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Onde di Colore

Su CM si è discusso diverse volte di stazioni urbane e isola di calore, e quindi potrebbe sembrare inutile ritornare ancora sull’argomento, viste anche le condizioni meteorologiche di questi giorni, ma cosa dico giorni, di queste ore. Fatto importante è che l’argomento non riguarda solo i climatologi e, questi permettendo, forse anche i meteorologi. Questo ha una rilevanza particolare per architetti, ingegneri, urbanisti, agronomi e quanti altri sono all’opera per la costruzione di città sostenibili, e per la messa a punto di tecniche altrettanto sostenibili.

Capita, discutendo con queste categorie, di vedere come il cuneo della teoria dell’AGW sia penetrato in profondità nel meccanismo interpretativo dei fenomeni. Infatti, premessa fondamentale ad ogni scambio di idee è la frase “A causa del riscaldamento del pianeta prodotto dall’uomo”. Passo successivo è parlare dell’onda di calore del 2003, e farne risalire le cause al global warming. Da qui in poi discendono una serie di conseguenze per le architetture del futuro e per la massimizzazione del benessere dei cittadini. Si parla molto di riduzione delle emissioni di anidride carbonica, di classe energetica, e tecniche di contenimento dei consumi nell’edificato. Tutto questo è molto virtuoso. Il contenimento dei consumi, e l’aumento di efficienza a parità di consumo, sono dei passi fondamentali che una società responsabile deve compiere per salvaguardare le risorse disponibili. Questa è l’applicazione concreta del concetto di sostenibilità, ma non quello più complicato di Brutland del 1987, quello un po’ più semplice e più antico di consumare con responsabilità e sobrietà.

Sapendo però che le strade dell’inferno sono lastricate di buone intenzioni, approfondiamo il ragionamento sull’ambiente urbano ad uso e consumo dei non-climatologi.

Esistono parecchie definizioni di onde di calore e, per l’onda del 2003, si è visto che, per l’Italia, corrispondeva ad “un periodo di tre giorni consecutivi con temperature dell’aria che superano i 30 °C apportando un grave pericolo per la salute umana”. Francia, Olanda, Inghilterra, e Stati Uniti danno poi delle proprie indicazioni nazionali a corredo di quella definizione molto generale adottata dal WMO che recita “un riscaldamento importante dell’aria caratterizzato da temperature elevate”. Se ci fermiamo a questo punto ci troviamo esattamente alla connessione tra AGW e sostenibilità urbana descritta precedentemente.

Introduciamo, invece, un’altra definizione: chiamiamo “large city” (città vasta) quell’agglomerato urbano dove al proprio centro la velocità del vento tende ad avere valore nullo. Questa definizione, oltre a esplicitare il legame micro-meteorologico tra flusso dell’aria e costruito urbano, ci indica chiaramente una strada di interpretazione alternativa delle cause e degli effetti delle onde di calore.

Per la valutazione del benessere umano si utilizzano degli indici, chiamati bioclimatici, che forniscono una scala di risposta fisiologica per delle combinazioni di valori di parametri meteorologici. Quasi tutti questi indici sono empirici e cercano di ridurre a poche variabili misurabili lo stato di benessere dell’individuo. Praticamente tutti gli indici di rappresentazione del benessere utilizzano la temperatura, moltissimi l’umidità e parecchi la velocità del vento. In realtà questi strumenti empirici cercano di semplificare il bilancio energetico totale di un essere umano, che lega la propria necessità di mantenere una temperatura quasi costante a fronte delle perdite o dei guadagni di calore da e verso l’esterno.

Il benessere umano è quindi estremamente accoppiato con le condizioni ambientali. Nel caso urbano con quelle micro-meteorologiche della città che, nel caso di città vaste, sono almeno parzialmente disaccoppiate da quelle meteorologiche sinottiche. Questo significa che “il mostro” non e’ l’onda di calore in sé, indipendentemente dalla genesi, durata e intensità dell’onda stessa, ma questo “mostro” è la città nella quale non si sono pianificati il tessuto urbano, i materiali del costruito, la viabilità: queste cose sono state lasciate al caso, lasciate al vincolo forte degli oneri di urbanizzazione, al sistema dell’assegnazione a lotti. Tutto senza una logica complessiva, senza la visone globale della progettazione di un ambiente complesso.

In realtà “il mostro” non è la città. La città, almeno per i prossimi decenni, rappresenterà comunque il posto dove tutti ci troveremo. Un genere umano di cittadini: e questo termine si deve usare non con il significato molto progressista di portatore di diritti, ma in quello molto più realista di una vastità di persone che avranno un orizzonte personale e sociale limitato allo slum nel quale nasceranno. Saranno cittadini involontari di città involontarie. Forse città che ci rifletteranno quelle immagini già preconizzate in “blade runner”. Il “mostro” sono le nostre decisioni prese senza valutazioni oggettive della realtà.

Oggi abbiamo a disposizione degli strumenti che ci possono indicare una giusta via, se non per uccidere, almeno per evitare “il mostro”. Questi strumenti possono essere però applicati utilmente se facciamo uno sforzo di comprensione. Se ci togliamo dalla testa che le onde di calore siano anche onde di colore: colore politico che soffoca il ragionamento scientifico. Se cioè ci liberiamo dal pregiudizio che tutto sia dovuto ad un riscaldamento di 0.8 °C in più di 100 anni. Soprattutto, se ci liberiamo di politici limitati che parlano di CO2 e continuano a costruire centri commerciali periferici che devastano la nostra cultura, la nostra identità ed il nostro benessere.

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Published inAttualitàClimatologiaMeteorologiaNews

2 Comments

  1. Giampiero Borrielli

    Emh, andiamoci piano nel dire che gli Ingegneri partano dal presupposto che la teoria dell’AWG sia una verita assodata…Io non lo faccio!!!!
    E nella progettazione ci si attiene (spero)a quelle che sono le normative attualmente in vigore sul risparmio energetico, che comporta maggiori oneri iniziali per costruisce nuovo, ma presenta tempi di ammortamento decisamente più bassi di un qualsiasi investimento sul fotovoltaico o sul solare termico ( anche se devo ammettere che il Solar Cooling mi sta intrigando).
    Quanto al fatto che in Ingegneria non si fanno studi approfonditi sul clima sta bene cosi…Ad un ingegnere serve appunto sapere quali sono i parametri di riferimento per garantire un certo benessere alle persone che freguentano un ambiente, e con le macchine ( e i soldi ) a disposizione si cerca la quadratura del cerchio (e la cosa è assai complicata).

  2. Pietro

    Non c’è da stupirsi se gli ingegneri partano dal presupposto che la teoria dell’AGW sia una verità assodata e che quindi nella progettazione sia necessario tener in considerazione gli scenari nefasti dei report dell’IPCC; l’indottrinamento comincia nelle Università.
    Di recente ho assistito a uno di questi seminari in cui si parla di AGW durante il normale orario di lezione, si trattava di fatto di una presentazione del quarto rapporto IPCC.
    Vengono quindi fatte lezioni su strategie di mitigazione e riduzione della vulnerabilità dagli effetti del riscaldamento globale.
    Il punto è che a ingegneria non si fanno studi approfonditi sul clima e in particolare sul paleoclima e se un professore ti dice che la temperatura media globale non è mai stata cosi alta negli ultimi 800000 anni come lo è oggi, sei portato a credergli.

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