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Clima: la crisi c’è, ma non si vede.

La vivace tassonomia della comunicazione in materia di clima, ha ormai messo stabilmente al primo posto la crisi climatica nella classifica dei temi per i quali è richiesta una immediata soluzione. Pena, ovviamente, conseguenze a dir poco nefaste. Povertà, demografia, sanità globale, per non parlare dell’ultima invitata alla festa, la crisi energetica, tutte passate in coda dietro al clima.

Ma i cambiamenti climatici, pur se di innegabile importanza, sono effettivamente un tema di crisi?

E’ la domanda che si sono posti Gianluca Alimonti, Luigi Mariani, Renato Angelo Ricci e Franco Prodi in un recente articolo scientifico di review pubblicato giovedì scorso sullo European Physical Journal.

A critical assessment of extreme events trends in times of global warming

Nell’articolo gli autori si astengono dal sottoporre a critica i modelli previsionali, per limitarsi ad un’analisi in chiave storica di una serie di fenomeni meteorologici estremi con grande rilevanza a livello ecosistemico e antropico. La conclusione che si ricava è che gli eventi estremi di origine climatica o meteorologica non mostrano la crescita che ci si aspetterebbe se fosse in atto la crisi climatica che, secondo molte fonti mediatiche, staremmo oggi vivendo. Tale conclusione è peraltro corroborata da varie citazioni tratte dal report dell’IPCC pubblicato la scorsa estate.

Più nello specifico si evidenzia che i cambiamenti globali più consistenti negli estremi climatici si trovano nei valori annuali delle ondate di calore mentre l’intensità giornaliera delle precipitazioni e la frequenza delle precipitazioni estreme sono stazionarie nella maggior parte delle stazioni meteorologiche. A ciò si aggiunga che l’analisi dell’andamento delle serie temporali dei cicloni tropicali mostra una sostanziale invarianza temporale e lo stesso vale per i tornado negli USA.

Una conferma indiretta di questa diagnosi viene dall’analisi di alcuni importanti indicatori di risposta globale agli eventi meteorologici estremi e cioè disastri naturali, inondazioni, siccità, produttività dell’ecosistema e rese delle quattro colture principali (mais, riso, soia e grano), tutti caratterizzati da trend rassicuranti. Si deve inoltre ricordare che nonostante la crescita imponente della popolazione globale, che dal 1900 a oggi è passata da 1,5 a quasi 8 miliardi di individui, la mortalità da siccità, alluvioni, perturbazioni violente, incendi e frane è calata decisamente, ma si dovrebbe dire è crollata, passando da valori medi annui di oltre un milione di vittime a valori inferiori a 30.000 circa degli ultimi anni, con percentuali più rilevanti nei Paesi poveri. Anche in termini di costi dei disastri da eventi legati alle dinamiche del clima del clima, normalizzati per il PIL, dal 1990 non si registra una tendenza verso un aumento, quanto piuttosto verso una leggera riduzione.

Seguendo questa linea di pensiero, un numero crescente di studiosi sostiene che il passo più importante da compiere in questa fase è la lotta alla povertà. Più di una statistica mostra infatti che il miglioramento delle condizioni di vita riduce sia le vittime che i danni provocati dall’innalzamento delle temperature, più di quanto possano fare gli investimenti volti a ridurre la concentrazione di CO2 in atmosfera. Per il nostro Paese ciò potrebbe tradursi nel ridurre la nostra vulnerabilità agli eventi meteorologici estremi, ad esempio investendo sul territorio per porre rimedio al dissesto idrogeologico frutto di una tormentata orografia e di interventi antropici non sempre consoni alle indicazioni che vengono dalla climatologia.

Fermo restando che il cambiamento climatico è reale e necessita di politiche di adattamento, sulla base di queste evidenze che mostrano l’inesistenza della crisi climatica, è lecito domandarsi quanto convenga lanciarsi in dispendiose ed economicamente dannose politiche di forzata ed accelerata transizione energetica piuttosto che affrontare le diverse problematiche in atto (energetiche, agro-alimentari, sanitarie, ecc.) con uno spirito più obiettivo e costruttivo, con lo scopo di giungere a una valutazione ponderata delle azioni da intraprendere, senza dilapidare le limitate risorse a nostra disposizione impegnandole in soluzioni costose e di scarsa inefficacia.

