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Terra promessa

Quante volte contemplando il cielo stellato ci siamo posti la fatidica domanda: “siamo soli” ? E’ difficile resistere alla tentazione di darsi una risposta negativa, quando per le mani si ha la notizia dell’avvenuta scoperta di un “pianeta con caratteristiche simili alla Terra”.

Di certo l’idea che nel profondo dello spazio vi possano essere altri che, guardando la volta stellata, si pongano la medesima domanda, è un pensiero semplicemente meraviglioso e aiuta a placare il timore molto umano della solitudine. Ma all’euforia iniziale deve seguire il realismo e la necessaria definizione di un contesto in cui distinguere il sogno dal vero.

La questione “siamo soli” deve porci d’innanzi ad una scelta; cosa intendiamo per vita extraterrestre? Ci si aspetta forme biologiche complesse o semplici? Inoltre si pensa ad un’espressione biologica simile a quella nota (diciamo su base carbonio), oppure qualcosa di differente?

La via più sincera e concreta per non perdersi nel mare delle idee e dei preconcetti passa attraverso il processo di misura. Le discipline scientifiche hanno il loro fondamento su questo approccio, poiché si tratta dell’unico modo per non perdere contatto con la realtà. La misura è come un paletto in una gara di sci: da lì devi passare se non vuoi essere eliminato.

La ricerca di esopianeti ha preso il via circa una ventina di anni fa e ad oggi ne sono stati catalogati un po’ meno di 5000. Kepler 452b rimarrà nella storia come il primo esopianeta per cui sono state individuate caratteristiche compatibili con quelle del nostro ambiente spaziale. Ovvero, Kepler 452b, ruota attorno ad una stella di classe spettrale analoga al Sole, che emette circa il 10% in più d’energia. Kepler 452b ha una dimensione di circa 1.6 volte la Terra e un periodo di rivoluzione di 385 giorni contro i 365 terrestri. La distanza tra la stella del sistema Kepler 452 e Kepler 452b è molto simile a quella della Terra e così vale per l’eccentricità dell’orbita.

Questi sono gli elementi misurati di Kepler452b e pertanto questo è ciò che accomuna la Terra a Kepler 452b.

Kepler
Fonte SETI institute

L’idea che, date le caratteristiche individuate su Kepler 452b, vi possa essere presenza di acqua liquida è ragionevole. E di seguito che ciò possa esser il viatico per il fiorire della vita, è un’idea non priva di significato. Tuttavia su questo fronte non vi è alcuna misura.

Non è ad oggi possibile fare un’analisi spettrale della luce di Kepler 452b. Dunque non è possibile sapere alcunché sulla chimica del pianeta. Passatemi il paragone forse un po’ forzoso, ma il concetto dell’analisi spettrale della luce lo possiamo raffigurare un po’ come “l’esame del sangue dell’oggetto”. L’insieme viene scomposto in tanti elementi di base ed ognuno acquisisce un suo significato preciso. Quindi dobbiamo pazientare ed aspettare che l’evoluzione della tecnologia ci permetta di fare quel tipo di analisi. E allora forse ne sapremo un po’ di più.

Il sistema Kepler 452 si trova a oltre 1400 anni luce da noi e dunque un’esplorazione diretta è semplicemente impossibile. Pensate che la sonda “New Horizon” ha impiegato 9 anni per raggiungere Plutone (anche se l’arrivo in tempi minori non era una priorità) ed esso è a circa 5 ore luce da noi.

Un piccolo inciso per capire meglio il concetto delle dimensioni.

La stella più vicina al sistema solare è Proxima Centauri. Questa si trova a circa 4.2 anni luce dal Sole. Se riduciamo il Sole ad una pallina da 1.5 cm e lo mettiamo nel disco di centrocampo dello stadio Dall’Ara di Bologna,  in questa scala Proxima centauri sarebbe una pallina di dimensione analoghe grossomodo nel disco di centrocampo dell’Olimpico di Roma. Immaginate dove si troverebbe il sistema Kepler 452.

Da tutto ciò si trae la conclusione che la questione della vita extraterrestre ad oggi rimane irrisolta. Seppur probabilmente meno propagandata, vi è in programma un’altra missione spaziale forse ancora più importante in tal senso dell’affascinante scoperta di kepler 452b. Mi riferisco a JUICE (JUpiter ICy moons Explorer), ossia la missione che come obiettivo ha proprio quello di individuare le pre-condizioni per la vita sui satelliti ghiacciati di Giove.

