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Rinfreschiamoci la memoria

La stagione fredda dell’emisfero nord è ormai terminata, l’abbiamo già commentata più volte e per ora non ci torneremo su. Però, tra allarmi per distacco di iceberg dalla banchisa antartica (che arrivano al culmine della stagione di scioglimento, guarda un po’), e rinnovate preoccupazioni per lo stato di salute della calotta artica, direi ci sia lo spazio per fare un bilancio.

A grandi, grandissime linee, funziona così: un pianeta caldo vede diminuire la massa della criosfera a beneficio dell’idrosfera, un pianeta freddo vede invece accadere il contrario. Nel corso della vita del pianeta queste fasi si sono succedute con buona regolarità. Dalle teorie di Milankovitch sappiamo che più o meno ogni 100.000 anni arriva una glaciazione, cui segue poi un periodo interglaciale piuttosto breve. Nel tempo, quello che sin qui ha prevalso è stato dunque il freddo, non certo il caldo. Tutto ciò è naturalmente riferito ad una scala temporale molto ampia, per noi assolutamente non percepibile nemmeno in termini di memoria storica, perché quando abbiamo iniziato a scrivere e far di conto, eravamo già al culmine del periodo interglaciale.

E’ piuttosto diverso invece il discorso sulle oscillazioni di breve periodo di cui, da qualche secolo, siamo più attenti ma ancora inconsapevoli testimoni. Infatti, con riferimento specifico al ghiaccio marino, quel che è stato possibile ricostruire, soprattutto con le campagne di perforazione, mostra che le variazioni ad alta frequenza sono normalmente anticorrelate sui due poli, cioè, quando la calotta artica si scalda e quindi cala la sua estensione, quella antartica si raffredda e si espande. Con buona pace di chi è normalmente uso suggerire di strapparci i capelli per la deriva catastrofica del clima, portando ad esempio l’evidente diminuzione dell’estensione del ghiaccio marino artico, quanto appena descritto è esattamente quello che è avvenuto nelle ultime decadi.

Perché questo accada non lo sappiamo. Ci sono almeno un paio di teorie che tentano di dare delle spiegazioni, ma i risultati sono ancora poco convincenti. C’è chi sostiene ad esempio che questa anticorrelazione sia dovuta alla modifica della circolazione termoalina, ovvero la dinamica delle correnti di superficie e di profondità che attraversano gli oceani, cui sarebbe collegata una differente distribuzione del calore sui due poli sufficiente ad innescare questa sorta di “anomalia antartica”. E’ possibile, ma le variazione delle correnti oceaniche avvengono a scale temporali molto più ampie delle oscillazioni che abbiamo osservato in tempi recenti, per cui su questa teoria restano comunque ampi margini di incertezza. Così come sono piuttosto profondi i dubbi sulla seconda possibile spiegazione, che vedrebbe queste oscillazioni in controfase generarsi per effetto del forcing solare e della conseguente variazione della nuvolosità sui due poli. In questo caso mancano sia dei riscontri osservativi certi, sia dei meccanismi fisici che legherebbero le dinamiche solari alla nuvolosità. Come dicevo, sin qui, nulla di fatto.

E’ però innegabile che ad oggi, molto diversamente da quello che si sente dire in giro, per quel che sappiamo e siamo in grado di misurare, all’estensione totale del ghiaccio marino presente sul pianeta non stia accadendo proprio nulla. E non è questione di scetticismo, ce lo dicono i dati. Ben tre sono infatti i dataset disponibili per questo parametro, il Reynolds Optimally Interpolated dataset (Reynolds OI V2), il dataset dell’NSIDC e l’Hadcrut Ice and Sea Surface Temperature dataset (HadISST1). Li trovate tutti qui, il primo ed il terzo sono praticamente sovrapponibili (indice di correlazione medio 0.995, per cui usare uno o l’altro è praticamente la stessa cosa), il secondo sembra un po’ più indipendente. Se li si rappresent insieme, appare evidente che il ghiaccio marino un po’ aumenta, un po’ diminuisce, un po’ non fa proprio niente. In realtà, l’unico elemento di preoccupazione resta quello di cui sopra: non sappiamo perché.

Per cui, la prossima volta che vi dovesse capitare di leggere o sentire di passaggi a nord-ovest aperti o di distacco di enormi iceberg dalla banchisa antartica, tenete a mente questa figura, sono certo che la preoccupazione scenderà.

NB: Willis Eschenbach su WUWT.

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Published inAttualitàNews

2 Comments

  1. davide bertozzi

    Bellissimo articolo;ma perchè CARO Col.GUIDI non va in tele ad “istruire” il popolino sul clima e(perchèno) sulla meteo?

    P.S. GIRANO TANTI SOLONI O METEOMAN CHE (forse)ne sanno meno
    del sottoscritto.

  2. Claudio Costa

    Adesso c’è solo da aspettare Al Gore dire che il recupero dei ghiacci marini artici e l’aumento dell’estensione di quelli antartici, dipendono dall’agw e che era previsto dai modelli.

    “era già tutto previsto…..”

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