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La data di fioritura del ciliegio a Kyoto (Giappone) tra l’800 e il 2015 CE e la temperatura primaverile

La data di piena fioritura (cfd o cherry flowering date) del ciliegio (Prunus jamasakura) registrata in Giappone fin da poco dopo il 700, periodo che corrisponde al nostro Alto Medioevo e parzialmente al periodo carolingio, fornisce una solida indicazione della temperatura primaverile in quell’area geografica sotto forma di anticipi (temperatura più alta) e ritardi (temperatura più bassa) rispetto ad una data media.

Sono venuto a conoscenza della serie temporale di cfd a Kyoto da un lavoro del 2008 di Y. Aono e K. Kazui che pubblicano la figura successiva (loro figura 2) con la data di fioritura del ciliegio, registrata a Kyoto dall’800 al 2005 CE.

Fig.1: Figura 2 di Aono e Kazui (2008) dove sono riportate in forma di giorno dell’anno (day of year o DOY) le date di fioritura da poco dopo l’800 CE. Questa è la figura che ho digitalizzato.

Come è normale in questi casi, le date più antiche sono dedotte dalle cronache e dai diari personali, pazientemente analizzati.
Al momento della lettura dell’articolo, non avevo trovato indicazioni sul reperimento dei dati numerici della serie di figura 1 per cui avevo deciso di digitalizzare le tre fasce 800-1200; 1200-1600 e 1600 2005 ottenendo questa serie nella quale si osserva abbastanza facilmente un progressivo anticipo della fioritura a partire dal 1800 circa.

Fig.2: Serie della data di fioritura del ciliegio a Kyoto ottenuta dalla digitalizzazione della figura 1.

Nella serie divisa in tre fasce come nel lavoro originale (cioè nella figura 1) si vede che l’anticipo medio al 2005 è di circa 8 giorni rispetto alla data media (linea rossa tratteggiata) ma si vede anche che il fit parabolico (linea continua rossa) identifica un massimo nel 1800 e quindi un progressivo ritardo almeno dal 1600, ma probabilmente da prima (diciamo durante la Piccola Era Glaciale o PEG, ~1350-1850 o anche prima a giudicare dal colpo d’occhio dato dalla figura 2 e dal fit lineare tra 800 e 1850, quando non sono conosciute particolari variazioni della concentrazione di CO2 (si parla di 280 ppm nel “periodo preindustriale”, un valore costante fino a prova contraria).

Allora, il ritardo presente durante la PEG NON dipende dalla CO2 (rimasta costante) mentre l’anticipo successivo alla fine della PEG dipende esclusivamente dalla CO2? A me sembra una teoria un po’ bizzarra … anche se un recente lavoro di Christidis, Aono e Stott (2022) vuole dimostrare l’influenza umana proprio nel riscaldamento dal 1850 usando 14 modelli CMIP6 (*)We find a significant anthropogenic shift in the mean flowering season of over a week, about half of which is due to urban warming. Quindi un ritardo significativo di più di una settimana della quale circa metà dovuta al “riscaldamento urbano”, cioè all’isola di calore (non alla CO2), con ciò rafforzando la dicotomia sull’influenza della CO2 “prima e dopo il 1850” evidenziata sopra.

Solo successivamente ho scoperto che la serie completa, integrata con alcune (poche: 23 tra il 1180 e il 2007 CE) date di fioritura del glicine giapponese (Wisteria floribunda), ed estesa fino al 2015, era disponibile al sito NOAA Paleo e quindi si imponeva un confronto fra la digitalizzazione e i dati originali, confronto visibile nella prossima figura e tutto sommato, soddisfacente:

Fig.3: Serie della data di fioritura del ciliegio a Kyoto. In nero i dati reali e in giallo quelli digitalizzati. Nella parte finale non ci sono i dati digitalizzati che terminano nel 2005 mentre quelli reali terminano nel 2015. Nella parte iniziale si osservano diversi dati non presenti nella serie disponibile in Aono e Kazui (2008).

Anche lo spettro delle due serie conferma la correttezza complessiva della digitalizzazione.

Fig.4: Spettro Lomb della serie digitalizzata e di quella reale (qui chiamata “new”). Tutti i massimi spettrali (tranne uno di periodo circa 160 anni) sono presenti in entrambi gli spettri, a volte spostati di una piccola quantità. Notare la scala logaritmica dell’asse x. Qui lo zoom dei periodi fino a 10 anni.

Si osserva solo un massimo attorno a 160 anni presente nella serie reale e non presente in quella digitalizzata; di tutti gli altri, comuni, alcuni massimi sono spostati leggermente. Il confronto autorizza a considerare ugualmente validi i risultati ottenuti dall’una o dall’altra serie.
Tramite l’applicazione inversa di un metodo detto DTS (numero di giorni trasformato in temperatura) Aono e Saito (2009) determinano la temperatura di marzo, aiutati tra l’890 e il 940 CE dalla data di fioritura del glicine che ha permesso di evitare una discontinuità presente in quel periodo.

