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La terza via

Quello che vi proponiamo oggi è un contributo di Luigi Mariani, dell’Università degli Studi di Milano. Luigi ha un’esperienza ormai ventennale nel settore agrometeorologico, culminata nell’attuale docenza presso la facoltà di Agraria di Milano. Autore di molte pubblicazioni scientifiche ha collaborato recentemente alla stesura della nuova edizione della “Guide to Agrometeorological Practices” dell’OMM. Nel testo che segue, che ho personalmente letto con avidità, ci propone non solo un diverso approccio concettuale all’acceso dibattito sui cambiamenti climatici ma, soprattutto, una prospettiva di indagine scientifica da tenere in grande considerazione. Non aggiungo altro e vi lascio alla lettura del suo articolo. 

ESISTE UNA TERZA VIA NELLA SCIENZA DEL CAMBIAMENTO CLIMATICO?

Di Luigi Mariani

C’è un brano di stampo aristotelico che la mia professoressa di filosofia mi pare attribuisse nientemeno che a Leonardo da Vinci (ma negli iscritti del grande Leonardo non l’ho mai trovato tracce di tale brano, per cui non sono oggi così sicuro di una tale attribuzione). Il brano (che cito a memoria dopo trent’anni e si richiama ad un’evidenza nota a tutti e cioè che non esistono – salvo situazioni patologiche -  collegamenti fra i due atrii e i fra due ventricoli) è il seguente : “ho sezionato un cuore umano e non ho osservato connessioni fra i due atrii e fra i due ventricoli. Tuttavia Aristotile scrive che tali connessioni ci sono e pertanto deduco che esistono e che non ho strumenti sufficienti per metterle in evidenza”. Facile deduzione è quella secondo cui Galileo a fronte degli stessi dati avrebbe scritto qualcosa di assai diverso e cioè: “ho sezionato un cuore umano e non ho osservato connessioni fra i due atrii e fra i due ventricoli. Pertanto ad oggi posso affermare che tali connessioni non esistono; in futuro vedrò di approfondire la cosa migliorando il mio strumentario”.

 Da questo “dialogo impossibile” fra Galileo e un aristotelico si deduce una posizione che è vecchia come la scienza sperimentale e che oggi meriterebbe di essere rivalutata non solo  in tema di clima ma per qualunque “emergenza planetaria”: ogni valutazione dev’essere svolta sulla base di dati osservativi supportati da modelli e non sulla base di “modelli e basta”. Con “modelli e basta” si arriva al paradosso del giardiniere di “oltre il giardino”: all’arrivo dei ladri, il giardiniere – Peter Sellers – che non ha mai visto il mondo reale avendo sempre vissuto all’interno della villa, pensa si tratti di una trasmissione televisiva e cerca di cambiar canale, al che i ladri lo fanno nero di botte.

 In soldoni è oggi necessario invocare un prospettiva non ideologica, che sia fondata su un uso razionale di dati e modelli. Tale prospettiva costituisce oggi a tutti gli effetti una terza via fra “catastrofisti” e “negazionisti”. Ed è una via che, più che scettica, mi piace definire galileiana, in quanto si richiama all’affermazione di Galileo secondo cui è necessario rivolgersi direttamente al grandissimo libro che la natura spalanca davanti a tutti gli uomini che “hanno occhi nella fronte e nel cervello”. Su tale aspetto segnalo la nota1 dedicata al professor Roger Pielke senior, che proviene dal sito  e che contiene moltissimi spunti che vanno proprio nella direzione della “terza via” (scarica qui il pdf). 

Un esempio di terza via: il contenuto energetico degli oceani

E’ comunemente accettato il fatto che il fenomeno noto come Global Warming consista in un’alterazione dell’equilibrio energetico del sistema climatico (e cioè del bilancio fra energia entrante ed energia uscente verso o spazio) che secondo la teoria AGW sarebbe indotto dall’azione di alcuni componenti atmosferici (gas serra, nubi, ecc.). Proprio di fronte a tale definizione energetica del fenomeno, colpisce il fatto che si continui a descriverlo attraverso misure di temperatura dell’aria in superficie (misurata cioè a 1.80 m di altezza). Ciò perché la temperatura dell’aria in vicinanza della superficie è una grandezza complessa essendo frutto non solo del bilancio energetico di superficie ma anche di effetti convettivi (trasporti verticali) ed avvettivi (trasporti orizzontali). Inoltre le misure termometriche di temperatura dell’aria sono spesso falsate da effetti a microscala (a tale riguardo le temperature minime presentano le maggiori limitazioni subendo rilevantissimi influssi da processi a microscala quali gli effetti urbani).

