo si riesce a far aumentare le temperature al suolo di un paio di gradi, che a fronte del gelo degli scorsi giorni potrebbero comunque non bastare.

Certo fa sorridere l’idea che la stessa isola di calore che gli espertoni di clima sostengono non abbia nessun effetto sulle temperature misurate dalle stazioni meteo, funzioni invece molto bene per salvare le vigne dal congelamento.

Sicuramente ci sarà qualche raffinatissimo calcolo differenziale pluri-referato che dimostrerà il contrario, ma intanto i contadini continuano a fare quello che hanno sempre fatto nei secoli. Ché il tempo atmosferico, in barba alle previsioni dei migliori, continua a sottoporre sempre le stesse sfide affrontate dai nostri antenati negli ultimi millenni.

De Profundis

Di sicuro i soliti (ig)noti avranno attribuito anche questo ennesimo episodio freddo alla carnevalata del “fa freddo perché fa caldo”. Una carnevalata totalmente smentita dai dati sul campo, che dicono esattamente il contrario: ha fatto freddo perché ha fatto freddo. Punto (ne parleremo presto).

Restiamo con l’immagine, invero suggestiva, delle vigne congelate e punteggiate di lumini. Una immagine dai toni decisamente funebri. Che si tratti del funerale della credibilità e dell’indipendenza di un certo giornalismo, o di certa ricerca scientifica, poco importa.

L’unica certezza è che arriverà sicuramente un nuovo studio che ci spiegherà con dovizia di particolari e di simulazioni modellistiche che “fa freddo perché fa caldo”. Magari per un motivo diverso dalla teoria ancora tambureggiante sui media, ma demolita dall’evidenza, sul vortice polare che ci casca in testa perché il getto si è fatto loffio.

Come è altrettanto certo che alla nuova “rivelazione scientifica” farà seguito la solita ridda di articoli giornalistici visionari che suggeriranno ai contadini francesi di espiantare le vigne per sostituirle con allevamenti di dromedari o piantagioni di cotone.

Una risata ci seppellirà. Ma per intanto, vestiamoci pesante.

 

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Published inAttualità

22 Comments

  1. Enrico Bacci

    Buonasera, leggo in ritardo questo interessante articolo.
    Abito in toscana in Mugello una zona non particolarmente vocata per coltivazione della vite e dell’olivo.
    Concordo pienamente con il fatto che coltivare olivi e ricavarne un olio in zone come la Valtellina sia una impresa quanto mai ardua anche dal punto di vista economico.
    Coltivo un vigneto da circa 40 anni e la gelata recente ha causato gravissimi danni anche in toscana.
    Ho usato le candele antigelo per difendere una piccola produzione di chardonnay, con risultati molto buoni nella notte in cui la temperatura è scesa a -5.
    Certo il costo dell’operazione è molto alto e difficilmente applicabile su vasta scala.
    In Francia l’uso di questi sistemi è molto più diffuso anche per il valore economico del vino, si pensi ad esempio alla Borgogna o allo Champagne.
    Nella nostra zona (il Mugello) da sempre considerata come non adatta alla produzione vinicola perchè con clima più freddo rispetto al Chianti , in tempi relativamente recenti sono stati introdotti vitigni come pinot nero e chardonnay capaci di dare vini di ottima qualità in questo microclima.
    Quindi è giusto anche sperimentare nuove varietà e anche nuove coltivazioni come è sempre successo nella storia della agricoltura.
    Per quanto riguarda l’olio di oliva va detto che le coltivazioni “al limite” dell’areale di crescita dell’olivo forniscono olii straordinariamente tipici e particolari nel gusto come avviene proprio nella nostra zona .
    Per quanto riguarda le gelate tardive ,che da noi non sono un fatto eccezionale, ho osservato in 40 anni di esperienza, che purtroppo potrebbero avere tempi di ritorno molto più brevi. Nel 2017 una gelata a fine aprile con -4. nel 2020 addirittura i primi di maggio si raggiunsero gli 0 gradi e poi quest’anno in aprile una notte con -5 -6 in fondovalle e altre 4-5 notti con -1 -2.
    Precedentemente, dal 1980 al 2010 avevamo avuto solo 2 episodi simili.
    Speriamo bene…
    Enrico Bacci (viticoltore)

    • Massimo Lupicino

      Grazie per il commento Enrico, molto interessante!

