Salta al contenuto

Guarda come piove

Il titolo di questo post è volutamente ingannevole. In effetti, come abbiamo ampiamente documentato con i post di Luigi Mariani e Franco Zavatti, per una importante porzione del nostro Paese avrei dovuto scrivere guarda come non piove o, meglio, come non ha piovuto. La siccità non ha fatto sconti, in Italia come in Europa. Non ne ha fatti neanche l’informazione cavalcando il tema in chiave climate change, sebbene anche su questo si sappia che il continente non è affatto nuovo ad episodi di questo genere.

Finita l’estate però, la pioggia è tornata, non tanta da sanare il problema ovviamente, ma abbastanza e con l’intensità giusta per essere ancora una volta al centro della cronaca. Con i temporali e il suolo inaridito, infatti, si pone il problema delle alluvioni lampo, che in un territorio tormentato come il nostro, possono essere particolarmente pericolose. Ma la questione non riguarda solo l’Europa, come molti avranno letto e visto, questa estate è tornato a farsi sentire in modo dirompente anche il monsone estivo per l’Asia meridionale. Il Paese più colpito è stato il Pakistan, che ha subito piogge davvero eccezionali ed altrettanto eccezionali alluvioni, con danni ingenti e, purtroppo, ingenti perdite di vite umane.

Anche su questo non si è perso tempo. Ancora una volta, la colpa è del climate change, ovvero la nostra. E guai a noi se non corriamo ai ripari. Giusto, ma, dal momento che quando si tratta di scelte di policy così importanti e impattanti come quelle che propongono azioni di mitigazione, è quanto meno doveroso sapere cosa dice il consenso scientifico su questi argomenti.

Sull’Italia, purtroppo, è presto detto. Dati sulla frequenza e intensità degli eventi precipitativi estremi e sulle alluvioni non ce ne sono. Anzi, se qualcuno fosse in possesso di letteratura scientifica sull’argomento ogni contributo è benvenuto. Le poche informazioni che abbiamo, per altro datate, vanno nella direzione piuttosto generica di una modifica del regime delle piogge, con quantità invariate ma più concentrate, per di più neanche su tutto il territorio.

Figuriamoci per il Pakistan.

Occorre quindi far ricorso a quello che dice l’IPCC sull’argomento. Anche qui davvero poco, sebbene decisamente significativo per dare un’idea di quanto l’informazione tenda a curarsi del consenso solo quando fa comodo, evitando accuratamente di andare a leggere cosa dice quando non utile alla causa. Ecco qui, dal risk assessment dell’AR6:

Confidenza scientifica bassa, ma per una diminuzione delle precipitazioni sull’Asia centrale, non per un aumento. E le alluvioni? Idem, confidenza scientifica bassa, nessun trend riconoscibile, flussi dei fiumi semmai in diminuzione, non in aumento.

E le alluvioni? Diamo un’altra occhiata a quello che dice l’IPCC

In summary there is low confidence in the human influence on the changes in high river flows on the global scale. In general, there is low confidence in attributing changes in the probability or magnitude of flood events to human influence because of a limited number of studies, differences in the results of these studies and large modelling uncertainties.

Quindi, poco da fare. Il cosiddetto consenso scientifico, quello che lascia fuori tutti gli altri, è chiaro: bassa confidenza scientifica nell’attribuzione degli eventi alluvionali alle attività antropiche intese come causa del climate change. Ci sarebbe da aprire un altro capitolo sulle reali cause antropiche della maggior parte delle alluvioni, ma magari lo faremo in altra sede. Per il momento, basti sapere che chiunque in nome della “scienza”, assumendo che la conosca, attribuisce eventi di questo tipo al clima che cambia, mente sapendo di mentire. Anche perché, altro paragrafo estratto dai report IPCC nella forma di avvertimento…

Attributing changes in heavy precipitation to anthropogenic activities (Section 11.4.4) cannot be readily translated to attributing changes in floods to human activities, because precipitation is only one of the multiple factors, albeit an important one, that affect floods.

…le piogge intense sono una, ma non l’unico fattore da tenere in considerazione per gli eventi alluvionali.

Il rapporto con la Natura, specie nelle sue manifestazioni più violente, è un tema serio, questo dovrebbe far sì che ogni riflessione o azione o informazione, sia poggiata su solide basi scientifiche, che invece vengono spesso ignorate. Perché?

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...Facebooktwitterlinkedinmail
Published inAttualità

15 Comments

  1. Nicola

    Va anche detto che probabilmente ci fa comodo pensare che nel passato non ci fossero eventi disastrosi di questa portata,come se potessimo,’semplicemente’ riducendo le emissioni di questa o quell’altra sostanza, tornare ad un passato felice. Che però non è mai esistito.
    Anche nel passato si sperava di poter in qualche modo risolvere problemi come la siccità o le alluvioni,facendo ‘danze della pioggia’ o sacrificando animali,o peggio,agli dei infuriati. Era,ed è ancora,un modo per sperare di essere noi a condizionare il clima, mentre la conclusione è per certi aspetti ancora più pessimistica: viviamo su un granellino di roccia che gira per l’Universo, e non abbiamo il minimo controllo,o quasi,su quello che di disastroso ci può accadere.
    Meglio pensare di essere colpevoli delle disgrazie naturali,e potervi in qualche modo rimediare, piuttosto che accettare la nostra sostanziale impotenza.
    Nicola.

