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La Storia si Ripete

Due anni fa Al Gore si presentò a Bali con al collo la medaglia del premio nobel per la pace. Tra qualche giorno il presidente americano farà la sua apparizione a CO2penhagen con al collo la stessa medaglia, ottenuta per ragioni analoghe ma più sulla fiducia che sui fatti. Porterà con sè una proposta di riduzione delle emissioni per il suo paese che è un rilancio al ribasso.

Promettere di ridurre le emissioni del 17% rispetto ai valori del 2005 è meno di quanto previsto da Kyoto e lontano anni luce dagli intenti dell’Unione Europea. Del resto, dopo aver di fatto svuotato la prossima conferenza dell’UNFCCC di significato, c’era bisogno di rianimare le speranze, non fosse altro ai fini del consenso. C’è da considerare inoltre che, quand’anche questa proposta trovasse il parere favorevole del resto del consesso, sarebbe comunque difficile da implementare, visto che ad oggi il senato americano non ha nessuna intenzione di iniziare neanche la discussione sul pacchetto legislativo che dovrebbe preparare il terreno alla eventuale ratifica di un accordo internazionale. Agli intenti degli USA ha fatto eco la Cina, con una mossa ancora più sottile. Proposta di riduzione vincolante delle proprie emissioni del 40-45% per unità di PIL entro il 2020. 

Questi sono messaggi che rientrano nella categoria provvedimenti inutili, cui si affiancano le proposte della UE appartenenti invece al settore proponimenti impossibili.

I primi sono inutili perchè, qualora si volesse dar credito alla teoria che riducendo le emissioni si possa intervenire a modificare il corso dell’evoluzione del clima, non avrebbero comunque alcun significato scientifico, ancora meno di quanto ne avrebbe avuto il Protocollo di Kyoto se tutti i firmatari lo avessero ratificato e implementato. Stabilito che non servono a far diminuire le temperature, hanno però il pregio di mantenere ben florido il mercato dello scambio di certificati di emissione.

I secondi sono impossibili, perchè prevedono un rateo di decarbonizzazione, per di più unilaterale con riferimento al mercato globale, che non è sostenibile da nessuno, men che meno dall’asfittica economia degli stati europei. Anche qui però il carbon trading ne trarrebbe grande giovamento, come di fatto è già accaduto.

Allo stesso tempo tuttavia, un tale impegno farebbe da booster alla cosiddetta green economy, ovvero a tutto l’indotto che gira attorno allo sviluppo ed impiego di risorse energetiche alternative e/o rinnovabili, forse accompagnando un cambiamento sistemico di fatto inevitabile perchè i combustibili fossili sono comunque una risorsa finita. Quello che forse i paladini dell’ambiente non hanno capito o fanno finta di non capire, è che nel concetto di green economy è compresa anche l’energia nucleare, senza la quale, ad oggi, non ci sono fonti rinnovabili che tengano per mantenere i livelli di sviluppo desiderati. Ma, tant’è.

Bene, posto che nei processi di combustione si producono anche tante altre sostanze la cui pericolosità ed il cui impatto ambientale sono noti, diversamente da quanto avviene invece per la CO2, diminuire l’impiego dei combustibili fossili è comunque utile. Può darsi che queste proposte, che ora sanno di propaganda, possano domani avere un significato più tangibile. Ma la trasformazione dovrebbe riguardare anche la tanto decantata sostenibilità, i livelli di consumo e le regole di mercato. Pensare di realizzarla fornendo proprio al mercato l’ossigeno per gonfiare l’ennesima bolla speculativa -leggi carbon trading- è dichiaratamente ipocrita.

Abbiamo capito che il problema non è il clima, nonostante siano anni che cercano di convencerci del contrario. Ce ne faremo una ragione. Perchè a nessuno viene in mente di eliminare del tutto la possibilità dello scambio di quote di emissione? Se i paesi più importanti si stanno muovendo da sè con proposte proprie e con percorsi propri, perchè mantenere in piedi questo circo? Non è dato saperlo, oppure sì, ma è meglio non dirlo.

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Published inAttualità

9 Comments

  1. Filippo Turturici

    Di fretta e di passaggio.
    Credo che sul nucleare si sbagli una certa prospettiva: esso è in competizione non con le energie “rinnovabili”, ma con quelle “fossili”.
    A sfavore di queste ultime non gioca soltanto il tanto dubitato Anthropogenic Global Warming, ma soprattutto motivazioni geopolitiche (meno per il carbone) e di scorte naturali (finite, anche se comunque meno limitate di quanto si senta spesso dire).
    Il nucleare andrebbe dunque adottato come strategia di medio-lungo periodo (breve periodo in campo climatico) per affiancarsi alle fonti rinnovabili ed all’efficienza energetica: sarebbe bello che queste ultime due garantissero l’energia da sole, ma ciò è fisicamente IMPOSSIBILE. Esistono infatti ben precisi limiti fisici: la costante solare non la variamo noi ed è comunque inutilizzabile di notte ed in particolari ma frequenti situazioni meteorologiche, il vento soffia quando vuole ed in posti limitati, e non possiamo costruire dighe idroelettriche in ogni valle alpina ed appenninica.
    Forse, anzi sicuramente, molti non hanno purtroppo in mente quale sia il fabbisogno energetico solo italiano.
    Bisogna infine aggiungere che, all’attuale prezzo dell’energia in Italia, che rende conveniente l’importazione piuttosto che la produzione, persino il nucleare (finanziato dallo stato come strutture) è competitivo. E che, come già detto da altri qui sopra, esistono vari tipi di reattori, oltre a quelli che saranno sviluppati nei prossimi 20-30 anni (la vita reale vive di tempi tecnici, non di sogni e di invenzioni mirabolanti), e che fantasmi come Chernobyl erano ingiustificati già all’epoca (sicurezza ed affidabilità largamente minori delle centrali occidentali).
    Ovvio che il nucleare deve essere fatto nel modo migliore possibile, soprattutto come sicurezza, ma rimane comunque l’unica alternativa valida ai combustibili fossili: a meno di non tornare indietro di 60 anni, quando l’Italia era elettrificata quasi solo grazie ai bacini idroelettrici (cioè, diciamolo chiaramente, di far crollare l’economia e distruggere il nostro stile di vita, dalle sciocchezze elettroniche alle cure mediche più avanzate).