  2. Luigi Mariani

    Caro Massimo,
    circa l’olivo in Valtellina posso dire che il problema di tale coltura è legato non solo e non tanto al freddo invernale (che pure con una certa frequenza può rappresentare un problema e che tuttavia sul versante che volge a mezzogiorno può essere compensato dal fenomeno del “thermal belt”, se solo ci si porta ad alcune centinaia di metri di quota rispetto al fondovalle) quanto dal regime delle precipitazioni, che in Valtellina presentano un caratteristico massimo estivo che non è certo un fattore di vocazionalità per una coltura mediterranea come l’olivo. Mutatis mutandis è la stesa cosa che accade per la vite in Inghilterra: la coltura si è sempre potuta praticare ma in passato si è per lo più evitato di farla in ragione dell’eccessiva piovosità estiva.
    Circa poi la coltura dell’olivo nel medioevo in Valtellina, ne ho sentito più volte parlare dai locali che spesso la danno per scontata. Posso tuttavia dirti che non ho fin qui reperito alcun prova documentale o di altra natura della presenza di tale coltura nel medioevo: ad esempio alcuni citano la presenza di storici frantoi oleari, che tuttavia possono benissimo giustificarsi con la produzione di olio di noci. Pertanto non posso che sospendere il giudizio circa la veridicità della cosa. Ovviamente sarei felice se qualcuno mi facesse andare oltre il mio attuale livello di ignoranza.
    Ciao.
    Luigi

    • Massimo Lupicino

      Magnifiche le Orobie. Comunque il bianco che vedi sicuramente non e’ neve perche’ sui media si legge da una ventina d’anni che i nostri bambini non conosceranno la neve a causa del global warming. Quindi ti consiglio un oculista, perche’ i “grandi media” e la “Scienza” non possono essersi sbagliati.

    • Andrea

      Infatti, da qualche giorno i media sono zitti sull’argomento, a parte qualcuno che sostiene che l’ondata di freddo è dovuta al riscaldamento globale che in questo caso si trasforma in cambiamenti climatici (forse per non risultare troppo ridicoli alla faccia dell’utente medio). ma non preoccupatevi che appena la temperatura si alzerà (siamo a metà aprile ma non importa) si tornerà subito a parlare s di siccità e temperature record. Non più tardi di qualche giorno fa eravamo già infatti in emergenza siccità per Uno..mattina; anche se a quote medie deve ancora sciogliersi l’abbondante neve di quest’inverno (quella che avrebbe dovuto già essere sparita secondo i lavori di 10-15 anni fa)

  3. Scusate se mi intrometto, sono io il tecnico che segue l’olivo in Valtellina, per la verità il bando olivi non è stato sospeso per motivi climatici ma bensì per questioni amministrative. Effettivamente nonostante quest’anno abbia fatto più freddo e neve, gli ulivi sono usciti indenni dall’inverno e quindi è prevista un annata produttiva. Che non deve invece stupire è la presenza dall’olivo in valle, da ricerche storiche recenti è emersa la presenza di questa specie già a partire dal 1200/300 e per i secoli successivi con produzioni di olio usato come combustibile per lampade o funzioni religiosi.

    • Massimo Lupicino

      Nessuna intromissione Ivano, anzi grazie per il tuo intervento che permette di approfondire la questione.

      Vero che l’olivicoltura in Valtellina ha una storia antica, come e’ vero che si tratta di una storia di agricoltura “eroica”, al pari degli almeno altrettanto eroici terrazzamenti per la coltivazione della vite (molto piu’ a suo agio dell’olivo al cospetto dei rigori invernali, bisogna dirlo). La scelta di produrre olio all’estremo confine nord, virtualmente in corrispondenza di uno dei pallini della mappa in allegato e’ una scelta legittima, anzi direi molto intelligente dal punto di vista commerciale: propongo al consumatore un prodotto “eroico” e chiedo di essere pagato in proporzione. In proporzione in termini di minore produttivita’ e di resa in olio rispetto alla puglia o alla calabria. E in termini di rischio climatico, perche’ quest’anno sara’ pure andata “bene” (ve lo auguro di cuore), ma la storia insegna anche che la Valtellina non e’ terra di olivi secolari perche’ prima o poi il meteo ha sempre presentato il conto.