Ritornando a quanto detto in precedenza, nel corso degli anni il concetto di fascia di vivibilità delle forme biologiche si è esteso, proprio in virtù della scoperta sulla Terra di organismi (detti estremofili) capaci di resistere a condizioni ambientali impossibili per la maggior parte degli altri organismi. Nonostante oggi come ieri non vi sia alcuna “Terra promessa”, è assai probabile che JUICE, in modo ben più ficcante rispetto alla ricerca su Kepler 452b, ci suggerisca delle nuove vie scelte dalla “vita” per colonizzare altri mondi.

Allora forse potremo soddisfare una delle nostre più ancestrali domande.

__________________________

Segnalazione:

Vi suggerisco di seguire lo speciale sulla scoperta di Kepler 452b che TV 2000 (canale digitale 28) farà Mercoledì 29/7 sera alle 21:05. La giornalista conduttrice, Letizia Davoli, è anche (e prima di tutto) un astronomo e come ospiti avrà astronauti e scienziati.

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Published inAttualità

6 Comments

  1. Caro Zamboni,

    non voglio entrare in questioni scientifiche su cui non ho preparazione sufficiente: per cui non ho certo intenzione di “mettere in discussione” i risultati pubblicati. Il mio focus è esclusivamente sulla discussione mediatica e su quello che capisce la gente comune.

    Vede, se leggo cose come queste (dalla rassegna stampa de Il Foglio):

    Per il presidente dell’Istituto Nazionale di Astrofisica Giovanni Bignami «a questo punto, abbiamo già un bel po’ di ingredienti interessanti per dire di aver trovato, finalmente, una nuova Terra. La gravità sarà maggiore, d’accordo, ma vuol semplicemente dire che, se ET abitasse lì, avrebbe sviluppato un fisico bestiale, come se noi andassimo sempre in giro con 40 chili in spalla. Per di più, sembra che il pianeta sia “vivo” lui stesso, cioè abbia attività vulcanica, che genera ricambio di materiale in superficie, come da noi: se non ci fossero i vulcani (e i terremoti…), non ci sarebbe vita sulla Terra. E allora, vuol dire che lì c’è vita? Assolutamente troppo presto per dirlo..

    Cose dette non dall’ultimo arrivato, ma dal presidente dell’INA… “Possiamo dire di aver trovato … una nuova Terra”? E non devo essere perplesso? Forse la gente avrebbe il diritto di sapere che si tratta di valutazioni con percentuali di probabilità che magari non superano la doppia cifra. E poi… l’attività vulcanica da cosa è stata dedotta, se per quanto leggo da altre parti non si conosce neanche la densità del pianeta, dunque se è roccioso o gassoso? Senza margine di affidabilità è impossibile distinguere il dato più o meno oggettivo dalla speculazione più fantasiosa.

    Va bene dare luce alle “discipline cenerentola” (mi permetto però di dire che l’astrofisica non è una cenerentola almeno dalla fine degli anni ’60), ma se la luce distorce totalmente l’immagine qualcosa non va. Nel mio piccolo, da ingegnere del software con azienda individuale, devo certamente “darmi luce” per campare; ma non è che vado a dire in giro che se qualcuno mi ingaggia non avrà più neanche un problema nello sviluppo del software in tutta la sua vita: sarebbe falso, quindi poco etico, e poi controproducente per me. Alla fine è una tendenza globale a spararla grossa: hanno iniziato i politici, hanno seguito i pubblicitari e ora la cosa impazza ovunque, fino a scienziati e preti, le due categorie di persone che avrebbero i motivi più forti – seppur diversi – per tenere atteggiamenti più sobri. Andrà a finire che la gente non crederà più a niente e nessuno.