  2. teodoro georgiadis

    Quando nell’87 votammo il referendum per dire si o no al nucleare (e ci ricordiamo benissimo che i quesiti erano altri) qualche anima bella ci disse che sarebbe stata una moratoria temporanea (forse 5 anni) per fare un bel tavolo di studio e poi decidere.
    Io che provenivo circa dal li’ mi dissi che a fronte dei pericoli di reattori mal gestiti ci stava sedersi attorno a un tavolo.
    2009 e stiamo scegliendo il nucleare. Non lo voglio demonizzare affatto, i nuovi reattori sono tutt0altra cosa ed i prossimi meglio ancora. Ma il ciclo complessivo della filiera e’ stato studiato? Ci si e’ poi seduti attorno a un tavolo?
    E’ un’altra di quelle decisioni prese al volo sotto l’urgenza del global change.
    Io, se fossi una di quelle persone che sfila con le bandierine multicolore, un pensierino su questo problema lo farei.
    E non sono a priori ne’ pro ne’ contro

  3. Fabio G.

    Paolo, non esiste un semplice modello di centrale nucleare. Vi sono molte varianti; al contrario dei generatori eolici o termoelettrici che sono ormai standardizzati, tutti uguali tra loro.
    Informandosi scoprirà che certi tipi di centrali, come il canadese CANDU o alcuni prototipi indiani, possono “bruciare” torio, un elemento molto, molto, molto più abbondante dell’uranio.

    • Paolo C.

      In effetti la quarta parte dello studio che avevo linkato si occupa anche dei reattori al torio (oltre all’ “araba fenice” della fusione):

      http://europe.theoildrum.com/node/5929

  4. Paolo C.

    Ci sono diversi punti condivisibili nel suo articolo, mi lascia un po’ perplesso la sua fiducia nel nucleare, specie alla luce di studi come questo:
    http://europe.theoildrum.com/node/5744

    Mi resta la curiosità di vedere se ad una significativa riduzione delle emissioni corrisponderebbe una reale diminuzione delle temperature (come sarebbe auspicabile), ma dubito che riuscirò mai a vedere quel giorno.

    Cordiali saluti

    P.C.

    • Paolo,
      non ho espresso alcuna fiducia nel nucleare, semplicemente perchè non me ne intendo affatto. Il mio riferimento vale per la realtà attuale e di breve-medio periodo. Oltre, ripeto, non so. Ciò significa che lo stato dell’arte delle risorse rinnovabili ne fa una sorgente cui è necessario affiancare sistemi di produzione tradizionali, sia per necessità quantitative, sia per evidenti fattori gestionali. Posto che l’unico sistema che conosciamo per accumulare energia è attualmente l’acqua, se si vuole avere energia quando il vento non soffia o quando il sole non splende si deve avere un’alternativa. Se questa non può essere da combustibile fossile, ad oggi può solo essere nucleare. Le tecnologie rinnovabili cresceranno? Bene, nel frattempo per accompagnarle nella crescita e affrancarsi dalle materie prime fossili, si può solo far ricorso all’atomo. Questo non significa che chi già lo fa non abbia difficoltà (leggi ad esempio la Francia), ma di certo sono problemi energetici molto meno gravi dei nostri. Certamente anche l’uranio è una risorsa finita, anche il suo prezzo crescerà, anche questo genererà non poche difficoltà. Ma è oggi l’unica possibilità, e non è neanche detto che ci siano le modalità ed i tempi di sfruttarla per tutti.
      Quanto alla diminuzione delle temperature per effetto della riduzione delle emissioni, si metta pure comodo. 🙂
      gg

    • Lorenzo

      Neanch’io sono d’accordo su questa visione. A mio parere il nucleare non può essere una soluzione nel breve periodo. Per costruire una centrale ci vogliono 15 anni. Tutte le previsioni prevedono che per tale data perfino la fonte rinnovabile al momento più costosa, il fotovoltaico sarà non solo concorrenziale ma addirittura più economica di quella nucleare. Da sottolineare che riguardo al fotovoltaico, sempre in passato perfino le previsioni più ottimistiche sono state positivamente smentite. Riguardo ai sistemi di accumulo, conosciamo solo quello idroelettrico semplicemente perchè fino ad adesso non c’è stato bisogno di altro. Ma ce ne sono altri di semplicissimi, come l’aria compressa, produzione idrogeno abbinata a fuel cell ect…ma la soluzione più economica ed intelligente per la gestione di energia rinnovabile discontinua è implementare una smart grid. Cosa che si può fare fin da subito e che fin da subito apporterebbe vantaggi economici anche con energia prodotta da fonti tradizionali. Certo rifare la rete costa, ma niente che non si possa fare con una voce in finanziaria nell’arco di 10-15 anni e niente che costi molto di più di 5 centrali nucleari (25 miliardi di euro). Sono personalmente convinto che se ci fosse la volontà politica e una programmazione intelligente sarebbe non solo possibile, ma anche economicamente molto vantaggioso passare ad un sistema di produzione interamente da fonte rinnovabile nell’arco di 30-40 anni.

    • Spero proprio che tu abbia ragione.
      gg

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