      E qui si potrebbe aprire un nuovo capitolo sulla selezione di specie di olivo resistenti a climi freddi, un lavoro iniziato gia’ da tempo e che ben si adatta alla Valtellina (e che ben giustificherebbe una pausa nel programma di distribuzione degli olivi). Un capitolo interessante perche’ va nella direzione giusta: fare ricerca scientifica per rendere l’agricoltura praticabile anche in aree di frontiera. E’ questa la direzione da seguire.

      Pretendere di buttare nel bidone dell’immondizia l’industria dello sci per sostituirla con l’olivicoltura invece resta quello che e’: una cretinata. E questo resta il senso dell’articolo.

      Un grande in bocca al lupo per tutto: agricoltura e industria dello sci. Sono molto legato alla Valtellina per tanti motivi, e vi auguro ogni bene, di cuore.

    • maurizio rovati

      Mi sembra però significativo che l’olio prodotto in Valtellina nel medioevo non venisse comunque usato per fini alimentari. E oggi mi pare improbabile usarlo per le lampade a led… 🙂

  4. Micky

    L’anomalia delle temperature globali secondo UAH era già praticamente a zero in Marzo, non vedo l’ora di vedere il dato di Aprile. Purtroppo anche quando il dato è inequivocabile, nudo e crudo per così dire, c’è sempre chi difende il global warming a spada tratta e nega l’evidenza; si veda per esempio qui: https://boards.4channel.org/sci/thread/12956512

    • Massimo Lupicino

      Bisogna difendere il business e una credibilita’ che gia’ rasenta lo zero Kelvin. Non li invidio.

  5. Caro Massimo,
    da anni uso olio di oliva taggiasca che però negli ultimi due-tre anni è scomparso dagli scaffali del supermercato dove vado a fare la spesa. Pur essendo il più costoso, ha smesso di essere disponibile; l’ho sostituito con olio toscano e, a volte, con quello pugliese. Come si vede sono molto interessato all’olio e quindi attendo con impazienza quello di Bormio e della sua valle. Per favore fammi sapere quando sarà disponibile perché credo che le olive maturate sotto metri di neve acquistino un aroma particolare, quasi introvabile.
    Ma, porca miseria, questi pennivendoli si rendono conto delle castronerie che scrivono?
    Evidentemente no, altrimenti non avrebbero neanche il coraggio di guardarsi allo specchio.
    Purtroppo sarà una nevicata a seppellire questi buffoni, dopo che la crisi economica e morale (penso all’assurda vicenda del vaccino J&J di questa mattina, che ha fatto seguito all’altrettanto assurda situazione di AstraZeneca) entrambe governate dall’assurdo principio di precauzione applicato a scatola e occhi chiusi, avrà seppellito tutti noi. Ciao. Franco

    • Massimo Lupicino

      Caro Franco, i media sono diventati organi di propaganda, e nient’altro. Basti vedere lo spettacolo pietoso che stanno offrendo sui vaccini. Ci sarebbe da rincorrerli e prenderli a calci nel deretano per il danno che stanno facendo seminando sfiducia a piene mani a fronte di numeri statisticamente ridicoli. Non perdono occasione per dimostrare di essere al traino degli interessi economici di qualcuno, piuttosto che di ispirarsi al bene comune facendo una informazione corretta.

      Una pillola anticoncezionale ha effetti collaterali di tipo trombotico ordini di grandezza superiori rispetto ad un vaccino con vettore virale. Ma chissa’ perche’ nessuno se ne fa un problema. In America, dove hanno disponibilita’ di vaccini praticamente illimitata, mettono fuori gioco J&J per 1 caso di trombosi su un milione. Piu’ facile morire trafiggendosi il timpano con un cotton fioc, o ingoiando lo spazzolino mentre ci si lava i denti. Ovvio che dietro ci siano implicazioni commerciali e geopolitiche, come e’ altrettanto ovvio che a quelle implicazioni i media mainstream porgono gentile omaggio, strafottendosene del bene comune e dei nostri interessi.

      Avanti cosi’, sara’ un successone.

    • donato b.

