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Misuriamo l’estate

I costumi da bagno li abbiamo visti sfilare lo scorso inverno, ora è tempo di sciarpe e cappotti. Le nuove collezioni del pret a portér, si sa, devono anticipare la stagione di qualche mese. Una fortunata coincidenza, visto che dopo i primi accenni di caldo, il freschetto che viene dal nord Europa sta per riportare il calendario indietro di qualche settimana. Alla faccia del solstizio d’estate, verrebbe da dire.

Ma quanto caldo o quanto freddo fa, in effetti, non è sempre così facile saperlo. Gli sforzi per il mantenimento di una rete osservativa stabile ed affidabile sono enormi e lodevoli, ma abbiamo anche parecchi problemi. Innanzi tutto occorre stabilire che uso si vuol fare delle misurazioni, questo è importantissimo nella scelta del luogo dove installare i sensori o, se si tratta di stazioni già installate, la valutazione del sito è elemento fondante del processo di validazione dei dati. Le stazioni meteorologiche dell’era moderna si sono moltiplicate nel secolo scorso per rispondere ad esigenze di tipo essenzialmente aeronautico e non climatico, per cui è ovvio che la maggior parte dei siti di rilevamento si trovi negli aeroporti, attorno ai quali, nel tempo è aumentata moltissimo l’urbanizzazione.

C’è un sito web, gestito da uno scettico impenitente dedicato proprio all’analisi dell’accuratezza e della rappresentatività delle osservazioni che, non dimentichiamolo, costituiscono tutte insieme il mare di dati che si analizza quando si parla di riscadamento globale. Si chiama Surfacestation e contiene una quantità enorme di informazioni. Nei giorni scorsi se ne sono aggiunte altre, a tutti gli effetti piuttosto interessanti. L’Italia non è il solo posto dove la buona stagione si è annunciata con temperature piuttosto alte, altre zone del mondo hanno fatto ancora meglio, come ad esempio Hononulu capitale dello stato delle Hawaii. Record di temperatura battuti giorno dopo giorno, in un crescendo di aria bollente.

All’ennesimo giorno di calura, quelli del National Weather Service hanno cominciato a nutrire qualche sospetto, spronati anche dall’intervento di un simpatico anchor man televisivo che si chiedeva per l’appunto perchè si continuano a misurare le temperature negli aeroporti visto che di norma non ci vive nessuno. La risposta è ovvia, ed in parte l’abbiamo già data. Ma si potrebbe anche aggiungere che normalmente si tratta di ampi spazi aperti, poco esposti al bias ambientale. E’ davvero così? Non per Hononulu sembrerebbe. Infatti l’onda di calore è terminata repentinamente nel giro di pochi minuti, giusto il tempo per i tecnici del NWS di sostituire il sensore di temperatura. Sin qui, nessun problema, potrà sembrare un pò strano che sia la TV a suggerire quando fare gli interventi di manutenzione, ma anche in questo tutto il mondo è paese. Quel che suona strano, invece, è che al NWS hanno deciso che la differenza di appena 2°F rispetto allo strumento di calibrazione al momento dell’intervento, non induce un bias importante, per cui i record registrati nei giorni scorsi non saranno cancellati dal dataset della stazione. Risultato: sarà un giugno caldissimo per il trend di temperatura di quel sito, che è ufficialmente nel sistema ASOS1, ovvero nel dataset dell’NCDC.

Del resto che altro si sarebbe potuto fare? Antony Watts, sempre quello di Surfacestation, ha risolto il problema in un paio d’ore di telefonate e ricerca sulla rete. A pochi chilometri di distanza da quella stazione ce n’è un’altra, gestita dal Pacific Tsunami Warning Center, che una volta era nel dataset del GISS, ora non più. Motivo? Dati assenti? Dati inaffidabili? No, cambio di gestione di chi operava la stazione. Una volta era dell’Osservatorio di Ononulu, ora è dello Tsunami Warning Center, cioè della NOAA. Un momento, anche il dataset NCDC è della NOAA, perchè non usare i dati? Difficile a dirsi. Forse perchè la stazione non è opportunamente circondata dall’asfalto e, come dice Watts, Hononulu non è ancora del tutto pavimentata. O forse perchè il trend della stazione non mostra gli evidenti segni di innalzamento che invece caratterizzano il sito aeroportuale e non ha vicino generatori elettrici o unità esterne di condizionatori, come accade invece sempre sull’altro sito.

airport-trend

Qui sopra il trend di lungo periodo della stazione dell’aeroporto di Hononulu 

 

oahu-station 

 E qui quello della stazione del Pacific Tsunami Warnin Center

Ma questa è in effetti dietrologia, evitiamo di approfondire e diamo solo un’occhiata alle misurazioni degli ultimi giorni, quelli della calura. I tecnici del NWS hanno ammesso un bias di “solo” 2°F ma, confrontando i dati provenienti dai due siti che hanno pari distanza dal mare e sono anche piuttosto vicini, si scoprono differenze di 4, 5, 7 ed anche 9°F. Cioè, non solo i record degli ultimi giorni probabilmente tali non sono, ma è anche evidente che la stazione assimilata dai dataset è  molto meno rappresentativa dell’altra. Nel trend di lungo periodo è chiaro che l’aumento è legato alle modifiche strutturali del sedime aeroportuale, altrimenti la sua gemella, sita dove di modifiche strutturali non ce ne sono state, avrebbe prodotto informazioni meno discordanti.

