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Aspetti Tecnologici

Teoria AGW e modelli previsionali

Uno dei pilastri della teoria dell’Anthropogenic global warming è costituito dalla simulazione delle temperature future basate su modelli matematici, soprattutto i modelli di tipo GCM, e che sono divulgate attraverso i report dell’IPCC.

Tali previsioni si sono rivelate fin qui molto deboli essendo risultate affette da rilevanti sovrastime. Più in particolare se si confrontano le previsioni al 2012 con i dati osservativi raccolti dal dataset globale GISS – Nasa, la sovrastima è del 53% per le previsioni del report IPCC del 1990  e si riduce al 9% per quelle del report IPCC del 1995 per poi risalire al 20% nei report IPCC del 2002 e del 2007 (Pielke, 2008; Pielke, 2013). Le cause di tali sovrastime sono state analizzate e discusse da Fyfe et al (2013).

Si ravvisa inoltre l’opportunità che nei modelli GCM si introduca l’effetto iride adattivo (Lindsen et al., 2001) come feedback negativo in grado di diminuire l’elevata sensitività dei modelli stessi, secondo quanto evidenziato da Mauritzen e Stevens i quali operando sul modello ECHAM4 hanno evidenziato la maggiore efficacia di un GCM in cui tale meccanismo è stato inserito.

Stato delle reti osservative

Se il monitoraggio da satellite viene progressivamente potenziato, lo stato delle reti osservative al suolo è preoccupante in quanto molte stazioni tendono a ricadere in aree influenzate dall’effetto delle isole di calore urbano e inoltre vaste aree del pianeta sono tutt’ora non monitorate. Un esempio lampante di quest’ultimo fenomeno è offerto da un’area del Sahel con superficie di 4 milioni di km2 (oltre 13 volte l’Italia)  in riferimento alla quale Dai et al. scrissero nel 2003 per l’International Journal of Climatology un articolo scientifico dedicato alla siccità. In tale area nel 2003 risultavano operative solo 35 stazioni pluviometriche contro le 102 del 1991 e le 188 del 1971. In proposito si noti che con i dati di sole 35 stazioni è difficile descrivere la pluviometria di una delle regioni italiane, altro che quella di un’area così vasta come quella indagata. Questo per inciso la dice lunga anche sull’attenzione che la comunità internazionale sta in realtà dedicando a tali problemi.

Importante sarebbe allora che sul modello della rete di boe ARGO con le quali si misurano la temperatura e lo stato energetico degli oceani, si potesse realizzare una rete di stazioni al suolo omogenea ed estesa all’intero pianeta. Ciò richiederebbe uno sforzo internazionale che sarebbe sicuramente ripagato dal guadagno in termini di conoscenza che se ne avrebbe.

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