In funzione di ciò ci si domanda da tempo in quali “aree” del sistema climatico occorra verificare un’eventuale alterazione dell’equilibrio energetico. Secondo il professor Roger Pielke senior2, una cartina di tornasole per il Global Warming potrebbe essere costituita da una misura che esprima in modo immediato il contenuto energetico globale del sistema; e visto allora che la Terra è coperta per ¾ da oceani, una tale misura potrebbe ragionevolmente essere rappresentata dal contenuto energetico degli oceani. In effetti secondo valutazioni IPCC (IPCC AR4, capitolo 9, pagina 705) il global warming dovrebbe manifestarsi attraverso un aumento progressivo dell’energia negli oceani ed in particolare nello strato oceanico superficiale (0- 750 m). Si tratta di un energia che può essere oggi misurata tramite il sistema argo3, una rete di 3000 robot che effettuano misure in diverse aree del globo.

In termini di unità di misura la variazione del livello energetico degli oceani può essere espressa in W m-2 e cioè come variazione della densità di flusso energetico attraverso la superficie e diretta verso l’interno dell’oceano (con un valore che sarà positivo se il contenuto energetico sta aumentando, negativo se sta diminuendo).

Venendo ai dati, secondo IPCC AR44, l’accumulo medio annuo di energia da parte degli oceani nel periodo 1961-2003 è stato pari a 0.21 ± 0.04 W m-2 e valori simili sono stati trovati in un recentissimo lavoro di Lyman et al. (2006) per il periodo 1993-2002, in cui l’accumulo di energia medio annuo per l’intera superficie del pianeta è stato stimato in 0.33 +/-0.23 W/m-2. Tuttavia Lyman et al. (2006) indicano anche che dal 2003 il bilancio energetico degli oceani è passato improvvisamente in terreno negativo, con una perdita annua di circa 1 W m-2 misurata dal 2003 al 2005. Tali valutazioni sono state poi parzialmente corrette dagli autori a seguito dell’individuazione di errori nel dataset (Willis et al., 2007). Tuttavia anche alla luce dei nuovi dati prodotti è possibile dire che il riscaldamento oceanico degli anni ’90 e dell’inizio del presente decennio è ormai concluso e tale assenza di riscaldamento globale, è consistente con l’assenza di  trend nelle temperature oceaniche negli ultimi anni (Harrison and Carson. 2007) e rappresenta una sfida per i modellisti che sviluppano previsioni di global warming (Pielke, 2008).

In conclusione dunque per stimare il fenomeno del Global Warming (o Global Cooling, se si preferisce) si potrebbero oggi utilizzare misure di contenuto energetico degli oceani diffuse in modo regolare in luogo delle misure di temperatura delle stazioni meteorologiche, troppo influenzate da effetti non  globali per poter fornire indicazioni probanti sul comportamento energetico globale del sistema climatico (Pielke, 2003).

 

BIBLIOGRAFIA

Harrison, D.E., and M. Carson. 2007. Is the World Ocean Warming? Upper-Ocean Temperature Trends: 1950-2000. Journal of Physical Oceanography, 37, 174-187.

Lyman J.M., Willis J.K., Johnson G.C., 2006. Recent Cooling of the Upper Ocean, Geophysical Research Letters, VOL. 33, L18604, doi:10.1029/2006GL027033, 2006

Pielke R.A., Sr. Heat Storage Within the Earth System. Bull Am Met Soc 84, 331-335. March 2003

Pielke R. Sr., 2007. http://climatesci.org/2007/04/15/the-correction-to-the-lyman-et-al-2006-paper-is-available/ (visitato in data 27 gennaio 2009).

Willis J.K., Lyman J.M., C. Gregory, Johnson C., Gilson G., 2007. Correction to “Recent Cooling 1 of the Upper Ocean”, Revised and Resubmitted 10 July 2007 to Geophysical Research Letters.