    • Giorgio

      Peggio ancora, esistono misure di mitigazione e adattamento che sono possibili ma non sono “sexy”, non portano voti e fuori emergenza sembrano uno spreco di soldi.
      Perciò meglio sprecare molti più soldi ma in qualcosa che stimola l’immaginazione e deve essere deciso non a livello locale ma altrove. Così tutti possono dire di fare qualcosa senza dover fare nulla, e non ne portano responsabilità.

  2. rocco

    tutto giusto.
    ma dove bisognava sistemare il triplo della popolazione italiana (rispetto al 1850)?
    Si fa presto a dire “cambiamento climatico” o ” dissesto idrogeologico”, come se in epoche passate una “bomba d’acqua” non provocasse esondazioni, alluvioni, morti e danneggiamenti.
    Vi è da dire che negli ultimi 150 anni, la popolazione si è spostata dalle campagne ai centri urbani e vi è stato bisogno di costruire nuove case ed infrastrutture addensate in poco spazio.
    Ma non si può dare la colpa a nessuno per ciò che accade a seguito delle bizzarrie del meteo.
    L’esistenza di qualsiasi forma di vita non è qualcosa di scontato e tantomeno l’animale uomo può attuare politiche per evitare danni e disastri.
    Siamo di fronte alle asperità della vita che scorre liscia solo nelle nostre fantasie.
    la scienza poco può fare: il futuro non è prevedibile! checchè ne dicano i modelli.
    Col senno di poi è tutto più facile, a dirsi….”si poteva fare questo, si doveva fare quell’altro, etc etc…”
    Certo, gli antichi romani potevano non costruire Pompei ed Ercolano visto che sapevano di stare alle falde di un Vulcano, ma lo fecero lo stesso ed oggi Pompei ed Ercolano ci sono ancora e, speriamo di no, domani il Vesuvio potrebbe eruttare nuovamente.
    la scienza non sa quando!
    I sapientoni, però, ci dicono che quelle zone sono a rischio, che bisogna mitigare il rischio, che abbiamo costruito dove non dovevamo. E dove dovevamo costruire e vivere in un pianeta che per sua natura è dinamico, dove nessun luogo è sicuro?
    Il Sahara 5000 anni fa era rigoglioso di alberi ed animali, poi divenne un deserto.
    E ci continuano a tartassare con la lotta ai cambiamenti climatici: “dobbiamo fare qualcosa”,
    Si, ma cosa?
    I monopattini elettrici?

    • Andrea D

      Ho la sensazione che il Rescue Team avrà parecchio nuovo materiale anche per domani 17, con l’irruzione artica praticamente dietro l’angolo e depressione Ana (così l’ha denominata A.Militare, io l’avrei chiamata Scheggio) in approfondimento e transito rapido.
      Purtroppo anche le Marche saranno nuovamente sotto tiro, stavolta dalla costa.

      Mi aspetto una burrasca di Maestrale qui sulle coste Abruzzesi, ma giusto in queste ore il fronte freddo sta cominciando ad aggirare la Linea Maginot alpina dalla porta del Rodano, poi dilagherà anche dalla porta della Bora.

  3. Mario T.

    Più che di cambiamenti climatici, bisognerebbe parlare di cambiamenti ambientali:)

  4. Mario

    Purtroppo i quotidiani di oggi scrivendo dell’evento alluvionale che ha colpito alcuni paesi delle Marche scivolano nella più bieca retorica del cambiamento climatico. Come al solito, passano in secondo piano le urbanizzazioni selvagge, le scarse o nulle manutenzioni di tombini, caditoie ecc…
    Sembrerebbe poi che, i centri meteorologici regionali non brillino particolarmente per efficienza. Ma, magari si tratta di speculazioni giornalistiche del tutto campate in aria.

  5. Nicola

    La cementificazione ha un indubbiò effetto sulla gravità delle alluvioni,dato che il terreno che dovrebbe trattenere l’acqua semplicemente è stato coperto da una superficie molto meno permeabile. Va però detto che le case di oggi sono molte più di un tempo,ma sicuramente più resistenti. Sembra strano detto oggi, con le dieci e più vittime dell’alluvione nelle Marche,ma il passato dell’Italia sul piano idrogeologico è ancora più catastrofico,basti pensare all’alluvione di Palermo del 1557 che provocò addirittura 7000 morti.