    • INAF, non INA; scusate ma oggi la tastiera ogni tanto perde un colpo e la correzione mi sfugge…

  2. Andrea Zamboni

    Gentile Fabrizio,
    lei dice una cosa sacrosanta, ovvero che ad ogni misura andrebbe associato l’errore, ma è altrettanto vero che, dato il processo internazionale di validazione degli elaborati scientifici, mettere in discussione i risultati ad oggi pubblicati diviene una libera speculazione.
    In particolare su temi come quello qui proposto, ove si ha in gioco la qualità degli strumenti e la più raffinata gestione della calibrazione delle distanze stellari anche grazie alla missione Hipparcos.
    In fondo, dato il complesso dei dati sin qui proposti, anche se l’errore fosse dell’ordine del 10-15%, la sostanza della scoperta non cambierebbe.
    E’ altresì verissimo che al migliorare della qualità dei dati le cose cambiano. New Horizons ha permesso di ritoccare (seppur di pochissimo) il diametro di Plutone e dunque…

    Differente e ben più criticabile è il costrutto fantasioso ricamato su questa notizia.
    Onestamente non saprei dire quanto la NASA abbia alimentato quest’aspetto e quanto invece sia stato aggiunto da soggetti terzi. Per ciò che riguarda la Meteorologia e la Climatologia quest’ultimo modo di fare acquisisce caratteri davvero impressionanti.

    Resta il fatto che l’aspetto esotico della questione, come per ogni altra vicenda un po’ fuori dall’ordinario, presta il fianco ad una gestione allegra delle informazioni. E se dal punto di vista scientifico è un peccato, ciò non toglie che dal punto di vista mediatico funziona assai e alza il velo su discipline cenerentola come tipicamente sono quelle scientifiche. Come sempre in questi casi, ciò che conta è non esagerare con la fantasia.

    Permettetemi un’ultima battuta.
    Alle volte basta guardarsi attorno per capire e dare giusto peso alle cose. Quindi stiamo parlando di un pianeta di dimensioni molto simili alla Terra, che gira attorno ad una stella di classe spettrale simile al Sole, con eccentricità simile e periodo non troppo dissimile. Tutto ciò permette di rientrare nella famigerata fascia di vivibilità oggi comunemente intesa…

    Beh, un pianeta simile è di certo Venere !
    Ma la vita la è davvero dura….
    Non trovate tutto ciò buffo ?

  3. Donato

    Personalmente considero con estremo favore l’idea che tra un mondo (il nostro) ed un altro (presunto o reale) esistano migliaia di anni luce di distanza. Non per desiderio di solitudine o vocazione eremitica, ma per un semplice calcolo di convenienza.
    Fino ad oggi non siamo stati in grado (vedi progetto SETI) di captare segni di comunicazioni provenienti da altri mondi e, per quel che ci riguarda, non credo che nell’arco di cento anni luce (da quanto emettiamo i nostri segnali radio) i segni della nostra esistenza siano stati captati da altre civiltà. Tutto ciò ammesso e non concesso che la tipologia di segnali sia intellegibile a noi o a loro. Non sono convinto che un incontro con altre civiltà sia per noi conveniente: se l’altra civiltà è più evoluta e opera con parametri morali simili ai nostri, potremmo trovarci nella non invidiabile situazione di essere prede di questa civiltà “superiore”. Ciò alla luce di quanto è successo (e sta succedendo) sulla Terra quando due civiltà piuttosto sbilanciate si incontrano (anche se le due civiltà sono bilanciate, l’epilogo, in genere, non è poi così diverso 🙂 ).
    Nell’ipotesi opposta il problema non si pone perché una civiltà meno progredita della nostra non sarebbe in grado di manifestarsi e risulterebbe a noi invisibile e, quindi, ignota (per sua fortuna 🙂 ).
    Per il resto concordo con quanto hanno scritto sia il dott. Zamboni che l’amico F. Giudici.
    Ciao, Donato.

  4. Ringrazio CM per questi excursus nel mondo della scienza non strettamente collegata al clima, che permettono ai lettori di farsi un’idea più ragionata su certi argomenti, trattati altrove quasi sempre con grande superficialità.

    Vorrei condividere con voi le mie consuete considerazioni da lettore non addetto ai lavori, ma con quel minimo di cultura scientifica per una lettura critica delle cose.

