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L’Escursione Termica Giornaliera (DTR) in Asia Orientale tra il 1901 e il 2018

DTR (diurnal temperature range o escursione termica giornaliera) è la differenza tra Tmax e Tmin ed è anche un importante indicatore del cambiamento climatico la cui variazione dipende anche da modifiche nell’uso e nella copertura del territorio (Qu et al., 2014) oltre che dall’ovvio cambiamento delle temperature.

Si è notato che in Asia orientale la serie di questa variabile ha assunto valori progressivamente in diminuzione a partire dagli anni ’50 del secolo scorso, mentre prima di questa data, e almeno dal 1901, era rimasta mediamente costante, anche se con un profondo avvallamento (minimo) attorno al 1930; in genere tale diminuzione sistematica viene attribuita a modifiche nella precipitazione, anche se la relazione (abbastanza vaga, per quanto ne so) si scontra con la costanza (media) di DTR prima del 1950.
In un articolo che attualmente (metà luglio 2021) è disponibile come preprint (dotato di identificatore DOI) ancora in fase di peer-review, Xinbao Sun e coautori usano il nuovo database CMA-LSAT v1.1 (CMA è l’agenzia meteorologica cinese) che contiene le temperature terrestri, omogenizzate, di 31446 stazioni su tutto il globo (per una descrizione, Yang et al., 2016) per derivare DTR nell’Asia orientale (80°-150°E;0°-60°N) come anomalie rispetto al periodo base 1961-1990 e su una griglia di 5°x5°.
Gli autori usano anche i dati di CRUTS4.0.3 per confronto ma io utilizzo solo quelli di CMA-LSAT v1.1 che ho digitalizzato dalla loro figura 3 nelle tre serie disponibili (totale; da 1901 a 1950 e da 1951 a 2018, derivate dalle sole serie più estese di 25 anni; totale, dalle sole serie più estese di 100 anni) che chiamo qui DTR1, DTR2 e DTR3 rispettivamente.

Fig.1: Serie di DTR, digitalizzate dalla figura 3 di Sun et al., 2021. La digitalizzazione è stata fatta a passo 3 pixel (0.71 anni) e tutte le serie sono mostrate insieme al rispettivo filtro passa basso di finestra 11 punti (7.8 anni).

Nella figura, la diminuzione ben visibile di DTR attorno al 1930 è pressochè costante, come lo è la discesa sistematica dopo il 1950, indipendentemente dalla lunghezza delle serie di temperatura.
Come si vede nella successiva figura 2 che riporta sia la precipitazione annuale dell’area cinese sia quella globale della fascia di latitudine 30°-60°N, la diminuzione di DTR attorno al 1930 è concomitante con una diminuzione per entrambe le serie di precipitazione.

Fig.2: Serie della precipitazione annuale cumulata in Cina (Li et al., 2012, figura 12) e della precipitazione globale tra 30°-60°N di latitudine (Yang et al., 2016, figura 7), digitalizzate a passo 0.71 anni (3 pixel) e 1 anno, rispettivamente.

Dal confronto fra figura 1 e figura 2 deriviamo che la diminuzione di DTR dopo il 1950 avviene in corrispondenza della quasi costanza (media) della precipitazione in Cina e della crescita nei valori della serie globale 30°-60°N. Quindi l’associazione “DTR scende in funzione delle piogge” non sembra avere luogo.
Resta quindi, da parte mia, ancora l’ignoranza sulle cause del notevole cambio di pendenza di DTR dopo gli anni ’50: è chiaro che questa grandezza diminuisce, come si osserva, se diminuisce Tmax, se aumenta Tmin o se entrambe le variabili cambiano opportunamente; e se questo evento si ripete nel tempo per oltre 60 anni (attualmente 68 anni). Una possibile causa potrebbe essere una modifica del Monsone: ma quale meccanismo tirare in campo? E non ho dati a sostegno di questa ipotesi. Osservo solo che Qu et al., 2014 in un’analisi di DTR negli Stati Uniti continentali (più estesa di quella discussa qui di Sun et al., 2021), nelle loro varie serie (medie annuali, stagionali, regionali) non mostrano mai un cambio di pendenza dal 1950. Significa quindi che bisogna riferirsi a qualche caratteristica meteo-climatica localizzata nell’Asia orientale?