      Caro Franco,
      nel caso dei vaccini non credo che il principio di precauzione abbia il peso maggiore.
      Mi sembra che il fattore geopolitico ed economico abbia più importanza.
      Mi spiego meglio. Chi esce prima dalla crisi ha maggiori probabilità di imporsi sui mercati mondiali e dettare la linea. Gli altri arrancheranno e saranno costretti a mettersi a ruota dei vincitori della “guerra dei vaccini”.
      Noi stiamo facendo questa miserrima fine e le str….te che circolano sui media in merito ai rischi connessi all’uso di quei vaccini su cui l’UE ha puntato maggiormente, ne sono la testimonianza più vivida. Citare numeri che statisticamente fanno ridere, per seminare il panico, è qualcosa che va oltre il principio di precauzione. Diciamo che lo sfrutta, per portare a casa altri risultati. A pensar male si fa peccato, ma ……! 🙂
      Mi fermo qui, per non andare troppo OT.
      Ciao, Donato.

    • MB

      Gentili Dott. Barone, Sig. Lupicino, Prof. Zavatti,

      di tutto mi sarei aspettato, tranne che trovare in questo blog l’ennesimo piagnisteo riguardante questi (pseudo)vaccini che ormai da mesi monopolizzano l’attenzione.

      In ogni caso vorrei complimentarmi per l’opera di divulgazione. Leggere opinioni fuori dal coro non può che essere utile.

  6. claudio

    Citando Il Fatto vuoi vincere facile! Pensa che loro sono convinti di fare giornalismo d’inchiesta! Insomma, i migliori… Invece fanno solo giornalismo a tema, quello che ha rovinato del tutto questa professione.
    Bellissimo articolo

    • Massimo Lupicino

      Sono persino stato abbonato a quella roba. Poi sono diventato adulto.

    • Andrea Beretta

      Non per essere offensivo, ma il Fatto è veramente il peggiore: perché ha fatto sintesi della superiorità morale tipica di una certa parte, con la pretesa di far cultura…oltretutto infamando persone e scienza. Oltre tutto negli ultimi 10 anni ha abbracciato il gretinismo, prima ancora che Greta nascesse, quasi. Quando ho scritto un paio di articoli per questo blog e dovevo ispirarmi al Fatto…era una sofferenza continua leggere le cose ivi scritte

  7. Debora

    in veneto c’è un vecchio detto che dice: “tempo, cul e siori i fa quel che vol lori”. In italiano si potrebbe tradurre con: tempo, apparato digerente e ricchi fanno ciò che vogliono. Buona giornata

    • Massimo Lupicino

      Favoloso! Saggezza popolare b. “vera Scienza” 4-0.

  8. Aldo Gotta

    Buongiorno,
    le gelate dei giorni scorsi hanno colpito anche il Piemonte, con effetti, sembra, disastrosi per alcune produzioni ortofrutticole: nella mia provincia, Cuneo, sembra che la produzione di Kiwi (seconda provincia in Italia per produzione di tale frutto) e albicocche sia stata fortemente compromessa. Ma in generale tutto il settore è andato in sofferenza. Il gelo non ha risparmiato neppure le vigne di Langa e Monferrato. Causa vento sembra che i sistemi anti brina, di cui si fa cenno nel suo articolo, non hanno funzionato a dovere. Riporto, con il beneficio del dubbio, un link con una dichiarazione del presidente coldiretti di Cuneo, in cui si parla di tropicalizzazione del clima come una delle cause per ciò che è avvenuto. La narrazione del fa freddo perchè fa caldo continua. Ultima cosa: mia madre, classe 1921, era stata in gioventù contadina. Mi raccontava che le gelate promaverili erano tra le più dannose, e le era rimasta una certa inquietudine quando in Aprile il tempo “girava” al brutto. Sono eventi che succedono e che di tanto in tanto si ripetono.. Altro che tropici..
    https://www.cuneodice.it/attualita/cuneo-e-valli/gelate-coldiretti-cuneo-la-regione-attivi-urgentemente-formule-di-sostegno-per-le-imprese_47158.html

    Cordiali saluti

    • Massimo Lupicino

      Caro Aldo, grazie della testimonianza “sul campo”, e’ proprio il caso di dire…

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