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  1. http://www.jsg.utexas.edu/news/feats/2007/pielke.html []
  2. http://climatesci.colorado.edu/ []
  3. http://www.argo.ucsd.edu/ []
  4. pagina 705 del capitolo 9 []
Published inAmbienteAttualitàClimatologiaSegnalatiVoce dei lettori

14 Comments

  1. […] pubblicato il primo contributo a queste pagine di Luigi Mariani, un post dal titolo emblematico: La Terza Via. Nella necessità di individuare un approccio meno ideologico e più solidamente scientifico alle […]

  2. franz

    lei e’ proprio una persona gentilissima, e sono io che le devo chiedere scusa, anche perche’ , visto il suo lavoro e i suoi impegni, dovevo pazientare..
    la stimo e con affetto la saluto…
    buon lavoro
    e buona giornata

  3. Eccomi Franz, perdona il ritardo ma è probabilmente dovuto al fatto che avresti dovuto postare il commento su uno degli articoli dedicati agli eventi stratosferici piuttosto che su questo. La risposta al tuo quesito è contenuta sia nell’ultimo che nel penultimo post pubblicati su questo argomento (L’ultimo Outlook ed il post Stratwarming, state buoni se potete). Comunque entro un attimo in argomento. Il processo non è affatto concluso, anzi, sugli strati di contatto tra troposfera e stratosfera sta giungendo solo ora. A mio parere, gli effetti potranno forse non essere così dirompenti in valore assoluto e potranno arrivare un pò in ritardo rispetto a quanto inizialmente prospettato, ma arriveranno. Con buona approssimazione a partire dalla metà del mese. Aggiungo anche che non sarà una cosa passeggera, ma probabilmente avrà più fasi, anche intervallate da breve ripresa della zonalità. Attenzione, la stagione astronomica comunque progredisce, le giornate si allungano e l’energia disponibile aumenta, fattori questi che comunque potranno avere un effetto mitigante.
    Scusami ancora il ritardo, se vuoi scrivere ancora magari fallo sui post relativi a questo argomento.
    Grazie per il tuo contributo.
    gg

  4. franz

    ??MA nessuno mi risponde???

  5. franz

    Gent.mo col. Guidi, chi le scrive e’ un pugliese appassionato di metereologia, che ultimamente e’ molto giu’ di morale 🙁 , visto la situazione in cui ci troviamo…..(non abbiamo avuto, per il momento, neanche un giorno invernale ma semplicemente molti giorni autunnali)l’unico appiglio e’ nelle righe scritte da persone che sicuramente ne sanno piu’ di noi appassionati, ad es. le sue dove continua a scrivere che igm non hanno ancora letto bene la situazione…..vengo al dunque…credo che i piani alti hanno avuto un grosso riscaldamento e che questo ormai si e’ propagato anche nei bassi strati….e di conseguenza la scissione del vp…e col seguire dei giorni visto gli indici ci sara’ una divisione in piu’ parti del vp con varie gocce gelide sparse …..quante possibilita’ ci sono che il ns sud possa ricevere (non chiedo tanto) almeno un paio di giorni di vero inverno….la ringrazio in anticipo per una sua eventuale risposta ad un amareggiato pugliese

  6. Già, in qualche modo, seppur assolutamente in modo non esaustivo, abbiamo cercato di dirlo più volte su queste pagine.
    In primo luogo i modelli hanno dimostrato di saper riprodurre il passato solo dopo poderose iniezioni di effetto antropico; se questo non è (o lo è ma non quanto si crede) il fattore di forcing primario, è ovvio che la realtà tenda ad andare in un’altra direzione.
    Secondariamente, per note ragioni di livello di comprensione scientifica delle dinamiche del sistema e, fattore da non trascurare, anche di capacità di calcolo disponibile, i GCM sono troppo semplificati rispetto alla realtà.
    La strada è lunga ancora perchè si possa porre fine al dibattito.
    gg

  7. Lorenzo Fiori

    Molto chiaro l’intervento del Prof.Mariani:
    insomma ci sarebbe sempre la possibilità che un modello ‘calibrato’ in un certo periodo non dia poi risultati in accordo con i dati di un’altro periodo;
    allora senza dubbio sarebbe un test molto interessante in più da fare:
    effettivamente ci si può chiedere perchè gli attuali modelli pur ‘validati’ sui passati decenni abbiano poi ‘fallito’ nel prevedere la ‘stasi’ degli ultimi dieci anni…

  8. […] stoccaggio molto all’avanguardia perchè, per quanto ci risulta, (l’immagine allegata a questo post è eloquente) negli ultimi anni le temperature dell’acqua non sono aumentate. Però […]