Non credo serva a molto, ma noto che Yang et al., 2016 pubblicano nella loro figura 2 le serie pluviometriche annuali, non ancora omogenizzate, di due stazioni che, entrambe, mostrano un salto improvviso (break point) attorno agli anni ’50, senza che venga fatto alcun accenno all’analogo cambiamento in DTR.
Mi chiedo anche se una situazione meteorologica come quella mostrata da Qu et al., 2014b (stesso nome e stesso anno ma autori diversi!) nella loro figura 3 per gli anni 1993 e 1997, potesse essersi verificata anche dagli anni ’50 in poi, e quale potesse essere la sua influenza su DTR.

Negli spettri, raggruppati in figura 4, si osserva una certa similitudine dei massimi che mostrano periodi simili ma potenze diverse, con lo spettro del 1901-1950 di figura 1 che ha un aspetto quasi del tutto diverso dallo spettro del periodo 1950-2018.

Fig.3: Spettro MEM delle serie di figura 1. Da notare che il periodo in anni dei massimi non coincide con i valori numerici dei file nel sito di supporto (dtrx-mem.out): infatti il periodo dipende dal passo e per ottenerlo in anni, in questo caso, bisogna moltiplicare per 0.71 anni, il passo della discretizzazione.

È presente nei quattro spettri una serie di massimi di periodo uguale o molto simile, nell’intervallo 2-9 anni. Come valore, questi massimi ricordano le periodicità di ENSO e, vista la vicinanza dell’area che stiamo osservando alla zona di Oceano Indiano (area indonesiana detta Warm Pool) dove si accumulano le acque calde del Pacifico orientale, spinte dagli alisei durante El Nino, in realtà dovrebbero essere proprio i periodi di ENSO, che possiamo anche osservare in moltissime altre serie meteo-climatiche presenti in quasi tutto il pianeta.
Come già detto, questi massimi sono caratterizzati da potenze diverse: ad esempio il massimo a 5.6 anni ha una potenza assoluta di 0.26 in dtr1, tra 0.03 e 0.04 nelle due sezioni di dtr2 e di 0.1 in dtr3 (le unità sono arbitrarie); oppure quello a 26-30 anni, che è il secondo massimo in dtr1, con potenza ~0.17 mentre è il primo massimo per dtr2 e dtr3 ma con potenze 0.29 e 0.70, rispettivamente. La prima sezione di dtr2 (dtr21) è l’unica che mostra un massimo a 18.1 anni, forse assimilabile al ciclo lunare di Saros (18 anni) o al periodo nodale, sempre della Luna (18.6 anni). Come è ormai solito per me, pur segnalando la presenza di questo massimo “lunare”, invito alla prudenza nella attribuzione, anche perché compare in uno solo dei quattro spettri.

Conclusioni
Questo è un post senza conclusioni: presenta solo ipotesi vaghe e non sorrette da prove o da dati sperimentali. Semplicemente registra un evento che sembra strano ai miei occhi (e credo non solo ai miei) e che forse ha una spiegazione che non ho trovato. Penso però che valga la pena evidenziarlo, anche solo per stimolare una discussione.

Bibliografia

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Published inAttualitàClimatologia

13 Comments

  1. Gianni

    Caro Franco, caro Luigi,
    Sulle relazioni tra escursione termica, copertura nuvolosa e irraggiamento, vi trasmetto alcune riflessioni elaborate con Nazzareno Diodato nel lontano 2007 (https://doi.org/10.1016/j.agrformet.2007.02.001):

    1. Air temperature lapse rate (i.e. the decrease with increase of elevation) is usually greater for Tmax than Tmin, resulting in smaller values of DT and, in turn, in smaller estimated transmittance at higher elevations
    2. Fluctuations in monthly solar radiation driven by aerosols, cloud cover and air humidity are able to affect air temperature
    3. Long-term records of Tmin are often corrupted because of site location, instrumental positioning from soil surface and urban heat island
    4. Seasonal systematic patterns were registered, which are able to generate over-estimates in spring and under-estimates in late summer

    Nella speranza che possano essere un contributo utile, vi auguro un sereno 2022, che estendo a tutti gli amici di Climate Monitor.

