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Tag: Nature

Riprodurre il mondo…diverso da com’è

In questo tweet di Andy Revkin di un paio di giorni fa… Great to see Suki Manabe, climate model pioneer, publishing anew. https://t.co/p3I3MN29Yh Always a…

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Tutta la scienza è uguale, ma una certa scienza è più uguale delle altre

Conosco già la prima critica che arriverà a questo post: la parafrasi della frase di George Orwell è stata fin troppo abusata. Giusto, ma altrettanto…

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Tutti i climi cambiano ma certe cose non cambiano mai

Fino alla pubblicazione di questo editoriale su Nature, avevamo sentito parlare di shift climatici solo con riferimento a bruschi mutamenti nei trend dei parametri atmosferici.…

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Scienza e fede o scienza e fideismo?

Forse più che sotto l’ombrellone per qualcuno sarà sotto l’ombrello, ma sempre di lettura si tratta. Qualche settimana fa, quando anche sulle nostre pagine c’è…

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Come volevasi dimostrare

In relazione all’interessante dibattito che si è sviluppato sulle nostre pagine circa l’enciclica di recente pubblicazione, vi sottoporrei un paio di letture uscite su Nature,…

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Anidride Carbonica e dintorni

Beh, sono decisamente ampi i dintorni dell’anidride carbonica. Scienza, policy, economia, per non parlare della meno solida ma di gran lunga più gettonata futurologia. Sarà…

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La climatologia alla ricerca di reclute per ‘salvare il pianeta’

Se alle spalle avesse un’autorità costituita sarebbe un reclutamento in piena regola e, vista dal punto di vista di chi professa l’emergenza climatica, forse anche…

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Chi la fa l’aspetti, addio vacanze in posti esotici

Dalle mie parti si dice predicare bene e razzolare male, con riferimento a quella pratica piuttosto antipatica di dar buoni consigli ma di guardarsi bene…

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Nature: 2015, grandi attese per la scienza, ma sul clima solo politica

Appena ieri ho ricevuto la consueta newsletter di Nature. E’ una rivista scientifica, d’accordo, ma è pur sempre tra i media, per cui ci sta…

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Che succede se qualcuno cambia idea?

Già, cosa succederebbe se dovessimo scoprire che il clima è molto meno sensibile alle ‘spallate’ dell’azione antropica e se questa convinzione dovesse far presa sul mainstream? Domanda del secolo, probabilmente, ma non così peregrina.

 

Mettiamola in questo modo. Negli ultimi anni si sta assistendo all’implementazione o, molto più frequentemente alla progettazione, di massicce politiche di mitigazione del riscaldamento globale. Il tutto assumendo, probabilmente erroneamente o quanto meno perché in possesso di informazioni parziali, che questo sia stato interamente di origine antropica. Nessuna di queste politiche ha avuto successo in termini di riduzione delle emissioni a livello globale. Alcuni, pochissimi, le hanno appena scalfite, altri, quasi tutti, le hanno aumentate. Nonostante questo, con grande perplessità da parte del mondo scientifico, che ha evidentemente riposto un po’ troppa fiducia nelle simulazioni e proiezioni climatiche, le temperature hanno smesso di crescere.  Di conseguenza, sebbene con fatica, è nato un dibattito piuttosto acceso circa le origini di questo sia pur temporaneo possibile ridimensionamento del problema.

 

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Nature e climate change, la forza della ragione

Come molte altre parole il termine ‘ragione’ può avere diversi significati. Nella fattispecie di quello di cui parliamo oggi la forza della ragione non è nei contenuti, ovvero nella loro esattezza e corrispondenza alla realtà, questo lo dirà il tempo, quanto piuttosto è nell’ineluttabile destino di una rivista scientifica, forse la più quotata di tutte, forzata dai fatti ad abbandonare la teoria della catastrofe climatica prossima ventura abbracciata da tempo, per tornare a ragionare sulla realtà di quel che accade davvero.

 

E accade ormai da oltre quindici anni che le temperature medie superficiali del pianeta hanno smesso di crescere. Degli 0,2°C di aumento previsto per decade, ne abbiamo visti solo 0,04. Una quantità che per vederla ci vuole la lente di ingrandimento, una quantità che nessun termometro tra quelli usati per raccogliere i dati necessari a comporre quella media è mai stato in grado di misurare. Perciò, una quantità statisticamente non significativa, cioè indistinguibile dal rumore e dal margine di errore che accompagna quei dati.