  9. Luigi Mariani

    Forse è superfluo intervenire in quanto posso solo dire che condivido le considerazioni di quanti hanno scritto in risposta alle mie considerazioni.
    Vorrei solo aggiungere, rispetto alle valutazioni del signor Fiori, un argomento che mi sta molto a cuore.
    I modelli matematici sono strumenti meravigliosi che oggi ci consentono di indagare in modo sempre più accurato la realtà che ci circonda ed io stesso senza tali modelli non potrei lavorare.
    Che fare tuttavia per acquisire la ragionevole certezza che i modelli abbiano capacità previsionale?
    La via maestra che ci indica la scienza consiste nel garantire la reale indipendenza fra dataset di calibrazione e dataset di validazione. Infatti, come ricordano Refsgaard e Henriksen in un loro recente lavoro (2004), un modello matematico dovrebbe essere impiegato solo dopo aver subito:
    1. un processo di calibrazione (o taratura) che consiste nel regolare i parametri del modello in modo tale che esso descriva al meglio la realtà
    2. un processo di validazione, che consiste nel testare il modello su dati non utilizzati per la calibrazione, in modo da dimostrarne la reale efficacia.
    Ecco allora che i GCM si potrebbero ad esempio calibrare sul periodo 1921-1950 e poi validare sul periodo 1951-2000.
    Oggi non mi pare che tutto ciò venga fatto ed i GCM vengono “accordati” sugli ultimi 50 anni per poi essere lanciati nel futuro. Inoltre si usa troppo spesso come criterio di verità il fatto che i GCM sono in accordo (agreement) fra loro.

    Tutto ciò introduce un elemento di dubbio per chi è chiamato poi ad utilizzare le loro uscite. In altri termini, come ebbe occasione di scrivere Green (già collaboratore di Lamb alla C.R.U. dell’East Anglia University) su Weather nel 2002, il fatto che i GCM siano in agreement fra loro può essere un’ottima cosa, a patto che non stiano sbagliando tutti!

    Ed anche questo tipo di dubbio é da “terza via”….

    Riferimenti citati
    Refsgaard J. C., Henriksen H. J., 2004. Modelling guidelines––terminology and guiding principles – Advances in Water Resources. 27,71–82.

    Green J.S.A., 2002. Reflections on the Earth albedo: a collection of scattere thoughts, Weather, Vol. 57, december 2002, 431-439.

  10. Marco

    Meno male, mi pareva strano di essere l’unico ad aver notato che negli ultimi anni gli oceani si stanno pian pianino raffreddando! Cmq mi ripeto, la termodinamica nn è faziosa, nn sostiene tesi….il nostro problema è che viviamo troppo poco (argh quanto è vero) come osservatori siamo scarsi e quindi risentiamo in special modo delle osservazioni a breve termine. Purtroppo gli scienziati che dovrebbero sapersi astrarre da quello che sembra ma nn necessariamente è…non sempre lo fanno…temo più per interesse che per incapacità, o forse anche perchè come la storia ci insegna, cercare di dimostrare agli altri quello che gli altri percepiscono è più semplice che cercare la verita.

  11. Lorenzo Fiori

    Sarebbe carino uno studio sulla risposta del ‘Global Mean Temperature’ alle variazioni di temperatura degli oceani ovvero in che misura gli oceani contribuiscono alla temperatura media globale, se mai ce ne fosse bisogno…

  12. Contributo di elvata chiarezza che condivido ampiamente nei contenuti.
    D’altronde sono anni che imposto i miei studi di “appassionato” di Clima verso gli Oceani, la loro capacita’ termica, i loro cicli multidecadali e la loro relazione con l’atmosfera.

  13. Lorenzo Fiori

    Il confronto tra ‘teoria osservativa’ e ‘modelli di simulazione’ credo si faccia già, sicuramente è stata fatta per validare o meno i modelli sulla scorta dei dati passati, avvenuta pare con successo; per quanto riguarda invece i dati futuri e quelli attuali nessuno è così cieco da non vedere eventuali errori dei modelli stessi anche perchè gli effetti del clima sono sotto gli occhi di tutti; quindi di sicuro il confronto tra le due realtà continuerà e ragionevolmente non potrà che far del bene ai modelli stessi con eventuali ‘ritocchi’.
    Di certo però i ‘modelli’ sono lo strumento cardine per dare prognosi future, anche a lunga scadenza, cosa che la sola ‘osservazione’ non può fare: un sapiente ‘connubio’ tra le due sembra cosa saggia e del tutto auspicabile…

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