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Le Lisciatine Piacciono ai Gatti

In una recente intervista  fattami dal TG5, che i cosiddetti amici hanno immediatamente messo su tutti i siti facendo contenta la mia mamma (ha pagato per gli studi quindi…), parlavo di lisciatine ai dati. Questo termine non è particolarmente piaciuto perché evoca la parola “frode”.

Parlando di lisciatine facevo espresso riferimento ai metodi statistici che stanno a valle del dato grezzo. Io, confesso e ammetto, sono sempre stato poco convinto della scientificità assoluta del dato grezzo. Da sperimentale quasi puro (devo anche ammettere una qualche contaminazione culturale modellistica) so che con il dato ci posso fare dei giochetti. Volete un esempio? Metto la mia stazione di misura qui anziché lì. Lo faccio con l’assoluta ingenuità di chi ha studiato a tavolino una maglia assolutamente non orientata e, poi, quando vedo un barbeque vicino al mio sensore di temperatura dico “cosa ci volete fare? Sono stato sfortunato”. Ancora, posso distribuire la mia rete di dati in modo che mi faccia operativamente comodo (diminuisco i costi, ho meno problemi sindacali), e poi parlo di oggettività scientifica.

Ma questi sono giochetti che durano poco. Infatti, sicuramente tutti voi conoscete dell’indagine per ‘misconduct research’ intentata dall’università di Albany contro il Prof. Wei-Chyung Wang, vero?

No!? OK, ve la racconto!

L’IPCC sulla base di un lavoro di Jones et al. (tra gli al. ci sta il prof. Wang) ripete allo spasimo che l’influenza delle città sulla misura del riscaldamento globale è negligibile (negligibile vuol dire che conta poco o nulla, al massimo solo qualche %). Quando lo dice IPCC diventa verbo e capita che l’amico Stefano Caserini nel suo libro (del quale consiglio sempre la lettura) mi caratterizzi come quello della “balla dell’effetto dell’isola di calore” delle città. Stefano non fa nulla di scorretto. Prende l’assunto dell’IPCC e lo applica, peraltro molto simpaticamente, al mio dubbio, facendo capire che come un pirlone (lullone per i conoscitori dei film di Bisio) ci sono cascato.

Il problema è che io non ho ragionato né su statement IPCC, né su bibliografia internazionale: mi sono solo posto il problema fisico di come non si possa sentire una isola di calore di 4-8 °C, ad esempio in una Pianura Padana confinata a Nord-Nord Ovest dalle Alpi e a Est-SudEst dal Mare Adriatico, quando abbiamo di fatto cementificato tutto il territorio. E degli effetti dell’aumento delle temperature sulla fenologia me ne parla con grande conoscenza l’amico Vittorio Marletto, dell’ARPA Emilia-Romagna. Effetti contro i quali deve combattere tutti i giorni. Ma il punto qual è? E’ proprio quello dell’attribuzione: pesa piu’ la CO2 o la cementificazione del territorio? E l’amico Marletto deve fornire informazioni di grande importanza economica ai produttori, e vuole e deve capire. Così come vuole e deve capire il problema dell’acqua del proprio territorio. Così come noi dobbiamo capire che gli amici dei Servizi si debbano confrontare tutti i giorni con le Associazioni di categoria, con i produttori, con i consumatori, e come il loro successo, che è il successo del sistema Paese, dipenda dai nostri giochetti di laboratorio, dalle nostre analisi statistiche, dai nostri modelli al calcolatore.

Torniamo al caso Wang. Il solito McIntyre si accorge che nel lavoro di Jones et al., così come in un precedente lavoro di Wang, si afferma che le stazioni del network cinese non hanno subito variazioni dalla rivoluzione culturale ad oggi. Ma per piacere! In tutto il mondo hanno cambiato tutto, solo in Cina nulla è cambiato? McIntyre si procura un documento terzo e scopre che Jones e Wang quella cosa non la potevano dire. Tutto il castello IPCC sull’inesistenza di un effetto urbano va a farsi benedire. Questa non sarebbe una frode nel senso giuridico del termine. Questa è una lisciatina. E’ far capire agli altri che si ha una conoscenza della scienza maggiore di quella che abbiamo in realtà. Peccato che da queste lisciatine discendano poi decisioni politiche che influenzano le nostre vite.

E’ una frode morale. Quando da scienziato lascio che la mia visione del mondo influenzi il mio esperimento, e non lo dichiaro, commetto una frode morale nei confronti di quel pubblico che mi paga lo stipendio e che è formato da maggioranza e da minoranza. Che si fida della mia onestà professionale, che sa che non liscerei mai i dati, perché le lisciatine piacciono solo ai gatti.

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Published inAttualitàVoce dei lettori

13 Comments

  1. GdB

    a Guido Guidi

    Ho 70 anni e sono sempre vissuto a Milano, dove, GW o no, d’estate si è sempre crepati dal caldo.

