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Mese: Marzo 2012

Greenwashing e Climaconsapevoli: Delirio e ironia della sorte

Domanda: su cosa ci state leggendo? PC, portatile, tablet, palmare, cellulare? Comunque sulla rete. Su quella fantastica cosa di cui ma potremmo fare a meno. Lo sapevate che la rete può funzionare anche con l’energia che producete pedalando nel vostro salotto? No? Chiedetelo a chi ha scritto questo post, perché è chiaro che deve essere convinto che possa essere così.

O forse no, forse anche lui/lei/loro sanno che per spargere ai quattro venti le loro opinioni, c’è bisogno di energia. E di tecnologia. E di consumi. E di soldi. E di pubblicità. E di….emissioni. Altrimenti non si capisce come si possa scrivere un post in cui si chiede di mettere alla berlina i dieci paesi con le più alte emissioni di CO2 e pubblicarlo in una pagina su cui campeggiano nell’ordine:

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Un clima armonico, delle previsioni stonate

Negli ormai quasi cinque anni di attività di Climatemonitor, abbiamo pubblicato parecchi post sull’attività di ricerca di Nicola Scafetta. Alcuni a sua firma, altri, la maggior parte, in forma di commento delle sue pubblicazioni. Se desiderate dare un’occhiata è sufficiente mettere il suo nome nel campo ‘Search‘ in home page, la lista dei contributi è piuttosto corposa.

Il commento più recente riguarda naturalmente il suo ultimo lavoro:

Testing an astronomically based decadal-scale empirical harmonic climate model versus the IPCC (2007) general circulation climate models – Journal of Atmospheric and Solar-Terrestrial Physics

(qui per il download del pdf)

Nel paper c’è una figura particolarmente interessante, quella cioè che mette in comparazione il suo modello di ricostruzione e previsione delle dinamiche delle temperature medie superficiali globali (basato su armoniche che ricostruiscono il forcing solare e planetario) con i modelli climatici impiegati dall’IPCC, allo scopo di confrontarne la performance rispetto al trend più recente delle osservazioni.

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Sole e clima, per ora un pareggio, ma che fatica…

Leggendo la letteratura scientifica in materia di clima, capita spesso di leggere la parola ‘evidence‘, cioè, ‘prova’. Ebbene, nonostante questo vocabolo possa a volte essere interpretato come un false friend, ci sono ai giorni nostri alcune evidenze (non prove) incontrovertibili:

  • Le temperature medie superficiali globali hanno negli ultimi anni bruscamente frenato la loro ascesa; così anche il contenuto di calore degli oceani nello strato superiore, così ha fatto il livello dei mari.
  • La distanza tra le proiezioni climatiche, ovvero il riscaldamento che sarebbe dovuto arrivare in ragione di un forcing antropico che non ha affatto rallentato, e le osservazioni è quindi aumentata; e non di poco.
  • Il Sole, unica fonte di energia di un sistema in perdita costante, è piombato in una fase di quiescenza piuttosto significativa, dopo aver vissuto invece un lungo periodo di intensa attività definito ‘solar grand maximum’.
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La verità, nient’altro che la verità

Internet 2.0. I social network. Le discussioni incrociate sui blog. Lo scambio delle informazioni. Questi sono i nostri tempi. Tempi in cui quando nevica a Roma il 99% dei romani invece di uscire a godersi la neve corre ad aggiornare la bacheca di Facebook. Per carità, non tutto passa attraverso video e tastiera, siano essi di un PC, di un palmare o di un semplice cellulare. Non tutto ma molto. E la discussione sul clima, naturalmente, non fa eccezione. Anzi, a ben vedere senza l’esplosione della comunicazione globale il dibattito non si sarebbe mai aperto, vista la blindatura che il mainstream scientifico ha costruito sulle riviste scientifiche tradizionali.

I media generalisti, quindi, pur avendo ancora un ruolo primario nella diffusione delle notizie se non vogliono perdere ulteriore terreno non possono esimersi dall’entrare nel merito, ma lo fanno inevitabilmente secondo i canoni appunto tradizionali. Bianco o nero, buoni e cattivi, vero o falso, in una ridda continua di prese di posizione e di supporto alla posizione di quello che hanno compreso essere il mainstream.

Nel frattempo però il dibattito continua, ed ecco che qualcuno si chiede se questa forma di comunicazione, che ha dato la possibilità di rendere pubbliche le macroscopiche incertezze che minano quella che alcuni si ostinano a definire una conoscenza scientifica ‘settled’, non sia in qualche modo scomoda o addirittura dannosa.

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Le risposte al global warming: Tempi climatici? No, biblici.

Quanto segue è tratto da un articolo di Willies Eschenbach pubblicato su WUWT un paio di giorni fa. Sì, lo so, quello è un sito di scettici, Eschenbach non è un climatologo e bla, bla, bla. Vi chiedo però un po’ di attenzione al merito.

Sembra che sia uscito recentemente un report dell’Accademia Nazionale delle Scienze americana. Obbiettivo: rispondere su commissione del governo USA a quache quesito ‘semplice semplice’ in materia di riscaldamento globale e cause dello stesso.

  1. Identificare i fondamenti concettuali su cui si basa l’attuale comprensione degli effetti sul clima della CO2,
  2. Definire quantitativamente l’attendibilità e l’incertezza della nosta conoscenza di questi fattori e processi, e
  3. Riassumere in termini concisi ed oggettivi l’attuale comprensione della relazione anidride carbonica/clima per gli usi dei policy makers.

