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Categoria: Energia

Segnali di crisi

Non che ce ne sia bisogno, visto che volendo scherzarci su si può tranquillamente dire che la crisi sia tutto intorno a noi, ma vale la pena riflettere su quanto segue, ovvero un breve post pubblicato sul blog di Assoelettrica.

 

Terna ha diffuso oggi i dati, ancora provvisori, sulla domanda elettrica di febbraio. La flessione dei consumi rispetto al mese di febbraio dello scorso anno è stata molto marcata segnando un -8,1%, un dato che anche depurato dei fattori di calendario (lo scorso anno era bisestile) e degli effetti di temperatura si mantiene molto negativo e pari al -5,1%. Un calo che si è differenziato sul territorio nazionale -7,2% al Nord, -7,9% al Centro e -10,0% al Sud.Nel mese di febbraio 2013 l’energia elettrica richiesta in Italia è stata pari a 25,7 miliardi di kWh e si registra un impressionante calo della produzione da termoelettrico (-23,9%) mentre sono aumentate la produzione di idroelettrico (+43%), eolico (+19,1%) e fotovoltaico (+11,2%). Non si è fatto attendere il commento Chicco Testa, presidente di Assoelettrica, che ha definito ‘catastrofici’ i dati relativi alla domanda di energia elettrica nello scorso mese di febbraio ed ha stigmatizzato come questi siano un sintomo delle gravissime condizioni nelle quali versa l’economia del paese, ad iniziare, naturalmente, dal settore elettrico e termoelettrico in particolare. Il presidente di Assoelettrica ha inoltre evidenziato come la serie negativa proceda costante da ormai più di un anno e mezzo e che il drastico calo della produzione da termoelettrico registrata a febbraio sia un elemento che pone urgentemente all’ordine del giorno una revisione delle regole che garantiscono la sicurezza del sistema elettrico. I produttori termoelettrici, chiamati comunque a mettere a disposizione la potenza dei loro impianti, in particolare per bilanciare le fonti rinnovabili non programmabili, rischiano infatti di non essere più in grado di coprire i costi variabili, dopo che per più di un anno hanno visto azzerarsi i margini operativi. Insomma: la situazione del settore da pesante va facendosi insopportabile.

 

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Chi ha ucciso le rinnovabili? Per chi avesse ancora qualche dubbio…

Una morte in culla quella delle fonti rinnovabili? Non proprio, perché il corpaccione era già bello grosso prima di finire in stato comatoso irreversibile.

 

E quindi cosa? Un’utopia, un’occasione persa o, molto più semplicemente la classica storiaccia all’italiana? Tutte e tre le cose insieme. Che le fonti rinnovabili possano un giorno sostituirsi a quelle tradizionali per assicurare il fabbisogno energetica attuale e futuro è chiaramente utopico. Che però qualcosa di buono senza ridursi sul lastrico si potesse fare è sempre stato vero, ma se ne è persa l’occasione, appunto spendendo una fortuna per avere molto poco. E questo è accaduto, specialmente da noi, secondo il più classico dei copioni fallimentari del belpaese.

 

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L’energia si rinnova, la pecunia no

I lettori più attenti ricorderanno che qualche settimana fa abbiamo pubblicato un breve post che riprendeva quanto diffuso da Assoelettrica, l’associazione che riunisce la quasi totalità dei produttori di energia elettrica in Italia, circa il costo stimato per gli incentivi alle fonti rinnovabili per i prossimi venti anni. Un conto salato, circa 220 miliardi di Euro.

 

Ieri mi è capitato per la rete un articolo pubblicato da IlSole24Ore contenente queste stesse informazioni arricchite con la replica dell’APER, associazione che invece riunisce i soli produttori di energia rinnovabile. Il conto, secondo loro, sarà tutt’altro che salato, perché Assoelettrica non avrebbe tenuto conto dei benefici derivanti dall’impiego delle fonti rinnovabili in termini aumento dell’indipendenza energetica nazionale, diminuzione dei costi che dovranno sostenere gli impianti termoelettrici nell’ambito del sistema europeo Ets sui diritti d’emissione (costi che pesano sulle bollette), incremento del Pil (le energie rinnovabili generano più ricchezza delle fossili per il Paese) e crescita occupazionale non solo quantitativa, ma anche qualitativa. Insomma, alla fine secondo APER il saldo dovrebbe essere in attivo, con le stime più prudenti che vedrebbero ammontare il surplus a 30 miliardi di Euro e quelle più ottimistiche addirittura a 76.

 

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Biocarburanti e ripensamenti

E’ davvero odioso dover dire “ve l’avevamo detto”, ma nella fattispecie è inevitabile. Qui e qui, per un paio di esempi, ma vi suggerisco di mettere la parola biocarburanti nel tool di ricerca di Climatemonitor per avere un’idea.

