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Che sia d’esempio

Quando ho iniziato a vedermela con le bizze del tempo, ho imparato da subito che le immagini da satellite giungono a noi in 256 toni di grigio. Il mondo non è bianco o nero, ma è evidentemente pieno di sfumature. Il dibattito sull’evoluzione del clima non è bianco o nero, non è questione di fede nelle origini antropiche o nella totale origine naturale delle sue variazioni. Usare termini offensivi o denigratori nei confronti di chi la pensa diversamente da noi è quasi sempre controproducente e, a mio modesto parere, anche segnale di debolezza delle proprie posizioni.

Già parecchio tempo fa ebbi l’occasione di scrivere che non avrei più accettato su queste pagine l’uso del termine “negazionisti” per identificare quanti si dicono non convinti che l’evoluzione del clima nel recente passato, al presente e nel futuro prossimo e lontano sia sotto lo scacco delle attività umane. Qualche benpensante ha provato anche a fare analisi semantiche e sociologiche, tentatando di giustificare l’ingiustificabile uso di questa parola, che ha invece un unico significato che tutti dobbiamo ricordare pur non smettendo mai di desiderare di dimenticarlo.

Leggo sul sito di Antony Watts che su suo suggerimento, la redazione del Guardian ha scelto di bandire definitivamente questa parola dai suoi commenti, a meno che questi non si riferiscano ad opinioni ospitate e chiaramente espresse, delle quali chi le esterna si assume in toto la responsabilità. Anche quella, ovviamente, di fare la figura che merita. Quello del Guardian è un esempio di volontà di abbassare i toni dello scontro, di lasciare spazio alle opinioni in quanto tali e di restituire per quanto possibile al confronto tra tesi scientifiche il ruolo che gli spetta. Non so e non credo che questa notiziola sarà mai ripresa da alcun media delle nostre parti, ma la speranza è sempre l’ultima a morire.

Può darsi che qualcuno consideri questa notizia noiosa, stucchevole e di poco conto. Io la considero un ottimo esempio.

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Published inIn breve

2 Comments

  1. Andrea Colella

    Mi pare che Scafetta premetta un concetto, che molti di noi poveri ignoranti sospettavamo, cioè che l’IPCC è incaricata di raccogliere e valutare tutti gli studi scientifici, tecnici e socio-economici, pubblicati nell’universo mondo, che siano rilevanti per la comprensione dei cambiamenti climatici provocati dall’uomo. Ne consegue, dice Scafetta, che detto organismo mette l’accento su ciò che avvalora la sua “missione” e scarta (anzi combatte)tutto ciò che va contro. Spero di aver capito bene.
    Orbene, senza addentrarmi negli aspetti scientifici dell’articolo (per capirlo per intero ci vorrà qualche settimana con il vocabolario a portata di mano), vorrei chiedere al nostro professore, intanto se lui studia i problemi climatici a tempo pieno, e poi se in America o in Europa esistano altre istituzioni o Università che stiano studiando il problema dei cambiamenti climatici dal punto di vista scientifico. Io ho sentito parlare solo dell’Università East Anglia nel novembre scorso, per il caso delle mail che ci hanno svelato retroscena significativi.
    Grazie per l’attenzione.
    Distinti saluti
    Andrea Colella

    • admin2

      Andrea per cortesia replica il commento sul post dedicato all’intervista.
      Grazie, gg.

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