Un lavoretto mica male. Non solo, un lavoro che, se completato, avrebbe risolto tutti i nostri problemi. Data l’impossibilità di compierlo però, la risposta a questi quesiti non è arrivata. Gli esperti interpellati hanno preferito rispondere diversamente, mettendo a punto una nuova domanda e fornendo la risposta:

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Dal Sole più che una tempesta un temporale

Da giovedì scorso su vari mezzi di informazione nazionali ed internazionali vengono riferite notizie riguardanti quella che è stata definita la più potente tempesta solare degli ultimi cinque anni. La notizia ha riempito anche le prime pagine di quotidiani nazionali on-line e delle agenzie di stampa.

Dalle pagine di CM non abbiamo dato molto risalto alla cosa, anche se seguiamo da molti anni e con molta attenzione l’evolversi dei cicli solari. Non vi abbiamo dato conto di questa notizia, non perché siamo scettici impenitenti che vogliono negare anche la fase di maggior attività solare che stiamo vivendo in questo ultimo anno, ma perché ogni giorno andiamo alle fonti, alla NOAA e alla NASA, e verifichiamo lo stato del “meteo spaziale”. Bene giovedì un “alert” NOAA avvisava di una possibile tempesta geomagnetica G3, una tempesta di discreta entità dovuta all’arrivo di un’onda di particelle espulsa durante un’eruzione solare. Di tempeste G3 in media ne osserviamo 200 in un ciclo solare come quelli ai quali siamo stati abituati fino al 2006, oggi la famosa tempesta G3 sarebbe stata la n. 2 ( due ) del ciclo solare 24 a cinque anni dal suo inizio, quando in media ne avremmo dovute già avere almeno 75; forse la notizia importante era questa.

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Vento a un tot (e che tot!) al Kilowatt

I blog clima-energetici anglosassoni sono in subbuglio. La GWPF (Global Warming Policy Foundation) ha pubblicato il report di un esperto di energia inglese. Facendo un po’ di conti, l’energia eolica si rivela altamente non remunerativa. Di più, i costi per centrare gli obbiettivi di riduzione delle emissioni che la Gran Bretagna si è data si prospettano nel migliore dei casi insostenibili, nel peggiore da autentica debàcle economica e finanziaria.

Why Wind Power is so expensive?

Senza entrare nel dettaglio, cosa che se volete potete fare semplicemente consultando il report di cui sopra, tra l’ammontare delle risorse finanziarie necessarie per ridurre le emissioni di quanto richiesto includendo l’eolico nel mix energetico piuttosto che impiegando delle centrali a gas a ciclo combinato c’è una differenza di un ordine di grandezza, dieci volte tanto. E per quel tanto si intende 120 milardi di sterline contro 13.

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Judith Curry: l’IPCC ha fatto il suo corso.

Alcuni giorni fa, nel solito giro giornaliero di blog, mi sono imbattuto in una intervista che Judith Curry ha concesso ad un media il cui nome è tutto un programma: Oilprice.com.

Marò, il diavolo in persona! E invece pare di no. Al termine dell’intervista, non so se su richiesta della Curry o per semplice furbizia mediatica mascherata da quieto vivere, c’è un disclaimer dell’autore del pezzo che recita così:

[notice]

Devo sottolineare che non c’è stato alcun compenso per questa intervista – Oilprice.com non ha affiliazioni con industrie del petrolio, del gas o di altre risorse energetiche, ed è in contatto con Judith Curry già da un po’ ed è stato un piacere per noi poter parlare con lei delle sue opinioni sulla scienza del clima e su perché la comunità climatica abbia bisogno di lavorare tutti insieme per risolvere i problemi con cui l’umanità sta confrontandosi.

[/notice]

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Piccole nuvole crescono

Enrik Svensmark, lo scienziato che per primo ha formulato l’ipotesi che il flusso dei raggi cosmici proveniente dalla spazio possa essere in relazione con le temperature perché facilita la formazione delle nubi, sta per pubblicare un altro paper.

Lo studio, del quale abbiamo avuto notizia dal blog di Nigel Calder, è disponibile in pre-print su Arxiv, sebbene debba ancora essere accettato dalla rivista cui è stato proposto, cioè Physical Review Letters. A leggere il commento di Calder, sembra che questo lavoro possa fornire nuovo ‘carburante’ all’ipotesi di Svensmark, sulla quale stanno lavorando alacremente anche al CERN di Ginevra con l’esperimento CLOUDS, i cui risultati, sebbene confortanti, continuano ad essere controversi.

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Ignoranza, inganno e conflitto di interessi

Non è il diavolo. E’ il mondo che sostiene a gran voce l’origine antropica dei cambiamenti climatici senza capirne un accidente. Quindi, sia detto chiaro e forte, non è il mondo di quella parte della ricerca che giustamente tenta di capire. La precisazione è d’obbligo prima che qualcuno venga ad aspettarmi sotto casa.

Il fatto è che da questa ipotesi, che resta tale sino a prova contraria, in tanti, tantissimi, hanno maturato l’idea di poter trarre grossi benefici. Negli ultimi tempi, in testa a questa allegra brigata figurano senz’altro i media e le compagnie di assicurazione. I primi perché il disastro, vero o annunciato che sia, paga sempre in termini di attenzione. Le seconde perché dai disastri, veri o presunti che siano, è buona norma assicurarsi.

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