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Arriva dall’ANSA e ve la ripropongo pari pari:

 

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No grazie, il caffè mi rende nervoso

Solitamente dopo un certo numero di caffè divento intrattabile. E mi succede anche con la Coca Cola ghiacciata. Perciò, temo, dovrò fare a meno dell’ultima mirabilia tecnica a breve disponibile sul mercato. Si chiama Epiphany onE Puck, ed è un caricabatterie per cellulari che funziona con il caffè e con la Coca Cola. Cioè, non proprio, funziona con il calore che può sprigionare un caffè (americano però, non il classico ristretto, altro motivo per una probabile rinuncia) o con il freddo di una bibita ghiacciata.

 

Il concetto di fondo è quello del motore stirling, cioè della produzione di energia grazie alle differenze di temperatura. Così, pare, mettendo una tazza di caffè bollente sulla faccia rossa di questo coso o mettendo una bibita ghiacciata su quella fredda, ecco spuntare 5W di potenza di picco, tanti quanti ne servono per ricaricare un cellulare.

 

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Il vento nella terra di mezzo

“L’energia eolica è in una terra di mezzo, è ancora una delle fonti rinnovabili con potenziale più elevato, ma la nostra ricerca suggerisce che dobbiamo prestare attenzione ai suoi limiti e impatti climatici se vogliamo espanderla oltre alcuni terawatt”

 

Finisce così l’articolo che Science Daily ha dedicato ieri ad uno studio pubblicato recentemente su Environmental Research Letters:

 

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Mirror posting: Il Senato “solare” fa ricchi gli indiani

Questo post è uscito in originale su La Nuova Bussola Quotidiana.

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In molti programmi elettorali l’economia verde, la green economy, sembra la soluzione in grado di metter fine a gran parte dei mali italiani:  la crisi economica, la disoccupazione, l’inquinamento, la chiusura delle aziende italiane. Troppo spesso sui mass media e nei programmi dei partiti la rivoluzione verde è ridotta all’incrementare la produzione da fonti rinnovabili, in particolare il fotovoltaico. Chi non ricorda ad esempio Prodi nel 2005 quando, dichiarandosi un “militante di Kyoto”, disse:” «Io non ho avuto il tempo, altrimenti avrei messo i pannelli solari anche sul tetto della Fabbrica del Programma, un brutto capannone fuori Bologna».

 

La politica italiana da allora ha dato molto alle rinnovabili,sicuramente troppo rispetto a quanto è stata trascurata l’economia tradizionale che offre lavoro alla maggior parte de lavoratori, paga alte tasse e l’energia più cara d’Europa permettendo così di pagare anche gli incentivi alle energie rinnovabili. La misura ormai sembra colma al punto che in un editoriale del 3 febbraio del “Corriere della Sera”, da sempre schierato per la “green economy” anche con inserti “ad hoc”, è stato scritto: “Qualche anno fa, per favorire gli investimenti in energie rinnovabili si decise di sussidiare l’installazione di pannelli solari. Per far presto furono concessi incentivi che oggi, a pannelli installati, si traducono in una rendita di circa 11 miliardi di euro l’anno: li pagano tutte le famiglie nella bolletta elettrica e vanno a poche migliaia di fortunati. Non solo si è creata un’enorme rendita che durerà per almeno un ventennio: si è favorita una tecnologia che a distanza di pochi anni è già vecchia. Oggi l’energia solare si può catturare semplicemente usando una pittura sul tetto, con costi e impatto ambientale molto minori. Ma i nostri pannelli rimarranno lì per vent’anni e nessuno si è chiesto quanto costerà e che effetti ambientali produrrà la loro eliminazione”.

 

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Mirror posting: Il fallimento del Protocollo di Kyoto

Il 15 febbraio è stata l’annuale giornata dedicata alla manifestazione “M’illumino di meno”, il 16 febbraio è stato l’ottavo anniversario dell’entrata in vigore del “Protocollo di Kyoto”. Dovevano essere due giorni di grande festa per gli ecologisti visto che, secondo il “Dossier Kyoto 2013” della “Fondazione per lo sviluppo sostenibile”, l’Italia ha più che centrato il target nazionale di riduzione delle emissioni di gas serra fissato al 6,5% arrivando a una riduzione del 7%.
Grazie agli incentivi alle fonti rinnovabili, alla delocalizzazione di produzioni inquinanti e soprattutto alla crisi economica quanto richiesto dagli ambientalisti di Kyoto è stato fatto, le emissioni italiane di anidride carbonica si sono ridotte come richiesto dall’Europa (mentre quelle a livello globale sono aumentate).