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Published inAttualitàClimatologiaMeteorologia

19 Comments

  1. Gianni

    Segnalo il lavoro di Fabri et al., recentemente pubblicato su Climatic Change (https://link.springer.com/article/10.1007/s10584-022-03438-4), che cita a più riprese Alimonti et al. (2022). Il titolo è autoesplicativo: “On the (ir)relevance of heatwaves in climate change impacts on European agriculture”.
    Dato che l’aumento della frequenza (non dell’intensità) delle ondate di calore è l’unica tendenza identificabile per tutti gli eventi estremi associati al riscaldamento globale (Alimonti et al., 2022), è confortante sapere che c’è chi conclude che le ondate di calore non sono del tutto irrilevanti.

    • Gianni

      Errata corrige: “è confortante sapere che c’è chi conclude che le ondate di calore sono del tutto irrilevanti”.

  2. Brigante

    Ottimo contributo, come solo in questo sito di alta qualità si può leggere, accessibile ai più, ma capace di stimolare discussioni di alto livello e in più dimensioni, da quella meteoclimatica, a quella economica, sociologica, storica, ecc.
    Mi permetto solo di aggiungere una considerazione sulla tematica in oggetto, che definirei figlia plasmata di una tematica più vasta e coinvolgente, che è quella della crisi climatica generale.
    Insomma, una tematica “matrioska” che al suo interno ne contiene altre a sua immagine e somiglianza, tutte vere (aumento della CO2, incremento della temperatura, innalzamento del livello dei mari, riduzione dell’estensione dei ghiacci marini, arretramento di alcune fronti glaciali, diffusione di colture esotiche, dispersione di specie aliene in ambienti diversi, ecc.) ma nessuna resa accessibile alla massa nella sua reale dimensione scientifica, bensì plasmata e dipinta per apparire senpre più reale, quasi viva.
    E quando apri l’ultima, la più verificabile, quella dei danni economici, ti accorgi che assomiglia a tutte le altre, è identica nella forma, ma è talmente piccola e insignificante rispetto alle altre tragedie dell’umanità, che ti rendi conto di essere stato preso in giro, che dopotutto è un giocattolo ben construito per distrarci dai veri e impellenti problemi del mondo.

  3. Luigi Mariani

    Da parte mia ringrazio Guido per la recensione positiva dell’articolo di cui sono coautore e tutti coloro che hanno partecipato alla discussione.

  4. Francesco

    Salve.Lo so l’ho gia’ chiesto ma non vedo l’ora che trattiate la faccenda del grafico DMI sul volume ghiacci artici scandalosamente “aggiornato”.Grazie e complimenti a tutti.

  5. MICHELE

    Quanto riportato dal Col. Guidi è sacrosanto. E’ compito di quanti condividono queste valutazioni, riportarle, farle conoscere, insomma segnalare l’esistenza del “Villaggio”. Riconvertire l’economia per abbassare la temperatura del PIANETA !! (mecojo… avrebbe detto l’ispettore Giraldi – Tomas Milian) !
    Se il timore, fra i vari, è l’innalzamento del mare, forse costa meno alzare le città esposte al fenomeno di 1 m. Partendo da Venezia.

    • rocco

      molte città costiere saranno innondate, ma non per l’innalzamento dei mari, ma per il peso delle città stesse, magari costruite su terreni fragili, ed esempio Bangkok

    • Giorgio

      Sì, come dice giustamente rocco, il fenomeno della subsidenza è dominante in questi casi. Basta per questo osservare il confronto tra i livelli di Venezia e Trieste per rendersene conto. Ricordo male o questo confronto era stato pubblicato proprio qui?

  6. rocco

    ma quale sarebbe il clima ottimale per il pianeta Terra?
    Quale dovrebbe essere la temperatura, l’umidità, le precipitazioni, etc ottimali?
    Dovrebbero essere queste le domande da porre ai sostenitori del cambiamento climatico antropico.
    Quale sarebbe, inoltre, il clima ottimale idoneo al proliferare della biodiversità?
    Fortunatamente la storia della Terra non può dare queste risposte, perchè non è mai esistito un clima stabile a lungo termine.
    In teoria il pianeta dovrebbe raffreddarsi, così come dovrebbe raffreddarsi tutto l’universo per quella famosa legge dell’entropia, ma ciò accade nel corso di miliardi di anni, nel giro di trent’anni (il periodo – fasullo e completamente arbitrario – climatico per definizione) le variazioni in positivo o in negativo sono la norma e non l’eccezione.
    E’ solo nella psicologia umana la ricerca della stabilità, ma non nele leggi di natura.
    Se non ci fossero stati i cambiamenti climatici, ma clima stabile, l’uomo, ad esempio, non sarebbe mai uscito dall’Africa e men che mai ci sarebbe stata una evoluzione biologica che ha prodotto “infinite forme bellissime”, parafrasando Darwin.
    Con l’applicazione delle sciocchezze climambientaliste (dicasi transizione ecologica) ora, anche i seguaci della religione della lotta ai cambiamenti climatici si stanno rendendo conto che la soluzione al problema antropico è solo l’eliminazione dell’essere umano e si è cominciato con…. la canna del gas.