    • Caro Gianni,
      grazie per gli auguri che ricambiamo. E grazie anche per le vostre considerazioni che, sono sicuro, i lettori di CM apprezzeranno. Franco e Luigi

  2. Luigi Mariani

    caro Franco,
    sottopongo alcune idee:
    1. la serie di DTR è sicuramente influenzata dalla modifica nella strumentazione e dei criteri di scelta del sito per le stazioni, oltre che dall’uso del suolo ed infine dalla fittezza della rete, che infittendosi evidenzia fenomeni di microscala che prima non erano considerati. In sintesi è un bel rompicapo…
    2. il fenomeno nel suo complesso parrebbe coerente rispetto al cosiddetto “global dimming”.

    Circa infine la copertura nuvolosa ricavata dal DTR esistono algoritmi come quello di Hargreaves (documentato ad esempio nel quaderno FAO 56) che stimano non tanto la copertura quanto la radiazione solare globale – che alla copertura nuvolosa è strettamente legata.

    • Caro Luigi,
      grazie per i tuoi commenti.
      * Per l’inversione della DTR, ho cercato nel quaderno FAO56 ma per ora non trovato nulla.
      * Il global dimming sembrerebbe proprio influenzare l’andamento della DTR, anche basandosi sugli spettri (massimo a circa 30 anni) da confrontare con il mio vecchio (2012) spettro delle macchie solari che accludo.
      L’unico dubbio deriva dal fatto che a partire da circa il 2000 il global dimming avrebbe dovuto invertire la traiettoria e questo fatto avremmo dovuto vederlo anche nella DTR , mentre non vediamo nulla (forse la serie non è abbastanza estesa). Ciao. Franco

      Immagine allegata

  3. Brigante

    Ho notato una rottura di pendenza tra gli anni 40 e 50, e dal momento che a quell’epoca la stragrande maggioranza delle stazioni è in gran parte in territorio giapponese, associerei il fenomeno prevalentemente dell’urbanizzazione crescente e all’effetto dell’isola di calore urbana. Allego un grafico che ben si adatta allo scalino degli anni 40 e 50. In Cina l’urbanizzazione è un fenomeno più recente e si va a sommare solo dopo gli anni 60. Sappiamo che l’isola di calore tende a smorzare l’escursione termica, innalzando prevalentemente le minime, e in particolare quelle del semestre freddo. A mio parere gli altri fenomeni, seppure condivisibili, restano marginali. Colgo l’occasione per augurare buon anno nuovo a tutto il villaggio!

    Immagine allegata

    • Intanto grazie per gli auguri che credo di poter ricambiare anche a nome di tutto il villaggio.
      Poi grazie per il contributo che tenta di colmare, con argomenti che mi sembrano sensati, le mie perplessità (dovute a generale ignoranza sull’argomento, credo).
      I miei dubbi riguardano il deciso cambio di pendenza che si misura su un’area immensa (le mappe nella risposta a Luca Rocca) e la capacità di eventi reali e localmente importanti di incidere su quel cambio. Il Giappone è densamente urbanizzato ma è una piccola frazione dell’area considerata: è in grado di produrre una simile variazione? Io non lo so e per questo il post è senza conclusioni: non saprei cosa dire. Noto, comunque, dalla mappa,
      che tra il 1940 e il 1960 buona parte della Cina è densa di stazioni, altrettanto e forse più del Giappone.
      Oso sperare che la CMA, l’agenzia meteo cinese, ne sappia più di me sull’argomento e che un simile salto, se dovuto a qualche causa antropica, sarebbe stato notato, discusso, forse corretto sulla base di un qualche modello, oppure omogeneizzato. E in ogni caso non disponibile in un database ufficiale senza note (che io non ho visto, anche se questo non significa nulla). In ogni caso, il suo commento è stato importante e gradito. Franco

    • Brigante

      Per completezza d’informazione allego link su statistiche demografiche in Cina: http://www.stats.gov.cn/tjsj/Ndsj/2011/html/D0305e.htm
      Si nota in basso che l’urbanizzazione comincia a spingere solo negli anni ’80, mentre negli anni ’50 è inferiore al 15% , e si mantiene sotto il 20% fino agli anni ’80 appunto.
      Ovviamente non basta da sola a spiegare il fenomeno che, probabilmente è legato a dinamiche circolatorie di più ampio respiro. Si potrebbe indagare anche la consistenza e l’invadenza degli anticicloni, sia invernali che estivi, dal momento che in entrambi i casi viene favorita l’escursione termica diurna, e la loro latitanza su più ampie porzioni di territorio potrebbe portare a un generale calo della stessa.