Fig.5: Temperatura del mese di marzo derivata da Aono e Kazui (2008). Nella parte finale viene riportata anche la temperatura osservata, dal 1850 (in rosso).

Mentre il confronto con i dati osservati nel periodo post-industriale appare buono e, scrivono gli autori, la temperatura ricostruita per altri periodi è largamente consistente con quanto trovato da autori diversi, noto che qui il periodo caldo medievale (MWP, 950-1250 CE) tende verso una temperatura in discesa quando studi relativi ad altre zone del continente asiatico propendono verso un periodo caldo-umido. E’ difficile assumere analogie per zone distanti e per un periodo i cui dati sono incerti; gli stessi autori mettono in guardia sui valori iniziali della serie che sembrano essere troppo alti.
Si fa notare una mancanza di dati tra il 1040 e il 1080 CE (e questo fatto non semplifica l’analisi sul MWP appena fatta). Il “buco” non si è potuto coprire né con il glicine né con la gardenia giapponese (Kerria japonica) la cui data di fioritura si è dimostrata utile in altre situazioni in quanto funzionalmente legata a quella del ciliegio.
Il periodo della PEG (1350-1850) anche qui come in Europa, è caratterizzato da una temperatura mediamente più bassa ma con ampie oscillazioni e periodi di caldo paragonabili a quello attuale (ad esempio attorno al 1600 o tra il 1750 e il 1800 CE).

Conclusioni
L’uso delle date di eventi particolari, come ad esempio la data di vendemmia, registrate nelle cronache, nei diari o nei documenti ufficiali permette la ricostruzione del clima in situazioni e aree geografiche altrimenti inaccessibili e secondo me dovrebbe essere incentivato, pur con tutti i suoi limiti.
Questi dati, usati in Christidis et al. (2022) per dimostrare a posteriori un’ipotesi assunta a priori (influenza umana, cioè CO2, preponderante sul clima) hanno mostrato di essere incompatibili con l’ipotesi in quanto hanno comportamento diverso rispetto alla concentrazione di CO2 prima e dopo l’inizio dell’era industriale. L’ipotesi viene ripresa dall’ufficio stampa del Met Office inglese, di cui due degli autori fanno parte, in questa pagina divulgativa che rispecchia in pieno quanto scrive Roger Pielke jr sull’attribution research.

Bibliografia

  • Yasuyuki Aono and Keiko Kazui: Phenological data series of cherry tree flowering in Kyoto, Japan, and its application to reconstruction of springtime temperatures since the 9th century International Journal of Climatology28, 905-914, 2008. http://dx.doi.org/10.1002/joc.1594.
  • Yasuyuki Aono, Shizuka Saito. Clarifying springtime temperature reconstructions of the medieval period by gap-filling the cherry blossom phenological data series at Kyoto, JapanInternational Journal of Biometeorology54(2), 211-219, 2009. https://doi.org/10.1007/s00484-009-0272-x
  • Christidis N., Aono Y. and Stott P.A.: Human influence increases the likelihood of extremely early cherry tree flowering in Kyoto Enviromental Res. Lett.17, 054051, 2022. https://doi.org/10.1088/1748-9326/ac6bb4.

    (*) A chi volesse approfondire lo schema dell’attribuzione al riscaldamento globale di ogni evento che si presenta (attribution research), consiglio la lettura, sul sito di Roger Pielke jr. del post How to be a smart consumer of climate attribution claims


    Tutti i dati e i grafici sono disponibili nel sito di supporto

NB: il post è uscito in origine sul sito dell’autore.

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Published inAmbienteAttualitàClimatologia

4 Comments

  1. Ivan

    La ringrazio vivamente lo stesso Franco.

  2. Ivan

    Buongiorno dottor Zavatti.
    Tra i suoi lavori ne esiste qualcuno che metta in correlazione le variazioni del campo magnetico terrestre con le variazioni del clima e/o con la distribuzione della massa atmosferica con a seguire una variazione degli indici teleconnettivi ?
    Anni fa in questo portale fu sponsorizzato un lavoro di de santis che metteva in correlazione l’indebolimento multi secolare del campo magnetico terrestre, l’aumento del livello dei mari e della temperatura terrestre.

    Grazie e buona giornata.

    • Nel 2018 ho scritto un post sul paleo campo magnetico terrestre ma credo sia, almeno parzialmente, al di fuori delle cose che mi chiede. Comunque il post è questo
      http://www.climatemonitor.it/?p=48140
      Non ricordo di averne scritti altri sul campo magnetico terrestre. Franco

  3. L’isola di calore urbano è un fattore molto importante perché genera un fastidioso stress ambientale nella persone che abitano in periferia e si recano quotidianamente al lavoro al centro di una grande città. L’argomento è ampiamente discusso nel libro “Il clima e l’ambiente” di Alfio Giuffrida

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