    • Brigante

      Bisogna comunque tenere distinte due classi di fenomeni: i grandi eventi alluvionali a grande scala, come il 1951 i Polesine, 1966 in Toscana, quelle degli anni ’90 e 2000 in Piemonte, da quelli localizzati, quasi puntiformi che avvenivano anche in passato. Ovviamente la popolazione, l’esposizione antropica e la vulnerabilità dei territori era molto più bassa di oggi, e non solo nelle zone più piovose ed esposte d’italia avvenivano fenomeni altrettanto violenti, ma anche in aree insospettabili. Basti pensare appunto a Sardegna, Sicilia Puglia e regioni ioniche. Si tratta di eventi che ovunque creerebbero disastri, come quello di Sarno nel 1998, in Versilia nel 1996 o di Salerno nel 1954. In quest’ultimo caso si stima una precipitazioni di quasi 1000mm in poche ore!

  6. Uberto Crescenti

    Su tema del dissesto idrogeologico in Italia ricordo che proprio su Climatemonitor fu pubblicato il13 settembre del 2917 lil mio articoloarticolo: “Il Dissesto Idrogeologico in Italia: ci vuole il geologo condotto”. Mi sembra ancora attuale e in linea con quanto riferito più sopra.
    Uberto Crescenti

  7. Duccio

    Esattamente. È l’effetto al suolo che cambia, questo sì a causa delle attività antropiche dell’uomo: esempio principe è il consumo ed occupazione/trasformazione di suolo e l’irrefrenabile urbanizzazione. Una frana o un’alluvione in un’area totalmente disabitata e priva di attività umane non costituisce preoccupazione, in caso contrario è sempre un disastro. È la semplice relazione che lega PERICOLOSITÀ e RISCHIO: R=PxVxE; per mitigare il RISCHIO (perché azzerare vuol dire sparire totalmente) bisogna diminuire la nostra presenza ( Vulnerabilità ed Esposizione) in luoghi pericolosi (la PERICOLOSITÀ é intrinseca). Aumentano i disastri perché aumenta la nostra presenza dove non dovrebbe esserci…
    Ovviamente le cose sono più complesse ed ho semplificato molto…

  8. Andrea D

    Diciamo che se costruisci uno stabile proprio sulla riva di un torrentello, perché è così carino e fa così Zen, oppure ti metti a cementificare e richiudere con una soletta un torrentello per farci un parcheggio, che tanto cosa vuoi che succeda… (ogni riferimento ad Atrani e relativa recente alluvione NON è puramente casuale)..

    Dunque, questa “brutta e cattiva” IPCC in realtà le cose pure le direbbe, ad aver la pazienza (!) e competenza (!!) di leggere e interpretare bene e per intero ciò che pubblica e non “pigliando le ciliege” quello che più si conviene.

    Un po’ come si fa anche coi dati paleoclimatici: vanno bene se devi abbracciare la ben nota narrativa major, però diventano immancabilmente inaffidabili se li usi per dimostrare perché non ti ritieni d’accordo con quella narrativa.

    E intanto i meteo portali peracottari fatturano.

    • FRANCO CARACCIOLO

      A proposito dei meteo peracottari, che ne dite dei presunti cinque gradi in più di temperatura del medio Adriatico rispetto alle medie (quali, validate da chi?) di cui ha parlato il Patròn del sito più bombarolo di tutti?

    • Andrea D

      Le perecotte bombarole sono famose per i loro “comunicati ufficiali” e le “prime volte nella storia”.

      Recente è un “per la prima volta nella storia gli uragani etc.. ” . Già solo la “prima volta nella storia” basterebbe a classificare il titolone come fuffa, ma non bastava: per completare ci voleva una foto eloquente.

      Peccato che l’immagine Sat della foto mostrasse l’ampio ciclone extratropicale che è stazionato per oltre una settimana vicino alle isole Britanniche (personalmente lo avevo chiamato Bischero) nella prima settimana e parte della seconda settimana di settembre, periodo in cui Danielle si approssimava a N delle Azzorre, divenendo post-tropicale.

      Lo stile-fuffa-bombarola da rivista scandalistica ahimè funziona, dato che è stato poi seguito da altri.

    • roccog

      Sono molto d’accordo con te. Aggiungo che se alcuni terreni si chiamano alluvionali… un motivo c’è! Sono l’accumulo di sedimenti portati dalle alluvioni, quando, prima dell’imbrigliamento i fiumi erano liberi di divagare. Tante aree costiere erano paludose. Ci illudiamo di poter controllare tutto, credo che abbiamo già fatto abbastanza per controllare il deflusso regolare, per gli eventi estremi si può fare di più, sicuramente, ma non si può annullare completamente il rischio.

Rispondi a Mario T. Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Categorie

Termini di utilizzo

Licenza Creative Commons
Climatemonitor di Guido Guidi è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale 4.0 Internazionale.
Permessi ulteriori rispetto alle finalità della presente licenza possono essere disponibili presso info@climatemonitor.it.
scrivi a info@climatemonitor.it
Translate »