    Saluti

  2. Francesco "Malik" Malucelli

    Caro Teo,
    a supporto di quanto dici a proposito di “lisciatine” e “malintesi” nell’interpretazione dei dati, anche per per le oramai frequenti alluvioni, dovute all’incapacità della rete scolante di supportare le ondate di piena, si invoca il global warming ed in pianura padana stanno tutti aspettando un uragano Katrina nostrano.
    Peccato che il problema sia posto con una prospettiva un tantino troppo angolata, talmente angolata da avere un muro davanti che ne impedisce la vista… Non si pensa che la rete scolante, i canali di bonifica ed anche i fossi delle nostra campagne, sono stati realizzati quasi un secolo fa. A quei tempi l’impermeabilizzazione dei suoli era quasi di un ordine di grandezza inferiore a quella attuale ed il suolo era in grado di assorbire buona parte dell’acqua piovana senza che questa si riversasse in grande quantità ed in tempi brevissimi nei corsi d’acqua (per poi uscirne un po’ più a valle con effetti devastanti…)

    • teo

      Ciao Malik !!
      E mi fai aggiungere l’ormai completa assenza di invasi secondari. Cosi’ ci troviamo o in siccita’ o in alluvione. I famosi estremi climatici, e l’aumento dei danni che dimostrano che il global change sta impennando.
      Con un briciolo di pianificazione del global change forse si direbbe ‘che e’?’

  3. Teo Georgiadis

    La Pianura Padana e’ un grande catino ed e’ molto difficile dire che stazioni urbane sono urbane e rurali rurali.
    Studi condotti in Australia hanno il vantaggio di separare in modo netto rurale da urbano (e urbano vuol dire 99% delle popolazione, in modo secco, il resto sono canguri).
    Li’ si vede chiaramente che urbano segue AGW, rurale piatto. Si puo’ contestare che essendo l’AGW a chiazze per l’Australia vale che non rientra nelle zone a piu’ pronunciato riscaldamento.
    Per l’Italia la zona alpina e prealpina e’ quella che segnala il riscaldamento maggiore, e’ anche quella che nell’ultimo ventennio ha segnato la maggiore urbanizzazione dovuta anche al nuovo stile di vita legato agli sport invernali (per l’amor del cielo ho parlato dell’urbanizzazione legata all’industria delle vacanze e non che il posto si riscalda perche’ ci sono gli sciatori come ha detto un parlamentare 🙂 ). Poi in piena liberta’ si puo’ urlare all’AGW o vedere che le misure sono state prese a mezzacosta di un paese che da 1500 e’ passato a 15000 abitanti in 25 anni.
    La storia complicata e’ che non si possono prendere i dati di stazione ma solo le serie omogeneizzate, e la storia e’ motivata (Hansen et al.) ma il metodo e’ stato messo in discussione da Pielke che dice che con quel metodo siamo ancora influenzati dal cambiamento dell’uso del suolo. Pielke suggerisce di utilizzare come riferimento le re-analisi meteo perche’ la procedura di calcolo assicura che dopo pochi run l’effetto della superficie va a pallino ed e’ costante almeno alla mesoscala (articolo unresolved issues…).
    Io ho provato a suggerire un controllo agli specialisti nazionali (non faccio nomi) ma mi dicono di si’ dopodiche’..tuuu..tuuu..tuuu…
    Questa sarebbe una classica analisi da Osservatorio Storico se in questo Paese a qualcuno venisse in mente di finanziare queste strutture per tenere sotto controllo il territorio. Chiaro che significherebbe pensare in termini di “non solo CO2”

  4. Non è così semplice, il trend si evidenzia perchè aumenta l’urbanizzazione. A quella si somma il trend sottostante di lungo periodo. Solo che nessuno sa quanto pesi uno o quanto pesi l’altro. Però se ad agosto si crepa di caldo a Milano è colpa del GW, non dei condizionatori e del milioncino di auto accese contemporaneamente. 🙂
    gg

    • Giorgio Stecconi

      Io lo pensavo a Giudo lo ha scritto, sarebbe interessante vedere l’ effetto isola di calore in estate e in inverno, e paragonarlo alli pariodi autunnali primaverili, dove non abbiamo riscaldamento e climatizzazione magari ricaviamo qualcosa di interessante

    • Luca Galati

      ovviamente mi riferivo a stazioni già urbanizzate…

  5. Luca Galati

    Certo: faranno pure media, ma il trend si evidenzia anche se presi singolarmente…

  6. davide bertozzi

    …volevo solo precisare che spesso i dati urbani vengono ufficializzati e fanno MEDIA!

  7. Luca Galati

    @georgiadis

    Mi pare però che gli studi sperimentali di misura fatti in materia confermino, al di là dei valori assoluti, per le stazioni urbane il trend in aumento delle temperature globali e questo mi sembra sufficientemente significativo…non crede?

    Qualcuno ha mai provato a fare un grafico con le sole rilevazioni satellitari, a partire dalla loro disponibilità, e vedere cosa viene fuori?

  8. fabio81

    Oddio c’e qualcuno che mette in dubbio l’influenza dell’isola di calore?Questo non me lo sarei mai aspettato.
    La Pianura padana poi è un caso particolare perchè essendo un catino, alla cementificazione bisogna aggiungere il riscaldamento antropico ristagnante nei bassi strati specialmente in regime anticiclonico. Ecco, questa è l’unica forma di riscaldamento antropico che può influire sul clima. Correggetemi se sbaglio.
    E’ impensabile secondo me che nella pianura padana i dati registrati dalle stazioni siano assolutamente puliti, bisogna capire che basta un errore di qualche decimo di grado per far si che il dato venga considerato “viziato”.

  9. davide bertozzi

    Finalmente qualcuno che valuta le isole di calore come dato “farlocco”
    Altroche co2,la cementificazione del territorio è il vero problema dei nostri tempi(anche io ho rilevato 2-3 gradi di differanza fra il
    centro urbano ed il forense)

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