 

Si sarà invece notato che i due eventi hanno avuto un risalto molto minore rispetto agli scorsi anni. Dell’aver centrato quanto richiesto nessun politico sembra volere il merito, né il centro sinistra che con Prodi si definì “militante di Kyoto”, né il centro destra, né Monti che dovrebbe fregiarsi del merito di aver guidato l’Italia negli ultimi anni.

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Pali eolici o spine nel fianco ?

Tra tutte le forme di generazione di energia rinnovabile, quella eolica è sicuramente la più contestata. E i motivi sono molteplici: innanzitutto, diciamocelo, sono orribili. E’ apprezzabile il lavoro di marketing svolto dalle lobby verdi che hanno convertito le centrali eoliche in “Campi eolici”. Direste mai di un campo di girasoli che sia brutto? No, mai. Anzi, è un perfetto capolavoro della natura. E allora ecco qui, ti servo un campo di bellissimi steli d’acciaio (e pale rotanti). In pochi istanti, incredibilmente, questa operazione di marketing fa sì che i più accaniti ambientalisti e paesaggisti dimentichino, ma solo per le pale eoliche, ogni tipo di lotta portata avanti nei decenni precedenti per qualsiasi cosa andasse a cozzare con il loro concetto di ambiente a misura di… ambiente (l’uomo è una virgola da non considerare). Tuttavia gli aspetti estetici e le contraddizioni palesi con cui devono confrontarsi gli ambientalisti sono solo alcuni dei motivi che rendono così odiose le pale eoliche.

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Lo sporco segreto delle policy climatiche

The dirty secret of climate policy, così inizia il post di Roger Pielke jr che oggi vi invito a leggere.

Ho deciso di proporvelo quando mi è capitata sotto gli occhi questa frase di Christina Figueres, Segretario Esecutivo dell’UNFCCC, presa però in un altro contesto:

[info]

… stiamo ispirando i governi, il settore privato e la società civile alla più grande trasformazione che abbiano mai intrapreso. Anche la rivoluzione industriale è stata una trasformazione, ma non è stata guidata da una prospettiva centralizzata. Questa è una trasformazione centralizzata che sta avendo luogo perché i governi hanno deciso di aver bisogno di dare ascolto alla scienza.

[/info]

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Abracadabra

Lo scorso 29 novembre Roberto Vacca ha affibbiato l’etichetta (motivandola) di “wishful thinking” (pensiero distorto per confermare desideri di eventi improbabili), alla proiezione del World Energy Outlook dell’IEA in cui, tra le altre cose, si prospetta un ricorso alle risorse rinnovabili pari al 33% del fabbisogno globale per il 2035.

Qualche giorno fa è uscito su Science Daily il commento ad uno studio condotto negli Stati Uniti e pubblicato sul Journal of Power Sources con questo titolo:

Cost-minimized combinations of wind power, solar power and electrochemical storage, powering the grid up to 99.9% of the time

Ci vogliono quasi 40 dollari per leggere il lavoro, per cui, dati i tempi di magra, per ora ci dobbiamo accontentare di quanto riportato su SD. E pare proprio che il wishful thinking continui, perché il limite temporale è addirittura più breve di quello prospettato dall’IEA, si parla del 2030, ma le mirabilie delle risorse rinnovabili sarebbero triplicate. Il segreto sarebbe nell’uso di reti interconnesse su ampia scala spaziale – nella fattispecie il modello impiegato lavora su di un’area che copre circa 1/5 del fabbisogno energetico degli USA – nel mix di risorse rinnovabili impiegato – eolico off-shore, eolico sulla terraferma e fotovoltaico – ma, soprattutto, in una acquisita capacità di immagazzinamento dell’energia che può essere ricavata dalle fonti rinnovabili, per loro natura fonti discontinuee, in batterie o in celle a combustibile, cioè serbatoi di idrogeno.

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L’Europa tra fabbisogno energetico ed emissioni

di Gianluca Alimonti

Alla base di qualunque attività umana vi è l’energia: volendo mantenere una propria autonomia politica, economica e culturale, l’Europa si deve assicurare un adeguato approvvigionamento che garantisca l’indipendenza energetica.

Sino a qualche secolo orsono la domanda energetica era piuttosto limitata: le poche rinnovabili ed il legname erano sufficienti ed anche quando l’invenzione della macchina a vapore ha rivoluzionato la società, il carbone autoctono europeo bastava a soddisfare la domanda. Oggi l’enorme crescita delle richieste energetiche ha rivoluzionato completamente il panorama mondiale e dal grafico seguente si osserva quali siano le potenze emergenti e quali quelle in declino.

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