 

Qualche anno fa si vedeva la pausa, ma poteva essere trascurata perché ben dentro il normale rumore, oggi è qualcosa che bisogna spiegare.

 

Questa frase è di Gabriel Vecchi, climatologo della NOAA, ed è solo una delle cose interessanti contenute in un editoriale uscito su Nature qualche giorno fa:

 

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Capitani coraggiosi ma un po’ confusi…

“I mega-rapporti dell’IPCC sono fuori tempo al momento in cui escono”   L’editoriale di Nature da dove ho tratto questa frase e i periodi che…

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Il consenso è servito

Alcuni giorni fa ho pubblicato un post di commento ad un articolo di Ugo Bardi uscito su Il Fatto Quotidiano. In quel pezzo, si faceva tra le altre cose riferimento ad un altro post pubblicato da Stefano Caserini su climalteranti.it. Come sanno bene i nostri lettori, non è mio costume commentare quanto si dice di noi in altri ambiti di discussione, perché ognuno è padrone di dire ciò che vuole e, soprattutto per alcuni specifici siti, anche per tranquillità interiore.

 

Accade però che nel post pubblicato su climalteranti, si faccia riferimento a Luigi Mariani, che, come sapete, scrive molto spesso sulle nostre pagine. Non è mia intenzione tornare sull’argomento del post, chi volesse può approfondire personalmente, tuttavia, vorrei portare all’attenzione dei lettori la chiosa del post:

 

[…] La cosa più divertente è comunque il finale dell’articolo di Vietti, in cui si vede a quale livello di patetico complottismo sia ormai confinato il discorso negazionista sul clima: “Nel 1998 la rivista scientifica Nature pubblicò uno studio che attribuiva il riscaldamento artico allattività umana. Ilprofessor Mariani con alcuni colleghi, applicando un modello diverso, ottenne risultati molto diversi. Spedì a Nature il suo studio, che passò larevisione diarbitriterzi. Ildirettore di Nature non pubblicò lo studio: Il pubblico non potrebbe capirespiegò a MarianiE comunque la nostra linea è unaltra”.Per quanto conosciamo delle riviste scientifiche, questo racconto sembra davvero poco credibile: prima di crederci vorremmo vedere lo studio “alternativo”, la peer review che ne raccomandava la pubblicazione e la lettera del direttore di Nature.

 

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AGW, è iniziata la capriola?

Difficile a dirsi, anche perché i rigurgiti di catastrofismo da quattro soldi continuano a presentarsi ad ogni buona (si fa per dire) occasione. Però, tra quanto è trapelato mesi fa circa la bozza del redigendo prossimo report dell’IPCC e quanto pubblicato su Nature qualche giorno fa, i segnali di un certo – diciamo così – nuovo orientamento del mainstream scientifico in effetti ci sono.

 

Quella in testa a questo post è una delle figure contenuta nella bozza del report in questione. Non è dato sapere se effettivamente avrà l’onore di essere pubblicata in sede di stesura finale, ma è certamente un’immagine che fa riflettere. L’argomento è quello del paragone tra le proiezioni climatiche e la realtà delle osservazioni in termini di temperatura globale. Non direi che si possa sostenere che sia stata trovata l’equazione del clima, non vi pare?

 

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Politicizzazione della scienza: anno nuovo vita nuova.

Un autentico sasso nello stagno quello lanciato da Daniel Sarewitz dalle pagine di Nature, tempio della comunicazione scientifica mondiale. L’argomento è tutto nel titolo:

 

Science must be seen to bridge the political divide (La scienza deve essere intesa come ponte per le divisioni politiche).

 

Cosa che, ovviamente, non è. Anzi, lui la definisce un affare dei Democratici, non una cosa democratica, nel senso che ormai, negli ultimi decenni, negli USA come nel resto del mondo (almeno quello in cui sono tangibili e sottoposti al regime dell’alternanza indirizzi politici ascrivibili ai modelli concettuali di destra e sinistra), la scienza, specie con riferimento alle grandi organizzazioni scientifiche, ha deciso di essere in larga parte schierata a sinistra, fondendo pericolosamente l’aspetto ideologico con quello scientifico. Con grave danno, egli dice, per l’autorevolezza del messaggio scientifico. Intendiamoci, lo stesso sarebbe stato, naturalmente, se fosse stata “preferita” l’altra parte, ma questo semplicemente non è accaduto.

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