    Io devo dirvi che sono rimasto molto perplesso dall’annuncio della NASA; in realtà non tanto da questo ultimo annuncio, ma dallo stile comunicativo che il blasonato ente americano ha scelto da tempo. Ora, è ovvio che la NASA deve risolvere il problema di finanziare le proprie costose ricerche, in una fase storica in cui non c’è più lo Stato dietro a tutte le imprese spaziali, dal momento che non c’è più la cogente necessità di predominio militare. Che la NASA si interfacci direttamente con i taxpayer è assolutamente corretto e positivo, nella miglior tradizione americana per cui il contribuente deve sapere come vengono spesi i suoi soldi. Non mi si deve neanche convincere dell’opportunità di spendere soldi in questo tipo di ricerca perché sono ben conscio del rapporto virtuoso tra ricerca pura ed applicata e, come qualcuno ha scritto recentemente, nei prossimi decenni (ma probabilmente per sempre) non saremo mai in grado di raggungere Kepler452b, tuttavia godremo di molte innovazioni “ricadute” dalle tecnologie sviluppate per studiarlo. Fin qui tutto bene.

    Il problema sta nel momento in cui si mischia lo stile di comunicazione scientifico con lo stile del marketing, perché non si deve oltrepassare un limite oltre il quale il primo si snatura. Francamente, penso che il limite sia stato abbondantemente suprato.

    Innanzitutto una scoperta scientifica trae origine da una misura ed una misura è associata ad un margine di errore. Non ve ne è traccia nel caso delle comunicazioni su Kepler452b (ovviamente parlo sempre di comunicazioni al grande pubblico). Anzi, visto che l’annuncio è stato accompagnato da una moltitudine di “immagini artistiche” del pianeta, io sarei pronto a scommettere che la maggior parte dei lettori dei media generalisti credono che quelle immagini siano vere e che il pianeta sia stato fotografato come le sonde hanno fotografato i pianeti del nostro sistema solare. Mi rendo conto che le immagini reali, un ammasso di pixel con le variazioni di luminosità della stella che hanno fatto stimare la presenza del pianeta, probabilmente impercettibili all’occhio umano, sono poco palatabili. Ma se il fatto scientifico è quello, quello dovrebbe rimanere. Magari poi ci si affianca l’immagine artistica, ma con l’opportuna presentazione: dev’essere chiaro che ai fini scientifici è totalmente inutile, anzi è fuorviante. Giustamente leggevo ieri – credo sulla NuovaBQ – un’osservazione fulminante: pochi giorni fa abbiamo avuto per la prima volta immagini ad alta risoluzione di Plutone e tutti gli scienziati sono rimasti sopresi di quanto hanno visto. Eppure Plutone è notevolmente più vicino a noi, è visibile con strumentazione ottica da Terra da decenni e studiato poi con altri strumenti. Ma, quando la qualità dei dati migliora drammaticamente, avviene sempre una strage di modelli, scenari ed aspettative varie. Come è giusto che sia.

    Dunque, se non è chiaro che quello che abbiamo di Kepler452b è un modello estremamente grossolano e che la realtà molto probabilmente è ben diversa, si ingenera nel pubblico una totale confusione di cosa è un modello, uno scenario, un’ipotesi di lavoro e la realtà. Si lascia cadere il fatto che la scienza è soprattuto esperimento e che il risulato dell’esperimento “corrode” il modello. Parafrasando il concetto di ricaduta nella vita di tutti i giorni, questo colossale equivoco – probabilmente innocuo per il tema degli esopianeti – portato in altri campi più vicini a noi ci regala, per esempio, i modelli climatici tutti falliti, perché alla fin della fiera non sanno prevedere il reale andamento delle temperature, su quali però si basano policy ed ora – come se non bastasse – pure encicliche, sulla base delle quali c’è il rischio di commettere enormi sprechi di risorse e fare grossi danni.

    Tornando alle misurazioni: Andrea Zamboni ha precisato quali sono le caratteristiche misurate del pianeta. Ma con quale margine di errore? In altri campi della scienza avanzata – per esempio la fisica delle particelle – gli annunci sono accompagnati dal minimo di informazione sul margine di errore che anche il pubblico generalista è in grado di capire. Quando per esempio è stata annunciata la scoperta del Bosone di Higgs, i comunicati hanno fatto accenno ai “sigma” e al numero di 9 decimali che seguono 99% nel margine di errore delle misurazioni. Mi rendo conto che in astrofisica si è obbligati a ragionare con margini di errore diversi, ma vorrei comunque sapere quali sono. Il sospetto è che siano così ampi da rendere un po’ paradossali certi comunicati stampa…

    Oltre a ciò, si è parlato di altre caratteristiche del pianeta, quale la sua età geologica (sei miliardi di anni). Non penso che sia possibile calcolarla a partire dalle osservazioni. Suppongo quindi che sia stata desunta dall’età della sua stella? La quale a sua volta è probabilmente stata ricavata a partire da Hertzsprung-Russell (magari dico grandi fesserie, ma le mie conoscenze si fermano qui)? Ma, ancora, con quali margini di errore?