  4. Jack

    La riduzione dell’escursione termica sicuramente, come detto, è legata a doppio filo alla copertura nuvolosa. Tuttavia, credo che una incidenza enorme la possono avere sia l’uso del suolo attorno alle stazioni (in città l’escursione termica è ridotta per la maggior inerzia termica dei materiali) sia, soprattutto, per l’aumento di gas serra che frenano la perdita di calore notturna. Una prova ne è il clima di Venere, dove a fronte di concentrazioni di CO2 altissime, il giorno venusiano di fatto resta quasi a temperatura costante. Così come sul nostro pianeta, le temperature aumentano molto di più ai Poli rispetto all’Equatore facendo tendere quindi il pianeta a un clima più “omogeneo” e con meno escursioni.

  5. A. de Orleans-B.

    Un fattore con una grande influenza sulla variazione della DTR è la persistenza delle coperture nuvolose: una piccola variazione della persistenza, diurna o notturna, ha un elevata influenza sulla DTR.

    Ma in assenza di osservazioni orarie precise, almeno a livello di METAR aeronautici, oppure di analisi delle fotografie satellitari, la storia temporale delle coperture nuvolose non è generalmente disponibile.

    Forse arriveremo all’inversione del problema: i dati temporali della DTR permetteranno una stima della persistenza delle coperture nuvolose?

    • L’ultima frase del commento è per me particolarmente interessante: ho passato quasi tutta la mia vita lavorativa a (come si dice) invertire l’equazione integrale di Volterra (convoluzione) per ottenere dalle osservazioni di luminosità delle galassie e da quella che si chiama PSF (point spread function, ovvero come l’atmosfera modifica la struttura di una sorgente puntiforme cioè una stella), la struttura fine dei nuclei galattici (o deconvoluzione).
      Il che è esattamente l’argomento della sua domanda: credo di aver visto, una volta o due, qualcuno che in climatologia fa le stesse cose e questo “mi intriga” ma mi sento troppo vecchio per riprendere in mano difficili questioni di fisica matematica che ho abbandonato da molto tempo.
      Grazie, comunque, per avermi stimolato a pensare al passato. Franco

  6. rocco

    ma perchè utilizzare le “anomalie” e non i dati assoluti?
    Questo è uno dei non-sense tipico dell’analisi del tempo.
    “anomalia” dovrebbe indicare una divergenza da una media.
    E volete che non vi siano “anomalie” nell’analisi di qualsiasi serie di dati non solo meteo, se riferite ad una media precedente?
    Invece, “anomalia”, prende il significato di: “Ehi, prima il tempo era stabile”.
    Non so se ho reso, ma in questo approccio “anomalo” sta tutta la narrativa pseudoscientifica dell’AGW.
    Il quadro scientifico del tempo lo si può inquadrare semplicemnente usando i valori assoluti, alla fine si ottengono tre trendenze: stabile, in crescita o in decrescita.
    Non vedo il motivo scientifico per utilizzare l'”anomalia”, da cui si ottengono, ma con un passaggio matematico in più, tre tendenze: stabile, in crescita o in decrescita.

  7. Luca Rocca

    Sarebbe interessante capire bene l’area di analisi perché proprio negli anni 50-60 la rivoluzione culturale cinese promosse una massiccia deforestazione per convertire in terreni agricoli enormi aree boschive. La gestione successiva in chiave collettivistica ,con obiettivi imposti dalla politica, distrusse il suolo favorendo la desertificazione di grandi aree. Fenomeno tuttora in progressione nonostante i grandi investimenti del Great Green Wall , Enormi monocolture di Pioppo Nero per fermare l’avanzamento del Gobi: l’albero sbagliato piantato nel posto sbagliato sul terreno sbagliato. In zone più umide la deforestazione produsse un dilavamento massiccio della superficie coltivabile e frane epocali specie nel periodo 80-90. Tutte queste cose le lessi in un libro pubblicato ad Hong Kong quando ancora era possibile un minimo di critica ecologista contro il governo anche se l’opera parlava di pura fantascienza , Cercherò in biblioteca e aggiornerò la fonte

    • Accludo la figura 1 dell’articolo di Sun, Wang e Ren (2021), liberamente disponibile al DOI riportato in bibliografia (mentre il testo non lo è). L’ampiezza dell’area interessata è tale da mettere in secondo piano le pur disastrose ed ampie pianificazioni statali citate. Franco

      Immagine allegata

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