  7. Alessandro Muzii

    Giusto per capire, visto che seguo CM da alcuni anni durante i quali mi avevate convinto che il cambiamento climatico non è in atto, ma siamo semplicemente di fronte ad oscillazioni di temperatura che non dovrebbero preoccuparci.

    “Fermo restando che il cambiamento climatico è reale e necessita di politiche di adattamento,”

    Quindi, da questo momento, vi focalizzerete sull’inadeguatezza delle misure adottate dalla comunità internazionale per affrontare una crisi che non può ancora essere definita climatica, ma potrebbe diventarlo più avanti?
    Giusto per capire se devo fare il tifo dalla curva nord o da quella sud!

    • Alessandro,
      il consiglio è di non andarci proprio in curva (se proprio devi comunque sempre la nord, sai com’è :-)…), perché se c’è una cosa peggiore dell’inseguimento di una crisi che non c’è, è quella di smettere di perseguire politiche di adattamento, che l’uomo fa da quando esiste. Il tema c’è e va affrontato, perché c’è sempre stato. Oggi con quasi 8mld di esseri umani sul pianeta, tutti bisognosi di risorse, sarebbe imperdonabile ignorarlo. Ma senza fare il tifo.
      GG

    • Franco Caracciolo

      @alessandro
      “…anni durante i quali mi avevate convinto che il cambiamento climatico non è in atto, ma siamo semplicemente di fronte ad oscillazioni di temperatura…” copio incollo per essere più chiaro.
      Anche io seguo il Blog da anni e la mia convinzione è esattamente nel solco del bellissimo “post” e sul quale mi unisco al plauso del Gen. Molteni, che saluto.
      Il clima è da sempre soggetto a oscillazioni naturali e per motivazioni che non hanno nulla a che fare con il Sapiens. Ora però, finché non avremo nuovi lidi extra-planetarii cui tendere, dobbiamo aumentare la nostra capacità di resilienza rispetto alla attuale fase di incremento delle temperature, peraltro meno devastante di quanto i Profeti in malafede vanno sostenendo.

      Buona giornata a tutto il Villaggio di Asterix!

    • ivan

      Caro Alessandro Muzii

      La natura è sempre in evoluzione, il cambiamento è la costante.
      Quanto all’allusione sui cambiamenti climatici , ne hai prova quattro volte all’anno.
      Si chiamano astronomicamente : Inverno, primavera, estate e autunno

    • carlo

      Anch’io seguo CM da alcuni anni e, sinceramente, non ho mai letto quello che dice lei. Al contrario ho colto la naturale e sana propensione a discutere dei problemi senza il paraocchi dei dogmi sul clima, ponendo dubbi e cercando di dare risposte di buon senso, sulla base dei dati in possesso.

  8. Carlo Riparbelli

    Quanto scrivi è assolutamente corretto. Ma ormai la comunicazione è appiattita e drogata. Basti pensare al caso italiano della pandemia dove ultimamente il governo italiano invece di occuparsi di investire in sanità trasporti scuola ecc. Continua imperterrito ad accanirsi con i no vax o presunti tali.
    Una serie di decreti legge degni del miglior partito fascista alla faccia della Costituzione. È il solito espediente italiano purtroppo eletto a livello internazionale tornando alla questione climstica

    • Carlo,
      per cortesia, abbiamo già molto da fare con il clima. La politica nazionale resta fuori da questo blog. Il tema della pandemia è stato affrontato solo nel merito dei numeri, tutto il resto ha sedi più appropriate con cui facciamo volentieri a meno di misurarci.
      GG

  9. fabio molteni

    Guido, mi permetto di chiamarti così perché ci conosciamo da decenni, hai scritto un articolo lapidario, illuminante, direi strepitoso sul ben noto argomento che angoscia molti benpensanti per vari aspetti che hai toccato in maniera estremamente chiara e serena. Andrebbe diffuso sulla stampa generalista per onestà intellettuale nei confronti dei nostri concittadini alluvionati di informazioni sul clima di quantomeno discutibile valore, che non posso qualificare come meriterebbero per decenza.
    Buon lavoro ed un caro saluto

    • Carissimo Fabio,
      Estendo queste bellissime parole agli autori del paper, che hanno lavorato molto a lungo e con grande dedizione e tenacia per giungere alla pubblicazione.
      Grazie davvero.
      GG

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