phnl-vs-ptwc

Ora, se la scelta di conservare i dati è discutibile ma riguarda in fondo poco più di un episodio mediatico, l’evidenza dei fatti fa sorgere per l’ennesima volta il sospetto -in verità una certezza- che una parte consistente del riscaldamento delle temperature medie del pianeta è frutto di episodi locali e queste situazioni non sempre sono gestite adeguatamente. E non è un problema solo della NOAA, tutti ma proprio tutti i dataset sono pesantemente condizionati da questo bias locale. L’immagine globale che questi producono è probabilmente molto lontana dalla realtà e tentare di riprodurla o proiettarla nel futuro, attribuendone l’evoluzione a cause diverse da quelle che l’hanno generata è un’assicurazione di insuccesso. Quando si deciderà di vedere le cose per quello che sono e affrontare il problema dove deve essere affrontato, sarà sempre troppo tardi.

 

NB: qui, qui, qui e qui, trovate tutte le puntate della storia sul sito di Antony Watts.

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  1. Automated Surface Observed System []
Published inAmbienteAttualitàClimatologiaMeteorologia

3 Comments

  1. Achab

    La difficoltà nella misura delle temperature al suolo non è una novità nè è ora più difficile di prima. In questo è molto confortante il fatto che le misure in mare, quelle satellitari e quelle di terra, tutte indipendenti ed eseguite con metodologie diverse, sono in sostanziale accordo. Ognuna di esse ha i suoi problemi, per carità, ma alla fine questi problemi sembrano non essere determinanti.

    Oltre le coordinate nel grafico c’è anche il dato dei 18 Km di distanza che sembra confermare il non corretto posizionamento da parte di Watts. D’altra parte, non è possibile che sia corretto il posizionemento in aeroporto ed errato l’altro in quanto a 18 Km sarebbe in mezzo al mare.

    Riportavo la classificazione non perchè questo migliora la precisione della misura quanto per il fatto che la corretta classificazione significa essere coscienti dei possibili effetti spuri; rende inoltre possibile fare, com’è stato fatto, una valutazione dei trend di temperatura separati fra zone rurali e zone urbane.

  2. @ Achab
    Interessante precisazione. Che la seconda stazione sia considerata urbana però conta pochino, visto che non è più assimilata dai dataset. Inoltre, a cosa serve questa classificazione? Nel 2007 l’NCDC ha cambiato le modalità di correzione dei dati, introducendo un algoritmo abile alla scoperta di discontinuità repentine come lo spostamento di una stazione o l’improvvisa modifica delle condizioni a contorno, ma meno efficace nell’identificare il riscaldamento progressivo dovuto all’UHI, almeno così dice D’Aleo a questo link http://icecap.us/images/uploads/US_AND_GLOBAL_TEMP_ISSUES.pdf. Qui invece l’animazione che abbiamo pubblicato anche su CM che mostra il prima e dopo la “cura” http://climate-skeptic.typepad.com/.a/6a00e54eeb9dc18834010535ef5d49970b-pi. Che la stazione possa non essere in aeroporto mi sembra strano, perchè il piccolo edificio lì vicino (che Watts riporta come sede della strumentazione ILS) ha i colori tipici degli ostacoli siti nelle aree aeroportuali. Se si fa un giro su Google Earth si vedono pure gli aeroplani sulla pista e misurando con Google Earth la distanza è quella indicata da lui. Però le coordinate indicate sui grafici sembrano diverse, in effetti.
    Resta il fatto che l’impiego dei dati rilevati al suolo diventa ogni giorno più difficoltoso, non credi?
    gg

  3. Achab

    L’inesauribile verve polemica di Watts è molto stimolante, ma bisogna prenderla con le pinze, ogni tanto prende qualche cantonata. Questa mi sembra una di quelle.

    Ci sono due cose che non mi tornano sulla localizzazione delle stazioni. La prima è che la distanza fra le due stazioni è di 18 Km (circa 11 miglia) e non di 3.6 miglia come sostiene lui. Secondo, stando alle coordinate riportate nei due grafici mostrati anche qui e anche tenendo conto dell’arrotondomaento dell’unica cifra decimale riportata, la stazione metereologica non sembra essere all’aeroporto.

    In ogni caso, per la tranquillità degli amanti delle isole di calore urbane, entrambe le stazioni vengono considerate come urbane. La rurale più vicina (Molokai, Molo a 100 Km) sull’isola di Maui, mostra un trend di aumento della temperatura di 0.30+- 0.06 °C per decennio (1950-1980), simile a quello della stazione “incriminata” (0.33+-0.07).

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