    Ultima considerazione: ovviamente quando si parla di esopianeti ricorre la discussione sull’equazione di Drake. A parte la generale incompletezza di informazioni sulla questione (raramente si cita, per esempio, lo scetticismo di Fermi), pure questa è una semplice ipotesi di lavoro: solo i primi coefficienti possono essere verificati da osservazioni sperimentali. Già quando si parla di “numero medio di pianeti per sistema planetario in condizione di ospitare forme di vita” si tratta di pura speculazione. Eppure ho l’impressione che anche qui la comunicazione scientifica funzioni alla rovescia: si asserisce la compatibilità di Kepler452b con la vita a partire dall’equazione di Drake, mentre dovrebbe essere l’incontrario: il relativo coefficiente dell’equazione dovrebbe essere validato dalle osservazioni su Kepler452b (ed un grande numero di pianeti simili, per avere una statistica robusta: il che vuol dire attendere per lo meno qualche decennio, sperando di trovare indizi sulla presenza di vita per via spettroscopica; e non è detto che sarà mai possibile fare di più). Per non parlare poi dei coefficienti successivi, a proposito di vita evoluta e “intelligente”. Eppure, impazzano le discussioni stile “non siamo più soli”. Follia totale.

    Ultima osservazione. Da alcuni documentari sulla Terra visti recentemente (purtroppo non ricordo quali: sicuramente provenienza BBC, presumo “Earth: la potenza del pianeta”, programmati su Rai 5) ho imparato due nuovi concetti:

    1. La stabilità climatica del nostro pianeta sarebbe dovuta alla presenza della Luna, che impedirebbe – se non ricordo male – oscillazioni eccessive dell’asse di rotazione terrestre;
    2. La presenza di un pianeta massivo come Giove sarebbe fondamentale per il suo ruolo di “parafulmine” nei confronti degli impatti di grossi asteroidi, per evitare “reset” troppo frequenti dell’evoluzione della vita sul pianeta, la quale non potrebbe altrimenti raggiungere livelli evoluti.

    Io non so quanto queste affermazioni siano verificate; tuttavia l’impressione è che le condizioni per lo sviluppo di vita evoluta, man mano che ne capiamo di più, diventino via via più complesse, mentre la comunicazione mainstream è ferma alle considerazioni sulla fascia di Goldilocks. Il che, di nuovo, impatta pesantemente sulla valutazione dei coefficienti dell’equazione di Drake. Tornando al sistema Kepler: penso che la presenza di un pianeta massivo sia rilevabile, ma per conferme sulla presenza o no di una luna di Kepler452b che tecnologie dobbiamo attendere?

    In sintesi – richiamando ancora la considerazione sulle recenti immagini ad alta risoluzione di Plutone – non posso che essere d’accordo con Zamboni quando richiama l’attenzione sulla forse meno eclatante JUICE, ma più concreta e meno speculavita…

    E scuste per il pippone. Che ne pensate?

    • Grazie Fabrizio, condivido molte delle tue considerazioni. In particolare, lo stile comunicativo di cui parli ad inizio commento si chiama docufiction, ed è appunto quella tecnica di proporre contenuti ispirati a temi scientifici ma proposti con immagini reali che ne consentano la trasposizione nell’immaginario collettivo. E’ iniziata con La scomoda verità di Al gore, proseguita con i 6 gradi del National Geographic e ora affermatasi come pratica della comunicazione. Un male? Dipende dai contenuti (gli esempi parlano da soli). Un problema? Sì se chi guarda non sa che si tratta di docufiction e pensa appunto che Kepler 452b sia ‘visibile’ per forma, colore etc etc…
      gg

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